Capitolo cinque
Perché era lì?
Osservò il pianoforte, ancora in mezzo al palco e poi i sedili vuoti, come se una pubblico fantasma stesse aspettando l'arrivo del pianista.
Che cosa stava facendo?
Se lo chiese a ogni passo, mentre si avvicinava allo strumento e si sedeva sullo sgabello, tenendo lo sguardo sui tasti e vedendo le sue dita poggiarsi sull'avorio, sfiorandolo leggermente: fece appena un po' di forza sul dito e la nota si librò nell'aria.
Era come se il suo corpo non l'ascoltasse e le sue mani bramassero di suonare: mosse le dita sulla tastiera, mentre le note si susseguivano una dietro l'alta in una melodia semplice e delicata.
L'aveva imparata dopo aver visto un film Disney.
Tirò su con il naso, ricordando quando quella musica dalla tonalità dolce e allegra era accompagnatrice di una parte di film che la faceva sempre piangere: Ellie che si disperava perché scopriva di non avere figli, si disperava ma grazie all'amore di suo marito riusciva a superare il momento, finché la morte non li divideva.
Chissà cosa avrebbe pensato Ellie di quel nulla che l'aspettava?
L'avrebbe sfidato? Oppure l'avrebbe accolto con un sorriso.
Premette gli ultimi tasti, osservando le dita ora ferme e sentendo un piccolo applauso provenire dalla platea, quasi se qualcuno di quel pubblico invisibile e inesistente avesse deciso di farsi sentire.
Sapeva chi era, da qualche parte dentro di sé lo intuiva e, quando si voltò, non si sorprese affatto di vedere il volto sorridente di Mark nella penombra dell'auditorium: batteva le mani con forza, applaudendo alla sua esibizione.
"Era veramente bellissima!" le dichiarò, mostrando i denti bianchi in un sorriso aperto, mentre lei recuperava la borsa che aveva abbandonato ai piedi dello sgabello e si alzava, pronta ad andarsene: non voleva avere niente a che fare con quel tipo. Assolutamente niente.
Era solo un fottutissimo stalker.
"Ehi, no. Aspetta" la fermò lui, bloccandole il passaggio prima che lei potesse scendere i pochi gradini del palco.
"Cosa vuoi da me?" tuonò, stringendo la cinghia della borsa e preparandosi a usarla come arma, se lui avesse solo osato una mano verso di lei: "Ti denuncio, sappilo! Sei un cazzo di stalker." continuò, strillando ogni parola.
Non voleva incontrarlo più.
Non voleva vederlo apparire di nuovo nella sua vita perché, ogni volta, le mostrava qualcosa e le faceva provare qualcosa: quella mattina non era stata buttata giù dal disturbatore misterioso, ma si era alzata quando aveva sentito un uccellino cinguettare fuori dalla sua finestra.
Non voleva sentirsi di nuovo come prima.
Non voleva...
"Hai veramente talento" dichiarò Mark, ignorando volutamente ogni cosa che lei aveva detto e guardando prima il piano e poi lei: "Che pezzo era?"
"La melodia di Ellie" borbottò Harper, rispondendo in modo automatico, sistemandosi una ciocca di capelli: "Sai, dal film Up..."
"Non lo conosco" dichiarò Mark, accompagnando le sue parole con un diniego della testa, prima di regalarle un nuovo sorriso e indicarle il pianoforte: "Mi suoneresti qualcos'altro?"
"Vai a farti..."
"Se suoni non ti darò più fastidio" decretò lui, infilando le mani nelle tasche dei jeans e dondolandosi sui talloni: era certa che stava incrociando le dita delle mani, rendendo così vana la sua promessa.
Un gesto sciocco, un gesto infantile,
Un gesto che aveva fatto tantissime volte anche lei.
"Non ti credo" bofonchiò, guardando il pianoforte a pochi passi da lei e sentendo il suo corpo spingerla in quella direzione: voleva suonare, le sue mani pretendevano altra musica.
Ma lei? Lei cosa voleva?
Non riusciva più a capire niente.
Scosse il capo, aggrappandosi alla cinghia della borsa e vedendo Mark inclinare la testa di lato e guardandola in volto: "Ti prego" pigolò, incassando la testa nelle spalle e stringendo le labbra fino a farle diventare sottili.
Sbuffò, facendo un passo indietro e mettendosi di nuovo al piano: tutto quello era così giusto e sbagliato allo stesso tempo. Mark la stava facendo tornare quella che era un tempo, le stava dando con la sua presenza molesta i motivi per cui sentiva di non doversi lasciare andare al buio senza fine,
Ma, ogni volta, che ripensava a quel niente, a quel nero totale e annientante, non poteva che respingere ogni cosa.
Mosse le dita, lasciandosi andare nella musica, facendo scivolare le dita sui tasti e socchiudendo le palpebre: era un altro pezzo che conosceva senza dover guardare spartito o tastiera, era la melodia che l'aveva fatta innamorare del pianoforte, tanto da convincere i suoi a iscriverla a un corso.
Aveva appena sei anni, ma quella musica le era rimasta dentro.
L'aveva sentita per caso, mentre sua cugina più grande le mostrava alcuni video su Twilight, sospirando su Robert Pattinson mentre lei veniva conquistata da quella che era stata definita 'Bella's lullaby'.
Sorrise appena, mentre eseguiva uno dei passaggi più difficili di quel pezzo, ripensando a quanto era rimasta delusa quando aveva scoperto che quella musica non era presente nel film.
Un vero e proprio affronto, che le aveva fatto odiare quella saga.
Continuò a suonare, perdendosi nelle note e muovendo la testa e ritmo, giungendo alle note finali e lasciando che la musica sfumasse piano piano.
Inspirò, poggiando le dita sugli ultimi tasti e lasciando andare un sospiro, prima di aprire le palpebre e voltarsi, trovando Mark in piedi accanto al piano, lo sguardo completamente privo di ogni espressione e fisso sulle sue mani: "Cavolo" bisbigliò lui, portandosi una mano alla bocca e scuotendo il capo.
"Contento adesso?"
"Stai sprecando il tuo talento" le disse Mark, continuando a muovere la testa in segno di diniego: "Non dovresti..."
"Puoi farti i cazzi tuoi? Grazie" dichiarò Harper, stringendo i pugni sulle cosce e alzando di qualche tonalità la sua voce: non voleva sentirlo, non voleva sapere come avrebbe continuato.
"Non lasciare che tutto questo vada perso" Mark se ne fregò di quello che lei aveva detto, come ogni altra cosa che le aveva detto: "Se anche dopo non ti aspetta nulla, non sprecarlo. Dovresti vivere ogni giorno al suo massimo."
"Lasciami in pace!" strillò ogni parola, scuotendo il capo e scuotendo il capo: "Basta, vattene! Non farti più vedere!"
Lui non capiva, lui non sapeva.
Come poteva sapere del vuoto che era stato scavato dentro di lei? Di come quello che aveva visto, l'aveva inglobata e la tratteneva come se stesse affondando in una melma vischiosa e nera.
Tutto quello che le aveva dato vita, quello che l'aveva definito, era lì e sembrava non riuscire a uscire, tranne quando...
Tranne quando quel ragazzo la tirava fuori.
Era come se Mark, in qualche modo, allungasse una mano e tirasse fuori piccoli pezzi di lei ogni volta che si vedevano, ogni volta che le dava il tormento con la sua sola presenza.
Alzò la testa, non trovandolo: silenzioso come sempre, Mark se n'era andato, lasciandola sola ma con un nuovo pezzo di lei fuori da quell'oscuro mare denso e questo la spaventava, tanto quanto trovarsi in quel nulla.
a/n: ed eccoci qua, puntuali come ogni venerdì con un nuovo capitolo.
Siamo già a metà storia e, sinceramente, non ho tanto da dire: questa breve novella (perdonatemi, sono abituata ai termini inglesi e quindi mi viene sempre da usare quelli) mi ha veramente preso tante energie e ogni volta che mi trovo a fare questi discorsi di fine capitolo...
Beh, non so mai che dire!
Spero che la storia vi stia piacendo e, se così è, vi chiedo di lasciarmi un commentino e una stella per farmi sapere il vostro parere e permettermi di crescere sulla piattaforma.
Detto questo, mi scuso per eventuali errori lasciati (giuro, fosse per me sarebbe tutto perfetto!) e vi do appuntamento a venerdì prossimo!
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