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8. Annie

"La noia è una brutta bestia"
Questo era uno dei detti che Toby aveva sempre saputo. Era impossibile ricordarsi da chi l'aveva imparato, ma proprio adesso ci stava facendo i conti, ed era vero. Era tremendamente vero.
Non aveva un lavoro, non studiava, non aveva un hobby. Nulla da fare durante il giorno, e anche dormire l'aveva stancato.
Uscì di casa, arrampicandosi giù dalla botola fino alla scala di legno. Come gli aveva insegnato Anna Frank, le soffitte polverose erano i migliori nascondigli.
Si diresse verso il parco, con l'intenzione di fare una passeggiata. Sapeva che il parco si apriva su un piccolo bosco, e magari avrebbe potuto farci un salto. Aveva sempre amato i boschi, lui.

Giornata noiosa, strade noiose, persone noiose... Toby accolse tutto quello che vedeva con uno sbadiglio, mentre si dirigeva verso il parco. I ragazzini delle medie erano appena usciti di scuola, e lì attorno c'era una massa informe di auto parcheggiate e genitori in attesa. Toby tutto questo non lo aveva mai vissuto, ma lo trovava estremamente noioso.
Entrò nel parco, e si precipitò in direzione degli alberi, lì dove non c'era nessuno. Era uscito di casa per non annoiarsi e si stava annoiando ancora di più. Inoltre, settembre stava diventando freddo, ma almeno non avrebbe sofferto la depressione, sperava.
Gli uccellini facevano su e giù dai rami saltando e frullando le ali, e riempivano l'ambiente circostante con i loro cinguettii. Toby era sdraiato per terra, con la testa sul una radice di un albero, quando sentì un suono provenire lì vicino.
Qualcosa in lui fremette: conosceva quel suono. Erano suppliche.
Non che conoscesse la ragazzina bionda che, a poche decine di metri da lui, due sue coetanee stavano riempendo di calci, ma si sentì frastornato dalla scena. In parte, se la stava godendo, ma quel piccolo frammento di sanità mentale che combatteva per preservare non era d'accordo. Sapeva di dover fare qualcosa, proprio perché le voci non avrebbero approvato.
-Vediamo di darti una lezione che  ricorderai, sgualdrina!-
Una delle due ragazze aveva preso un coltello svizzero, e si era calata verso la biondina, chiusa per terra in posizione fetale, con le mani al volto. Fu allora che Toby si convinse ad intervenire.
Si alzò il cappuccio per coprirsi la faccia, e andò in direzione delle tre ragazze tenendo il volto basso. Non voleva aggredirle, solo spaventarle e farle fuggire via.
Le due ragazze avevano preso delle ciocche di capelli biondi fra le mani, e adesso si preparavano a reciderle. Prima che potessero farlo, un rumore di passi le costrinse a voltarsi. Scoprirono un uomo incappucciato che, camminando ricurvo, si avvicinava a loro. Si stava cacciando qualcosa fuori dalle tasche, e subito gli puntarono contro i coltelli.
Lui non si fermò, e loro erano al centro della vegetazione, lì dove nessuno le avrebbe sentite urlare...
Con un ultimo calcio, mandarono al diavolo la loro coetanea, e scapparono in direzione opposta a quella di Toby, correndo. Toby accelerò il passo e le inseguì, sino a quando non fu sicuro che non sarebbero più tornate indietro. Poi, si voltò verso la ragazza.
Se ne stava sul terreno chiusa su se stessa, col corpo scosso dai singhiozzi e le guance rigate di lacrime. Il pianto era diventato così forte da causarle spasmi, ed ogni tanto lanciava qualche segno di dolore. Toby si calò verso di lei e le accarezzò una spalla:
-Stai bene?-
Lei provò a calmarsi per rispondere, ma ci vollero alcuni secondi prima che potesse pronunciare un flebile:
-No...-
Toby la costrinse ad alzare il busto e, non sapendo fare nient'altro, si sedette vicino a lei e le portò la testa al petto, abbracciandola per farla calmare. Dovette restare parecchio tempo in quella posizione, prima che la ragazza si calmasse. Nel frattempo, fu felice di costatare che i suoi capelli erano rimasti intoccati.
-Tu... tu chi sei?- chiese lei, quando i singhiozzi si furono fatti meno intensi.
-Qualcuno che passava di qui per caso. Vieni, ti accompagno a casa...-
Lei scosse forte la testa, e si alzò dal suo petto.
-Posso fare da sola...-
-Riesci ad alzarti?- domandò lui. Lei ci provò, ma Toby dovette afferrarla prima che cadesse.
-Mi gira tutto...-
Ebbe appena il tempo di poggiarsi ad un albero, che vomitò. Quello doveva essere il risultato di ripetuti calci allo stomaco.
Toby le tenne i capelli, mentre lei stava piegata in due. Sembrava dolorante e presto avrebbe avuto lividi sul tutto il corpo. Era una fortuna che non avesse fratture...
-Forse è il caso che ti riaccompagni a casa, che ne dici?- ripropose Toby, una volta che lei fu in grado di alzarsi. Non potendo fare altro e avendo evidente bisogno di aiuto, dovette accettare.

Annie era una ragazzina intelligente, molto furba per essere una dodicenne. Adesso che non aveva la faccia gonfia di lacrime, Toby poteva vedere che aveva lo stesso fascino svampito di Jennifer.
Abitava nella Suburbia, aveva scoperto, ed aveva trovato una scorciatoia per non dover prendere la metropolitana. Annie era sempre stata presa in giro perché le piaceva vestirsi con colori vintage ed amava la vecchia musica. Anzi, era patita di musica! Aveva nominato tutta una lista di band di cui Toby non aveva mai sentito parlare, ed io suo computer era pieno di Led Zeppelin, REM, Pink Floyd e Beatles. Mentre percorrevano la strada e Toby cercava di farla camminare nonostante il dolore dei lividi, scoprirono di avere parecchie cose in comune, fra cui l'odio incondizionato per i bulli.
-Mi hanno sempre preso in giro, ma quest'anno in particolare mi vogliono rendere la vita un inferno. Non si erano mai permessi pestarmi, ma devono aver capito che con me gli insulti non hanno più effetto...- raccontava Annie. Toby rimaneva ad ascoltare mentre parlava del più e del meno. Ogni tanto si interrompeva per una fitta, si scusava se stava per usare un termine sgarbato, o se aveva detto qualcosa di stupido o offensivo. Tutta quell'educazione era strana per una ragazza dei sobborghi, ma Annie aveva un animo gentile.
-Vorrei potessi restare per pranzo, sarebbe il minimo dopo l'aiuto che mi hai dato...-
Erano arrivati, finalmente, a casa di Annie: viveva in una palazzina bassa, al terzo piano, coperta e in ombra rispetto alle altre lì attorno. Appena la ragazzina ebbe bussato, Toby si aspettò di trovarsi davanti una donna di mezza età, ma, con suo immenso stupore, dovette fare la conoscenza di Jennifer per la terza volta.
Erano sembrate coincidenze quelle che li avevano fatti incontrare le volte precedenti, ma questa era troppo bizarra per essere ignorata. Non poteva trattarsi di un caso, doveva esserci un motivo se continuavano ad incontrarsi nelle circostanze più disperate.
-Toby?- sussurrò Jenny, a bocca aperta. Era struccata e in vestaglia, con i capelli in disordine, e a Toby non era mai sembrata così sorpresa di vederlo.
-Ciao, Jenny...-
-Tu lo conoscevi già?- si intromise Annie. Jennifer si spostò dall'ingresso per farli entrare, e Toby si trovò in uno spoglio soggiorno.
-Perché sei con Annie? Cosa è successo? Come la conosci?- chiese Jennifer, ancora frastornata.
-Jenny, lui mi difeso dai bulli...- ammise Annie, con gli occhi fissi sul pavimento per nascondere l'imbarazzo e la vergogna. Toby non si sentiva affatto a suo agio: aveva l'impressione di stare dando fastidio a Jenny, o di starla in qualche modo disturbando.
Lei si portò le dita alle tempie, e sospirò stringendo le palpebre per non piangere.
-Quando la smetterai- disse in modo duro -di farmi favori?-
Toby trovò gli occhi di lei puntati nei suoi, e sorrise lievemente. Sentiva il cuore prendergli a battere, quando lei lo fissava negli occhi. Con un piccolo movimento del braccio, diede a Jenny il permesso di abbracciarlo, e lei accettò, portando il mento sulla sua spalla. Era molto più bassa, con le pantofole.
-Toby, tu non hai idea di quanto io ti sia grata.-
Toby sentì lo stomaco contorcersi, ma ancora prima di decifrare la frase, ricevette un bacio sulla guancia che lo spiazzò totalmente.
-Tu aspettami qui, mentre io mi vesto, ok?-
Toby annuì, e Jenny si precipitò in camera stringendosi l'accappatoio. Quando si fu richiusa la porta alle spalle, Annie si rivolse a Toby:
-Sono felice che l'abbiano licenziata.-
Toby la guardò ad occhi sgranati, e lei si affrettò a spiegare:
-Non mi piace come la sfruttavano. Li vedi i tatuaggi, i pearcing ed il colore? Jennifer non era così, prima di lavorare in quel locale. È diventata strana quando ha conosciuto quelle persone. Volevano portarla su una brutta strada...-
-Una brutta strada?- ripetè Toby. Annie lo guardò con occhi di ghiaccio:
-Sai quanto guadagna una prostituta minorenne?-
Toby sobbalzò: c'erano delle persone che avevano intenzione di portarla a vendersi?
Una strana angoscia prese a vibrargli dentro, al pensiero di vedere Jennifer in macchina con un cinquantenne come quello a cui aveva aperto il cranio. Dovette cacciare via il pensiero all'istante, prima che di venirne soffocato.
-Ma se lei non ha un lavoro, come vivrete?- domandò. Annie aveva una risposta anche per quello:
-Jennifer parlava di trasferirci da zia Maddy: è lei che ha il nostro affido. Poi lei potrebbe dare lezioni di canto a Jennifer e potrebbe cantare con Lindsay, quella sua amica. Potremmo vivere così, no?-
Toby non rispose, e si limitò a sorridere ed annuire. Quella bambina era un piccolo genio.
-Voglio controllarmi i lividi, ti dispiace se ti lascio qui? Puoi usare il piano, se vuoi...-
Annie indicò un pianoforte a muro messo in un angolo della stanza, tutto blu, che Toby non aveva notato prima.
-Vai pure.- acconsentì lui, sorridendole. Subito, Annie si precipitò nella propria camera, lasciandolo solo in compagnia del pianoforte.
Non che ci tenesse ad usare le cose degli altri, ma era una prospettiva troppo interessante per rifiutare: portò le mani sulla tastiera, e premette i tasti a caso, come un bambino che si diverte con le note. Non aveva idea di quello che stesse facendo, ma giocherellando riuscì a ricomporre parte di "Terrible Things" dei Mayday Parade. Lyra amava quella canzone...
Arrivato a metà dell'introduzione, però, non seppe più continuare. Fu allora che un paio di dita danzarono veloci lungo tutta la tastiera, producendo una melodia discendente, che andò a completare la sua.
Ancora con le mani sul pianoforte, Toby si voltò, trovando il suo viso a una spanna da quello di Jennifer.
Lo stava guardando, con gli occhi verdi puntati nei suoi ed un sorriso leggero. Le labbra erano tagliate a metà dall'anellino del pearcing, ed erano carnose, rosa, e pulsavano di vita. Toby non seppe spiegare quella sensazione di opprimenza e urgenza che nacque nel suo petto, ma guardando negli occhi di Jenny pensò che magari avrebbe potuto...

Una serie di note dissonanti lo fece sobbalzare prima che potesse avvicinarsi di un centimetro al volto di Jenny: il suo braccio, attraversato da un tic, aveva picchiato contro la tastiera, e il suono che aveva prodotto era terribile. Toby era sul punto di mortificarsi quando sentì la risata di Jennifer, reale e cristallina.
Si sentì morire, sprofondare, ma non per l'imbarazzo. Stava morendo perché Jennifer gli aveva tolto il fiato, e quando era con lei in lui regnava un dolce silenzio. Una cacofonia di silenzio.
Con Jennifer, Toby poteva essere se stesso. Poteva tornare a vivere.

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