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39. il piano diabolico

«Presto, Silver! Date ordine di annullare immediatamente il sistema di filtraggio nella sala del teletrasporto» disse Il Sommo Monaco, rivolgendosi a Silver, ma senza distogliere lo sguardo da Mida, il quale, intrappolato al lettino, non riusciva a muoversi.

«No! Non fatelo!» gridò quest'ultimo, terrorizzato.

Silver, tuttavia, non obbedì subito al comando del Sommo Monaco: lo guardò sconcertato, spostando lo sguardo da lui a Mida, incerto su cosa fosse meglio fare. Osò obiettare: «Cosa?! Non capisco... Il sistema di filtraggio è una protezione necessaria, se la togliamo... credete che non accadrà nulla al principe?».

Il Sommo Monaco gli rispose con un tono di preghiera:

«Voi non conoscete la situazione come la conosco io. Se il principe verrà teletrasportato in quelle condizioni, morirà! Ma, se annullate i filtri, lo salveremo! Fidatevi di me!».

«Non dategli retta! Non ascoltatelo! Lasciate intatti quei filtri, se volete che il principe salga sul trono!» urlò Mida, provando invano a svincolarsi dalle cinghie che lo tenevano inchiodato al lettino.

«Io non...» mormorò Silver, scuotendo la testa. Nei suoi occhi si leggeva chiaramente la paura: la vita del principe Alekym, il salvatore del popolo, era nelle sue mani. Di chi avrebbe dovuto fidarsi? Dell'endar che diceva d'essere lo zio di Alekym e di aver giurato di dare la sua vita per salvare quella del nipote? O del Sommo Monaco, che era stato il suo capo per vent'anni e del quale aveva sempre eseguito gli ordini con una cieca fiducia?

Il Sommo Monaco lo guardò con espressione incredula e ferita.

«Vi fidate più di questo endar che di me? Abbiate fede: io so ciò cheva fatto. Ma dobbiamo agire subito: non c'è tempo da perdere, se vogliamo salvare Alekym».

La sua recitazione era così convincente, che Silver non ebbe più dubbi.

«No! Vi prego!» gridò Mida, disperato.

Silver lanciò un'ultima occhiata al medico endar che si contorceva sul lettino, poi, si slanciò fuori dalla porta dell'infermeria per eseguire l'ordine che gli era stato dato.

Mida e il Sommo Monaco rimasero da soli, a guardarsi negli occhi, l'uno imprigionato al letto e l'altro chino sopra di lui con in mano una piccola fiala dal contenuto verde.

«Perché l'avete fatto?!» esclamò Mida.

«Perché non voglio bastoni fra le ruote» sussurrò il Sommo Monaco, giocherellando con la fiala tra le dita.

La sua vera natura affiorava ora alla luce. Per la prima volta, Mida poteva vederlo per ciò che era davvero: un uomo viscido e senza scrupoli che tramava nell'ombra, bramando il potere.

Il Sommo Monaco riprese a parlare in un sussurro, rigirandosi fra le mani la piccola fiala, osservando compiaciuto il suo contenuto: «Sai, amico mio... Sono venticinque anni che aspetto questo momento, e non voglio rischiare che i miei piani vadano a monte per colpa del tuo nipotino viziato!».

«Voi siete pazzo!».

«Forse. Tuttavia, tutto sta andando secondo i miei piani: avevo previsto ogni cosa. Sapevo di dover solo avere molta pazienza. Ma, alla fine, la mia attesa è giunta al termine: i miei sforzi saranno ripagati. Io salirò su quel trono!».

«Voi avete fatto tutto questo per il trono...?!».

«Sì: tutto ciò che ho fatto, da vent'anni a questa parte, l'ho fatto per diventare imperatore di Triplania. Ho fatto così tanti sacrifici che voi non potete neppure immaginare... Ho lavorato molto per ottenere questo risultato, ed ora non intendo rinunciarvi». Il monaco fece una pausa, pensieroso. Poi, con autocompiacimento, aggiunse: «Vi spiegherò tutto, perché almeno voi siate testimone dei miei lungh isacrifici. Vedete, l'idea mi è venuta quando l'imperatrice ha annunciato di essere in dolce attesa del quarto figlio. Mi ero accorto che quel vanesio di Vlastamir non piaceva affatto all'imperatore e, poiché io ero il confidente più fidato di Leandros...».

«Voi? Come poteva Leandros fidarsi di voi! Neppure vi conosceva».

«Errato, mio caro Mida. A quel tempo, mi facevo chiamare "Alto Profeta", e non mi facevo vedere in volto da nessuno. Ero venuto a corte appositamente per studiare il modo di diventare il nuovo imperatore supremo. Le mie doti di preveggenza erano molto utili: l'imperatore si affidava ai miei consigli, quando sua moglie non sapeva aiutarlo. Vedete, Mida, vostra sorella non ha mai saputo far tesoro del suo dono: aborriva i miei metodi. Non capiva perché io mi drogassi ogni mattina per far scattare il mio potere di preveggenza, diceva che stavo forzando troppo e che il destino mi si sarebbe ritorto contro. Invece, guardateci ora: lei è morta ed io sto per diventar imperatore». Il Sommo Monaco diede in una risata tintinnante, sollevando le braccia come se avesse il potere di comandare il cielo.

«Voi siete un abominevole scherzo della natura» disse Mida.

Il monaco sorrise, compiaciuto: «Comunque, per tornare alla mia storia, io consigliai a Leandros di nominare l'ultimogenito erede al trono, sapendo che in questo modo avrei fatto scattare la sete di potere di Vlastamir e del suo tutore Yvnhal. E, non appena ebbi impiantato quell'idea nella mente di Leandros, mi immersi in una delle mie sedute di preveggenza. Sotto effetto della droga, tutto il futuro mi si rivelò in una nitida visione. Finalmente, sapevo cosa dovevo fare per diventare imperatore. Ma fu proprio in quei giorni che vostra sorella partorì...».

Mida lo guardò con odio: aveva compreso qualcosa, qualcosa di terribile.

Il monaco sorrise del suo sguardo furente: «Ebbene sì, non fu il parto ad uccidere vostra sorella: sono stato io. Durante le doglie ella aveva visto troppo dei miei piani, non potevo permetterle di smascherarmi. Per sua fortuna, non sapeva che io, Sommo Monaco, il nemico di cui aveva sognato, ero anche l'Alto Profeta. Quando Cassarah morì e Alekym fu nominato Erede, il mio piano era solo all'inizio. Così come avevo impiantato un'idea nella mente di Leandros, feci lo stesso con Vlastamir che, a sua volta, convinse Yvnhal. E così, in accordo con il principe e il suo tutore, due pedine in un gioco molto più grande di loro, io convinsi Leandros che era necessario uccidere il principe Alekym perché crescendo egli avrebbe portato l'umanità all'estinzione. Una piccola bugia per i miei scopi. Gli dissi che la persona più idonea al compito era il tutore di Alekym, End Conor, che io stesso aiutai a portare in salvo il principe. Nel frattempo, l'imperatore, devastato dal senso dicolpa, assunse su mio consiglio una pillola per dimenticare. Sapevo che questo lo avrebbe fatto andare molto vicino a perdere il senno, cosa che mi avrebbe dato il tempo di tessere gli altri fili della ragnatela. Feci in modo che Vlastamir assumesse potere e che Yvnhal diventasse capitano degli endar. Misi gli endar e i monaci uno contro l'altro, e feci scattare la miccia quando la principessa Jayden fuggì da palazzo verso il Monastero delle Sabbie: in qualità di Alto Profeta, suggerii agli endar che il monastero dovesse essere ridotto in cenere perché vi era contenuto il ritratto del principe Alekym. E, in qualità di semplice monaco, fui la salvezza per i pochi superstiti: misi in allarme lady Medora giusto il tempo perché almeno lei e gli altri monaci che contavano qualcosa là dentro si salvassero. E, infine, scomparii per sempre dalla corte. Medora fu il mio lasciapassare in tutti gli altri monasteri, dove acquistai subito molto credito: convinsi le quattro donne della profezia a creare un movimento segreto di ribellione per essere pronti quando il principe Alekym si sarebbe rivelato. Divenni presto il Sommo Monaco delle Aquile, capo supremo dei monaci. Un potere che sottostà di poco a quello del capitano degli endar. Come potete vedere, il vostro principe Alekym era solo una povera pedina: mi è servito per liberare l'Impero dagli endar e dal loro imperatore. Ovvero, per liberarmi la strada da ogni ostacolo. Inoltre, ora il popolo mi vede come un dio. La situazione è finalmente a mio favore».

«Voi avete usato Evander per i vostri scopi sin dall'inizio...?!».

«Sì, amico mio... Sai, io ero solo un umile contadino: non ero nessuno. Ma avevo un grande dono: la preveggenza. Ed ero l'unico dotato di questo dono, almeno in questa misura. Avevo una superiorità rispetto agli altri esseri umani: io sono il futuro, la nuova specie! Non potevo buttarla al vento, non potevo sprecare questo immenso potere! Sapevo di dover fare in modo di sfruttarlo per diventare qualcuno. Ho sempre desiderato essere un imperatore: era il mio sogno nel cassetto. Sapevo di meritarmelo! Chi altri avrebbe potuto essere più adatto dime, a questo ruolo?! Non certo quello stupido principe Alekym che osannate tanto! Lui non desidera altro che lo Spazio... Allora, che ci vada pure! Mentre io diventerò imperatore al posto suo».

«Non potete! Non ve lo lasceranno fare!».

«Oh sì, invece. Ho già previsto anche questo: sto già assaporando il momento in cui mi siederò su quel trono. É una sensazione che conosco già, sai? L'ho provata numerose volte, nelle mie preveggenze. Tuttavia, amico mio, la preveggenza non è un'arte sicura. Tanto è vero che non avevo previsto la vostra intromissione di oggi. E non voglio rischiare che il frutto di questo assiduo lavoro vada perduto, per cui devo togliere di mezzo chiunque mi sia tra i piedi! Ed ecco perché voi ora morirete, mio caro collega».

Il Sommo Monaco tolse lentamente il tappo alla piccola fiala.

Mida poté sentirne l'odore acre.

Il Sommo Monaco lo annusò con aria di autocompiacimento. Sorrise e disse: «Abbiamo condiviso momenti gradevoli insieme: mi ha fatto piacere studiare chimica e farmacia insieme a voi, in passato. Vi consideravo un compagno di studi degno di me e vi siete effettivamente rivelato alla mia altezza: avete avuto un'intuizione geniale, versando il liquido argenteo sulla ferita di Alekym. Avete compreso che era stata proprio quella sostanza, la stessa del tatuaggio di Alekym, a salvarlo prima dalla paralisi del veleno di Rabad e poi dal Sangue Verde. E vi confesserò che io lo sapevo già perfettamente. Leandros stesso, come avrete compreso, è stato salvato in parte dal tatuaggio dei re, ma in Alekym la resistenza ai veleni è molto più forte, perché la sostanza gli è entrata nelle vene sin da bambino. Io stesso ho distrutto tutte le scorte della sostanza d'argento, non appena ho compreso che avrebbero potuto salvarlo dal coltello avvelenato di Vlastamir. Ne ho tenuto solo una piccolissima fiala per me, nell'eventualità che io stesso potessi per errore infettarmi con il veleno. Ma ho commesso un errore: e voi avete avuto un'intuizione che ha quasi mandato in fumo i piani di un'intera esistenza! Quell'intuizione vi costerà la vita. Se voi non vi foste impicciato, ora potrei lasciarvi vivere, ma, così, mi costringete a uccidervi».

«Non potete uccidermi! Lo si verrà a sapere: sapranno che siete stato voi, e vi giustizieranno».

«Non potranno farlo, quando il governo e il tribunale saranno entrambi miei. E poi, voi morirete in modo naturale. Vi spiegherò come: curando le ferite di Alekym, vi siete infettato per errore con il Sangue Verde». E, nel dir così, il Sommo Monaco si avvicinò e fece un taglio sulla mano di Mida: «E, in meno di un minuto, siete caduto vittima di questo fatale veleno senza antidoto. Addio, Mida: è stato un vero piacere conoscervi, peccato che abbia dovuto uccidervi».

Poi, versò il contenuto della boccetta sul taglio che gli aveva appena inferto.

Pochi istanti dopo, Mida agonizzò per il dolore del veleno che era andato in circolo infettando il sangue e, infine, spirò, chiudendo gli occhi per sempre.

Il Sommo Monaco rimase accanto a lui ad osservarlo con aria di trionfo, finché non entrò Silver che, dopo aver fatto ciò che gli era stato chiesto, tornava a fare rapporto.

Entrò esclamando: «Mio signore, i filtri sono stati tolti: un secondo di ritardo e il principe avrebbe potuto morire! Perdonatemi, se ho indugiato ad eseguire i vostri ordini... Ho fatto appena in tempo, prima che il principe si smaterializzasse insieme all'inserviente delle pulizie. Ed ho controllato i suoi segni vitali sugli schermi del teletrasporto: il principe Alekym sta bene! Siamo riusciti a salvarlo!».

«Grazie, Silver. Avete reso un grande servizio all'Impero. Ora, lasciamo che la principessa Jayden riabbracci il suo principe, poi, quando i tempi saranno maturati, ci recheremo in visita sulla loro astronave».

«Sì, signore, ma...?!» esclamò Silver, appena vide che Mida era morto.

Il Sommo Monaco assunse un'espressione mesta e disse: «Il medico si è infettato con il veleno curando la ferita del principe. Forse ha avuto quel che si meritava. Ma... Silver, vi prego di non dire a nessuno ciò che Mida ha tentato di fare qui oggi: il principe Alekymed i suoi fratelli lo consideravano come un padre, lasciamo loro questa consolazione. Non voglio che sappiano del suo tradimento: ormai è morto e non può più recare danno a nessuno. Diremo che è stato un tragico incidente».

Silver, sconvolto dalla vista della deturpazione del corpo di Mida, disse: «Quest'uomo ha tentato di uccidervi, e di uccidere il nostro Salvatore. Meriterebbe una pubblica smascherazione».

«Tuttavia, io non voglio che si sappia. Il principe Alekym potrebbe soffrirne molto».

«Avete un grande cuore, mio signore» rispose Silver, annuendo: «Faremo come volete».

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