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29. Alla deriva nello Spazio

«I comandi non rispondono come dovrebbero» disse seria Jayden: «Se ci riuscirò, sarà un vero miracolo».

«Sei proprio sicura di sapere quello che fai?» chiese Taide, preoccupata.

«Taide, non hai fiducia nelle mie capacità di pilota, è così? ».

«Ecco, Jayden... devo essere sincera con te, almeno prima della fine: avrei preferito che ci fosse uno dei miei piloti, alla guida di questo trabiccolo. Per quanto tu possa ricordarti benissimo ciò che hai imparato all'Accademia Aeronavale, qui serve qualcuno che abbia un po' d'esperienza».

«Abbi fiducia, Taide. Ti prometto che farò del mio meglio».

«Ma, se il tuo meglio non basterà, purtroppo non faró neppure in tempo per dirmi "te l'avevo detto". Comunque, farò il tifo per te».

«Anche perché ti conviene».

«Contattiamo la tua Fenice, intanto».

«Fallo tu. Io non posso lasciare la postazione neppure un istante».

Taide annuì e, svogliatamente, contattò Evander.

«Fenice, ti annuncio che diventerai padre, sempre che quest'astronave non coli a picco prima».

«Ce l'avete fatta! L'avete salvata! Non so davvero come ringraziarvi, Taide!» esclamò felice la voce di Evander al di là dell'altoparlante.

«Piano con le smancerie, Fenice: c'è ben poco qui, da cantare vittoria! Non possiamo teletrasportarci, non abbiamo navette, e quest'astronave vola peggio di un piccione con un'ala rotta».

«Cosa vuol dire che non potete teletrasportarvi?!». La voce di Evander tradiva il suo sconcerto.

Lanciando un'occhiata di rimprovero a Jayden, Taide gli rispose:

«Proprio quel che ho detto, Fenice. La nobiltà d'animo della tua donna ha distrutto non solo la nostra stazione di teletrasporto, ma anche la loro. La fiammata è iniziata sulla mia nave ed è finita su quella di Yvnhal, bruciando tutto quanto un solo istante dopo che Jayden ed il suo rapitore si rimaterializzassero nella stazione ospite. Per nostra fortuna, tutto questo è costato la vita del Serpente».

«Quindi, quando mi hanno proposto lo scambio volevano che io morissi...» mormorò Evander, come parlando fra sé.

«Esatto, Fenice: era una trappola. Pare fosse il loro piano sin dall'inizio. Se anche non ci avesse pensato Jayden, l'avrebbe fatto il Serpente. Non sapevano che la fiammata aveva distrutto anche la nostra stazione, ma erano certi che tu avresti accettato subito lo scambio. E, se tu avessi tentato di teletrasportarti a bordo di questa nave senza una stazione di teletrasporto a riceverti, ti saresti volatilizzato in un nugolo di polvere di cellule galleggianti per lo Spazio, mentre Jayden sarebbe rimasta qui a colare a picco con tutto l'equipaggio. Un piano diabolico. Degno di Vlastamir, davvero!».

«Ma adesso voi come farete?! Non avete neppure una navetta?».

«Ne abbiamo solo due. Non sono a sufficienza. Se anche volessimo abbandonare Yvnhal e gli endar al loro destino, non possiamo abbandonare i poveri cadetti dell'accademia che quei mostri tenevano in ostaggio perché governassero la nave: sono solo dei poveri ragazzi del primo anno! E tu dovresti sapere meglio di tutti che il capitano è l'ultimo ad abbandonare la nave in caso di pericolo!».

«E quali probabilità ci sono che riusciate ad atterrare? In quali condizioni è la nave?».

«Pessime condizioni, e la cosa peggiore è che la nave non ci avvisa di quali sono le sue avarie, come se si vergognasse di farci sapere cosa non le funziona».

«Quindi non avete idea delle probabilità?!».

«No. Ma sta' tranquillo. Se Jayden è un pilota quanto tu sei un capitano, dovremmo riuscirci. Ora ti lascio, Fenice: devo controllare la situazione sulla plancia».

«Aspettate, Taide! Se davvero la nave è in quelle condizioni, sarà difficile pilotarla fino ad Edresia! Agganciatevi col raggio di inseguimento, così potrete lasciarvi trascinare da noi fino al momento dell'atterraggio. Poi, troveremo un modo per farvi atterrare!».

«Non è niente male, questa tua idea, Fenice» disse Taide, poi si rivolse a Jayden e le diede ordine di attivare la coda dell'occhio.

Se Jayden non avesse sentito la voce di Evander non avrebbe compreso ciò di cui Taide stava parlando.

«Coda dell'occhio attivata, capitano» rispose dopo un momento.

«Ci siamo! Portaci ad Edresia, Fenice. Ci rivediamo a terra» disse Taide ad Evander, poi spense il trasmettitore prima che lui potesse inrisponderle.

Ma qualcosa non andò come doveva.

Dopo un momento, videro la nave di Evander scomparire di fronte a loro in una manovra di iperspazio, e non sentirono alcun colpo di frusta.

La coda dell'occhio non aveva funzionato: la nave era rimasta ferma immobile al suo posto, senza neppure comunicare quel malfunzionamento.

Taide si arrabbiò con lei: «Maledetta baracca imperiale! Tu stai lì, nel tuo silenzio da santarellina innocente, senza neanche avvisarci di cosa non ti funziona, mentre noi siamo bloccati nel nulla più totale! Vedi di far funzionare almeno l'iperspazio, stupido trabiccolo!».

Jayden non riuscì a reprimere una risata: «Taide, è inutile che te laprendi con la nave. Se anche avesse una capacità emotiva, offenderla non sarebbe certo il modo migliore per farla funzionare!».

«Sì, ma... questa è una maledizione! La Fenice sarà già ad Edresia prima di rendersi conto che noi non gli siamo alle costole! La coda dell'occhio è stata creata per inseguire le navi nemiche senza esser visti! Così la Fenice penserà che gli siamo agganciati alla coda, ma che non ci può vedere perché siamo invisibili per effetto del...!».

«So bene come funziona il raggio di inseguimento, Taide!» la interruppe Jayden innervosita. Poi, calmandosi, chiese: «Allora, capitano, visto che siamo lasciati a noi stessi, tentiamo l'iperspazio?».

«Sì, sempre che anche questa volta la nave non faccia di testa sua» disse Taide stringendo i pugni per la rabbia. Poi avvisò l'equipaggio:«Tutti pronti per spiccare il volo a velocità luce!».

Jayden mise le coordinate di Edresia nel calcolatore di mappe interstellari, poi, quando il calcolatore ebbe trovato una rotta sicura, diede avvio all'iperspazio.

Parve funzionare correttamente: il colpo di frusta, questa volta, si fece sentire in tutta la sua forza.

Convinti che sarebbero arrivati ad Edresia nel tempo di un battito di ciglia, tutti tirarono un sospiro di sollievo.

I ragazzi dell'accademia se ne stavano ammutoliti ai loro posti, il più possibile lontano da Yvnhal: lo rifuggivano come se avesse la peggiore delle pesti bubboniche.

Quest'ultimo, dal canto suo, muto come una tomba, osservava tutto quello che accadeva sulla plancia, senza riuscire a capire quasi nulla: gli endar non conoscevano le astronavi. Questo, si ripeteva, era uno dei loro grandissimi difetti. Aveva sempre creduto che gli endar fossero perfetti ed ora, invece, per la prima volta si rendeva conto che, per ogni loro immensa abilità, essi avevano anche un immenso handicap.

Ma le brutte sorprese non erano finite.

Improvvisamente, la nave si fermò d'un colpo, scaraventando a terra Taide, che, a differenza degli altri, non si era andata a mettere seduta in sicurezza.

E, nello stesso istante, se Jayden non avesse fatto in tempo a riprendersi e se i suoi sensi fossero stati appena un poco più lenti, un enorme asteroide li avrebbe colpiti in pieno. Jayden, con una manovra brusca, aveva virato la nave per schivare l'ostacolo e Taide si ritrovò per la seconda volta a terra, dopo aver appena fatto in tempo a rialzarsi.

Taide era fuori di sé dalla rabbia. Rialzandosi, esclamò: «Dannazione!Questa baracca ci ha piantati in asso in mezzo ad un campo di asteroidi!».

«No, è anche peggio: siamo nell'anello rotante del pianeta satellite di Amaria! Finiremo in mezzo ad una voragine di corpi e di asteroidi!»le rispose Jayden, che faceva una gran fatica ad impedire a tutti quei corpi di danneggiare la nave ancor più di quanto già non fosse.

«Massima potenza ai motori: dobbiamo toglierci dall'attrazione gravitazionale del nucleo! Quest'anello è pieno di spazzatura che ci viene addosso e, se non ci togliamo di qui al più presto, anche questa nave e noi con essa saremo tutti da buttar via!» ordinò Taide.

Jayden fece del suo meglio per schivare la miriade di corpi che piovevano a gran velocità sull'astronave, ma una pioggerellina formata dai più piccoli continuava a percuoterla come sotto a grandine di dimensioni enormi.

Erano entrati nell'anello rotante del satellite dove vorticava spazzatura di ogni genere: terrena e spaziale. Ma vi erano entrati nel senso contrario: tutta quella spazzatura gli andava addosso, e l'andamento antiorario dell'anello rotante opponeva resistenza al loro movimento, dimezzando la potenza dei loro motori.

Jayden fece un'inversione, per assecondare il verso di marcia dell'anello: la velocità della nave aumentò di quasi il doppio e la pioggia di colpi smise, ma si ritrovarono agganciati in un movimento circolare obbligato, insieme a tutta la spazzatura che ora gli viaggiava al fianco.

Jayden prese l'unica decisione possibile e tutti incrociarono le dita perché funzionasse: aumentò la velocità della nave il più possibile, fece due giri intorno al satellite, poi, con una virata improvvisa, si sganciò dalla sua attrazione ed uscì dall'anello rotante.

Fortunatamente, ci riuscì.

Liberi da quella trappola infernale, tuttavia, la nave smise di rispondere ai comandi.

Taide non ci vedeva più dalla rabbia, e Jayden iniziava ad andare in panico. Di tutta quella storia, il fatto che i comandi non volessero rispondere era ciò che più la spaventava: finché sapeva di averne il controllo, poteva ancora fare qualcosa, ma, così, si sentiva impotente.

Jayden forzò i comandi fin quasi a staccarli dal supporto, ma neppure le maniere forti sembrarono ottenere un risultato.

Esclamò disperata: «Non risponde! La nave non risponde!».

«Come "non risponde"? Vuoi dire che non ti permette di muoverti?».

«Non mi permette di fare assolutamente nulla!» esclamò Jayden, perdendo le speranze.

Ma Taide non si diede per vinta.

«Il capitano deve fare qualcosa!» si disse, stringendo i pugni con determinazione. Poi ripeté fra sé: «Questa è la prima regola che ti insegnano per diventare capitano di un'aeronave: saper fare di tutto un po', per capire al meglio il mestiere di tutti e potersi sostituire a qualunque membro dell'equipaggio in caso di pericolo!...anche ad un tecnico delle riparazioni!» poi, ad alta voce, chiese: «Chi sono i tecnici delle riparazioni, qui?».

Un ragazzo di quindici anni si fece timidamente avanti: «Sono io, capitano».

«Tu e chi?».

«Io e... basta, capitano».

«Un solo tecnico delle riparazioni! Gli endar sono proprio ignoranti, quando si parla di aeronavi! Hanno imbarcato sull'ammiraglia un solo tecnico delle riparazioni! E credevano di ingaggiare una battaglia aeronavale con baracche governate da ragazzini! Roba da non credere!Ragazzo, cosa diavolo stavi facendo dietro le quinte?».

«Come, capitano?».

«Ti sto chiedendo cosa diavolo hai fatto tutto questo tempo! Non ti sei accorto che la nave è piena di avarie ed ha bisogno di un tecnico delle riparazioni? L'hai trascurata e ora si sente tradita».

«Sì, capitano, ma...».

«Ma che cosa?».

«Ma non so se sono in grado di...».

«Di fare il tuo lavoro?».

«Ecco, capitano, all'accademia abbiamo da poco iniziato le lezioni pratiche... finora abbiamo fatto solo quelle teoriche! Io non so se riesco a riparare un'avaria così grande! Non ho idea del perché icomandi non rispondano più!».

«Beh, fattene venire una, ragazzo! Fatti venire un'idea al più presto. Forse non hai ancora aperto gli occhi: se non ripariamo quel danno il prima possibile, finiremo per colare a picco o rimanere bloccati qui fino a che non termineremo l'aria respirabile. Se anche una nave venisse in nostro soccorso, non potrebbe salvarci: la stazione di teletrasporto è distrutta. Siamo lasciati a noi stessi! Non abbiamo navicelle per tutti, e non abbiamo neppure abbastanza capsule di salvataggio! Questa era soltanto una nave di prova, ancora incompleta! E gli endar l'hanno scelta come ammiraglia! Come sempre, noi dobbiamo pagare la loro arroganza!». Taide riversò tutta la sua rabbia in quel rimprovero, facendo venire i brividi al ragazzo.

Ma quest'ultimo, forse proprio grazie a quelle parole che lo riportarono alla realtà e gli fecero finalmente comprendere la gravità della situazione, ritrovò un po' di coraggio: «Certo, capitano! Io... farò del mio meglio!».

Taide, avendo sbollito un po' la rabbia, in tono incoraggiante gli disse: «Avanti, ragazzo, vedrai che ci riusciremo. Ti aiuterò io: precedimi nella sala macchine. Il design di questa nave è troppo moderno per me, e non riesco ad orientarmi bene».

I due sparirono fuori dalla plancia.

Calò un denso silenzio carico di tensione.

Non c'era, infatti, altro da fare che attendere che tornassero con il verdetto, e la cosa avrebbe potuto richiedere parecchio tempo.

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