Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

XXXIX

t a l ì a

Mi guardo intorno meravigliata mentre cammino tra le rovine di una città illuminata soltanto dalla fioca luce della luna.
Un movimento di luci attira la mia attenzione all'interno di una casa abbandonata. Mi avvicino a passo svelto, cercando di guardare attraverso la finestra quando quella specie di lucciola oltrepassa il muro di quella casa.
Mi allontano dalla finestra, e il mio sguardo viene nuovamente catturato dalla luce che adesso è nella casa affianco.
Mi metto a seguirla, ignorando il bruciore della mia ferita sul braccio che si fa sempre più intenso. La luce accelera sempre di più, ed io sono costretta a correre se non voglio perderla.

Arrivata davanti alle rovine un tempio in stile ionico, essa di tuffa nell'atrio, ed io con lei.
La luce sparisce subito dopo, facendomi andare a sbattere contro qualcosa duro come il marmo.
Cado a terra, massaggiandomi la fronte per la botta e alzo lo sguardo quando sento qualcuno fissarmi.
Una maestosa e spaventosa statua di marmo mi fissa dall'alto, con gli occhi illuminati dello stesso colore della luce che stavo seguendo.
La luce si fa sempre più intensa, e io chiudo gli occhi, spalancandoli subito dopo quando vengo travolta da un'onda.

Tossisco come un vecchio con la broncopolmonite, sbattendo più volte le palpebre. Mi siedo sulla sabbia, per poi inginocchiarmi e, con la faccia rivolta verso il basso, continuare a tossire fin quando i miei polmoni riescono a filtrare aria pulita.
Alzo lo sguardo, notando un'altra onda venirmi contro, ma mi alzo velocemente e barcollando come un ubriaca riesco ad evitarla.

Cado nuovamente per terra, cercando di capire dove mi trovo e di riprendere le forze.
Sento il braccio bruciare, e mi sfugge un lamento. Do un'occhiata alla ferita, e quasi non vomito il pranzo di otto Natali fa.
Oltre a farmi dannatamente male, la ferita non ha un bellissimo aspetto.
La pelle è scorticata e bruciata, secca e di un brutto colore viola tutt'intorno al profondo taglio.

Deglutisco e, raccogliendo tutto il mio coraggio, strappo un pezzo della maglia arancione del campo. Reprimendo le urla, me la arrotolo e la stringo il più forte possibile per fermare l'emorragia e per evitare che si infetti più di quando non lo sia già.

Faccio un profondo respiro, fin quando un lamento non poco lontano cattura la mia attenzione.
Raccogliendo le forze mi tiro su e noto un altro corpo per terra.
«Percy!» esclamo, correndo verso di lui che si scosta qualche alga dalla faccia.
«Talia... stai bene?» mi chiede quando mi inginocchio accanto a lui, aiutandolo a mettersi seduto.

«Un tizio ti ha infilzato una lama nello stomaco e chiedi a me se sto bene?! Sei ancora ferito?» gli chiedo preoccupata, e lui si porta una mano sulla stomaco, alzandosi la maglietta arancione sporca e bucata dalla spada del pirata.
Guardo il suo torace, e non c'è nemmeno il segno di una ferita.
«L'acqua mi ha guarito, sto bene.» dice, e tiro un sospiro di sollievo.

«Annabeth ora potrebbe benissimo chiamarmi Testa d'Alghe.» dice Percy, togliendosi un'alga dai capelli. Trattengo una risata.
«Sai dove siamo?» gli chiedo.
«Su un'isola.» risponde lui, e lo guardo basita.
«Non l'avrei mai detto.» mormoro.

Mi guardo più volte alle spalle, tenendo a mente il sogno fatto qualche giorno fa di me e Percy su un'isola che venivamo attaccati alle spalle da qualcosa molto... hot.
Tasto le fodere dove sono solita mettere lo stilo e la bacchetta, ma una di loro è vuota.
Abbasso lo sguardo sulle fodere attaccate ai jeans, notando che manca la mia bacchetta.

«Che succede?» mi chiede Percy, e io mi mordo l'interno della guancia per evitare di tirare giù dall'Olimpo tutti gli dei.
«La mia bacchetta... non c'è nella fodera.» gli dico.
«Hai ancora la tua spada?» mi chiede, ed io annuisco.
«Allora sopravviveremo all'80%. Dobbiamo costruire una zattera e raggiungere gli altri.» dice Percy alzandosi dalla sabbia e dirigendosi verso un albero.

La mia attenzione viene catturata da un blocco di marmo incastonato nella sabbia con su incise delle lettere in greco.
Fisso quelle lettere, che iniziano a muoversi nella mia testa fino a mettersi in ordine e permettermi di leggere ciò che c'è scritto:

Δλος
Delo.

«Percy, non possiamo andare via da qui.» gli dico, avvicinandomi al blocco di marmo.
«Perché no?» chiede lui, mentre io percorro le lettere incise nella pietra con un dito.
«So dove trovare la luce. È su quest'isola.» dico, e Percy si avvicina a me.
«Delo? Siamo a Delo? Se eravamo in Inghilterra, come abbiamo fatto a finire in Grecia?» si chiede, e io mi incammino seguita da lui.

«Mentre cadevamo ti ho sentito pregare tuo padre, forse ci ha portati lui fin qui.» gli dico. «E grazie, mi hai salvato la vita.» continuo.
«Non c'è di che.» mi dice, e gli sorrido.

«Delo è l'isola sulla quale nacquero Apollo e Artemide, giusto?» mi chiede Percy, mentre imbocchiamo una strada tra gli alberi.
«Si, prima della loro nascita Delo era un'isola galleggiante. La leggenda narra che inizialmente, quest'isola aveva il nome di Ortigia. Era invisibile perché avvolta dalla nebbia, e quando nacque Apollo, fu pervasa dalla luce. Per questo motivo venne ribattezzata Delo, che significa "mostrare", perché appunto l'isola era ormai visibile.» gli spiego, abbassandomi per evitare un ramo.

«E galleggia ancora? Perché se lo fa sarà difficile andare via.» mi chiede, scavalcando un tronco, ma sbatte di faccia contro il ramo abbastanza robusto che io avevo evitato un attimo prima.
«Maledetto!» impreca, massaggiandosi il naso e io cerco di trattenere le risate.

«Si dice che dopo la nascita di Apollo e Artemide, tuo padre abbia fissato quest'isola alla superficie del mare.» rispondo alla sua domanda, e Percy mi raggiunge.
«Secondo te c'è qualcuno su quest'isola?» mi domanda con voce nasale.

«No, l'isola è sacra. Non ci si può né nascere e né morire, infatti venne abbandonata migliaia di anni fa.» gli spiego, e lui fa per rispondere quando un fruscio tra i cespugli attira la nostra attenzione.
Io e Percy ci scambiamo uno sguardo, e lentamente tiro fuori il mio stilo, abbassandomi e iniziando a scrivere le lettere sul terreno.
Percy toglie il cappuccio a Vortice, che prende le forme di una spada di bronzo celeste, come il mio stilo.

Percy mi fa cenno di stare ferma, passa davanti a me e pesta qualcosa di poco solido.
Lo afferro dalla maglia prima che possa precipitare in un buco profondo chissà quanto.
Si volta verso di me con gli occhi spalancati, e io gli lancio uno sguardo di rimprovero.
Sto per dargli dell'idiota, quando un un enorme serpente maculato esce dalla buca spruzzando veleno bollente dalla sua bocca.

«Wow amico, usi salsa piccante al posto del collutorio?» dice Percy, sventolandosi una mano davanti la faccia.
Mi schiaffeggio mentalmente la fronte, riafferro Percy dalla maglia e faccio una cosa più ragionevole che scherzare con un pitone gigante: inizio a correre.

«Ti sembra il caso di fare lo spiritoso?!» dico a Percy, continuando a correre senza meta con il mostro alle calcagna.
«Era per rompere un po' il ghiaccio.» dice Percy, e io mi do un altro schiaffo mentale.
Io e Percy continuiamo a correre, fin quando, ovviamente, non giungiamo in un vicolo cieco.

Impreco guardandomi intorno, notando alcuna via d'uscita se non un ruscello alla base di un montagna molto alta. Per un momento mi viene l'idea di scalarla, poi mi ricordo che non so come scalare una montagna.
Il grosso drago-serpente ci raggiunge strisciando e sibilando, e io e Percy ci mettiamo in guardia.

«Due giovani semidei sull'isola sacra di Delo? Non dovreste essere qui.» dice il mostro, sibilando.
«Beh, nemmeno tu dovresti essere qui.» gli risponde Percy, e il serpente si avvicina strisciando con la sua grossa testa fino a qualche metro da noi.
«Io sono qui per una buona causa: vendetta. E oltre ad avere sete di vendetta, ho anche fame. E sono fortunato.» sibila, facendo vibrare la lingua biforcuta.

«In realtà non siamo molto appetitosi, sai?» dice Percy, e io gli tiro una gomitata.
«Perché cerchi vendetta?» gli chiedo, e lui innalza la sua testa squamosa da serpente fino all'altezza di un albero, circa.
«Sai chi sono io, ragazzina?» sibila, e io cerco di architettare un piano di fuga facendo finta di interessarmi al grande verme qui davanti a me.

«Purtroppo non ho avuto il piacere di conoscerti prima, ma sarai sicuramente un... pitone molto importante.» gli rispondo educatamente, per evitare di diventare subito la sua colazione assieme a Percy.
«Io sono Pitone!» esclama sibilando, e lentamente mi ricordo della sua breve storia triste.

«Mai sent-» do una gomitata a Percy, che si zittisce.
«Ma certo! So tutto di te! Sei il grande Pitone, figlio di Gea, colui che custodiva l'Oracolo di Delfi.» lo elogio, e lui fa un cenno con la testa, orgoglioso.
Percy, al nome di Gea, diventa per qualche secondo viola.

«Esattamente.» sibila.
«E da chi cerchi vendetta, o illustre Pitone?» gli chiedo, facendo guizzare gli occhi a destra e sinistra.
Alla nostra sinistra c'è un sentiero che potremmo facilmente imboccare, ma ci porterebbe in una galleria di fitti alberi, e Pitone ci catturerebbe per poi cuocerci con il suo alito alla salsa messicana.
A destra, stessa identica cosa.
Guardo il riflesso che fa la lama di Tornado, e dietro di me noto una piccola cavità nella montagna, abbastanza grande sia per me che per Percy, ma potrebbe rivelarsi un vicolo cieco.

«Se conosci tutto su di me, non dovresti chiedermelo.» fa uno scatto in avanti, e io e Percy facciamo un salto all'indietro.
«Ma certo, cerchi vendetta da colui che ti ha ucciso. Il divino Apollo, non è così?» gli rispondo, e lui annuisce sibilando.
«Quello stupido ragazzino montato. Quando lo troverò, gli strapperò tutti quei ricci dorati e lo legherò alla mia coda con le corde della sua odiosa arpa.» sputa, e Percy alza un sopracciglio.

«Ma Apollo è immortale, non puoi ucciderlo.» dice, e Pitone assottiglia gli occhi da rettile.
«Mangerò te per primo.» sibila, avventandosi su Percy che riesce a schivarlo per un soffio.
Attacco il mostro, menando un fendente sulla sua pelle squamosa. Pitone si volta verso di me con gli occhi iniettati di sangue, Sibila nella mia direzione sputando veleno e io ne approfitto per menare un altro fendente che questa volta gli fa un taglio sul muso.

Pitone si lamenta, fa per azzannarmi e quando è un soffio da me urla agonizzante di dolore. Faccio qualche passo indietro e noto Percy accanto alla fine della coda del mostro, che si muove su e giù per terra, staccata dal resto del suo corpo. Percy mi sorride incoraggiante, e io ricambio il sorriso fin quando lui non viene colpito con quello che resta della coda del mostro e scaraventato contro un albero, perdendo i sensi. Magnifico.

Il mostro si volta nuovamente, spalanca le fauci e scatta verso di me. Lo schivo, ma con la sua zanna afferra il mio zainetto, squarciandolo, e le varie cose che erano al suo interno si spargono sul terreno.
Come cavolo faccio ad uccidere questo coso se solo la sua testa è il doppio di me?!

Continuo a correre, inseguita dal mostro, fin quando non ricevo una bella botta sulla schiena da parte del suo muso, che mi fa fare un volo di circa tre metri. Controllando l'aria riesco ad atterrare illesa, e quando il mostro spalanca nuovamente le fauci, gli ficco la spada in bocca. Quando la tiro fuori c'è solo l'elsa, e Pitone mastica il bronzo celeste della lama di Tornado.

«No...» sussurro, guardando quello che rimane della mia spada.
«Troppo croccante.» sibila il mostro, per poi aprire la bocca, e io chiudo gli occhi, pronta ad essere inghiottita.
Un fruscio taglia l'aria, e Pitone getta un altro urlo agonizzante. Riapro gli occhi, notando due frecce conficcate nei suoi, di occhi.

Esco fuori dalla trappola, e riprendo a correre seguita dal mostro che segue i miei movimenti.
Vedo qualcosa luccicare accanto al mio zaino, e arrivata abbastanza vicina noto un qualcosa all'interno del vecchio cappello datomi dalla McGrannit. Spalanco gli occhi quando realizzo.
Accelero il passo, mi piego per afferrare l'elsa della spada di Grifondoro e, fermandomi di colpo, infilzo la spada nel palato di Pitone.
Sento qualcosa trafiggermi il braccio, e quando Pitone cade a terra iniziando a polverizzarsi, estraggo la spada dalla bocca del mostro.

Sento la testa girare, e do uno sguardo alla mia ferita sul braccio. Con mio grande orrore, noto che è stata trafitta da una zanna velenosa di Pitone, e ora sta diventando nera.
La mia vista si appanna e le gambe iniziano a traballare, fino a cedere. Qualcuno mi prende prima che io cada a terra, e provo a tenere gli occhi aperti per più tempo possibile.

Il ragazzo si alza, tenendomi fra le braccia, e io osservo i lineamenti del suo viso sfocato, incorniciato dai capelli biondi che si abbinano alla perfezione con gli occhi dal colore del cielo. Sulle spalle porta un arco e una faretra per le frecce, probabilmente è stato lui ad accecare Pitone.

«C'è il mio amico... Percy è...» provo a parlare, ma si rivela un'impresa faticosa.
«È al sicuro, mi sono già occupato di lui. Non sforzarti.» dice, e la sua voce mi fa rilassare.
«Sto morendo.» mormoro, e lui affretta il passo.
«Non si può morire su quest'isola.» ribatte, e io sorrido amareggiata, socchiudendo le palpebre mentre sento il veleno di Pitone scorrere mischiandosi al mio sangue.

Si dice che quando si sta per morire il cervello ti porta alla mente i tuoi ricordi più belli, facendoteli rivivere per qualche secondo.
Ora, se qualche mese fa qualcuno mi avesse detto che avrei pensato anche a Drew prima di morire, probabilmente gli avrei riso in faccia e poi lo avrei colpito con Ernesto, il gancio destro. Ma quando sento il respiro farsi più pesante e il cuore rallentare, va proprio a Drew il mio ultimo pensiero.

—Coso autrice.—

Chissà se riuscirà a salvarsi... dipende tutto dal ragazzo, adesso.
Beh, in realtà dipende da me, ma io sono una persona senza cuore e molto cattiva. Ma vi voglio bene comunque.💙

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro