23. debito di sangue
End Sept gli aveva salvato la vita?!
O era stata solo una sua allucinazione?
Evander non riusciva a capirlo.
Ma restava il fatto che, quando la nave aveva perso stabilità pochi istanti prima del collasso, lui aveva sbattuto la testa.
E, per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare come fosse arrivato nella stazione del teletrasporto.
In qualche modo doveva esserci arrivato: altrimenti in quel momento non si sarebbe trovato sano e salvo su una nave perfettamente stabile e sana. Qualcuno doveva avercelo portato di peso mentre era privo di sensi. E, al momento del collasso della nave, il rilevatore radar aveva trovato soltanto due forme di vita a bordo: la sua e quella del suo salvatore.
Forse era stato l'ufficiale Valin che, riconoscente per il suo recente salvataggio, voleva restituirgli il favore, ignorando gli ordini di Evander che, in qualità di capitano, aveva deciso di essere l'ultimo a lasciare la nave, come voleva il regolamento accademico.
Ma Evander aveva nella mente dei ricordi confusi, ma forti, che sperava di aver solamente immaginato. Sentiva ancora sulla pelle il freddo e viscido contatto di una mano bianca dalle dita affusolate e dalle lunghe unghie affilate, che gli afferrava saldamente un braccio, per impedirgli di cadere lungo un corridoio divenuto baratro senza fine, risparmiandogli una caduta senza ritorno. Se chiudeva gli occhi, vedeva nitida di fronte a sé l'immagine mnemonica del Serpente albino, ritto accanto a lui nella cabina circolare del teletrasporto, già in fase di smaterializzazione: due occhi albini dai capillari sanguigni che lo fissavano, un sorriso trionfante pieno di maligna soddisfazione, una lingua bifocorcuta che pronunciava viscidamente le parole: «Il debito è stato pagato».
Evander provò un brivido a quel pensiero: ora che End Sept aveva pagato il proprio debito, cosa doveva aspettarsi da lui?
Si guardò attorno, pensando di vederlo al suo fianco, visto che si erano teletrasportati nello stesso momento, ma non ne vide neppure l'ombra.
Nel guardarsi attorno, riconobbe la nave ed un altro pensiero occupò la sua mente: non riusciva a capire perché si trovasse a bordo della Comet-4. La aveva riconosciuta subito, per il suo design tutto particolare, così diverso dalle navi imperiali. Risaliva al ventennio passato, e sembrava che in quel ventennio avesse guadagnato qualche ruga: un filo di polvere ricopriva ogni cosa, e tutto aveva un aspetto selvatico e decadente. Ma aveva anche un fascino particolare, e Evander sapeva che quella nave non aveva eguali in fatto di potenza di fuoco e resistenza degli scudi.
Tuttavia, gli spazi erano angusti, i colori spenti e la stazione del teletrasporto dove si trovava era malridotta e non aggiornata.
Si chiese ancora cosa ci facesse lì.
Era convinto che lo avrebbero teletrasportato a bordo della Geo-9, che nell'ultimo attacco aveva perso il suo capitano, invece si ritrovava sulla nave di Taide.
Si guardò attorno alla ricerca di qualche membro addetto al teletrasporto. Naturalmente, non c'era nessuno che potesse rimediare a quello che doveva essere uno stupido disguido. Convinto di star solo perdendo tempo, pensò di impostare da solo i dati per teletrasportarsi a bordo della Geo-9, ma poi ci ripensò: non era prudente farlo all'insaputa della nave ospite, era più sicuro se la stazione di arrivo fosse stata pronta a riceverlo.
Si slancio fuori, deciso a non perdere altro tempo.
Al primo uomo in cui si imbatté, chiese: «Chi si è occupato di gestire il salvataggio dell'equipaggio della Agorax-8?».
Il malcapitato, colto alla sprovvista, non seppe cosa rispondere.
«Il capitano, o un sottoufficiale?» incalzò Evander in fretta.
«Il capitano, principe Alekym... Il capitano ha dato disposizioni personalmente».
«Era quello che volevo sapere, grazie».
Evander proseguì fino alla plancia, quasi con rabbia. Incominciava a intuire il motivo della sua presenza sulla Comet-4, e non gli piaceva affatto.
Arrivò in plancia indisturbato: la disciplina su quella nave obbediva a regole tutte sue, come il design delle sue sale.
«Capitano Taide!» esclamò entrando.
Ma poi si calmò e, con tono più neutro, chiese: «Questa nave è già provvista di un capitano. Perché allora mi trovo qui? È stato forse un errore?».
Taide si girò appena verso di lui, poi si rimise a fissare gli schermi impassibile. Gli rispose senza neppure guardarlo: «Nessun errore, Fenice».
«Perché mi avete fatto trasportare a bordo della vostra nave, dove non posso essere utile in nessun modo alla Ribellione? Perché non mi avete mandato sulla Geo-9? Che ruolo ho qui?!» disse Evander, cercando invano di trattenersi.
«Sei molto più utile qui, che non sulla Geo-9, Fenice, dove il mio Primo Ufficiale ti sostituirà alla perfezione».
«Voi mi state impedendo di dare il mio contributo a questa battaglia!».
«Al contrario, Fenice! Io ti sto impedendo di portarci alla sconfitta».
«Che cosa volete insinuare? State mettendo in discussione le mie capacità di capitano?!» disse Evander tra i denti, pieno di rabbia per quell'insulto e per quell'impotenza forzata.
«Non ti scaldare tanto, Fenice. Ho visto di cosa sei capace. E mi duole ammettere che te la cavi piuttosto bene. Ma hai un debole per gli innocenti, e gli endar lo sanno: non ti sei neppure accorto che ti hanno appena teso una trappola e che tu ci sei cascato in pieno. Hanno lasciato quei ragazzi dell'Accademia a morire sulla Sol-45 perché sapevano che tu avresti messo a repentaglio tutto l'equipaggio pur di salvarli. Ed avevano ragione: lo hai fatto, e la tua nave è collassata. Sei un imprudente. Sembrerebbe che aver rimesso la divisa da capitano dopo tanti anni ti dia alla testa, Fenice. E un capitano prudente è più valido di un capitano spavaldo, soprattutto se ha un tatuaggio d'argento sul petto. A differenza di te, io ho chiara coscienza di quanto sia fondamentale per la vittoria della Ribellione che tu rimanga in vita. Io voglio impedirti di gettarla al vento come hai continuato a fare fin dall'inizio di questa battaglia».
«Non ho alcun bisogno di una balia! Voi non avete alcun diritto di obbligarmi a...!».
«Sono io qui, il capitano. Non tu, Fenice. E se continuerai con questo atteggiamento indisciplinato sarò costretta a farti chiudere in una cabina e a lasciartici per il resto della battaglia!».
«Per l'ultima volta, rimandatemi sulla Geo-9. Sono stanco del vostro eccesso di protezione nei miei confronti. Forse vi farà piacere sapere che sono sopravvissuto a pericoli molto più grandi di quelli dai quali volete salvarmi. E senza il vostro aiuto!».
«La tua vita è fondamentale per la nostra vittoria, Fenice, e io intendo impedirti a qualunque costo di morire» disse Taide, come per chiudere definitivamente il discorso.
Poi, si rivolse ad un sottoufficiale: «Portalo immediatamente nella sua stanza e chiudicelo!».
Il sottoufficiale sembrò indeciso su cosa fare. Obbligare con la forza il principe ereditario ad entrare in una cella per chiedercelo dentro, o disobbedire al suo capitano?
Taide incalzò di nuovo: «Sulla mia nave comando io! Non c'è nessun re, principe o imperatore che possa innalzarsi al di sopra del capitano! Portatelo immediatamente nella sua stanza!».
Ma, a quella prospettiva, Evander cambiò immediatamente idea e atteggiamento. In tono accondiscendente, chiese: «Sono dunque vostro prigioniero?».
«Esatto, Fenice».
«Allora permettetemi di rimanere sulla plancia, dove posso essere di qualche aiuto».
«Solo se riconoscerai che solo io sono il capitano di questa nave».
«D'accordo. Sia come volete, capitano».
«Affare fatto, Fenice. Trovati un posto là dietro».
Ma, appena Taide si girò di nuovo verso gli schermi, Evander le andò al fianco e parlò di nuovo.
«Se mi permettete una parola, capitano...».
«Dimmi, Fenice».
«La Draco-424 ha subito un danno di grave portata dal mio ultimo attacco. I suoi scudi sono mal funzionanti...».
«Allora dobbiamo attaccarla!» lo interruppe Taide, esaltata.
«Ciononostante, abbiamo perso troppo tempo per...».
«Tutta colpa del tuo orgoglio, Fenice...» lo interruppe di nuovo Taide.
«Volete lasciarmi finire di parlare?!» esclamò Evander. Poi riprese: «Abbiamo perso troppo tempo e ora non ne abbiamo più a sufficienza per un attacco perché tra pochi istanti Yvnhal farà una manovra di iperspazio e fuggirà per mettersi in salvo. Anzi, mi sorprende che non l'abbia già fatto».
«Vuoi dire che se la darà a gambe? Come fai a esserne così sicuro, Fenice?» esclamò Taide, sconcertata. Non voleva credere a quella vigliaccheria da parte del capitano degli endar che da così lungo tempo aveva seminato il panico e il terrore fra il popolo da far fuggire tutti alla sua sola vista.
«Dimenticate che mi ha nominato suo successore. Lo conosco bene e so che fuggirà piuttosto che rischiare la vita. Fidatevi di me».
«È dunque un vigliacco, il tuo amico?».
«È un vigliacco, sì. Ma mio amico, no. E se vogliamo dargli una lezione, non abbiamo altro tempo da perdere. Fate azionare il raggio visivo per agganciare la nave di Yvnhal in una manovra d'inseguimento e date ordine di tenersi pronti per l'iperspazio. Subito, o lo perderemo!».
Taide lo guardò un secondo senza parlare. Poi, con uno scatto improvviso, gridò ai suoi uomini: «Avete sentito la Fenice? Azionate la coda dell'occhio,veloci!».
«Coda dell'occhio azionata, capitano» fu la risposta.
«Bene, perfetto» disse Taide, soddisfatta. «Un buon lavoro, Fenice».
E, ridendo, gli fece il verso: «"Azionate il raggio visivo d'agganciamento per la manovra di inseguimento"... Troppo lungo, mi si prosciuga la lingua. Sembra un gioco di parole! Noi non abbiamo mica tempo da perdere in formalità come voi altri studentelli».
Tutti attesero quindi che si verificasse ciò che Evander aveva predetto in trepidante attesa e in un teso silenzio.
Ma i minuti passavano e quel silenzio incominciava ad apparire ridicolo ed ingiustificato.
Taide, che aveva poca o nulla pazienza, decise di tornare al suo piano A, ed ignorare quel che aveva detto Evander. Esclamò: «Quello che hai detto non è accaduto, Fenice! Uomini, disattivate la coda dell'occhio e azionate le bocche di fuoco!».
Ma prima che gli uomini potessero fare ciò che gli era stato ordinato oche Evander potesse ribattere, tutti si ritrovarono storditi e piegati in avanti per il colpo di frusta: la nave era partita all'inseguimento ed aveva emulato la nave target nella sua manovra di iperspazio.
In pochi istanti, il panorama al di là degli schermi era totalmente cambiato. Gli uomini si guardarono attorno e non videro più i lampidi fuoco e le luci della battaglia, ma il nulla oscuro del silenziosoe solitario Spazio.
Erano isolati dal resto della flotta, sia amica che nemica, e l'unica astronave che potevano vedere era quella di End Yvnhal, ad una vicinanza quasi vertiginosa, ovvero quella piuttosto breve del raggio d'agganciamento per la manovra di inseguimento.
Taide mandò quindi un messaggio di spiegazione al resto dell'equipaggio grazie agli altoparlanti disseminati lungo tutta la nave, per chiarire ciò che era appena accaduto a coloro che si non si trovavano sulla plancia.
Poi diede ordine di mantenere attivata la "coda dell'occhio", ma di aprire al contempo il fuoco sulla nave avversaria.
Esaltata com'era all'idea di far finalmente fuori il capitano degli endar , non pensò che la distanza così breve fra le due navi avrebbe fatto sì che entrambe sentissero il colpo.
Evander pensò di farglielo notare in modo discreto: «Sarebbe forse meglio allontanarci un po', non credete, capitano?».
Taide si batté la mano sulla fronte: «Che stupida! Hai ragione, Fenice!».
«Avete una gran fretta di mandare all'altro mondo End Yvnhal!» osservò Evander.
«Ho atteso questo momento per tutta la vita!» gli rispose Taide, seria.
«Non roviniamolo allora!» disse Evander, che aveva anche lui i suoi buoni motivi per sperare che quella battaglia che durava da quando aveva tre anni finisse il prima possibile in una vittoria.
Fu aperto finalmente il fuoco e la nave di Yvnhal apparve di fronte ai loro schermi come una debole carcassa scossa da colpi e da esplosioni. Ciascuno di quei colpi aveva un effetto devastante sui suoi scudi deboli e mal funzionanti.
Sembrava ormai che l'astronave nemica fosse sul punto di esplodere da un momento all'altro.
E a tutti appariva alquanto sospetto che non rispondesse al fuoco, né si allontanasse, né agisse in alcun modo per sfuggire a quell'attacco che - era chiaro a tutti - non avrebbe sostenuto ancora a lungo.
Un clima di tensione incominciò a sostituirsi all'esaltazione pre-vittoria che si inalava sulla plancia solo un minuto prima. Qualcosa non stava andando come doveva. Tutti se ne erano accorti, ma nessuno capiva di cosa si trattasse.
Le parole di Evander avevano ancora un eco, che aveva cambiato sapore: da quello dolce e forte del trionfo era passato a quello debole ed amaro di un'inevitabile disgrazia.
Fu in quel momento e in quel clima che la nave ricevette un messaggio niente meno che da Vlastamir in persona. Quest'ultimo, barricato a terra su Edresia, si era sintonizzato sulla frequenza delle trasmissioni della nave di Yvnhal per poter essere costantemente aggiornato sulla situazione e dare ordini all'endar in tempo reale. E ora mandava un messaggio alla nave di Taide, e sembrava essere al corrente che a bordo di quella nave era anche il suo odiato fratello Alekym.
Evander riconobbe senza fatica lo sfondo a cui Vlastamir dava le spalle: una cella buia, stretta, da cui filtrava un'intensa luce rossastra attraverso una feritoia. Era la cella del capitano Yvnhal nella Torre Dravedia, luogo ideale dove rifugiarsi.
Vlastamir, con un sorriso cattivo e una voce melliflua, pronunciò le seguenti parole: «Mio caro fratellino, io non credo che vorrete continuare ancora questo attacco mortale al vostro vecchio capitano Yvnhal quando scoprirete chi si trova a bordo di quella nave...» fece una pausa, affinché le sue parole avessero effetto.
Edebbero l'effetto dovuto: un'angoscia attanagliò il cuore di Evanderin una morsa. Dopo una vita trascorsa a subire la crudeltà diquell'uomo, sapeva che da Vlastamir doveva aspettarsi soltanto ilpeggio.
«Vileggo la paura negli occhi... e fate molto bene ad averne. Ma nonrimproverate me, per la vostra sorte. Rimproverate soltanto voistesso, perché è per colpa della vostra sciocca tendenza a fidarviciecamente del vostro prossimo che avete condannato a morte unapersona che vi sta molto a cuore. Se non siete riuscito a proteggerlacome desideravate, la colpa è solamente vostra». Di nuovo,Vlastamir fece una pausa, forse aspettando una risposta da parte diEvander, che, tuttavia, non venne.
«Lavostra amata Jayden, la mia mancata mogliettina, è a bordo dellanave di Yvnhal, nave che voi avete appena condannato alla morte, contutto il suo equipaggio. Rimanete impassibile, vero? Forse sieteconvinto che il mio sia soltanto un bluff, ma vi sbagliate. Onon sapevate neppure che Jayden si trovava sulla nave su cui sieteora? Ebbene, è così. Chiedete al capitano, se quello che dico non èla verità...».
Unosguardo di Taide gli fece capire che era tutto vero: fino a qualchesecondo prima Jayden era sulla stessa nave in cui si trovava lui. Macome era possibile, che ora si trovasse a bordo della nave di Yvnhal?
«Vido io la risposta alla vostra tacita domanda» disse Vlastamir,leggendogli nel pensiero. «Voi non eravate al corrente che a bordodella Comet-4 ci fosse la vostra innamorata, così come non eravateneppure al corrente che ci fosse uno dei vostri amici di vecchiadata, End Sept. Ah, ecco, ora finalmente vedo una reazione! Virammaricate per avergli salvato la vita, forse? Oppure virimproverate per aver creduto senza riserve che vi fosse cosìriconoscente da essere passato dalla vostra parte? Forse vi fate unacolpa per averlo fatto fuggire insieme a voi dopo il mancatomatrimonio e per averlo arruolato tra le file della Ribellione... Oper non aver impedito che egli rapisse la vostra adorata principessaper portarla sulla nave di Yvnhal senza che voi ve ne accorgesteneppure. É così, lo vedo chiaramente nei vostri occhi».
Evanderabbassò lo sguardo e chiuse le mani a pugno con rabbia per impedirsidi parlare.
«Mavengo subito al punto» continuò Vlastamir: «End Sept, che voicredevate vostro seguace, in realtà non ha mai smesso di esserefedele a me, il suo vero ed unico imperatore. E mi ha fatto un grandeservizio, rapendo la vostra amata e portandola dove io avrei avutopotere di vita e di morte su di lei. Era il suo piano sin da quando èsalito sulla vostra nave dopo il matrimonio: per portarlo a termineha studiato tutto a proposito del funzionamento del teletrasporto pernon commettere errori. E di errori non ne ha commessi, infatti. Tuttoè andato secondo il suo piano. Ed ora vi propongo uno scambio: entromezz'ora voi vi farete teletrasportare a bordo di Draco-424, e Jaydensarà teletrasportata a bordo di Comet-4. Sono un uomo di parola, evi prometto che questo patto verrà rispettato. Se, tuttavia, voi nonsarete a bordo della nave di Yvnhal entro il tempo stabilito, lavostra cara Jayden morirà. Questa è una promessa».
Evandersi mostrò impassibile, ma dentro di lui il conflitto diventavasempre più devastante.
Vlastamir,finse di essersi appena ricordato di una cosa di nessun conto, eaggiunse: «Ah, dimenticavo. Forse vi farà piacere sapere che dallascansione ecografica del teletrasporto abbiamo fatto una splendidascoperta! E così, la mia cara mogliettina non mi è stata poi cosìfedele come volevano farmi credere... Non importa: vi devo dire chenon ho mai contato molto sulla sua fedeltà. E quindi, sappiate chevi faccio le mie più sincere e felici congratulazioni.... per ilvostro bambino!».
Latrasmissione si interruppe.
Evander,sconvolto da quella scoperta, rimase impietrito.
«Unfiglio!» mormorò fra sé, con uno sguardo allucinato e pieno diangoscia.
Inconsapevoledello sguardo di sincera apprensione con cui Taide lo stava guardandoin quel momento, conscio di avere gli occhi di tutti fissi su di lui,e la responsabilità della vita di Alekym sulle spalle, Evander capìche aveva una sola cosa da fare. Con determinazione, dichiarò: «Iodevo andare!».
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro