6. Il ladro del registro
In quel mese, Evander non aveva praticamente mai incontrato nessuno dei suoi vecchi compagni dell'accademia.
Jayden e Zora, che abitavano proprio nelle due stanze a fianco alla sua,facevano di tutto per evitarlo e non farsi vedere in quel corridoio da lui.
D'altronde, Evander non voleva neppure incontrarle.
Era stato incaricato di tenerle d'occhio da Vlastamir, ma era ben felice di mancare a quella consegna.
Non faceva assolutamente attenzione a ciò che esse facevano o non facevano, così avrebbe avuto meno difficoltà a mentire a Vlastamir.
Ma, alla fine del mese, Adalwin che, per tutto quel tempo era rimasto nascosto nella base ribelle, giunse a corte, da solo e senza essere stato precedentemente annunciato.
Quando Vlastamir e Yvnhal lo videro arrivare quasi pensarono si trattasse di un fantasma.
Gli endar dell'accampamento nel quale lo avevano mandato ai piedi dellaNotte Verde gli avevano assicurato che doveva essere morto ingoiato da un pantano.
Capirono che, se Adalwin era ancora in vita, il merito - o la colpa, dal loro punto di vista - doveva essere dei monaci o dei ribelli che gli avevano dato asilo.
E così era.
Questi ultimi avrebbero voluto che Adalwin restasse con loro al sicuro, dove potevano proteggerlo. Ma Adalwin aveva deciso di tornare a palazzo,per essere più vicino al padre, alla sorella e a Evander.
Preferiva chiudersi di nuovo in quella Torre Nera, piuttosto che rimanere lontano da Edresia, dove non avrebbe potuto essere di alcun aiuto.
Sapeva che il matrimonio fra Jayden e Vlastamir sarebbe avvenuto alla fine di quel mese ed aveva intenzione di essere presente.
Quando arrivò, Vlastamir avrebbe voluto rinchiuderlo immediatamente in una cella di Dravedia. Nonostante questo, però, era stato costretto a dare un ricevimento in onore del suo insperato ritorno e, soprattutto a restituirgli la sua camera nell'ala ovest del palazzo imperiale.
Per quanto Vlastamir fosse potente, c'erano alcune cose su cui il popolo non transigeva e, seppure inconsapevolmente, era in grado di obbligare il reggente ad obbedirgli. Una di queste era la salvezza e la sicurezza della famiglia imperiale, la quale per il popolo era sacra più di ogni altra cosa. Se Vlastamir avesse rinchiuso Adalwin nella Fortezza di Confine, soprattutto sapendo che il vecchio imperatore poteva morire da un momento all'altro, il popolo non glielo avrebbe perdonato.
E, oltretutto, quando Adalwin gli domandò pubblicamente il permesso scritto di andare a far visita al padre in qualsiasi momento, Vlastamir fu costretto ad accondiscendere.
Se Adalwin glielo avesse chiesto in privato, non avrebbe ottenuto altro che un rifiuto, ma, invece, aveva atteso il momento ed il posto giusti, ovvero di fronte alle telecamere, durante il discorso che Vlastamir tenne in diretta universale proprio in onore del suo ritorno:
«Caro fratello, poiché al mio ritorno ho avuto la triste notizia che nostro padre è molto peggiorato e non gli rimane più tanto da vivere, voglio andare a fargli visita appena finito questo discorso al popolo e, inoltre, vorrei poterlo vedere in ogni momento ed essergli sempre accanto, per non lasciarlo solo nell'ora fatale. Voi siete troppo impegnato a governare, per essergli vicino: solo io e mia sorella Zora possiamo alleviargli il dolore della dipartita. E,poiché non voglio aspettare altro tempo, visto che nostro padre potrebbe non averlo, vorrei che mi scriveste subito un permesso di vostra mano per oltrepassare senza problemi la sorveglianza dei vostri fidati endar».
Vlastamir,preso in contropiede da quella richiesta pronunciata in modo semplice, ma che non ammetteva repliche, fu costretto a scrivere quel permesso e a metterci su il sigillo imperiale in diretta universale di fronte all'intero popolo.
Ma, poiché il popolo non poteva leggere quel che scriveva, Vlastamir si vendicò di quel colpo basso ponendo alcune condizioni:
Il principe Adalwin potrà visitare l'imperatore padre in qualsiasi ora della giornata, eccetto l'ora della colazione e della cena.
Quando lo lesse, Adalwin finse un moto di rabbia, sapendo che Vlastamir in quel momento godeva di trionfo sapendo che con quella semplice condizione lui non avrebbe potuto impedire al vecchio padre di bere il veleno.
Ma nel cuore Adalwin gioì della possibilità di poter finalmente vedere suo padre quando e quanto voleva, sapendo che Evander gli avrebbe portato acqua pura e non veleno.
Come aveva sostenuto di fronte al popolo in diretta, appena finito il discorso, Adalwin corse nella sala ovest e, con sua enorme felicità, grazie al permesso che aveva appena ottenuto dal fratello, fu lasciato passare. Trascorse con suo padre tutto il tempo che poté, finché quest'ultimo non finì per addormentarsi, stanco per la gioia di aver rivisto il figlio.
Scendendole scale, Adalwin nascose la felicità dietro una falsa espressione di tristezza: voleva che tutti pensassero che era rimasto addolorato dalle condizioni di salute di suo padre.
Uscito dalla torre ovest, avrebbe voluto parlare con Evander, ma la sua stanza era chiusa a chiave e sembrava vuota.
Rassegnato,si inoltrò per una decina di metri nel corridoio ed entrò nella sua camera.
Evander, infatti, era uscito da poco.
Soltanto un'ora prima, era stato dato l'allarme che un intruso era stato visto nei pressi del luogo in cui era custodito il Registro degli Endar che Evander aveva rubato quasi un mese prima.
L'intruso non era stato preso, ma non poteva essere lontano. Evander comprese che quel pover uomo non aveva scampo: gli endar lo avrebbero trovato presto e lo avrebbero giustiziato senza scrupoli per un furto che non aveva commesso.
Sentendosi in colpa, pensando che la responsabilità di quella condanna a morte fosse sua, dal momento che era stato lui a rubare il registro,Evander si propose volontario per guidare gli endar in quel tentativo di arrestare il ladro, sperando di riuscire invece a farlo scappare.
Yvnhal gli diede quel compito di buon cuore. Era convinto che il colpevole fosse ancora in giro per il palazzo e che il furto non potesse essere avvenuto da molto.
Ordinò a Evander di trovarlo a tutti i costi e di portarlo al suo cospetto non appena lo avesse preso.
Evander aveva risposto con la sua solita formula: «Sarà fatto, capitano».
Poi,aveva preso con sé alcuni endar ed aveva fatto una ronda nel palazzo, ma era passata un'ora senza che ci fosse alcun risvolto.
Ormai iniziava a sperare che non avrebbero trovato nessun ladro. Pensò che l'allarme fosse stato dato solo perché il custode aveva finalmente scoperto che il registro era scomparso, con l'imperdonabile ritardo di un mese.
Masi era sbagliato.
Mentre pattugliavano il corridoio attiguo alla sala dove era custodito il registro, Evander sentì un rumore dietro di lui.
Si girò di scatto ed un'ombra scomparve dietro l'angolo.
Finse di non essersi accorto di nulla e proseguì.
Questa volta, l'ombra dietro di lui non commise alcun errore: non si udì suono dalla sua parte.
Ma Evander si girò di scatto per cogliere il ladro alla sprovvista.L'ombra impiegò un istante di troppo a scomparire e, avendo una vista ormai abituata al buio, Evander credette di riconoscere una sagoma familiare.
In silenzio, fece segno agli altri di proseguire. Gli endar non discussero i suoi ordini e fecero come gli era stato ordinato.
Evander rimase in coda al gruppo. Il più silenziosamente possibile, si addossò al muro ed attese.
Quando gli endar di fronte a lui si furono allontanati, da dietro l'angolo comparve Jayden.
Lei gli arrivò vicina, inconsapevole d'essere stata scoperta, e Evander la fermò, le mise una mano sulla bocca per impedirle di gridare, e le fece segno di fare silenzio.
Quando Jayden si riprese dallo spavento, lui la lasciò andare. Mormorò: «Seguitemi».
«Seguirvi?!Io non vi seguirò mai» rispose Jayden con lo stesso tono:«Piuttosto preferisco cadere nelle mani dei vostri compagni!».
«Io non vi costringo, a voi la scelta!».
Jayden lo seguì.
Evander la guardò con rabbia perché era preoccupato per lei, e la condusse lontano dagli endar, dove non avrebbero potuto sentirli.
Girandosi a guardarla, con un tono acceso, le chiese: «Ma cosa diavolo ci fate qui?!».
Lo spavento gli aveva tolto ogni riserva. Jayden lo guardò sorpresa, perché non era abituata a vederlo perdere la pazienza. Poi rispose: «Mi pare evidente».
«É incredibile! Non sapete proprio stare al vostro posto! Non avete idea in quale pericolo vi stavate per cacciare! E in quale pericolo ora avete trascinato anche me, che vi ho impedito di farvi trovare da End Yvnhal!».
«Non ve l'ho certo chiesto io, anzi, mi sorprende che voi siate disposto a correre un pericolo per salvare me. Deve chiaramente esserci qualcosa, sotto a questa vostra finta apprensione per me. In fondo,vi ho quasi ucciso a sangue freddo solo poche settimane fa».
Evander la ignorò: «Cosa siete venuta a fare qui?!».
«A rubare il registro».
«Voi?! A rubare il registro? E la Ribellione doveva proprio mandare voi, in questa impresa suicida? Quel registro è protetto quasi più dello stesso End Yvnhal in persona!».
«Infatti,non mi ha mandata la ribellione. L'ho deciso io».
Evander la guardò sconcertato. Scosse la testa, faticando a capire quelle parole: «Ma voi siete fuori di testa!» esclamò di nuovo con rabbia. «Cosa ci avreste guadagnato, si può sapere?!».
«Io nulla, ma la Ribellione ne ha un bisogno estremo. E non riuscivo proprio a capacitarmi che non avessero già tentato di farlo rubare. Adalwin continua a rimandare la questione e proprio non capisco...».
Poi,Jayden si bloccò e sollevò lo sguardo su Evander, come avesse appena realizzato una cosa: «Ma perché vi sto dando delle spiegazioni?! E perché avete voluto salvarmi dall'ira del vostro capitano?!».
Evander,imbarazzato da quella domanda, per un secondo, non seppe cosa rispondere. Poi, disse: «Non sapete che quel registro è già stato rubato? Da circa un mese».
«Davvero?!»esclamò Jayden sconcertata. «Ho corso un pericolo inutile!».
«Non solo, ma lo avete fatto correre anche a me» mormorò Evander, fra sé.
Jayden rise a quelle parole: «E cosa pensate? Che me ne debba dispiacere?!».
Evander la ignorò. Era concentrato sui propri pensieri. Dopo un momento,disse: «Lady Jayden, per quanto la vostra incolumità non sia affar mio, vorrei darvi un consiglio e spero che vorrete seguirlo anche sevi viene da un uomo che vorreste uccidere con le vostre stesse mani:smettete di cacciarvi in ogni sorta di pericolo solo per scaricare l'angoscia di un matrimonio che vorreste vi fosse evitato. È per questo, vero, che vi siete auto-incaricata di rubare quel registro? Il matrimonio si terrà dopo domani. Volevate tentare la sorte. Volevate cercare una morte che vi liberasse da un destino che odiate e che non potesse essere definita suicidio».
«Sapete, End Zadok, se non avessi ormai compreso che le mie impressioni su di voi sono sempre del tutto errate, penserei che siate preoccupato per me».
Evander la ignorò, e disse invece: «Lady Jayden, vorrei che voi ora tornaste al più presto da dove siete venuta, prima che vi scoprano evi diano la colpa di un furto che non avete commesso».
«Machi l'ha commesso, quel furto, se non è stata la Ribellione?»chiese lei, rivolta più a sé stessa che a lui, scuotendo la testa.
«Allora, farete come vi ho chiesto? O dovrò usare la forza?».
«E, se è vero che il furto è già stato commesso un mese fa, si può sapere che cosa ci fate voi qui, alla testa di quegli endar? Una finta ronda a scoppio ritardato?».
«Ma vi volete togliere di qui alla svelta, prima che i miei endar tornino da questa parte?!».
«Sapete, Zadok... solitamente voi rispondete a tutte le domande che vi vengono fatte, mentre ora è già la terza a cui non ottengo alcuna risposta.State eludendo tutte le mie domande, e questo mi fa pensare che non vogliate rispondere, perché temete di non riuscire a nascondere la verità con la stessa sicurezza come di solito. È così?».
«Vi prego davvero di muovervi, milady!».
«Non ho alcun desiderio di rimanere, ve l'assicuro. Ma voi riuscite proprio a confondermi e vorrei che la smetteste, di comportarvi in questo modo così disorientante nei miei confronti!».
«Avanti, milady! Non ho alcun tempo da perdere!» disse Evander.
«Smettetela di ignorarmi, per una buona volta! E ditemi la verità!» sbottò Jayden.
Evander si girò sorpreso. Sempre più preoccupato man mano che passavano i minuti, esclamò in risposta:
«La verità! Non fate altro che chiedermi la verità! Dovreste smetterla di credere che le mie parole e le mie azioni nascondano sempre un altro significato che quello manifesto. In questo modo, fate solo del male a voi stessa, e interferite con i miei piani!».
Jayden lo guardò sorpresa, e rimase in silenzio. A Evander sembrò che un leggero sorriso fosse comparso sulle sue labbra, e se ne preoccupò, ma preferì credere che fosse stata solo un'impressione.
Jayden, dopo un attimo, disse: «Ho capito». Lo guardò per un istante con espressione indecifrabile e poi se ne andò, lasciando Evander a chiedersi se non avesse davvero capito qualcosa di troppo.
Jayden sparì veloce nell'ombra: conosceva bene quei corridoi.
Evander la guardò scomparire, pensando a quale fosse il modo migliore per dire a Yvnhal che aveva fallito e che non aveva trovato il ladro.
Manon c'erano molti modi diversi da quello per pronunciare quelle poche, semplici parole.
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