L'attesa
"Eddai, su" bofonchio, mentre armeggio con quei dannatissimi cavetti.
"Veloce, sbrigati!" mi ripete una voce nella mia testa, agitata "se arriva prima che tu abbia finito poi lo sai come finisce"
Scruto di nuovo fuori dal finestrino della macchina, picchiettato dalla pioggia insistente.
"Ho ancora tempo... Forza!"
Niente, i cavi non si sbrogliano proprio.
Stanno lì, agitandosi tra le mie mani convulsamente, sempre intrecciati in quella figura strana che io associo sempre al simbolo tao.
"E niente, arrivederci a tutti..." mi fa eco nella testa la vocina, rassegnata.
Ma ecco che ad un certo punto: tack, l'ultimo nodo delle dannatissime cuffiette si scioglie.
"Eureka!" esclama la vocina nella mia testa.
"E tutto prima che papà sia tornato!" aggiungo, battendo un cinque mentale a quella personificazione, anzi, "vocificazione" dei miei pensieri.
Mi porto velocemente la cuffietta destra all'orecchio corrispondente, infilo il jack nel telefono e seleziono la canzone che con ansia aspettavo di ascoltare.
Un assolo di pianoforte mi rimbomba nell'orecchio destro e mi preparo a 4:29 minuti di "how to save a life" dei The Fray.
Tiro un respiro di sollievo.
Con gli occhi socchiusi, sbircio fuori dal finestrino. Papà non é ancora tornato da dovunque-egli-sia-nel-supermercato.
"Adesso ho tutto il tempo del mondo per rilassarmi..." penso, chiudendo gli occhi, concentrandomi solo sulle parole della canzone.
E la mia immaginazione comincia a viaggiare...
"Step one, you say we need to talk..."
Ecco, comincio a vedere qualcosa. Una ragazza e un ragazzo. Sono amici. Forse.
Stanno su una spiaggia, passeggiando.
"He walks, you say 'sit down, it's just a talk'..."
Lui continua a camminare, ma lei lo ferma, dicendo qualcosa che le mie orecchie non possono sentire. Tutto ciò che sento é la musica e il rumore ovattato della pioggia, unico segnale del mondo esterno.
"He smiles politely back at you, you stare politely right on through..."
Il ragazzo sorride, ma é un sorriso finto, che nasconde qualcosa. La ragazza lo fissa, perplessa e consapevole di quella bugia quanto me.
"Some sort of window to your right, as he goes left then you stay right..."
La ragazza sta rannicchiata a destra, timorosa di sfiorare l'amico.
Ecco, muove la mano, cerca di sfiorarlo, ma lui la ritrae, con un gesto impercettibile ma allo stesso tempo chiaro e deciso.
"Between the lines of fear and blame you'll begin to wonder why you came..."
Lei abbassa lo sguardo, triste.
Sta per iniziare il ritornello, ciò mi mette allegria, ma all'improvviso un rumore esterno cancella tutto.
Il "film" che stavo guardando torna alla schermata del menù principale, la musica diventa impercettibile, le parole diventano incomprensibili.
Riconosco quel rumore, é il rumore di una portiera che si apre.
Comincia la consueta "analisi stereotipata" che faccio quando succede qualcosa:
Evento = apertura della portiera.
Esecutore = papà.
Conseguenza/e = entrata di acqua + freddo + vento.
Ecco, quando il mio cervello riscontra qualcosa di interessante, e quando dico interessante dico utile, l'analisi si blocca e lo stereotipo entra in gioco.
Lo stereotipo é la stessa vocina di prima, solo che gioca in modo diverso: mi crea delle aspettative, bombardandomi il cervello su ciò che deve accadere.
"Adesso avrai freddo! Presto, sbrigati, copriti, rannicchiati, fa qualcosa! Se prendi freddo poi di sicuro ti entra il gelo nelle ossa e non riesci a rilassarti, é già successo!"
E nonostante mi dicano io sia una ragazza intelligente, come un'allocca faccio ciò che Stereotype (mi piace chiamarla così, col nome inglese) mi dice.
Mi rannicchio tutta, più stretta possibile, le gambe al petto, stretta dalla cintura.
"Ehm... Clara..." chiede una voce maschile.
"Sì?" non so se sembra un "sì", quello che sento provenire dalla mia bocca é più uno sbuffo strano.
"Perché sei messa così?"
Ci rifletto un momento.
"É colpa di Stereotype" penso.
"Boh, così" rispondo.
Silenzio, ma solo per pochi secondi.
"Okay..." é la risposta di papà.
Grazie adolescenza che ci fa apparire tutti strani evitandoci ulteriori domande!!!
Papà si siede davanti, avvia il motore e fa partire la macchina. Destinazione: casa.
Sento la voce di Stereotype farsi strada tra i miei pensieri.
"Almeno sei riuscita ad ascoltare un po' di musica"
"Avrei potuto ascoltare anche di più senza quei tuoi consigli assurdi. Poi, spiegami una cosa, perché davanti a mio padre non posso ascoltare musica in santa pace?"
"Perché sai bene quanto me che la cosa ti creerebbe un complesso adolescenziale di 'apparenza', dandoti l'impressione di star facendo l'adolescente asociale, una cosa che per principio odi"
Non controbatto.
Io odio aspettare in macchina. Ma l'aspettativa che mi procura Stereotype é sempre meglio di quello che é alla fine, per questo insisto per rimanere in macchina ad aspettare.
Forse dovrei smetterla.
"Ma no! É fantastico, fidati, dobbiamo solo capire come renderlo tale!" risponde la voce.
"Forse hai ragione..."
Niente, non imparerò mai, viva le aspettative che deludono sempre... Yuppy...
E viva i paranoici...
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Spero questa cosuccia vi sia piaciuta. Diciamo che uso questa raccolta come un blocknotes, ci appunto tutto ciò che ho voglia di scrivere e raccontare o che semplicemente mi viene in mente, senza dover rispettare una trama. Un passatempo insomma.
In questo periodo scrivo principalmente per noia, forse come sfogo o passatempo. Diciamo che i bei lavori, "the good work" é ancora workinprogess sul computer, perciò ci vogliono due distinzioni essenziali: storia dal computer e storia dal cellulare. Questa é dal cellulare.
Oh beh, che dire, grazie per esservi sorbiti la mia roba (che fa personalmente schifo). Alla prossima.
Se per caso voleste consigliarmi un'idea oppure c'è qualcosa che volete chiedermi, questo é uno spazio bianco che ha bisogno di essere riempito, so feel free to write wathever you want!
(P. S. allego video lyric di "how to save a life", così potete capire di che canzone si tratta)
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