Capitolo ventisei
«Cavolo.» Esclamò in un sussurro attonito Normani, grattandosi il mento.
«Già.» Annuirono all'unisono Dinah e Camila, la prima più energicamente dell'altra.
«Quindi sei entrata in azienda grazie all'eredità di tuo padre.» Fece il punto della situazione Normani, sintetizzando due mesi di lavoro, notti insonni, veglie con litri di caffeina e pugni in faccia.
«Eh, più o meno.. si.» Confessò Camila, abbassando lo sguardo sui calzini natalizi con vischio e renne che Dinah le aveva anticipatamente regalato.
Era sempre imbarazzata nell'ammettere che la matrice dei suoi successi era la sventura di suo padre, che altro non aveva fatto che devolverle il suo capitale, arridendola. Sapeva che vegliardi investitori, opportunamente seduti a quel tavolo, potevano contare su anni di esperienza e canonici studi, mentre la cubana non aveva possedeva questa certezza.
«Sinceramente, non pensavo di dare nell'occhio.» Riavvolse il nastro Camila, facendo un passo indietro a quando l'avventura era iniziata.
«Hai investito tre milioni di dollari, e non pensavi di "dare nell'occhio"?» La guardò con espressione scettica ed eloquente Normani, suonando retorica.
«Ma che ne sapevo io!» Sbottò la cubana, rendendosi conto di aver fatto il passo più lungo della gamba.
Prese a camminare per casa, con il fazzoletto a portata di mano, dato che il naso a momenti era ancora un rubinetto aperto. Lucy l'aveva colpita proprio bene, e Camila dentro di se non poteva fare a meno di pensare "Ben ti sta".
Era il giusto pegno per aver decurtato i fondi di suo padre, investendo in un'azienda che inizialmente l'aveva portata sull'orlo del tunnel di burnout, mentre ora minacciava di esasperarla fra intrighi e ricatti. Era la legge del contrappasso. La sua sconsideratezza le aveva fatto rimediare una sequela di ritorsioni che parevano più segni del destino.
«Non capisco, comunque.» Tornò a pensare ad alta voce Normani, che ancora aveva qualche sassolino nella scarpa.
«D'accordo aver scoperchiato il vaso di Pandora, ma non è da Lucy spifferare i segreti altrui. Solitamente li tiene come "assi nella manica", e li usa quando le fa più comodo. Invece no. Stavolta no. È stata solo... vendicativa. Ma di cosa? Le hai fatto qualcosa?» Espresse cristallina Normani, cogliendo Camila in flagrante.
«Io? E che vuoi che le abbia fatto?!» Squittì troppo acutamente per essere credibile.
«Non lo so, era solo un'ipotesi.» Si difese la collega, la quale non mancò di trascrivere la reazione irascibile della cubana nel bloc-notes della sua memoria.
«Vabbè, inutile pensarci ora.» Intervenne Dinah, che per tutto il tempo aveva assistito allo scambio senza intromettersi, dato che di genealogie aziendali non ne sapeva una virgola.
«È meglio se Camila va a dormire, al resto peseremo poi.» Liquidò la conversazione la polinesiana, riservando uno sguardo di sguincio a Normani, come per zittirla.
La cubana diede una buonanotte laconica, prelevò una manciata di cubetti di ghiaccio dal freezer, difettando di piastra eutettica, e arrabattò alla bene e meglio un surrogato.
Quando Dinah e Normani rimasero da sole e la luce nella camera della cubana si spense, la polinesiana si sporse verso l'amica e bisbigliò «Allora, rivelami il tuo piano, Maleficent.»
Normani le dedicò uno di quegli sguardi smielati che solitamente faceva in presenza solo di una donna nuda.
La mattina dopo, carica di caffeina e magnesio, Camila fece colazione sul bovindo di camera sua. Era il suo angolo preferito, dove poteva racchiudere il senso di "casa" in un rettangolo di cuscini squadrati e coperte di pail.
Dinah e Normani dormivano nella camera degli ospiti. Erano rimaste in piedi fino a tardi a mormorare fra di loro. Almeno questo aveva captato la cubana, che si era alzata attorno alle quattro per andare a svuotare la vescica, e aveva percepito dei ronzii provenire da sotto la porta, assieme ad uno spicchio di luce.
Forse erano preoccupate, oppure litigavano ancora per quella famosa partita di Risiko. Impossibile capire le loro conversazioni notturne. O le loro conversazioni in generale.
Quando andò a lavarsi i denti, per poco non strillò dalla paura. Quella nello specchio era veramente lei?
Un ematoma violaceo le contornava gran parte della guancia, dilagando anche sul dorso nasale. Era intoccabile, fra l'altro. Anche una minima pressione le faceva stringere i denti.
Dovrò allenarmi anche io, se questi sono i risultati. Rifletté ironica Camila, che fortunatamente sapeva usare l'arte dello sdrammatizzare egregiamente.
Rimase chiusa in bagno per un tempo record. Per pochi minuti non batté anche gli standard di Dinah. Mascherò con il fondotinta, la cipria, il correttore e un po' di blush quell'obbrobrio che le campeggiava superbo in faccia. Anche socchiudere gli occhi le faceva male, anche di più rispetto al giorno prima.
È proprio vero, lo aveva imparato a sue spese: il dolore si concretizza con il tempo.
«Mila, è tutto okay? Hai bisogno di qualcosa?» Bussò docile e gentile la polinesiana.
«Tutto okay, arrivo subito. Grazie.» Camila adoperò un ultimo ritocco. Chiaramente il livido era ancora visibile, ma meglio rispetto alla nitidezza di prima.
Normani e Dinah stavano mangiando dei pancakes cucinati da quest'ultima. Quando la videro uscire dal bagno, rimasero con il boccone in gola e lo sciroppo d'acero a mezz'aria.
«Non dite niente. Per favore, non dite niente.» Premise la cubana, mettendo al bando tutti quei convenevoli e cerimonie superflue.
Si sedette assieme a loro a tavola. Lasciò che Dinah le servisse la colazione e si riempì il bicchiere da sola, anche se centrarlo non fu semplice. A volte gli oggetti si sdoppiavano, e se tentava di affinare la vista per compattare l'immagine, ecco che uno spillo le si conficcava nelle palpebre.
«Almeno potrai inventare una storia eroica e incassare le ovazioni.» La consolò Normani, già intenta a ponderare quale sarebbe stata la sua, di storia eroica, se fosse capitato a lei... Ma niente, mi sono intromessa in una rissa per fermare un pestaggio contro un vagabondo. Ho rischiato molto, ma ne è valsa la pena. Voglio dire, nessuno avrebbe... Poi si ricordò che lei non prendeva pugni. Li dava.
«Certo, come se non lo sapessero tutti.» Sbuffò sarcastica la cubana, ricordando solamente adesso il pubblico che si era affollato nel corridoio. Che vergogna.
«Eh vabbè! Puoi anche vantartene altrove. Che ne so io, con Ally, con i tuoi amici, con tua madre... in metropolitana!» La imbeccò Normani, aprendo uno spettro variegato di candidati.
«Certo. Se lo dicessi ad Ally, probabilmente mi darebbe una crema lubrificante al posto di quella lenitiva. Shawn e Siope resterebbero affascinati dalla realtà 3D. Mia madre sverrebbe. E in metropolitana a chi lo racconto? Al barbone sordo o all'adolescente drogato?» Confutò la cubana recisa e stizzita.
«Come non detto.» Si rassegnò Normani, preoccupandosi solamente di guarnire i pancakes con tanto sciroppo d'acero.
«Scherzi a parte..» Biascicò Normani, finendo il boccone prima di proseguire «Ho parlato con Lauren, riguardo il piano B.» Confidò fiduciosamente la donna, lanciando però alla cubana quelli sguardo che era una raccomandazione di silenzio implicita.
«Ha detto che ci siamo sbagliati, a puntare su dela loghi commerciali. Dobbiamo ampliare gli orizzonti, solo così possiamo fare sgambetto alle altre società. Ecco perché ha deciso di puntare alla Ford.» Fece trapelare Normani, strabiliando Dinah, che non era un'amante delle auto, ma dei piloti si.
«Wow, un colpo grosso.» Commentò la cubana, sempre con quell'aria assente che però non gustava di sincero stupore.
«Si, assolutamente.» Annuì Normani, inforcando una grossa porzione di pasta dolce imbevuta di sciroppo d'acero «E ha messo te a capo.» Sganciò la bomba, pacatamente, anche se per poco Camila non si strozzò.
«Guarda l'uccellino!» Schioccò le dita Dinah sopra la sua testa.
«Non credo che le interessi quello.» Asserì sarcastica Normani, stampandosi un'espressione inconfondibile sul viso.
Quando Camila ebbe finito di tossire e il rischio di morte da soffocamento si fu ridotto al 2%, sbarrò gli occhi e sbatté le mani sul ripiano «E me lo dici così?!» Scalpitò, facendo tremare la forchetta nel piatto di Dinah.
«E come te lo devo dire? Con un tappeto rosso e delle rose blu?» Ironizzò Normani, aprendo le braccia in un gesto plateale ma incisivo.
«Magari con più... tatto. Ecco!» Teorizzò la cubana, ancora sotto shock.
Normani la presa alla lettera. Si avvicinò a lei e le carezzò una spalla «Questo è abbastanza tatto per te?» Chiese premurosa, pungolando il "can che dorme".
Camila strabuzzò gli occhi e un'ombra imbestialita le incupì sopracciglia e labbra, mentre la mascella si serrava.
«È inutile. Parlare seriamente con te è impossibile!» Si arrese Camila, dissertando la colazione a metà, e accollando l'incombenza di lavare i piatti ad una delle due.
Dinah sospirò, riponendo le stoviglie nel lavandino assieme ad una pozzanghera di pungente sapone agli agrumi. Normani afferrò una mela, la lanciò in aria e la riprese con un lembo della maglietta, alitandoci poi sopra prima di sbucciarla. Un sorriso trionfale e malizioso campeggiava sotto il crinale del suo labbro inferiore.
«Che hai da ridere?» Si corrucciò Dinah.
«Santa Claus ha appena compiuto il miracolo del Natale. Vedrai che bel regalo troverai sotto l'albero.» Sogghignò allusiva Normani.
«Santa Claus saresti tu?» Chiese la polinesiana, inarcando un sopracciglio, additando la donna con un cenno del capo, dato che le mani erano inzuppate nella schiuma.
«Oh, oh, oh! In persona.» Fece un inchino Normani, dando un morso deciso alla mela e ammiccando.
«Allora, ti manca una cosa.» Eccepì Dinah, estraendo le mani dall'acquaio e accingendosi al cospetto di Normani. Poggiò delle bolle di schiuma sul suo viso glabro dell'amica «Ecco, ora sei perfetta.» Rise, contagiando anche Normani con un'allegra ilarità.
*****
Camila trascorse una settimana trincerata in casa, con il plaid a mo' di mantello a ripararla dal freddo, una tazza di caffè caldo sempre sul comodino, il cappello da babbo natale che Dinah le aveva anticipatamente regalato, è una scorta di buona volontà. Sembrava in quarantena ormai, tanto era che non faceva capolino fuori dalla sua stanza.
Era una montagna di lavoro, quella affidatele da Normani -o meglio, da Lauren- e non aveva tempo da perdere, visto che la proposta della corvina sarebbe uscita a breve, e aveva bisogno di una testata automobilistica di un certo calibro per sbaragliare la concorrenza, dato che anche la Tyser stava per fare il suo ingresso sul mercato -con appena tre giorni di scarto dalla data concordata da Lauren-, e attualmente aveva tutte le carte in regole per primeggiare.
Dinah, Normani ed Ally si avvicendavano nell'appartamento della cubana, senza che quest'ultima sapesse niente di orari di entrata o uscita, di chi pernottasse nel soggiorno e chi nella camera degli ospiti. Viveva nella sua crisalide, e nessuno -nemmeno Dinah- aveva il coraggio di disturbarla.
Aveva concluso qualche buon accordo, come quello formalizzato con la manager della figlia del CEO della Ford. Voleva a tutti i costi una foto del suo livido con una pallina decorativa di Natale accanto, così da poter esaminare la gravità. Era stata Camila a raccontarle di quell'evento, perché la voce si era già sparsa fra alcuni pidocchi aziendali, che avevano diramato la notizia ad altri impiegati, e alla fine era rimbalzata in un tamtam verbale, mutando e distorcendosi di bocca in bocca. Comunque, in cambio di quella foto, le avrebbe fatto avere un colloquio con la figlia del signor Ford, così si sarebbe avvicinata al "premio finale".
Così la cubana fece la sua prima apparizione, dopo una settimana di clausura fra scartoffie e coperte. Si avvicinò all'albero di Natale, sotto gli sguardi circospetti di Normani e Dinah, impegnate a guardare il Grinch; estrasse una pallina random, la portò accanto alla guancia e porse il telefono alla polinesiana «Mi scatti una foto? Fa' che si veda bene il livido: più si vede, meglio è.» Sorrise per la telecamera, ne fece un'altra seriosa affinché le prospettive fossero ugualmente riconoscibili, e poi marciò nuovamente verso la sua stanza, senza una parola di più o una di meno.
Furono quasi insopportabili le risate mute della manager che si premurò di trascrivere una collana di "aahahaha" come didascalia all'immagine. Quasi insopportabili però. Perché da quello scroscio di ilarità, nacque una possibilità. Infatti l'indomani Camila avrebbe avuto un appuntamento assicurato con Megan, la figlia del CEO della Ford.
Alla fine il pugno di Lucy era servito a qualcosa.
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