4. Un agnello fra i lupi
La voce diede il via. In un attimo tutti gli apprendisti più anziani incominciarono a individuare il proprio partner. Intanto, i più giovani si guardavano attorno con aria spaventata.
Gli apprendisti anziani si sceglievano partner deboli per poter guadagnare più punti singolarmente. Ed era quello che avrei dovuto fare anch'io.
Io ero immobile, in un angolo un po' appartato, e fissavo ogni cosa con attenzione. Non perché avessi timore di incominciare, ma perché avevo bisogno di studiare i miei avversari e di individuare il partner giusto.
Se non mi fossi mosso, però, avrei rischiato che tutti i partner deboli fossero già presi. Gli apprendisti anziani avevano infatti scelto tutti i novellini. Eccetto me, perché mi avevano considerato diverso dagli altri. Così la mia unica scelta era di prendermi come partner il più debole di tutti gli apprendisti anziani.
Ma intanto avevo notato una cosa curiosa. Il primo a muoversi appena era scattato il via era stato un ragazzo grande due volte me, dai muscoli enormi e messi in evidenza, con un'aria truce e al tempo stesso furba. La prima cosa che aveva fatto era chiedere ad uno degli altri apprendisti anziani se voleva essere il suo partner, e quest'ultimo aveva rifiutato. La cosa non poteva sorprendermi: chiunque avrebbe rifiutato di essere il partner di quel mostro! Ma ciò che mi aveva sorpreso era che, vedendosi rifiutato, lo sguardo del ragazzo grosso si era dipinto di una pura e ingenua sorpresa. Come? Non s'aspettava di vedersi rifiutato? Era un mistero. E la cosa che mi colpì di più era che il ragazzo che aveva rifiutato di diventare il partner del gigante era quello che mi aveva salvato nella sala della birra. La sorpresa del gigante poteva significare una cosa sola, e cioè che, di solito, nelle altre prove di combattimento, l'altro accettava sempre. E perché mai avrebbe dovuto accettare, quando essere partner di uno così poteva voler dire soltanto ottenere mesi di addestramento aggiuntivi assicurati?
Prima ancora che potessi decidere di muovermi dal mio posto e scegliere un partner, vidi che l'apprendista che aveva rifiutato quello grosso stava venendo verso di me. Appena mi fu di fronte, chiese: «Vuoi esser il mio partner, Zadok?».
Come potevo rispondere di sì?! Avevo davvero intenzione di essere il partner di colui che mi aveva appena salvato e a cui dovevo la fortuna di essermi saltato chissà quale orribile punizione per l'errore stupido di non essermi dimenticato in tempo il mio nome? No! Io gli ero grato, non potevo ripagargli la sua cortesia con quindici mesi in più fra gli endar!
Ma perché aveva chiesto proprio a me? Probabilmente non aveva capito che io avevo tutte le intenzioni di vincere, e pensava che fossi debole come tutti gli altri novellini. Doveva essere molto stupido, se non aveva compreso che il mio contegno era troppo diverso da quello di questi ultimi per essere preso per uno di loro, pensavo, con rabbia verso la sua stupidità e con dolore perché sapevo che ne avrei approfittato.
Eppure non aveva affatto l'aria di uno stupido.
Non avevo tempo per tutte quelle riflessioni. Il grande occhio captava e registrava ogni nostro movimento e fiato. Altri minuti in più nella mia titubanza mi avrebbero potuto far perdere punteggio. Il ricordo della sorpresa che avevo letto sul volto di quello grosso mi convinse ad accettare, perché avevo una mezza idea che l'apprendista che mi aveva chiesto in partner avesse deciso di perdere e di far vincere me.
«Come ti chiami?» gli chiesi.
«Wyn».
«Va bene, Wyn. Allora siamo d'accordo?».
«Assolutamente sì».
Mi mossi senza perdere altro tempo, e lui mi seguì.
Tenendo le mie spalle contro le sue, rasentai il muro, offrendo agli avversari solo il fianco sinistro ed il fronte.
Wyn mi imitò. Lasciava che fossi io, a condurre il gioco.
Non cercavo di ingaggiare battaglia con nessuno, ma gli altri non facevano altrettanto. Poiché formavamo una coppia strana, i nostri avversari non sapevano cosa aspettarsi, ma si facevano avanti comunque, forse convinti che avrebbero vinto senza difficoltà contro Wyn, che era notoriamente debole nel combattimento corpo a corpo e contro di me, che ero solo un novellino.
Ma non sapevano che io avevo avuto un maestro endar fin da bambino e che conoscevo tutte le tecniche di combattimento esistenti. In poco meno di dieci minuti, avevo mandato al tappeto tre coppie.
Wyn non mi aveva aiutato granché: sapeva appena pararsi dai colpi, sembrava incapace di attaccare.
Dopo qualche minuto, le mie capacità erano state notate e nessun avversario pareva più intenzionato a confrontarsi con me. Molti superavano le mie doti in combattimento, ma io facevo paura per la mia prontezza nell'aver superato così in fretta un anno di vita selvaggia nella foresta e di totale isolamento al buio.
Wyn aveva il respiro affannato e pesante, così decisi di non andare io stesso all'attacco e mi limitai a stare in guardia. Non guadagnavamo nuovi punti, ma almeno non ce ne avrebbero inflitti altri.
Tuttavia, non dovetti attendere molto, perché presto mi piombò addosso il gigante che Wyn aveva rifiutato. Pareva arrabbiato per il solo fatto che un novellino era riuscito a sconfiggere i propri compagni anziani, ed era intenzionato a dare una lezione memorabile alla mia arroganza.
Mi venne addosso, senza attendere il suo impacciatissimo partner, alla carica come un toro inferocito. Notai che il suo corpo sproporzionato lo sbilanciava in avanti: le gambe corte non riuscivano a fare da contrappeso al busto largo e lungo, alla testa grossa e alle braccia penzolanti. Attesi immobile che m'arrivasse il più possibile vicino, poi, mi spostai di lato con un balzo, all'ultimo istante. Il gigante andò a sbattere la sua grossa faccia paonazza contro il muro. Vedendo che il colpo non era stato sufficiente a calmare il suo sangue ribollente di rabbia, lo presi per la nuca e per le spalle, spingendolo di nuovo contro il muro, facendogli sbattere la testa per la seconda volta. Oscillando per il colpo, che gli aveva fatto perdere l'equilibrio, il ragazzo basculò nel tentativo maldestro di girarsi ad attaccarmi. Ma non aveva fatto attenzione al pavimento bombato sotto i suoi piedi ridicolmente piccoli: bastò un colpo leggero dietro le ginocchia, perché il gigante perdesse stabilità sulle gambe. Si sbilanciò vertiginosamente e rovinò a terra. Sperai non avesse intenzione di rialzarsi. Ma sapevo che lo avrebbe fatto: ero stato stupido, lo avevo umiliato quando avrei dovuto solamente metterlo fuori gioco. Non tollerava la vergogna d'essere stato battuto da un novellino in modo così sciocco, senza neppure un vero combattimento. Sapevo che ci avrebbe riprovato. Ma non volevo che si rialzasse, perché sarei stato costretto a colpire di nuovo e, questa volta, avrei dovuto provocargli un vero danno, perché non ci riprovasse una terza. Decisi di allontanarmi finché era a terra: così gli endar non avrebbero pensato che stavo fuggendo da un combattimento e non mi avrebbero tolto punteggio.
Feci qualche passo indietro e mi misi di lato, per non offrire le spalle ad eventuali avversari. Wyn mi seguì.
Ma, proprio in quel momento, il gigante si rialzò, puntando alle spalle indifese del mio debole partner, che non parve accorgersene. Mi abbassai e spintonai Wyn di lato, allungandomi sotto il suo braccio. Il gigante colpì il vuoto e si sbilanciò in avanti. Riuscì a stabilizzarsi in fretta, ma non abbastanza per pararsi il viso. Gli sferrai un colpo dal basso, e sentì l'osso della mascella rompersi sotto le nocche. Mentre era concentrato sul dolore, con la testa riversa all'indietro per il colpo, mi piegai, lo afferrai per la divisa dietro il collo, infilai una gamba dietro il suo ginocchio sinistro, e lo tirai giù con tutta la forza. Cadde di piatto sul pavimento, e io, avvinghiato nella presa, gli precipitai addosso, mozzandogli il respiro. Lo tenni bloccato per qualche secondo, finché non lo vidi tossire mezzo soffocato, poi lo lasciai andare.
Questa volta, non tentò di rialzarsi.
Lo avevo ridicolizzato di fronte a tutti e di fronte agli endar, mostrando come la sua forza non fosse sostenuta da alcuna tecnica. Si era comportato da sciocco: il sangue gli aveva dato alla testa. Gli endar non apprezzano certi comportamenti: loro vogliono fredde macchine da guerra. Per colpa mia, aveva perso punteggio.
Quando suonò il gong finale, mi resi conto che ero rimasto uno dei pochi, insieme a Wyn, ad essere ancora sano, a parte qualche livido che neppure riuscivo a notare. Avevo vinto.
Wyn si girò verso di me e disse: «Sei stato grande».
Grande! Quella parola era il colpo di grazia. Mi resi conto che stringevo le braccia attorno allo stomaco fino a farmi male, sebbene non avessi subito alcun colpo da quelle parti.
Una voce annunciò: «La prova di combattimento è terminata. Ora annunceremo la classifica dei vincitori».
Non avevo bisogno di ascoltare quella classifica, per saper che io ero tra i primi e che avevo guadagnato quindici giorni in meno per me, e quindici mesi in più per Wyn, che era fra gli ultimi dell'elenco.
Quindici mesi! Un anno e tre mesi. Il mio cuore scoppiava. Avrei voluto tornare indietro, non fare nulla di quello che avevo fatto, avrei voluto piangere come un bambino. E non potevo. Dovevo sorridere. Dovevo essere... felice.
Il gigante, sputando sangue per la mascella rotta, si diresse all'uscita e, nel passare, centrò in pieno Wyn con una spallata che per poco non lo mandò al tappeto. Ringhiò: «Ringrazia il tuo nuovo amichetto».
Lanciai un'occhiata colpevole a Wyn. Non c'era rimprovero nei suoi occhi: era rassegnato e, al tempo stesso, sereno. Persino nel mio desiderio di morire ero stato egoista, mentre lui era altruista fin nel midollo, dall'inizio alla fine: lui non voleva morire, lui voleva aiutare.
Mi resi conto di essere rimasto l'ultimo, ad uscire da quell'uovo dal quale si schiudeva la mia nuova identità.
Appena mi resi conto di essere solo, mi slanciai fuori di corsa, senza preoccuparmi che il mio sconvolgimento potesse venire notato. Le lacrime scendevano sul mio volto ed io non tentavo di asciugarle.
Appena fui fuori, però, mi scontrai faccia a faccia con il mio maestro.
Mi guardò un secondo, piegando obliquamente l'orrenda testa che la chirurgia estetica aveva fatto assomigliare a quella di un toro, poi disse: «Fa bene piangere di felicità».
Le lacrime smisero di scorrere.
Annuii e feci per andarmene.
Ma il maestro mi trattenne: «Oggi avete guadagnato quindici punti. Dovete andarne fiero, poiché avete segnato un nuovo record. Siete stato il primo apprendista a vincere la prima prova appena uscito dall'isolamento. Avete combattuto con grande abilità e per questo sarete premiato».
Sarei stato premiato? Non ero già stato premiato a sufficienza?
«Vi è permesso parlare in privato con il vostro partner del combattimento».
I miei occhi non potevano non tradire tutta la gioia che provai a quelle parole. Una conversazione in privato era più di quanto avrei mai osato sperare. Sospettavo un'insidia, tuttavia non potei trattenermi dal mostrarmi contento di quel premio: «Quando, mio signore?».
«Subito. Il vostro partner vi aspetta, se volete seguirmi...».
Io seguii l'endar, e intanto pensavo a come avrei fatto per spiegare ogni cosa a Wyn. Ero talmente sconvolto che rischiavo di tradire in quel momento anche il mio più pericoloso segreto. Desideravo che lui sapesse: che sapesse che avevo un buon motivo per comportarmi così, e che se fossi stato padrone di me avrei fatto esattamente come lui.
Ma il rischio era immenso. E non potevo scacciare dalla mente il pensiero che fosse un tranello proprio per farmi svelare tutto. Per gli endar dovevo essere un enigma, visto come mi ero comportato, ed essi volevano sapere chi ero e perché facevo ciò che facevo. Novanta probabilità su cento, quella sala non era affatto isolata, ma anzi piena di telecamere e registratori fino all'ultimo granello di polvere!
«Ti sei battuto da vero endar, Zadok! Non ho mai visto nessun apprendista combattere così!» esclamò Wyn, venendomi incontro con un aperto sorriso.
Il mio dubbio divenne certezza.
La delusione si dipinse sul mio volto.
Wyn continuò: «Ah, se fossi capace di combattere come te, non sarei ancora qui dentro, sai?».
Sorrisi. Voleva farmi sapere che non mi serbava rancore e che anzi era quello che lui voleva, che io approfittassi del suo aiuto.
Chiesi: «Da quanto sei qui?».
«Fui preso alle selezioni dei cinque anni».
Rimasi impassibile. Era lì dentro da quando aveva cinque anni! E ora doveva avere due o tre anni in più di me, e quindi venti o ventuno...
Vedendo che non riuscivo più a parlare, Wyn mi venne in aiuto: «Ma dimmi di te, invece! Hai già diciotto anni! Nessuno era mai stato preso oltre l'età massima».
«Sono stato... fortunato».
«Devono aver visto grandi potenzialità in te, Zadok».
«Per quanto credi che durerà ancora il tuo addestramento?». Mi pentii subito di aver fatto quella domanda, temendo di aver messo a rischio Wyn, ma lui non si scompose.
«Eh, non sono un grande allievo, lo ammetto, faccio disperare il mio maestro» disse lui, fingendosi desolato: «Credo che sarò fra gli ultimi ad uscire di qui! Ma forse l'imperatore avrà bisogno di me molto prima che il mio addestramento sia terminato, e allora mi metterò subito al suo servizio, per quanto le mie abilità siano piuttosto scarse».
Intuii che voleva dirmi qualcosa, ma non capii cosa.
«Potrei aiutarti a migliorare nel combattimento» dissi.
«Sono un caso disperato».
«Anch'io lo ero, disperato, prima di decidere che dovevo vincere a tutti i costi».
«Hai una grande forza di volontà, allora. La ammiro».
«È l'unica cosa che ho di grande».
«La modestia non è una virtù! Avanti, lo sai anche tu, che c'è molto di grande in te».
Con la voce più ferma che mi riuscì di avere, dissi:
«Sono felice di averti conosciuto, Wyn. Spero che saremo molto amici».
«Anch'io» disse Wyn.
La porta si aprì e il mio maestro entrò dicendo: «Allora, avete parlato abbastanza? Dovete prepararvi per la seconda prova».
Wyn mi camminò al fianco per tutto il tempo finché non raggiungemmo il luogo della seconda prova.
Io ne approfittai per guardarlo meglio.
La sua fisionomia mi ispirava fiducia. Era un ragazzo dallo sguardo dolce. Di etnia edresiana come me, pelle scura ed ambrata, capelli e occhi castani appena più chiari dei miei, un volto simpatico, incline al sorriso. Aveva un fisico ben piantato, alto quanto me, ed una costituzione simile alla mia, sebbene meno muscolosa e più gracile. Era una fisionomia a cui era facile adattarsi e, sin da subito, mi parve di averlo conosciuto da sempre. Se l'avessi incontrato al di fuori della Fortezza di Confine, sarei subito diventato suo amico: mi ispirava totale fiducia. Ma è anche il tipico ragazzo facile da prendere in giro, destinato ad essere lo zimbello dei più forti. Per quanto mi sforzi, non riesco proprio a capire come possa trovarsi qui. Non ha nessuna delle qualità che loro desiderano, tranne l'intelligenza e la prestanza fisica, le quali, però, se non sono al servizio dell'ambizione o della forza di volontà, possono risultare inutili. Non ha il carisma di un leader, non ha la forza di volontà di un capo, la determinazione del forte. É debole, troppo buono e troppo poco ambizioso.
Perché mai gli endar lo hanno voluto con sé? Sono famosi per le loro selezioni scrupolose: solo quelli che hanno le qualità necessarie vengono scelti per diventare nuovi affiliati. Come me. Ma lui? Lui non c'entra niente con loro.
La seconda prova era un quiz culturale.
Gli endar devono sapere tutto sull'Impero di Triplania: nessuna disciplina è considerata minore delle altre o superflua. Un endar deve conoscere a fondo qualunque cosa in qualunque ambito del sapere.
La seconda prova doveva mettere in luce le conoscenze di partenza dei novellini e quelle raggiunte dai più grandi. Non c'è distinzione fra i diversi corsi. Un novellino è messo a paragone senza pietà con uno che è qui dentro da dieci anni e ci si aspetta da lui che superi o pareggi il punteggio dell'altro, o che ne paghi le conseguenze. In questo modo, i novellini, stanchi di subire penitenze, punizioni o castighi, e di vedersi aumentare a dismisura i mesi d'addestramento, si mettono sotto nello studio, che prende ogni momento libero. Per mangiare e per dormire si ha infatti a disposizione poco più di cinque ore complessive. Per lo svago, che si tiene nella sala che io ho ribattezzato "sala della birra" si ha a disposizione dieci minuti. Tuttavia, quando suona il gong, e si torna a studiare o a combattere, la solita voce onnipresente assicura che il tempo trascorso dall'inizio del momento svago alla fine è di un'ora, a volte due e altre volte persino tre.
Durante la seconda prova, come nella prima, mi piazzai fra i punteggi più alti e guadagnai dieci giorni di apprendistato in meno.
Le prove teoriche avvengono così: le domande vengono fatte dall'altoparlante onnipresente. Se ti prenoti, devi dare la risposta entro tre secondi. Se la risposta non è esatta, ti aggiungono un mese di addestramento. Se i tre secondi passano senza che tu dia la risposta, ti aggiungono quindici giorni. Se la risposta è esatta, ti tolgono un giorno e aggiungono quindici giorni a ciascuno degli altri apprendisti.
In questa fortezza, qualsiasi cosa tu vinci, viene pagata per dieci volte il suo valore da tutti gli altri.
Io sapevo spesso la risposta, ma il ricordo dei quindici mesi che avevo fatto pagare a Wyn era ancora fresco. Così, mi limitai a rispondere ad un tot calcolato di domande che mi permettessero di riguadagnare ciò che gli altri mi facevano perdere e, in più, di ottenere altri dieci giorni in meno.
E tutto questo era sempre merito del mio patrigno, che non si era dato pace finché non mi aveva insegnato tutto quanto aveva potuto ricordare dal suo stesso apprendistato endar.
L'unica disciplina in cui non ha voluto istruirmi è stata la politica, per paura forse di influenzarmi. Ma nei tre anni all'accademia, ho guadagnato terreno anche in questo campo.
Per tutta la seconda prova, tenni d'occhio Wyn. E il suo contegno mi fece salire una gran rabbia in corpo. Volevo gridargli: smettila di fare lo stupido e cerca di salvarti. Ma al tempo stesso lo ammiravo. Infatti, molte volte – non troppe, altrimenti avrebbe subito chissà quale punizione inconcepibile - Wyn prenotava la risposta, e poi o non la dava o la dava sbagliata. In tal modo si prendeva altri mesi in più, senza che gli altri guadagnassero o perdessero punti.
Uscendo dalla sala della seconda prova, incontrai di nuovo il mio maestro. Mi si piazzò davanti e disse: «Questa volta non state affatto piangendo».
«Non ho totalizzato abbastanza punti per piangere di felicità» risposi.
«Ho notato. Ed ho notato anche alcune lacune in ambiti che mi sarei aspettato voi conosceste a menadito. Ad esempio, l'astrologia».
«Ho risposto solo alle domande di cui ero sicuro».
«Buona scelta. Ora seguitemi».
Come al solito, lo seguii.
Il Minotauro si era reso conto che avevo omesso di rispondere anche a molte domande di cui conoscevo la risposta. Aveva notato che mi ero trattenuto, e voleva impedirmi di fare lo stesso in futuro.
Appena compresi ciò che stava per succedere, mi pentii di non aver risposto a tutte le domande che sapevo.
Stavo per subire la mia prima punizione.
Avevo paura, paura non tanto del dolore, ma dell'ignoto.
Sapevo che ne sarei uscito diverso, e temevo di non poterlo evitare. Ma poi mi feci forza: chissà quante punizioni avevano fatto subire a Wyn, e lui era ancora buono come quando era entrato qui dentro, se non di più.
Il maestro mi mostrò una sala e mi fece cenno d'entrare. Ma, prima che io entrassi, mi disse:
«Questo perché io so che puoi essere il migliore».
Mi diede del tu, e me lo disse con un'espressione talmente seria, che pensai che dovevano essere le prime parole che mi diceva pienamente e totalmente sincere. Fu proprio la sua sincerità a spaventarmi. Pensai: quest'uomo davvero crede che io diventerò uno di loro...!
La sua sicurezza minò la mia: provai un senso di panico che non credo di aver mai provato in nessun'altra occasione.
Ed entrai.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro