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Capitolo 7

Adeline's pov

Sento il cuore battere ad intervalli irregolari a causa dell'impatto brusco della porta.

Rimango a bocca aperta e con una mano al petto, non sapendo cosa pensare.

Noto che Marilyn si alza dalla sua precedente posizione ed avanza verso l'entrata, cercando di identificare in lontananza la posizione del figlio.

<<Ha preso l'auto e se n'è andato>> comunica, rendendomi partecipe.

<<Ma che cosa gli è preso?>> domando curiosa e preoccupata, sollevando il mio dolce peso dal sofà.

<<Si sarà svegliato con la luna storta, dal momento che è di cattivo umore da stamattina>> mormora la donna, guardando qua e là fuori dalla finestra <<Ti ha detto qualcosa, per caso?>> chiede infine, con tono triste.

<<No, però mi sono accorta del suo cambiamento di comportamento nei miei confronti nelle ultime ore>> ammetto sincera, appoggiando la sua precedente ipotesi <<Avrà i suoi problemi da normale adolescente>> valuta la madre del ragazzo in questione, cessando ogni movimento.

<<Ti va una tazza di tè?>> propone subito dopo, passando ad un secondo argomento di punto in bianco <<Certo>> mi limito a dire, pensierosa.

Così la donna si avvia verso la cucina, smanettando tra i vari pentolini in cerca di quello ideale per il suo scopo.

Prendo posto sul divano, portando le mani sulle tempie - che mi implorano pietà - .

A tal proposito, le massaggio lievemente con dei movimenti circolari, sentendo una sensazione di benessere istantanea pervadere la zona dolorante.

Successivamente afferro il telecomando e scorro tra i vari canali televisivi, in cerca di qualche squallido quiz comico che possa sollevare il mio stato d'animo.

Appena trovo ciò che desidero, mi appoggio allo schienale del sofà, cercando di porre la mia totale concentrazione al programma... ma purtroppo fallisco miserabilmente.

Afferro, dunque, il cellulare tra le mani e seleziono il contatto di Cameron.

<<Tutto bene?>>

Senza esitare nemmeno mezzo secondo invio il mio breve messaggio e spero con tutto il mio cuore che il castano si affretti a farmi una risposta degna di questo nome.

<<Il tè è pronto!>> esclama contenta Marilyn, sbilanciando il vassoio verso la mia direzione in modo che io possa prendere la tazza azzurra <<Ti ringrazio>> sussurro debolmente, cominciando poi a soffiare sulla bevanda fumante.

La donna si accomoda al mio fianco e comincia a sorseggiare, dando la sua completa attenzione allo schermo davanti a noi.

<<Ho scritto a Cameron>> comunico <<Cosa ti ha detto?>> nel sentire questa domanda lancio al momento un ulteriore sguardo al cellulare, lo sblocco ma non trovo alcuna traccia della sua risposta <<Ancora nulla.>>

<<In momenti come questo ha bisogno di stare da solo oppure con i suoi migliori amici, perciò lasciamolo fare>> spiega tranquilla, come se non fosse successo niente di nuovo <<Ah, quindi è normale questo suo atteggiamento?>> domando a questo punto, stupita.

<<Non lo definirei normale, bensì già visto... diciamo che lui è un tipo particolare, ma non rientra tra le mie competenze raccontarti del passato di mio figlio. Se vorrà, ti spiegherà tutto lui stesso.>> esordisce, facendo nascere un me tanta curiosità <<D'accordo>> mi limito a sussurrare, bevendo qualche sorso di tè verde - il mio preferito in assoluto - .

...

<<Adeline, gli occhi mi stanno chiedendo pietà>> sussurra con la voce bassa <<Ti dispiace se vado a dormire?>> scuoto la testa, rassicurandola con un sorriso <<Vai pure, tanto tra poco penso che farò lo stesso.>>

Mi lascia un bacio suo capo e successivamente si avvia verso il piano superiore con estrema lentezza, dimostrando la stanchezza che ricopre il suo corpo intero.

Mi stringo all'interno della mia felpa oversize grigia, rilasciando un profondo sbadiglio.

Controllo nuovamente il display del mio cellulare - come ho fatto per le due ore precedenti - , sperando di aver ricevuto nel mentre una risposta da parte di Cameron... ma niente da fare.

Sbuffo rumorosamente e porto la testa indietro, accasciandomi allo schienale per la millesima volta.

Chiudo le mie fessure chiare, lasciando i problemi irrisolti in secondo piano, ovvero per il giorno dopo a questo punto.

Cerco con tutta me stessa di prendere sonno, ma questo è stato uno dei miei punti deboli sin da piccola: mi rigiro mille volte sul sofà, fisso un punto indefinito del soffitto e stimolo gli sbadigli - quest'ultima è una tecnica consigliata dalla mia dottoressa di base - .

Il risultato? Non pervenuto.

Intanto continuo a rimuginare sulla questione del ragazzo che in questo momento mi sta facendo pensare: perché ha reagito in quel modo?

Perché se n'è andato senza dire nulla?

Perché non mi risponde?

Queste ed altre sono le domande che frullano nella mia mente in continuazione da quel fatidico momento a questa parte.

Non appena perdo le speranze, lasciando che un sospiro pesante esca dalle mie labbra, sento la serratura scattare.

Presa dallo spavento, mi alzo e cammino con passo felpato verso l'entrata... nel momento in cui il mio sguardo incontra quello del castano rimango inerme.

Il suoi occhi sono lievemente arrossati, segno che è reduce da un pianto, e posso notare la tristezza nel suo volto.

<<Fammi passare>> afferma deciso, usando un tono parecchio brusco nei miei confronti <<Cameron, che cosa ti ho fatto di male?>> domando stanca, alzando le braccia <<Non voglio parlarne.>>

Sorpassa il mio corpo e prosegue verso la cucina, in cerca di qualcosa da bere.

<<Non mi interessa proprio, e sai perché? So che si tratta di me e non me ne starò di certo zitta e buona in casa tua sapendo che ti sto recando fastidio... perciò, ora ti siedi e mi spieghi il motivo del tuo comportamento.>> gli punto il dito contro, risultando parecchio scontrosa.

<<Quando avrò voglia di parlarne ti farò uno squillo, anzi chiederò a mia madre di farlo in nome mio.>>

Questa frase mi risulta parecchio bruciapelo, perciò sollevo le sopracciglia.

<<Prego?>>

<<Hai sentito bene quello che ho detto, non fare la finta tonta>> ribatte e fa per andarsene, ma lo afferro dal polso <<Penso che questa sarà una lunga nottata>> valuto, indicando la sedia <<Parliamone, oppure non sopporti il confronto?>> sbotto acida, sentendo la rabbia ribollirmi nelle vene.

Si limita a sbuffare, prendendo posto attorno al tavolo.

Imito le sue stesse azioni e comincio a giocherellare con l'elastico, in attesa dell'inizio della sua spiegazione.

<<Ho capito che ho problemi a prendere sonno, ma ci vogliamo dare una mossa? Si sta facendo tardi... >> annuncio, dando uno sguardo all'orologio appoggiato sopra al frigorifero <<Vai a dormire allora, cosa vuoi che ti dica!>> esclama spazientito, tenendo l'attenzione rivolta ovunque tranne che si di me.

<<Perché hai pianto?>> parto con l'interrogatorio, sapendo che non avrebbe sicuramente attaccato bottone per primo <<Fatti miei>> lascio passare, sapendo che piangere per un ragazzo è un chiaro simbolo di debolezza - ancora più delle donne - e non vorrei aggravare la situazione.

<<Come mai ti sto così antipatica?>> chiedo curiosa, appoggiandomi con i gomiti al tavolo <<In realtà, mi stai proprio indifferente: se mia mamma ha voluto ospitati in casa nostra non significa che dobbiamo essere amici o - in caso - nemici.>> commenta, alzando le spalle verso l'alto.

<<Sei cambiato, non eri così... >> sussurro, scorgendo il sottile strato di rammarico con cui pronuncia le sue parole <<Ancora non mi hai conosciuto, come fai a dire ciò?>> la sua domanda non fa una piega, ma il suo comportamento educato dei giorni scorsi mi ha fatto pensare anche solo per un momento che lui fosse diverso dal gregge di caproni che riempie la città.

<<Hai ragione, devo ammetterlo... però, mi potresti spiegare per quale motivo da questa sera hai cominciato a trattarmi male?>> ennesima mia richiesta che spera di ricevere una risposta esaustiva <<Ti stai prendendo ciò che mi appartiene, nonché ciò che mi rimane.>>

Batte la mano sul tavolo, puntando i suoi occhi dritti verso i miei.

Non so se definirmi più perplessa o stupita, sta di fatto che non riesco a capire e perciò gli faccio segno di continuare.

<<Sto parlando di mia madre>> specifica <<Da quando ti ha conosciuta si è quasi dimenticata di avere un figlio: comprendo il suo desiderio nel rendere la tua vita felice, dopo tutti i brutti momenti passati, ma esisto pure io. E non cercare di dire di no, perché i fatti parlano chiaro.>>

Nel sentire queste sue parole scoppio a ridere, non potendo credere alle mie orecchie.

<<Dimmi che stai scherzando>> pronuncio divertita <<Ma ti sembra? Sono più che serio.>>

Non riesco a trattenermi e scoppio in un'altra fragorosa risata.

<<Cameron, non c'è motivo di essere così stressato... Marilyn si sta semplicemente comportando educatamente nei miei confronti, non credi?>>

<<Fidati, l'ultima volta che è successo ne ho pagato le conseguenze... >> mormora flebilmente e sono certa di aver visto una lacrima rigargli il volto un attimo dopo.

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