38. Lo scrigno del Sommo Monaco
Al contrario di ciò che aveva detto il Sommo Monaco, Mida non aveva mai avuto intenzione di dare false speranze a Jayden e agli altri, illudendoli che lui sapeva come salvare Evander.
E non era neppure per accanimento terapeutico, né per follia, né per scaricarsi la coscienza, che il medico aveva insistito sul fare ogni tentativo per trovare un antidoto al veleno.
No, non era nulla di tutto questo.
Mida aveva avuto un'intuizione.
Sin da subito, i conti non gli erano tornati.
La frase che aveva ripetuto con gli occhi allucinati sin dal momento in cui, arrivando in piazza, aveva visto Evander cadere semi-paralizzato sotto al pugnale di Vlastamir non era il delirio di un pazzo, ma il parere di un medico. E, soprattutto, di un medico che poteva a ragione vantarsi di essere il maggior conoscitore di veleni e di antidoti di tutta Triplania.
Il veleno paralizzante di Rabad con cui il Serpente aveva ferito Evander era molto potente: nessuno poteva scampare ai suoi effetti. Ma Evander aveva dimostrato un'incredibile resistenza, che il medico non aveva saputo spiegarsi in alcun modo. Infatti, il veleno aveva agito solo in parte: dopo pochi istanti, la parte destra del corpo di Evander si era liberata magicamente dall'incantesimo e si era mossa, appena in tempo per deviare il pugnale di Vlastamir.
Com'era stato possibile tutto questo? si era chiesto Mida, sconcertato. Nella sua carriera di medico e nella sua vita da studioso e ricercatore,non aveva mai visto nessuno liberarsi così in fretta dall'effetto del veleno di Rabad.
Ma non era solo questo, che aveva sconcertato Mida: Evander non aveva dimostrato solo una grande resistenza al veleno di Rabad, ma anche e soprattutto al veleno denominato Sangue Verde.
Infatti, nessuna delle vittime di quel veleno aveva durato tanto prima di morire: il Sangue Verde agiva in pochi istanti, era fatale e privo di antidoto. Le sue vittime morivano immediatamente, fra atroci tormenti. Ma Evander era vissuto per mezz'ora e non era ancora morto: anche in quel momento lottava tra la vita e la morte, invece di subire il destino che era toccato immancabilmente a tutti coloro che erano stati infettati con il Sangue Verde.
Non per niente, quel veleno era stato selezionato dagli endar per essere usato nelle loro veloci e frequenti condanne a morte. Lo stesso Evander aveva dovuto usarlo in passato per giustiziare i disertori del coprifuoco, così come End Sept e molti altri avevano fatto prima di lui.
Evander era il primo caso di resistenza al Sangue Verde che Mida avesse mai visto.
Sconcertato, si era domandato che cosa avesse Evander di diverso rispetto a tutti gli altri.
E la risposta non era tardata tanto ad arrivare.
Il tatuaggio.
Il tatuaggio che Evander portava sul petto era stato fatto con un processo particolare, che consisteva nell'iniettare una sostanza rarissima di colore argenteo sotto pelle e di lasciare che essa andasse in circolo nel sangue. Quella sostanza possedeva delle capacità curative che Mida aveva già potuto osservare: grazie ad essa si potevano curare molte infezioni del sangue.
Il medico aveva compreso che era stata proprio quella sostanza a far sì che il sangue di Evander sviluppasse una resistenza naturale ad ogni tipo di veleno che agiva a livello del sangue. Capiva, inoltre, che anche Leandros aveva beneficiato di questa qualità del tatuaggio dei re, fino al punto di mantenersi in vita per ben sedici anni di avvelenamento costante: nonostante tutti gli accorgimenti di Mida per aiutarlo a sopravvivere, infatti, un organismo meno forte di quello di Leandros avrebbe finito per soccombere al deterioramento di quella pratica aggressiva, mentre l'imperatore si era salvato ed, inoltre, era tornato in forze miracolosamente subito dopo aver cessato l'assunzione del veleno.
E, quando capì tutto questo, Mida sperò di aver trovato la soluzione.
Forse, proprio quella sostanza avrebbe potuto essere usata come antidoto per il Sangue Verde.
Quindi, sì, lui sapeva come salvare Evander!
Impaziente, aveva fatto portare quest'ultimo di corsa sulla nave del Sommo Monaco dove sapeva di poter trovare una scorta del liquido argenteo che stava cercando.
E, appena arrivato nell'infermeria della nave, si era messo a cercare la sostanza argentea senza dar retta a nessuno e senza rispondere al Sommo Monaco che continuava a chiedergli: «Cosa state cercando? Se me lo dite, forse, posso aiutarvi a trovarlo».
Ma, nonostante tutti i suoi sforzi, Mida non trovava ciò che cercava.
Sapeva che il tempo stringeva e che ogni minuto che passava Evander avrebbe potuto emettere il suo ultimo respiro.
Disperato, perdendo fiducia, si era infine rivolto al Sommo Monaco e gli aveva chiesto: «Sapete dove posso trovare una fiala della stessa sostanza argentea con cui abbiamo impresso il simbolo dell'erede sul petto del principe?».
«Perché la state cercando?» gli chiese confuso il Sommo Monaco.
Mida perse la pazienza: «E per che cosa credete che la stia cercando? Ma per salvargli la vita, no?! Se sapete dove trovarla, mandate subito qualcuno a prenderla!».
Il Sommo Monaco parve ignorare quel tono scortese e, sorpreso, disse: «Credete davvero che avrà effetto?!».
«Io...» disse Mida. «Io lo spero!».
Il Sommo Monaco scosse la testa, in segno di disapprovazione: «Mida...quella sostanza non è un antidoto. Non funzionerà».
Mida resistette alla tentazione di afferrare il Sommo Monaco per il collo.
Non gli era mai piaciuto: avevano fatto ricerche insieme perché entrambi erano appassionati di chimica e di farmaceutica, ma più volte Mida aveva dovuto sforzarsi di sopportare la natura contraddittoria del Sommo Monaco. Infatti, quest'ultimo, mostrava di avere una personalità duplice ed un carattere dispotico ed egocentrico. Mida era sempre passato sopra a quei difetti, fingendo addirittura di non accorgersene, ma ora non era disposto a rischiare la vita di Evander solo per l'eccessiva autostima del Sommo Monaco, che non voleva concedergli la possibilità di aver ragione a proposito della sostanza d'argento.
Gridò: «Un tentativo non ci costa nulla, non credete? Male non gli può fare. Andate a prenderla!».
Il Sommo Monaco scosse la testa: «Io non ne possiedo alcuna scorta. Come sapete, quella sostanza è estremamente rara».
A quelle parole, Mida sentì un colpo al cuore.
No, non poteva essere vero!
La sostanza argentea era rara, certo, ma il Sommo Monaco aveva sempre avuto accesso ad ognuna delle più incredibili scorte di sostanze rare che i monaci sembravano non stancarsi mai di cercare per l'intera superficie dei due pianeti e raccogliere nelle loro riserve. Era proprio per questo, che Mida si era recato più volte per i suoi studi dal Sommo Monaco. Ed ogni volta che aveva bisogno di sostanze più o meno rare che non riusciva a reperire in altro modo, si era rivolto ai monaci e questi ultimi avevano sempre fatto in modo di procurargli ciò che lui aveva chiesto.
E, proprio in quel momento in cui la sostanza che cercava avrebbe potuto salvare niente meno che la vita dell'imperatore, i monaci non sarebbero riusciti a procuragliela. Era la prima volta.
Non poteva essere vero.
Mida non voleva rassegnarsi.
«E quanto tempo credete occorra per averne una scorta?» chiese, disperato.
Il Sommo Monaco scosse la testa: «Mi dispiace, Mida, ma il principe non può resistere tanto a lungo: ci vorrebbero come minimo due settimane».
«Due settimane?!» esclamò sconcertato Mida, cadendo sulla sedia dietro di lui con un tonfo sordo.
Mida si prese la testa fra le mani, lasciandosi andare alla rassegnazione.
Il Sommo Monaco gli disse: «Suvvia, Mida, non datevi così presto per vinto! Possiamo trovare un altro modo».
Mida scosse debolmente la testa: «No. Non c'è un altro modo: questo era l'unico. L'unica nostra speranza».
«Signore...?».
La voce titubante dell'inserviente delle pulizie, una giovane ragazza di quindici anni, non ebbe alcun effetto sulle orecchie passive di Mida, paralizzato dalla consapevolezza della propria impotenza.
La ragazza alzò la voce e si avvicinò: «Signore...? Io credo...».
Il Sommo Monaco si girò verso la ragazza e, infastidito, le disse: «Che cosa ci fai qui, tu? Vattene! Ci sei tra i piedi».
La ragazza, ferita da quelle parole dure, alzò lo sguardo sul Sommo Monaco.
Ma, dopo qualche secondo, lo ignorò e si volse verso Mida, dicendo: «Signore, forse io ho ciò che state cercando».
Il Sommo Monaco perse la pazienza e fece per scacciare la ragazza con la forza, gridandole: «Vattene di qui!».
Ma Mida aveva visto qualcosa brillare tra le mani della ragazza.
Come riportato alla vita, si alzò di scatto ed afferrò la fiala che la ragazza gli porgeva, prima che il Sommo Monaco, con le sue maniere violente, rischiasse di farla cadere mandandola in pezzi.
«Eccola!» esclamò, fissando la sostanza argentea contenuta nella piccola fiala.
Lacrime di gioia gli sgorgarono involontariamente dagli occhi, mentre, senza attendere un solo minuto di più, Mida versava con attenzione la sostanza argentea nella ferita di Evander.
Con gli occhi sgranati, in trepidante attesa, Mida osservò la pelle assetata attorno alla ferita impregnarsi di quel liquido salvifico. Ma sapeva che il miracolo non poteva avvenire in pochi istanti: perché la sostanza facesse effetto doveva prima andare in circolo. Occorreva del tempo: non gli restava che aspettare.
Riuscì a staccare gli occhi da Evander e guardò la ragazza con estrema gratitudine: «Ti ringrazio. Se non fosse stato per te, avremmo perso l'unica nostra possibilità di salvare Evander dalla morte!».
Poi si girò verso il Sommo Monaco e gli disse: «É stata una vera fortuna che questa ragazza abbia trovato una...».
Ma si bloccò a metà della frase, colpito da un dubbio improvviso: quella rarissima sostanza non era certo a portata di tutti e meno che mai di una povera inserviente delle pulizie.
Socchiuse gli occhi con sospetto e si rivolse al Sommo Monaco: «Non avevate detto che non ne avevate alcuna scorta?».
Il Sommo Monaco rispose calmo: «Così era, infatti: sono parecchi mesi che avevo perso la mia ultima scorta. Come avete detto voi, è stata una vera fortuna che questa ragazza l'abbia trovata in una delle sue imprese di pulizia».
La ragazza tacque, guardando il monaco con un'espressione che Mida non riuscì a decifrare.
Il Sommo Monaco interruppe il silenzio battendo le mani: «Allora, non ci aspetta che sperare che la sostanza argentea abbia effetto! Ho promesso alla principessa che le avrei dato notizie ogni mezz'ora, e mezz'ora è passata. Mida, vi dispiace occuparvene voi?».
Mida non voleva affatto allontanarsi da Evander, neppure per un minuto.
Rimase un istante in silenzio.
Il Sommo Monaco si rivolse alla ragazza delle pulizie: «Tu, vattene adesso, prima che ti punisca per aver rubato dalle mie scorte!».
Mida vide uscire la ragazza ed ebbe un'idea: con la scusa di andare a dare notizie a Jayden sullo stato di salute di Evander, poteva cercare di farsi dire dalla ragazza dove avesse trovato la fiala.
Annuì: «Va bene, vado ad avvertire la principessa».
Ma il Sommo Monaco lo trattenne: «Prima che andiate, Mida, vi devo ringraziare. La vostra intuizione potrebbe salvare la preziosa vita del nostro principe. Il popolo ve ne sarà eternamente grato! Ma aspettate a dar false speranze alle principesse: non si può mai sapere».
Mida annuì ed uscì in fretta dall'infermeria, temendo di non trovare più la ragazza delle pulizie.
E, infatti, per quanto la cercasse per i corridoi attigui all'infermeria, non riuscì a trovarla. Doveva essere fuggita.
Contattò Adalwin con il thoraken mentre tornava indietro: non voleva stare troppo lontano da Evander.
Non si fidava del Sommo Monaco.
Appena arrivò di fronte all'infermeria, tuttavia, trovò la porta chiusa dall'interno.
Mida cercò di aprirla, ma non ci riuscì: il sistema elettronico non funzionava. Era bloccato fuori dall'infermeria dove Evander lottava tra la vita e la morte.
Eppure, ne era uscito solo da un paio di minuti: giusto il tempo di dare una veloce occhiata ai corridoi e di dire a Adalwin che Evander non era ancora morto, che lui aveva tentato tutte le sue carte e che ora dovevano solo attendere.
Mida bussò forte, impaziente di rientrare.
Ma nessuno gli aprì.
Bussò di nuovo, urlando: «Fatemi entrare! Sono io, Mida!».
Ogni minuto era prezioso: poteva costare la vita a Evander.
E lui non poteva permetterlo.
Aveva già fallito una volta con Leandros: non doveva fallire una seconda.
Nessuno venne ad aprire. Gli parve strano: le pareti interne nell'aeronave erano sottili, era impossibile che non lo avessero sentito.
Urlò di nuovo.
Questa volta, la porta si aprì.
Il Sommo Monaco ne uscì e se la richiuse alle spalle.
A testa bassa, con un'evidente delusione dipinta in volto, dichiarò:
«É troppo tardi, è già morto».
Mida rimase immobile, muto.
Poi disse: «Voglio vederlo».
Il Sommo Monaco scosse la testa: «Non potete: è già stato portato via».
Mida lo guardò confuso: «Non è possibile: mi sono allontanato per meno di un minuto!».
«Vi sbagliate, siete stato via un quarto d'ora. È morto l'istante in cui voi siete uscito».
«Perché non mi avete richiamato?!».
«L'ho fatto, ma non mi avete sentito».
«Non è possibile! Questi corridoi sono delle casse di risonanza!».
«Mida, non siete in voi. Avete le allucinazioni. Riposatevi: ne avete bisogno».
«No, non ho bisogno di riposo. Voglio vedere Evander».
«Bene, allora seguitemi. Vi porto da lui» disse il Sommo Monaco, dando le spalle alla porta e indicandogli il corridoio.
In quel momento, la ragazza delle pulizie rientrò a testa alta nell'infermeria alle loro spalle, spingendo un carrello delle pulizie.
Mida la guardò sconcertato: allora, il sistema di apertura elettronico funzionava alla perfezione.
Il Sommo Monaco disse: «Vedete, Mida: stanno già ripulendo la stanza».
Mida annuì, fingendosi rassegnato: «Va bene, fatemi strada».
Il Sommo Monaco gli diede le spalle e si incamminò per il lungo corridoio verso il luogo dove, a quanto diceva, era stato portato il corpo senza vita di Evander.
Ma, invece di seguire il monaco, Mida, veloce come un lampo, entrò nell'infermeria, prima che la porta si richiudesse dietro l'inserviente.
E, di fronte a lui, sul letto dove lo aveva lasciato, c'era Evander.
Sotto gli occhi spaventati dell'inserviente, con un violento colpo del thoraken, Mida fece andare in tilt il sistema elettronico che apriva e chiudeva la porta, cosicché nessuno potesse entrarvi od uscirne.
L'inserviente, spaventata, esclamò: «Cosa state facendo, signore?!».
Subito, si sentirono violenti colpi alla porta e le grida chiare del Sommo Monaco: «Aprite! Mida, aprite questa porta!».
Mida lo ignorò e fissò l'inserviente negli occhi per capire se poteva fidarsi di lei.
L'inserviente, invece di andare dalla porta per cercare di aprirla, rimase immobile ferma al suo posto.
Dopo qualche minuto, i passi pesanti del monaco si allontanarono lungo il corridoio: con ogni probabilità, era andato in cerca di qualcuno che riparasse il sistema elettronico.
L'inserviente alzò lo sguardo su Mida e mormorò tra i denti: «La fiala era nascosta nelle stanze private del Sommo Monaco. L'ho presa perché...credevo fosse molto preziosa, da come l'aveva nascosta!».
Mida, sorpreso da quelle parole, ripeté: «L'hai rubata...?!» Ma poi, scosse la testa e disse: «Non importa!».
Si slanciò verso il lettino e si concentrò su Evander.
E, quando gli occhi gli caddero sulla ferita, lacrime di gioia scesero dai suoi occhi.
Evander era vivo, e non solo: la ferita appariva in via di guarigione, mentre i segni del veleno si erano affievoliti fino a scomparire. Le labbra di Evander non erano più secche e violacee, le vene sul suo volto non erano più tese ed evidenti, le occhiaie attorno ai suoi occhi erano scomparse, il respiro affannoso si era tranquillizzato, la temperatura febbrile era scesa.
Evander dormiva profondamente, di un sonno tranquillo e sereno.
Mida esclamò: «Era come pensavo! Il tuo tatuaggio ti ha protetto: la sua sostanza è un antidoto naturale contro ogni tipo di veleno! Mia sorella doveva aver previsto anche questo, nel suo sogno premonitore: è stata lei ad insistere per imprimerti questo tatuaggio in così tenera età, nonostante la tradizione non lo preveda fino ai venticinque anni! Tua madre ti ha protetto e ti ha salvato la vita! E Il Sommo Monaco lo sapeva, ma ti voleva morto per diventare imperatore al tuo posto!».
L'inserviente, sconcertata da ciò che aveva visto, esclamò con evidente felicità:«Il Salvatore è vivo?!».
Mida la guardò pensieroso. Poi disse: «É vivo: il veleno non lo ha ucciso. Ma se non lo porto via di qui immediatamente, morirà per mano di colui che lo vuole morto. Tu devi aiutarmi!».
La ragazza lo guardò sconvolta: «Chi può volerlo morto a bordo della nave del Sommo Monaco?!».
«L'uomo che in questo momento sta cercando di entrare: il Sommo Monaco in persona».
L'inserviente lo guardò sconcertata: «Che cosa state dicendo?! Il Sommo Monaco ha passato la vita a cercarlo per metterlo a capo dell'Impero!».
«Devi credermi: so quel che dico. Il Sommo Monaco è stato nominato presidente del consiglio e, se Evander morirà, lui governerà l'impero come un tiranno».
«Chi siete voi? Perché dovrei credervi? Avete la divisa di un endar!».
«Io sono Mida, medico di corte, e sono lo zio di Alekym: l'imperatrice Cassarah era mia sorella. Le ho giurato che avrei vegliato sui suoi figli, ed è quello che intendo fare. Darei la mia vita per quella di Evander!».
L'inserviente lo guardò senza rispondere: era indecisa.
Nel frattempo, il Sommo Monaco era tornato. Il rumore di passi che si avvicinavano era sempre più forte. A giudicare da quel rumore, accanto al monaco dovevano esserci una o due persone.
Da fuori, si sentirono chiaramente le parole: «Non osate uccidere il Salvatore, medico pazzo!».
Mida si rivolse all'inserviente: «Qual è il vostro nome?».
«Emy. Emy è il mio nome».
«Emy, lo capite anche voi, non è così? Perché mai dovrei volere la morte di mio nipote?».
Nel frattempo, il Sommo Monaco gridò, con rabbia: «Fra poco entreremo, Mida! E, se quando entreremo Alekym sarà morto, la pagherete cara!».
Emy guardò la porta, poi Evander, infine Mida.
Quest'ultimo le disse: «Emy, mi aiuterai a portarlo al sicuro?».
Emy lo guardò incerta.
Mida disse: «Non ce la faccio da solo: ho bisogno di te. Non dovrai fare altro che portarlo fuori da questa astronave. Lo metteremo sul lettino d'emergenza e tu lo spingerai fuori da questa stanza il più veloce che puoi, mentre io trattengo il Sommo Monaco. Portalo nella sala del teletrasporto e contatta Taide, capitano della Comet-4. Lei vi teletrasporterà al sicuro fuori da qui».
Emy, dopo un momento, annuì.
«Lo farai?».
«Sì, lo farò». Dopo un secondo aggiunse: «Non ho rubato quella fiala per i soldi. L'ho rubata perché avevo capito che doveva avere un grande valore per il Sommo Monaco. La teneva sotto chiave, in uno scrigno. Il Sommo Monaco non mi è mai piaciuto: io... sono sua figlia». Emy fece una pausa e Mida la guardò sconcertato da quella rivelazione.
Emy riprese: «Ma per lui io non esisto, non si ricorda neppure che faccia ho. La sua preveggenza è cieca per tutto quanto riguarda me... Posso dire di essere l'unica persona oltre a mia madre ad averne conosciuto il lato oscuro. Lui non sa neppure che sono a bordo di questa nave: mi sono travestita da inserviente solo per vedere il Salvatore con i miei occhi».
Mida la guardò sconcertato. «Posso fidarmi di te, Emy?».
«Sì. Vi prometto che porterò il principe Alekym al sicuro».
«Allora, aiutami a spostarlo sul lettino».
Con l'aiuto di Emy, Mida spostò Evander sul lettino d'emergenza. Poi, contattò Adalwin tramite il thoraken:
«Adalwin, Evander è vivo. Dì a Taide che è necessario che venga teletrasportato a bordo di Comet-4 il prima possibile».
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