16. Il test
La mattina dopo, alle porte della sala nella quale si sarebbe tenuto il test di ingresso generico, Jayden continuava a guardarsi attorno in cerca di Evander, ma di lui neppure l'ombra.
Incominciava a dargli del deficiente per aver lasciato perdere prima ancora di tentare, quando lui comparve in fondo al corridoio. Gli fece un cenno di saluto del quale subito si vergognò, sentendosi lo sguardo di disapprovazione di Zora fisso addosso.
Nel vedere Jayden e Zora insieme ai quattro che volevano prenderlo a pugni, Evander si era fermato in fondo al corridoio per qualche istante, ma poi si era avvicinato con calma.
Quando fu loro di fronte, Jayden lo salutò di nuovo. Evander, invece, fissò il suo sguardo su Allen, che alla sua vista era scattato in avanti, ancora infuriato per i pugni andati a vuoto del giorno prima.
Evander, come se niente fosse, disse: «Ciao Allen. Ciao ragazzi». Quindi, chinò la testa in segno di saluto: «Principessa Zora». Infine, sorridendo, disse: «Ciao Jayden».
«Che succede?!» esclamò Allen rivolgendosi a Jayden: «Perché questo qui ti chiama per nome e non si rivolge a te con il dovuto rispetto?».
Evander si intromise: «"Questo qui" vorrebbe rimandare la questione a dopo gli esami, se per voi va bene».
Jayden si intromise: «Non c'è alcuna questione da rimandare».
Evander e gli altri la ignorarono, continuando a fissarsi negli occhi come animali sulla preda.
«Lady Jayden ha perfettamente ragione. Non c'è alcuna questione da rimandare. Tu non entrerai neppure, a fare l'esame! E di questo, ce ne occupiamo immediatamente» disse infine Allen.
Jayden cercò di fermarlo: «Kilik! Basta! Non dirai sul serio!».
«A me pare invece che faccia seriamente» disse Evander, corrugando le sopracciglia e fingendosi sorpreso.
Allen partiva già col primo pugno e Zora, preoccupata, tentò di fermarlo: «Allen, non vorrete farvi espellere tutti e due prima ancora di essere ammessi, vero?!».
«Non possono espellermi, sono figlio del presidente della commissione! Se vorranno dar la colpa a qualcuno, la daranno sicuramente a questo contadino che si crede in diritto di entrare all'accademia. Espelleranno lui, non me! Non dovevano neppure farlo entrare!».
Jayden lo guardò terrorizzata, Zora aprì bocca cercando invano qualcosa da rispondere... Sapevano che aveva ragione. E Allen non si sarebbe fatto scrupoli di far espellere Evander, ingaggiando una rissa a cui quest'ultimo avrebbe finito per partecipare, di propria volontà o meno.
«Devo ammetterlo, Allen, la tua minaccia ha fatto effetto. Ma devo confessarti che ho qualche riserva su questa storia del farmi espellere» disse Evander, serio.
«E allora cosa vorresti fare? Un solo livido sul mio corpo, e ti sbattono fuori».
«Proprio per questo, ti avverto sin da subito che non riuscirai mai a provocarmi in modo che io mi batta contro di te. Se vuoi, prova a colpirmi, ma ti avviso che schiverò ogni tuo colpo e non te ne restituirò neppure uno. Ah, dimenticavo. Se, per caso, non riuscissi a schivare proprio tutti i tuoi colpi, sarebbe difficile per te convincere la commissione che sono stato io, ad ingaggiare la
rissa. A meno che tu non rivolga uno di quei tuoi famosi pugni contro te stesso».
«Mio padre provvederà».
«Allora confida in tuo padre. Io confido in me stesso» disse Evander, preparandosi a schivare il colpo.
Kilik si infuriò del primo tentativo mal riuscito, si tirò su le maniche, e si rivolse agli altri dietro di lui: «Lasciatelo a me». Poi, ripartì all'attacco.
Jayden e Zora non facevano che gridargli di piantarla, ma nessuno le stava ascoltando.
Jayden si morse la lingua: se Allen fosse riuscito nel suo intento, sarebbe stata colpa sua se Evander fosse stato espulso.
«Basta Al, ti prego! Non ha alcun senso! Fermati!».
Ma Allen non riusciva più a far sbollire la rabbia, man mano che, esattamente come il giorno prima, Evander schivava agilmente ogni suo colpo, con spostamenti minimi e mirati, finché, finalmente, Allen incominciò a sentirsi stanco e i suoi colpi rallentarono e divennero pesanti.
Più Allen si faceva stanco e lento, più Evander riprendeva energia e velocità.
Gli altri ragazzi lo fissavano sconcertati esclamando cose che facevano infuriare Allen ancora di più: «Colpiscilo! No, non così! Più veloce, così non lo colpirai mai! Più veloce!».
Allen non era riuscito a colpire Evander neppure una volta. Neppure di striscio.
Dopo un po', col fiato pesante, pose le mai sulle ginocchia e disse: «Dove diavolo hai imparato a schivare i colpi in quel modo maledetto?!».
Evander rispose: «Risse fra contadini».
«I contadini picchiano più pesante di me?!» chiese Allen.
«Fanno un lavoro faticoso. Però, a dire la verità, non mi hai ancora dato modo di scoprirlo...».
«Ieri non dicevi una maledetta parola! Perché diavolo oggi sei diventato tanto eloquente?!».
«Non so. E tu perché non sai dire altro che "maledetto" o "diavolo"?».
«Non finisce qui. Domani voglio scoprire se sai anche dare qualche pugno oltre che evitarli soltanto!».
«Domani? E perché non oggi?».
«Perché... perché oggi i tuoi maledetti saltelli da ballerina mi hanno stancato abbastanza!».
Evander rise e gli diede una mano per aiutarlo a rialzarsi.
«Allora, rimandiamo la questione?».
«Certo! Diavolo, potevi dirmelo prima, che i contadini sono tanto bravi a ballare».
«E perché avrei dovuto dirtelo prima? Per evitarmi uno spettacolo così divertente?».
«Ehi, non ci scherzare troppo, contadino! O domani non ti rialzerai più dal letto».
«Hai la memoria corta, o non sai fare due più due? Domani sarà esattamente come oggi. Forse, solo qualche livido in più da entrambe le parti».
«Questo sì, che si chiama parlare! Se non ti odiassi, mi staresti persino simpatico, zappaterra».
Jayden, Zora e gli altri due li fissavano esterrefatti.
«Che cosa diavolo è successo fra di voi?!».
Zora scosse la testa: «Mi devo essere persa qualche passaggio».
Allen parlò per entrambi: «Nulla, la questione è rimandata a dopo gli esami».
«Un po' di movimento per sfogare lo stress pre-esame, tutto qui» disse Evander, annuendo.
«Ehi, Allen, perché non chiarisci la situazione ai tuoi amici? Mi sembrano un po' confusi».
«Ragazzi, da oggi Zappaterra è dei nostri. Se non altro per farci fare due risate ogni tanto. Se a voi non sta bene, liberi di andarvene».
«Al, tu sei completamente impazzito, sai!» esclamò quello più taciturno dei tre: «Ma per me va bene, purché non si sieda accanto a me a lezione. Non t'offendere, zappaterra, ma tu sei un ignorante, e con te accanto non saprei da chi copiare. Comunque io sono Yan J. Jano, figlio di Sir Gerald Jano, generale delle truppe di terra».
«Libero di copiare da chi ti pare, Yan. Io sono Evander, figlio di Jonathan, contadino del villaggio di Eythian sul limitare esterno».
Yan J. Jano, figlio di Sir Gerald Jano, generale delle truppe di terra sollevò impercettibilmente le sopracciglia, come unico segno di aver elaborato il dato appena ricevuto.
Il ragazzo col ciuffo sull'occhio destro li fissava con l'aria di credere che fossero tutti impazziti. «Un contadino! Volete essere amici di un contadino! Mio padre mi fa fuori, se viene a sapere di
questa storia».
«E chi è tuo padre, signor "quelli come te si devono inchinare di fronte a quelli come me"?» chiese Evander, innervosito dal ricordo del giorno prima.
L'altro gonfiò il petto in un modo che mise ancor più in evidenza le sue costole scarne e lo fece sembrare piuttosto stupido: «Mio padre? Mio padre è Sir Morton, consigliere del reggente».
Evander annuì: «Consigliere del reggente? Esattamente quello che pensavo».
«Cos'è, fai dell'ironia?».
«Sì, ma di quella che tu non sei in grado di capire».
«Allen, se permetti, credo che porterò a termine la questione al tuo posto!» disse il figlio del consigliere Morton, gonfiandosi di rabbia e facendosi rosso in faccia.
«No, che non te lo permetto, Bonny. Zappaterra si è conquistato il diritto di parlare da pari con noi, se tu non gli vuoi riconoscere questo diritto sono affari tuoi».
«Se è così che la pensi, allora credo proprio che non perderò altro tempo con voi. Vieni, Carl, andiamocene».
Carl e Bonny diedero loro le spalle con un atto teatrale e si allontanarono per il lungo corridoio con passi regolari come quelli di un balletto di danza.
Allen si girò verso Evander: «Bonny non ti avrebbe mai tirato un pugno, altrimenti si sarebbe inciampato sui suoi stessi piedi a metà del tentativo».
Alle spalle di Allen, mentre stava ancora parlando, comparve Lord Kaleb in persona. Allen lesse sul volto di Evander la sorpresa, e si girò a guardare chi o cosa l'avesse provocata.
Cosa ci faceva Lord Kaleb all'accademia di Tridia? Evander lo guardò sconcertato, ma non osò tradire il fatto che si conoscevano.
Lord Kaleb interruppe il silenzio in tono imperioso: «Che cosa sta succedendo qui?!».
Evander era troppo sorpreso di vederlo lì per rispondere.
Allen, invece, partì subito sulla difensiva, cosa che sorprese parecchio Evander, che si chiedeva quale ruolo dovesse avere Lord Kaleb all'accademia per incutere tanta soggezione.
«Niente, stavamo solamente stringendo una nuova amicizia. E ci auguravamo un buon esame» disse Allen, con un sorriso finto.
Lord Kaleb non parve affatto convinto. Guardò Allen con sospetto e poi si rivolse a Evander:
«È vero? È così?».
Evander annuì.
Lord Kaleb cambiò tono: «Seguimi» disse.
Allen mosse un passo in avanti per seguirlo, e Evander rimase immobile.
«Non dicevo a te» disse Kaleb e aggiunse, indicando Evander: «Dicevo a lui. Avanti, seguimi».
Evander lo seguì.
Kaleb si fermò quando furono a qualche metro di distanza, in modo che nessuno potesse sentire la loro conversazione.
«Allora, era davvero come ha detto Allen o, come penso, stavate per farvi espellere entrambi?».
«Direi la seconda, ma ora è tutto risolto. Voi...?».
«Sei sorpreso di vedermi qui, non è vero?».
«Molto sorpreso».
«Sono il presidente della commissione, e direttore dell'accademia» disse Lord Kaleb, come se stesse parlando del tempo.
Evander lo guardò esterrefatto e non rispose.
«Ero venuto apposta per cercarti» continuò Lord Kaleb: «Dobbiamo parlare».
«Che cosa dovete dirmi?».
«Innanzitutto, e credo che questo tu lo sappia senza bisogno che io te lo dica, nessuno deve mai sapere nulla di Lord Robert».
«Sì, certamente. Non avevo certo intenzione di dirlo! In quindici anni, nessuno è mai venuto a sapere questo segreto da me, tranne voi. Ma voi siete suo fratello».
«D'ora in avanti neanche sua madre deve scoprirlo, intesi?».
«Certo».
«E, di conseguenza, nessuno deve sapere che io e te ci siamo incontrati prima di oggi. E quando dico nessuno intendo proprio nessuno. Neppure mio figlio».
«Vostro figlio? E come potrei dirglielo? Io neppure lo conosco».
Kaleb corrugò le sopracciglia: «Allen è mio figlio: Allen Kilik Valt».
«Davvero?!» esclamò Evander, perplesso: «Ma voi siete di etnia...».
«Veradriana, sì. Sua madre è di Edresia».
«Quindi Allen è un po' come mio cugino!» aggiunse Evander, sorridendo fra sé: «Ah, ora mi ricordo che ha detto che suo padre era presidente della commissione e che quindi non poteva...».
Evander si morse la lingua, temendo di aver parlato troppo.
«E quindi non poteva?!» chiese Kaleb con sospetto.
«E che quindi non poteva commettere una stupidaggine come una rissa prima dell'esame perché suo padre l'avrebbe sicuramente scoperto».
«Bene. Non sono venuto per parlare di mio figlio, comunque. Devo dirti una cosa molto più importante. Devi fare in modo che la commissione non abbia alcun sospetto su Robert... hai capito cosa intendo?».
«Temo di no».
«Ascolta, Evander... Sono pochi i contadini che possono permettersi di studiare a sufficienza per passare un esame di ammissione all'Accademia di Tridia. Ancora meno sono quelli che lo passano. E nessuno è mai passato con un punteggio superiore a quello minimo sufficiente. E non c'è mai stato neppure alcun figlio di endar che abbia anche solamente pensato di iscriversi all'accademia perché... beh, perché non c'è mai stato alcun figlio di endar! E mai ci sarà».
«In pratica mi state chiedendo di sbagliare le risposte?».
«Devi fare in modo che la commissione non sospetti nulla, che il tuo esame non attiri l'attenzione e non metta in crisi il sistema: devi prendere il punteggio minimo sufficiente».
«Forse non prenderò neppure quello. La mia conoscenza della vita e di questo impero sembra avere molte lacune proprio dove la gente è più informata».
«Sappiamo tutti e due che Lord Robert ti ha trasmesso tutto quello che sapeva. E un endar, Evander, sa molte cose. Molte di più di quelle che la gente normale può solamente immaginare, ragazzo. Forse tu non te ne sei reso conto perché non hai mai potuto conoscere la realtà in cui noi abbiamo vissuto. La tua realtà è la tua norma, la tua pietra di paragone. Ma devi capire che non tutti hanno avuto un endar come padre e maestro. O meglio, alcuni lo hanno avuto come maestro, ma nessuno, Evander, nessuno lo ha mai avuto come padre. Tranne te. Mi hai capito?».
«Sì, ho capito. Prenderò il punteggio minimo».
«Conto su di te, Evander. Hai una maturità che gli altri ragazzi possono solo immaginare, e so che posso fidarmi».
«State tranquillo, sono abituato a fingere di essere un contadino ignorante».
«Lo so. A proposito... Vedo che hai conosciuto Lady Jayden e Lady Zora. Mi fa piacere. Allora, ci rivediamo fra una settimana, quando saranno esposti i risultati».
«Sì».
Lord Kaleb si allontanò, senza dire a suo figlio "buona fortuna" e senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Per quanto sembrasse non notare neppure la cosa, Evander capì che Allen ci era rimasto male.
Appena si avvicinò al gruppo, Allen gli chiese: «Allora, che cosa voleva mio padre da te?».
Evander alzò le spalle: «Voleva essere rassicurato che tu avessi detto la verità».
«E...?» chiese Allen, seriamente preoccupato.
«E gli ho dato ciò che voleva».
«E chi mi dice che tu non stia mentendo a me, per evitare un altro pugno in faccia?».
«Se non te ne sei accorto, non sei ancora riuscito a darmelo, quel fatidico pugno in faccia».
«É stata una conversazione lunga...».
«Colpa mia, se tuo padre non si fida di te?» disse Evander alzando le spalle. Si sentì in colpa per aver detto quella cosa che, lo sapeva, doveva aver centrato il punto debole di Allen, ma era il
modo più veloce e sicuro per troncare il discorso e non fare venire ad Allen alcun dubbio sulla vera natura della conversazione che aveva appena avuto con suo padre.
«Comunque, ha detto che ne è felice, perché non vorrebbe doverti espellere, e vedere così sprecate per una stupida rissa tutte le tue potenzialità e la tua preparazione» aggiunse.
Allen nascose un sorriso compiaciuto, e disse: «Ok, allora, ragazzi, che ne dite di entrare e prendere posto?».
«Certo».
«A proposito, devo continuare a chiamarti contadino o hai anche un nome?».
«Evander».
«Ok, Evander, e per quale corso hai fatto domanda?» chiese Yan.
Evander attese un momento prima di parlare. Aprì bocca, con l'intenzione di rispondere, ma poi ci ripensò e prese tempo.
«Voi per quale l'avete fatta?» chiese.
«Io per biologia spaziale, ma sono già dentro da un anno: non sono qui per il test, vi accompagnavo solo» rispose Zora.
«Io ho fatto richiesta per il ruolo di medico» disse Yan, alzando le spalle, impassibile.
«Dirigente delle forze armate stellari» rispose Allen, fingendo di scacciare una mosca sulla manica della propria giacca, come se per lui tutta questa storia dell'accademia fosse una faccenda senza il minimo peso.
«E io pilota» concluse Jayden.
«Già, Jayden è la solita esagerata: se non si complica la vita, non è felice! Pilota! Entrano meno di cinquanta persone ogni anno in tutta Triplania» disse Allen alzando occhi e braccia al cielo.
«Sì, ma è il mio sogno! E poi, sono anni che mi preparo per questo esame» rispose Jayden, infastidita.
Allen sbuffò senza prendersi la pena di risponderle. Si rivolse invece a Evander: «E tu, Evander? Tu per che corso hai fatto domanda?».
«Io...».
Evander chiuse gli occhi, mentre pronunciò la fatidica parola, con tono serio: «Capitano».
Nel gruppo si fece un teso silenzio che durò istanti molto lunghi.
Poi, Allen scoppiò a ridere: «Ah! Sei proprio forte! Me l'avevi quasi fatta! Capitano!». Si batté una mano sul petto come per far ripartire il cuore dopo un colpo. E continuò a ridere.
Ma Evander rimase serio, aspettando che le risate finissero.
Tutti ridevano tranne Jayden, che lo guardava allibita.
«No, aspetta...» disse quest'ultima, e le risate si fecero più deboli finché non si spensero del tutto. «Tu non stai affatto scherzando, vero?» gli chiese, sconcertata: «Tu hai davvero fatto domanda per il corso di capitano!» esclamò, quasi con rabbia.
«Sì» rispose soltanto Evander.
«Ma sei fuori di testa?! É l'esame più difficile di tutti quanti!».
Zora le fece eco: «Entrano solo...».
«Quindici persone in tutto l'anno su due pianeti, sì, lo so» disse Evander, annuendo.
«E ci potrebbero provare in più di..».
«Mille, lo so» la interruppe ancora Evander.
«E l'ultimo anno sono stati trovati abbastanza preparati soltanto...».
Evander alzò una mano per farla tacere e concluse per lei: «Sette ragazzi, tutti figli di nobili, che si preparavano per l'esame da quando erano in fasce. Lo so perfettamente, Jayden, so tutto».
«Ma...» disse Jayden con spavento. Era convinta che, se già era un miracolo che Evander passasse l'esame generale, sicuramente dopo l'esame specialistico non l'avrebbe più rivisto.
Quando vide che lei stava per riprendere a parlare, Evander, stanco che le sue capacità venissero messe in dubbio, non la lasciò continuare:
«Jayden, ti ho detto che lo so. So quello che faccio, è chiaro?» disse, calmo e serio. «E ora, ragazzi, se siete in grado di riprendervi dallo sconcerto, forse è meglio entrare».
Non attese una risposta ed entrò per primo, con tutti che lo seguivano, muti e sconcertati.
Nell'entrare, Jayden gli sibilò all'orecchio: «Cos'è? Una specie di rivalsa personale su tutti quelli che ti hanno dato ordini fino ad oggi? Perché, se è così, ti consiglio di non fare il presuntuoso, e di cambiare indirizzo finché sei in tempo».
Evander si morse la lingua, per trattenersi dal risponderle a tono: «Vi sono molto grato del vostro consiglio, milady!».
«Ehi! Avevamo detto che avremmo dimenticato le nostre posizioni sociali...!» esclamò lei, bloccandosi sulla porta.
Evander si girò a guardarla e le rispose: «E tu che cosa hai appena fatto adesso? Credi che voglia diventare capitano solo per gridare al mondo che anche un misero contadino è in grado di arrivare ai gradi alti? Beh, non è così. Io voglio diventare capitano perché questo è il mio sogno così come diventare pilota è il tuo. Non ho mai desiderato altro che questo nella vita!».
«Ma in questo modo ti fai espellere sicuramente!» esclamò Jayden disperata.
«Grazie della tua fiducia!».
«Intendevo dire che è meglio tentare qualcosa di meno pretenzioso, e non rischiare di cadere ancora più in basso di quando si ha iniziato!».
Evander rise.
«Beh, non credo di poter cadere più in basso di dove incomincio: sono un contadino Jayden. Ti consiglio di concentrarti per l'esame, perché, se c'è una cosa certa, è che io non mi tirerò indietro. Ormai ho scelto».
Quella risata e quelle parole la offesero. Piccata, gli sibilò: «Beh, allora ti auguro tutta la fortuna di cui hai bisogno!».
E lo superò a passo veloce entrando nell'aula.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro