Capitolo diciassette
«Come pensi di fare?» Domandò Normani, sistemandosi sulla poltrona.
«Ho già chiesto a Tina, ma ha detto che va oltre le sue competenze. Ha qualche contatto che potrebbe tornarci utile. Aspettiamo e vediamo.» Replicò apparentemente calma la corvina, proseguendo indefessa a digitare sulla tastiera del computer come se niente fosse.
«Ma non possiamo aspettare! Quest'hacker ha già fatto troppi danni, non ti pare?» Il problema di Normani era che combatteva le ingiustizie con revanscismo stoico. Lauren sapeva bene che per la vendetta era un piatto che andava servito freddo.
«Certo, sono d'accordo. Infatti questo è il miglior piano che abbiamo ad oggi.» La rassicurò Lauren, distogliendo un attimo gli occhi dallo schermo per sorriderle rincuorante. «Fidati di me.»
Normani scattò in piedi, cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro, chiaramente insoddisfatta dal temperamento tranquillo della donna; non le bastava "aspettare e vedere", lei voleva agire.
«Mentre noi aspettiamo quest'hacker del cazzo continua a bombardarci.» Scosse la testa, sguardo fisso sul pavimento, cupo e pensieroso.
«Normani, nessuno ci sta bombardando. Okay, hanno corrotto Jessie, e la cosa non fa piacere nemmeno a me, ma la situazione è sotto controllo, te lo garantisco.» Per quanto Lauren ostentasse normalità e serenità, Normani non riusciva ad conformarsi a quella che considerava indifferenza.
«Non riesco nemmeno a considerarla come un carnefice, questa Jessie.» Sembrò quasi incollerirsi di più per quell'affermazione, sospirando.
«Ne verremo a capo. Adesso puoi sederti, per favore? Mi stai facendo venire il mal di mare.» Le indicò la poltrona con gesta placide, sempre con gli occhi concentrati sulle righe del display.
Normani, disgraziatamente -e forse era questo il vero motivo per cui non poteva gestire un'azienda-, non riusciva a raccogliere la tranquillità logica di Lauren, non era capace di sedersi e sbrigare faccende burocratiche come se niente fosse, era questa la sua unica grande pecca che infiacchiva la probabilità di mettersi al comando di una multinazionale. Lauren era più che capace di esser fredda, di pensare razionalmente e di non lasciarsi coinvolgere dalle emozioni, mentre Normani necessitava che qualcuno la instradasse per raggiungere quel grado di raziocinio.
«Non voglio sedermi. Ma perché non fai niente?» In quel momento la rabbia era tanta che si rifletteva pure su chi non aveva colpe.
«Lo sto facendo, Normani. Sto già facendo qualcosa.» Sospirò la corvina, al limite della pazienza.
«Ma non è vero! È come quella volta che continuavi ad ammettere che avresti confessato la verità a Camila, e invece non l'hai mai fatto! Adesso stai facendo lo stesso con l'azienda. Sembra che tu ci tenga a perdere le cose che ami di più!» Si infervorò, sputando quello che la testa non connetteva alle parole e che la pancia amministrava indiscriminatamente.
Lauren alzò lentamente lo sguardo su di lei. Uno sguardo algido e intimidatorio.
«Normani, so benissimo come svolgere il mio lavoro, quindi...»
«Quindi dimostralo! Oppure agirò io anche stavolta.» La donna Inspirò profondamente e si avventò sulla scrivania, raccogliendo i suoi oggetti personali, pronta ad andarsene.
La mano di Lauren guizzò sul suo braccio prima che la donna avesse il tempo di allontanarla. Gli smeraldi della corvina erano diventati due paludi scure e tenebrose. Regnava un timore tutt'attorno, quella paura che attanaglia il respiro quando sai che sta per succedere qualcosa e l'attesa è più angosciosa che dell'avvento in se.
«Che vuol dire "anche stavolta?» Digrignò i denti, ma il suo tono rimase piatto, e perciò raggelante.
Un'ombra sorvolò le iridi della donna, che dissimulò in un sorriso vago, che non servì a niente. «Era un modo di dire,» scrollò le spalle.
Non solo Lauren interagiva con uno stuolo di clienti e partner che rodavano significativamente la sua abilità di interpretare la più vasta gamma di espressioni; era anche intimamente amica con Normani da tempo immemore ormai. Credeva davvero di ingannarla?
«Normani.» Le bastò pronunciare il suo nome ad un'intonazione determinata, che l'altra donna sospirò ed erse le spalle, aprendo le braccia in segno di resa.
«Che dovevo fare, Lauren? Non le avresti mai detto la verità, e Camila meritava di saperla.» Testimoniò senza peli sulla lingua, sostenendo lo sguardo immutabile e adombrato della corvina.
Spadroneggiò un silenzio soverchiatore. Non c'era rabbia, delusione, tristezza, no. C'era solo la pura freddezza del silenzio, nella sua lugubre veste sussiegosa. Nessuna delle due seppe dire quanto tempo intercorse prima che Lauren rispondesse.
«Vattene.» Le ordinò senza riserve, indurendo solamente le labbra in un ghigno un po' rabbioso un po' indignato.
Normani non era il genere di persona che tentava di risolvere la situazione sul momento con Lauren. Sapeva come ragionava la corvina, e sapeva perciò quando fosse conveniente levare le tende e quando insistere. In quel caso era più che consigliabile la prima opzione.
Se prima dell'invenzione del postino le notizie viaggiavano attraverso il piccione viaggiatore e poi per posta espressa, adesso un nuovo organo si incaricava della diffusione live di informazioni. No, non la televisione. Un organo con antenne ben più potenti e satelliti più veloci: Dinah.
Normani faceva capo alla polinesiana in qualsiasi alveo. Era la sua confidente, la sua amica, la sua "consigliera", la sua famiglia. Anche quel giorno, mentre abbandonava l'edificio stringendi la valigetta più saldamente del solito, compose il numero della donna e, dopo aver raccontato la vicenda per sommi capi, Dinah si prodigò per inoltrare la notizia a Camila.
La cubana rimase scossa dalla notizia. Sapeva quanto Lauren tenesse a Normani, e sapeva anche quanto i suoi equilibri fossero cedevoli. Non voleva che si ritrovasse da sola, come a New York, con un bicchiere in mano e i pensieri affollati. Era sicura che, spingendo sull'acceleratore, sarebbe arrivata in tempo.
Non fu difficile, spingere sull'acceleratore, dato che Camila era di manetta facile. Parcheggiò nel sottosuolo e a passo spedito si diresse verso l'ascensore. Prima che potesse premere il pulsante, però, venne anticipata dallo schiudersi delle porte ermetiche.
Lauren fece un passo avanti, ma sobbalzò all'indietro prima di inciampare nella cubana. Quando alzò lo sguardo, un cipiglio si increspò sulla sua fronte.
«Che ci fai qui?»
Camila rispose sinceramente: «Ti pensavo.»
Il volto della corvina si distese, abbastanza sorpreso. La mano di Lauren arrestò la porta metallica, dopodiché fece un passo avanti e Camila, di conseguenza, uno indietro, lasciandole spazio.
«Stai andando via presto.» La prese larga la cubana, sublimando l'angoscia in un sorriso quanto più disinvolto.
«Ho da fare.» Lauren tentò di sorpassarla, ma la cubana scivolò verso destra, ostruendo il passaggio.
«Ottimo,» sorrise «posso venire con te?»
La corvina inspirò profondamente. Sapeva che cosa stava succedendo. Non ci voleva molto a fare due più due. Era grata che Camila, proprio Camila, si preoccupasse per lei, ma non voleva nemmeno la sua compassione. Ciò che le aveva unite non era mai stata la pietà, non voleva che lo fosse adesso, e non lo avrebbe neanche permesso.
«Veramente credo...»
«Ottimo! Guido io.» Camila strappò le chiavi della mano di Lauren, voltandole poi le spalle e avviandosi verso l'auto della corvina.
Lauren passò la lingua sull'arcata superiore e rimase ad ascoltare i passi dell'altra, finché quest'ultima non la richiamò a gran voce.
«Possiamo almeno sentire la canzone che voglio?» Chiese Lauren, retoricamente.
«Ah! No.» La cubana le bacchettò la mano prima che questa interferisse sulla radio.
Lauren alzò gli occhi al cielo e si sorbì per tutto il tragitto il playback esuberante della cubana.
«Ferma qui,» impartì Lauren in mezzo alla strada.
Camila alzò gli occhi per incrociare l'insegna luminescente di un pub. Sospirò sgomenta, ma rivolse a Lauren un sorriso, controbattendo blandamente. Niente, voleva per forza bere una "coca-cola".
La cubana drizzò le antenne come un segugio, mentre varcavano la soglia. Non era contenta di essere lì, ma sapeva anche che impedirglielo avrebbe solamente inacidito la donna, e ora aveva solo bisogno di avvicinarla il più possibile.
Si sedettero al bancone, deserto. Il locale era puntellato di qualche avventore, ma nessuno che prestasse attenzione ad altro oltre il proprio boccale. Lauren ordinò davvero una coca-cola, e Camila la seguì a ruota.
«E..» Tentò di fare conversazione la cubana: «Ti succede spesso di lasciare il lavoro per bere qualcosa?» Si rese conto troppo tardi di aver probabilmente formulato ambiguamente la frase, ma mordersi la lingua non sarebbe servito.
Miracolosamente Lauren sembrò non prenderla per il verso sbagliato. Ridacchiò e, dopo, reclinò appena la testa e spostò il suo sguardo dentro quello della cubana, dolce e soave come sempre. «Solo quando vieni a prendermi tu.»
Camila rise genuinamente, e distolse lo sguardo. Il suo cuore aveva avuto un sussulto che affogò in un sorso di bollicine.
Lauren la fissò a lungo, senza dire una parola, poi, mentre ripassava il bordo del bicchiere con l'indice, le chiese afona: «L'hai saputo?»
Camila deglutì, aspettò che Lauren la rimirasse ed annuì flebilmente, dedicandole un sorriso tiepido per rincuorarla.
«Incredibile,» sbottò la corvina in un ghigno sardonico, «la persona della quale mi fidavo di più mi ha letteralmente tradito. Sono così arrabbiata, così delusa!» Respirò rumorosamente, belluina.
Camila dovette ingoiare il boccone amaro, mettere da parte le considerazioni analoghe, e concentrarsi solamente su quello che voleva davvero che Lauren sapesse, non qualcosa che la sua dignità ferita dettava.
«Lo so che adesso ti sembra tutto da rifare e al contempo non hai voglia di provare a rifarlo, ma ci rimetterai tu stessa se non ti darai la spinta.» Picchiò con le nocche sul bancone, enfatizzando il messaggio.
«Pensavo fosse un'amica, invece mi ha portato via la cosa più importante.» Sussurrò in un bisbiglio rotto.
Camila trasse un respiro, si inumidì le labbra e pretese di non essere stata lei ad aver aperto quella porta, ad aver sentito quella notizia, ad aver... «Non voleva portartelo via. Voleva darti la possibilità di viverla con maturità.»
«Sapeva che te ne saresti andata!» Si girò di scatto la corvina, con sguardo infuocato, intercettando lo sguardo più languido dell'altra.
«Proprio per questo è stata un'amica. Non ti ha permesso di rovinare tutto vivendo una relazione con quella personalità marcia. Voleva che imparassi a lottare con sincerità. Voleva darci la possibilità di viverci essendo in pace con noi stesse. Che è la cosa più importante.» Le fece notare sempre un sorriso affabile.
Lauren ponderò le affermazioni di Camila e, per quanto concordasse con lei, in quel momento non avrebbe mai mollato il tiro.
«Avrebbe potuto chiedermelo.» Biascicò sottovoce, allungando la mano sul bicchiere.
Camila la frustò prima che questa lo agganciasse: «Le avresti detto di no.» Sorrise sotto i baffi, registrando la medesima reazione da parte della corvina.
«Ma saresti rimasta.» Il suo sguardo era eternamente sfavillante, quando si imbatteva in quelle ciglia lunghe. Le uniche ciglia lunghe per lei.
«Ma non saremmo una vera coppia.» Replicò fievole la cubana.
Lauren incassò con un sospiro. Di nuovo tentò di artigliare il bicchiere, ma la cubana, per la terza volta nella giornata, la castigò inaspettatamente.
«La prossima volta te la strappo a morsi.» La minacciò, non spaventando per niente Camila.
La corvina puntò il bicchiere, protese la mano, mentre con la coda dell'occhio studiava le mosse della cubana. Camila, anche stavolta, le frustò il dorso, ma prima che potesse impattarsi Lauren intercettò il tiro e le intrappolò il polso. Camila rise di gusto, mentre l'altra pretendeva di fare la conta alle dita per decidere quale mangiare per prima.
Alla fine entrambe risero, ma, prima che la corvina la liberasse, approssimò davvero la mano alle sue labbra, ma solo per depositarvi un bacio in mezzo al palmo.
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Importante!
Spazio autrice:
Ciao a tutti.
Scusate l'enorme ritardo, temo che anche i prossimi capitoli dovranno aspettare. Ho poco tempo e tanti impegni, niente di che. Mi spiace molto, spero che capirete.
Detto ciò, spero vi sia piaciuto il capitolo.
Grazie a tutti.
A presto.
Sara.
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