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-Bel pugno, sorellina. Non hai perso il tatto- disse toccandosi il labbro sanguinante, alzandosi poi da terra, sorridendomi.

-Che cazzo ci fai qui, Mark?- chiesi avvicinandomi a lui, rimanendo solo con il mio gruppo di amici a fare da cerchio intorno a noi.

-Cuba non è male, ma sono 3 anni che non torni a casa. Papà ti sta aspettando- disse Mark, guardandosi intorno, osservando ogni membro del cerchio, soffermandosi poi su Dom che era alla mia destra, pronto ad attaccare qualora ce ne fosse di bisogno.

Risposi a quella affermazione con un sorrisetto divertito, scuotendo la testa.

-La mia famiglia è questa, tu non sei più mio fratello da quando tuo padre parlava di me come se fossi la figlia di satana scesa in terra, calpestando il suo bel prato in mezzo a santi e angioletti. Io non ho nessuno che mi aspetta- dissi poi girando i tacchi e rientrando in macchina, sgommando via da lì.

Finii alla spiaggia Varadero, sedendomi sul cofano della mia bellissima ibrida.
L'aria del mare, quella brezza e quel silenzio mi rilassavano.

Vidi il muso di un'auto avvicinarsi alla mia, ed era troppo familiare e sorrisi, voltandomi verso di essa.

Dom scese, chiudendo lo sportello e sedendosi anche lui sul cofano della sua auto, mentre io lo osservai: rimanemmo in silenzio per qualche minuto, osservandoci e quello a me bastava; ma poi fece la fatidica domanda.

-Problemi con la famiglia?- mi chiese, mentre spostai lo sguardo da lui, verso il mare.

-Sempre avuti, è un po' come il mare: pensi che l'onda che arrivi sia sempre l'ultima, ma poi ne arriva un'altra, più forte della precedente e così via. Così è la mia famiglia: non smette mai di dare problemi- dissi con un'alzata di spalle.

-Ti va un giro?- mi chiese.

Mi voltai e sorrisi involontariamente, vedendo anche il suo sorriso allargarsi.
Corremmo entrambi in macchina, mettendoci uno affianco all'altro al semaforo, mentre sentivo il suo rombo, sfidare il mio, così sorrisi e mi voltai a guardarlo: una mano salda sul volante, l'altra sul cambio e sguardo rivolto verso di me.

-Guidi o muori- disse, guardando poi davanti a sé.

-D'accordo- dissi sorridendo, facendo ringhiare la mia auto.

Appena scattò il verde, l'auto di Dom si alzò e s'impennò mentre io riuscii a passare in vantaggio, non so come, non chiedetemelo.

Lo sentii subito arrivare e affiancarsi con il muso alla mia auto: eravamo sulla stessa lunghezza d'onda tanto che entrambi derapammo nello stesso momento e sterzammo a destra, sentendo le altre auto suonare e fermarsi di colpo, facendoci passare.

Adrenalina allo stato puro fra le strade di Cuba.

Eravamo sempre in derapata, quando io spinsi di più l'acceleratore pronta a 'colpire' amichevolmente la portella di Dom, avendo da parte sua una sonora risata e un cambio brusco della sua auto. Ora la situazione era invertita: lui poteva benissimo colpire la mia auto ma appena ci provò, decelerai e lo feci andare avanti.

La mia auto non si tocca, non questa perlomeno.
Ci fermammo davanti ad un negozio di Tacos, uscendo dalle rispettive macchine.

-Stavi davvero provando ad ammaccare la mia Barracuda, piccoletta?- mi chiese divertito, Dom, puntando il dito verso il muso della sua auto, parcheggiata affianco alla mia.

-Ci puoi credere, Toretto- dissi scoppiando a ridere.

-Ma io non potevo toccare la tua, eh?- era troppo vicino a me, non mi ero accorta che in poche falcate eravamo faccia a faccia, intrappolata tra lui e il muso della mia ibrida.

-E già...- dissi senza fiato, guardando l'intera figura di Dom, soffermandomi poi sul suo volto.
Mi sorrise e non so perché, quando sorrideva lui sorridevo anche io.

Fortunatamente, qualcuno fermò quel piccolo momento di intimità.

-Dominic! Da quanto tempo!- urlò un signore anziano, scuotendo la mano dal negozio di Tacos.

-Ciao Alfonso!- disse Dom avvicinandosi a lui, seguita da me.

-Entrate su!- disse Alonso, sorridendoci. Ci sedemmo e subito iniziammo a mangiare dei Tacos. Alfonso si avvicinò e iniziò a parlare in spagnolo con Dom, credendo che io non capissi nulla quando in realtà li capivo benissimo.

-Ragazzo, finalmente ti vedo con una ragazza! Sono contento!- disse Alfonso, dando una pacca sulla spalla muscolosa di Dom, che sorrise e scosse la testa.

-Alfonso, lei non è la mia ragazza. Ha iniziato a lavorare per me da una settimana ormai, è della famiglia- disse Dom, spiegandosi, mentre io me la ridevo sotto i baffi, mangiando Tacos e lanciando ogni tanto un'occhiata ai due.

-Ragazzo, per me stai lasciando qualcosa di davvero raro e te lo stai facendo scappare! Mangiate ora!- disse per poi sorridermi e lasciarci soli. Dom, continuò a sorridere, scuotendo la testa divertita.

-Inizia ad imparare lo spagnolo, Eleonor- disse sorridendo, mangiando anche lui Tacos. Lo guardai un attimo e non riuscii a trattenermi, scoppiando a ridere. Lui si fermò a mangiare e mi osservò aggrottando le sopracciglia, sguardi di chi ti sta studiando.

-Sai lo spagnolo, non è vero?- mi chiese indicandomi con un Tacos fra le mani. Portai la mano sulle labbra e annuii, continuando a ridere. Batté la mano sul tavolo, scuotendo la testa.

-Lo sapevo!- disse ridendosela, ritornando sereno. Ma appena lui divenne sereno io divenni seria. Dom notò il mio cambiamento e si voltò a guardarsi le spalle: Mark stava venendo verso di noi.

-Sorellina non pensavo frequentassi certi locali, ti credevo da ristoranti da lusso data la macchina- disse mettendosi tra me e Dom, al lato del tavolo, indicando con un cenno del capo la ibrida che guidavo. Dom serrò i pugni e la mascella e lo guardò.

-Se non vuoi ritrovarti con un naso spaccato, è meglio che smammi ragazzo- lo intimorì Dom, mentre io scossi la testa verso di lui, che capì e aprì le sue mani sul tavolo, cercando di calmarsi.

-Ti sei trovata un fidanzato bello grosso, eh?- chiese con aria spiritosa Mark, ammiccando a Dom.

Un'occhiata al mio amico difronte e capii cosa stava per succedere: mi alzai di scatto fermando il pugno di Dom a mezz'aria, che stizzito si risedette rumorosamente.

-Andiamo fuori, genio- dissi contro Mark, che ghignò e mi seguì fuori. Mi appoggiai alla mia macchina a braccia conserte, mentre Mark si avvicinava a me.

-Abbiamo un problema-

-Tu hai un problema- iniziai a correggerlo. Mi guardò e roteò gli occhi.

-E' anche tuo fratello Jessie: ieri è arrivato con una pallottola nella spalla-

-Non è più un mio problema- dissi alzandomi dal cofano e passandogli accanto. Mi prese dal braccio e mi bloccò.

-E' un problema anche tuo, Eleonor- mi sussurrò minaccioso all'orecchio. Strinsi i denti per il dolore al braccio così velocemente estrassi la pistola e puntai la canna contro la testa di Mark.

-Lasciami- sibilai, più che incazzata. Mark alzò le mani e indietreggiò.

-Ricordati Eleonor: alla fine anche tu pagherai per quello che hai fatto- disse per poi entrare in macchina e sgommare via.

-Tutto bene?- appena sentii la voce di Dom dietro di me, mi rilassai abbassando le spalle e stringendo saldamente la pistola nella mano.

Mi voltai e vidi Dom spostare lo sguardo da me alla pistola nella mia mano.
Sicuramente si stava chiedendo come mai avevo una glock in mano.

-E' solo per autodifesa- spiegai. O forse no.

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