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Capitolo 13


Ely's pov
Dopo aver fatto colazione, andai in bagno a farmi la doccia. Mentre canticchiavo insaponandomi i capelli (rimanendo in equilibrio sul piede sano, per me era molto facile essendo abituata a giri ed equilibri di ginnastica) la mia mente tornò a ieri sera... a lui, al suo braccio intorno alle mie spalle, al suo sorriso... il suo bellissimo sorriso... sono proprio cotta di lui. Pensai. Non mi era mai capitato di amare una persona così intensamente, tanto da sentirne bisogno sempre di più. Ben presto l'amicizia non mi sarebbe più bastata... volevo qualcosa di più. Non volevo che lui parlasse di me come di "Ely, la ginnasta", no... "Ely, la mia ragazza" suonava molto meglio.
Uscii dalla doccia e infilai il mio accappatoio azzurro. Subito pensai a quando eravamo usciti insieme, quando mi ero affacciata dalla finestra in accappatoio con i capelli bagnati,  e risi. Ah, c'est l'amour.
Misi l'intimo, poi tagliai un altro jeans facendolo arrivare poco più sopra il ginocchio e indossai una maglietta a maniche lunghe con una felpa bordeaux. Per finire la (Sì,  una sola) Converse dello stesso colore della felpa.
Lasciai i lunghi capelli biondi sciolti e misi un filo di mascara.
Decisi di andare in biblioteca a restituire un paio di libri, dato che non avevo niente da fare.
Presi il giubbotto nero imbottito, la borsa e uscii, gridando un "Mary esco!".
Arrivata fuori dal palazzo, il vento scompigliò i capelli che mi ero accuratamente sistemata. M'incamminai in direzione della biblioteca, salutando lungo la strada conoscenti, amici, negozianti. In questo piccolo paesino ci conosciamo tutti.
Una volta arrivata, entrai e un piacevole tepore m'investì.

"Ciao Anne!" Salutai la bibliotecaria, mia grande amica.

"Oh ciao Ely! Già hai finito il libro?"

"Sì Anne è bellissimo! Come tutti i libri che mi consigli, del resto."

"Sono solo consigli sinceri. Vuoi dare un'occhiata?" Mi chiese.

"Certo!" Risposi con un sorriso.

Andai subito alla sezione "Fantasy", poi feci un giro nella sezione "Storie d'amore". Feci scorrere le dita sui dorsi dei libri. Forse anche la mia storia, un giorno, sarà tra queste. Pensai.
Non presi nessun libro però: li avevo già letti tutti.
Tornai da Anne.

"Esci a mani vuote?" Domandò.

Mi strinsi nelle spalle. "Ormai ho letto tutti i libri... non so più che prendere!"

Ci salutammo e uscii. Stavo per prendere la strada di casa, quando decisi di deviare per il parco. Con le mani in tasca, camminai sotto una dolce e lenta neve, che si metteva nei capelli e si scioglieva. Mi strinsi nel cappotto. Neve e stampelle non stanno affatto bene insieme. Proprio no.
Arrivata al parco, mi sedetti su una panchina. Strofinai le mani per riscaldarmi un po', mentre piccoli fiocchi di neve cadevano sulle mie spalle. Mi guardai intorno: c'ero solo io e due bambini che facevano a palle di neve. Le mamme li guardavano con apprensione dal bar a pochi metri.
Davanti a me passò una coppia: ridevano entrambi, lui con la mano sopra la spalla di lei e lei col braccia intorno alla vita di lui. A un certo punto, lui la strinse contro il suo petto e la baciò in testa. Che teneri.
Mi levai la neve dai capelli.

"Ciao Ely!" Disse una voce.

"Chi...?" Non feci in tempo a chiederlo, che Peter si sedette accanto a me.

"Oh, sei tu! Mi hai fatto spaventare." Esclamai.

"Ehm... scusa. È che ero sorpreso di trovarti qui..."

"Ero andata a restituire dei libri e sono venuta qui per perdere un po' di tempo."

Lui non disse niente.

"Brrrr che freddo!" Dissi strofinandomi le mani.

Lui si avvicinò e all'improvviso mi abbracciò.

"Hai meno freddo così?" Chiese.

"S-sì... grazie Peter." Rimanemmo così, io con la testa sulla sua spalla e lui con la sua testa sulla mia per non so quanto tempo.
Quando ci separammo, ci fu un istante, nemmeno un secondo, durante il quale i nostri nasi si sfiorarono. Mi venne un brivido.

"Sei il migliore." Sussurrai.

"No," bisbigliò "tu sei la migliore."
Lo guardai negli occhi e sorrisi.

"Ti accompagno a casa?" Propose.

"Perché no?" Risposi.
E iniziammo a camminare.

"Hai bisogno di una mano?" Chiedeva ogni tanto.

"No, Peter, stai tranquillo! Mi sembri mia madre!" Risposi ridendo.
Rise anche lui.

Camminammo in silenzio per un po', poi poggiai una stampella sul ghiaccio. Scivolai. Mi sarei rotta sicuramente qualcos'altro, se Peter non mi avesse afferrato in tempo. Lo guardai dritto negli occhi. I nostri nasi si sfioravano. Sapevo esattamente quanta distanza c'era tra noi, e volevo annullarla tutta, fino a farla scomparire.

"Ho un deja-vù" mormorai.

"Anch'io." Sussurrò Peter.

Mi aiutò a rialzarmi, e poi per tutto il tragitto volle tenere una mano intorno alla mia vita.
"Per evitare altri incidenti." Spiegò. Ma secondo me voleva solo farlo e basta.

La sua mano che premeva contro il mio fianco diffondeva calore, come un piccolo fuoco. Quando mi lasciò,  sotto casa mia, sentivo ancora il fantasma infuocato del suo braccio.

"Grazie." Gli dissi.

"È stato un piacere!" mi rispose.

Lo baciai su una guancia, lentamente, gustandomi il momento.
Aprii la porta e prima di entrare mi voltai a guardarlo. Il sorriso che fece fu la cosa più bella che avessi mai visto.

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