Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo cinque



«E di che cosa hanno parlato?» Domandò ingorda Dinah, ancora non sazia di dettagli.

«Ma non ho capito niente!» Urlò Camila dalla cabina armadio, rispondendo la giacca «Spread, indice di gradimento, bilancio...» Emerse dalla porta, serrando l'uscio «Parlano una lingua che non conosco.» Si mise le mani nei capelli, afflosciandosi sul divano accanto a Dinah.

«Ma come sono loro? Sono persone.. non so, dimmi qualcosa!» Gesticolò, ma non riuscì a soggiungere un aggettivo adatto che descrivesse l'idea articolata che aveva di quella sfera.

«Alcuni di loro sono chiaramente impostati. Altri sono persone normali, né più né meno di noi. Non ho osservato tutto, ma... Oh mio dio.» Sbarrò gli occhi, ricordando l'ultimo momento della giornata.

«Cosa?» Domandò curiosa Dinah.

La cubana raggiunse il calice di vino che le aveva versato la polinesiana.

«Alla fine della riunione, mi sono imbattuta in una donna antipaticissima. Quella si che era accecata da se stessa.» Sbuffò irritata la cubana, sorseggiando il sapore amarognolo del vino.

«Davvero? Beh, abituati. Può essere che ci siano tante brave persone, ma in ogni dove troverai sempre qualcuno con la puzzo sotto il naso.» La mise in guardia la polinesiana, annuendo impercettibilmente, come se uno dei suoi velati pregiudizi fosse stato confermato.

«Non puoi capire, mi ha innervosito così tanto che ho dovuto ricorrere all'applicazione di meditazione per tre volte.» L'espressione che fece la disse lunga su quanto antagonismo veleggiasse fra le due.

«Ma senti, donne odiose a parte... Hai visto Lauren?» A Dinah brillarono gli occhi come un bambino la mattina di Natale.

«Uhm.. no.» Ingoiò il sorso, lasciando che le bruciasse un po' lo stomaco «Aleggia un alone di mistero su quella donna, ne parlano tutti con sguardo adorante, imbambolati. Però non l'ho conosciuta.» Incassò le spalle Camila.

Dinah storse il naso «Sicura? Mi sembra difficile che sia andata nell'ufficio di Lauren e non abbia incappato in lei.» Arricciò le labbra.

«Sarà una 50enne che delega tutto ai suoi capi ufficio e che passa la giornata trincerata nel suo studio.» Ipotizzò la cubana, proiettando l'immagine nel vuoto davanti a se.

«50enne? Lauren? Camila, ha 25 anni.» Specificò la polinesiana.

Alla cubana andò di traverso il vino. Tossì, sputacchiando qua e là.

«Cosa?!» Squittì.

«Ma almeno hai la minima idea di come sia fatta?» Indagò la polinesiana. Dall'espressione di Camila intuì che no, non ne era per niente cosciente.

Dinah digitò il nome sul suo smartphone e poi scelse la foto migliore che scovò e la mostrò a Camila.

Ora si che il vino venne sbruffato altrove.

«Questa è, è Lauren?» Balbettò la cubana, non avendo il coraggio nemmeno di toccare lo schermo.

«Si, perché?»

«Oh mio Dio! L'ho chiamata Guapa, oh Dios Mio!» Scattò in piedi, allarmata «Oddio, cosa ho fatto. Oddio!» Più le immagini si riproponevano davanti ai suoi occhi, più l'imbarazzo le accaldava le guance, espandendosi fino alla punta delle orecchie.

«Che hai fatto?» Chiese la polinesiana, frastornata.

«È lei, quella odiosa. È lei! Quella che ho sfidato, punzecchiato, sbeffeggiato. Ho sbeffeggiato il CEO il primo giorno. Mi sto sentendo male. Manca l'aria.» Camila sventolò la mano ad un palmo dalla faccia, ventilandosi.

«Vuoi un sacchetto di carta per respirare?» Le propose la polinesiana, preoccupata.

L'occhio le cadde sulla foto austera della donna, ingessata nella sua posizione trionfale e statuaria. Con lo sguardo penetrante e tenebroso, i capelli corvini che incorniciavano i lineamenti arrotondati e definiti.

«Cazzo!» Sibilò a denti stretti la cubana, piroettando su se stessa per non guardare lo schermo incriminante e accusatorio.

Dinah si rese conto che forse era il caso di rimuovere l'immagine. Bloccò lo schermo e accantonò lo smartphone da una parte.

Camila aveva scavato il solco da quanto nervosamente aveva camminato avanti e indietro, bisbigliando sommessamente come una nevrotica.

«Ma quindi Lauren è odiosa?» Spezzò il silenzio la polinesiana.

«Oh mio Dio!» Piegò il collo all'indietro, rivolgendo lo sguardo al cielo, invocando probabilmente l'aiuto divino.

Dinah rimase in silenzio finché la cubana non ebbe somatizzato tutto l'imbarazzo e la vergogna, poi cadde a peso morto sul divano e si infossò fra le pieghe di esso, incassando la testa su se stessa, come quella di una tartaruga.

«Non posso credere di essere stata così ingenua.» Esordì fissando un punto indefinito nella parete «Mi sono documentata su qualsiasi cavillo, ma ho dimenticato il più importante. Che idiota.» Si coprì la faccia con una mano, storpiando il volto in un'incrinatura affranta.

«Vabbè, Mila. Non pensarci adesso. Colpevolizzarti non risolverà le cose.» Dinah le carezzò la schiena, tentando di smorzare il senso di colpa, ma conosceva Camila: non si perdonava facilmente. E l'imbarazzo era il suo personale giro di chiglia.

«Cazzo.» Imprecò infine, lasciando cadere il la testa sulla spalliera del divano, rivolta verso il lampadario kitsch.

*****

«Hai provato a chiamare la Tyser?» Domandò affaccendata Lucy, firmando di qua, rispondendo di là.

«Certo che si, ma non sono facilmente persuasibili. Sai perché...» Alluse Normani, lasciando volutamente la frase a galleggiare.

La mora si voltò lentamente, difendendosi in un'espressione risentita e boriosa. Portò una mano sul fianco, squadrando la collega con somma arroganza.

«No, non so perché, Normani. Vuoi dirmelo tu?» La sollecitò. Solitamente le persone non le pestavano mai i piedi, ma Normani era un caso a parte.

«Beh, forse perché ti sei portata a letto la figlia del CEO, l'hai quasi sposata, e poi l'hai tradita per una notte brava con Lauren. Ah, come se non bastasse sei diventata anche la sua tirapiedi, che carina.» La derise sufficientemente Normani, trattandola con lo stesso tono che usava che con Kiki, il suo cane.

«Tu mi hai veramente rotto le palle.» Ringhiò a denti stretti Lucy, avanzando minacciosamente un passo, abbreviando il divario a poco più di qualche centimetro soltanto.

«Vorrei avvisarti che stai invadendo il mio spazio intimo, e che potrebbe essere considerata aggressione.» Non si scompose Normani, restando ad osservare le varie alterazioni facciali della mora.

Lucy indietreggiò «Mandami quelle pratiche in ufficio, per favore Telma.» Disse rivolta alla segretaria che aveva assistito alla scena con le palpitazioni, essendo soggetta alla fobia da aggressioni. Lucy non deflesse nemmeno per un secondo lo sguardo da Normani, poi pettoruta proseguì per il suo ufficio.

«Scu-scusi..» La richiamò timidamente Telma.

«Uhm?» Mugolò Normani, ancora impegnata a fulminare la donna che camminava verso il suo studio.

«Lauren l'aspetta nel suo ufficio.» Le fece presente, destando l'attenzione di Normani che la ringraziò con un sorriso.

Normani raccolse le sue cose, brandì le pratiche che doveva sottoporre all'attenzione di Lauren, e si avviò verso la doppia porta nera che spadroneggiava nell'ingresso, governando l'androne con un tocco di elegante superiorità.

Lauren era avvezza ad essere trattata con un po' di riserbo. Non era dispotica o deliberatamente intimidatoria, ma esisteva una gerarchia che tutti rispettavano senza sentirti inferiori o passivi. Era solo un modo per inculcare disciplina e rispetto, poi ovviamente il lato umano non era mai sottovalutato fra quelle quattro mura. Comunque, tutti si ponevano a lei con una punta di accentuata deferenza o timorosa insicurezza... Tutti tranne Normani.

Non bussò nemmeno, spalancò una delle porte come fosse a casa sua e stesse per farsi un bel bagno nella sua nuovissima vasca idromassaggio.

«La tua investitrice preferita è qui.» Annunciò roboante e squillante, chiudendo la porta con un tonfo sordo.

«Santo Cielo, fa più piano.» L'ammonì Lauren, massaggiando insistentemente le tempie.

«Ahia. Sei in post sbronza?» Insinuò la giovane ragazza, sbatacchiando l'inseparabile ventiquattro ore sulla scrivania di vetro «Tranquilla, ci penso io. Allora, abbiamo antidolorifici, analgesici...»

«Normani, ti prego.» Sospirò la corvina, scuotendo appena la testa «Penso di essere venuta una sola volta ubriaca a lavoro, ed è stato il primo giorno.» Con la mano richiuse decisa la valigetta, facendo intuire a Normani che non era in vena di scherzare. Quando mai.

«Sei troppo rigida tu, lo sai?» Inclinò la testa, ispezionando la postura e l'attitudine intransigente della corvina «Fai ancora sesso, vero?»

«Santo Cielo.» Raccolse la testa nella mano, rassegnata.

«Guarda che è importante!» Sottolineò coinvolta, come se fosse maestra in merito, pronta a spacciare pillole di saggezza.

«Si, grazie, Normani. Faccio ancora sesso.» Dichiarò Lauren, capendo che quello era l'unico modo per zittirla «Adesso, siediti, per favore. Dobbiamo parlare.» Il tono si modulò, adottando una sfumatura più professionale.

Normani obbedì. Lauren girò lo schermo del pc, mettendole davanti due grafici. Il primo più promettente, il secondo meno.

«Come vedi le vendite dell'innovativa X-101 andavano alla grande due anni fa... Ma adesso è già in depressione. Ha fatto il boom quando è uscita, ma appena ventiquattro mesi dopo è già in calo. Come mai, secondo te?» Domandò Lauren, intrecciando le mani davanti alla bocca mentre analizzava l'espressione concentrata della fidata collega.

«Beh, azzardo un'ipotesi.» Mise le mani avanti Normani «Perché la Tyser ci ha surclassato e sta vendendo di più la nuova Double M.»

«Esattamente.» Annuì impassibile Lauren, senza far trapelare alcuna emozione «Ecco perché ci serve quella collaborazione al più presto.» Sentenziò solennemente.

Normani sospirò, carpendo la motivazione intrinseca a quell'urgente riunione.

«Ci sto lavorando, Lauren. Non è facile riparare i danni causati della tua amante.» Addusse tagliente, ricordandole che lei stava solamente operando laddove era stata Lucy a sbagliare.

«Non è la mia amante.» Fu l'unica preoccupazione precipua di Lauren.

«Bambola, giocattolo, passatempo... Come ti pare.» Fece un cenno lesto con la mano, istigando la collera di Lauren.

«Normani, non è niente. Non andiamo a letto, non usciamo insieme. Le ho offerto il lavoro perché è competente nel suo campo.» Puntualizzò risoluta, sperando di depennare una volta per tutte i vociferi che si spargevano in giro.

«D'accordo, come ti pare.» Accondiscese Normani, ancora provata dallo screzio antecedente.

«È tutto?» Domandò Normani, recuperando la ventiquattro ore, già pronta a lasciare il colossale ufficio.

«No, in realtà no.» La sorpresa la corvina, che di solito non la tratteneva nel suo studio oltre i dieci minuti, almeno che non lo occupassero per chiacchiere extra-lavorative.

Lauren si alzò dalla comoda poltrona che presidiava, si avviò verso il tavolino posto accosto alle luminose vetrate. Si versò due dita di scotch e sorseggiò lasca il liquore.

«Oh-oh, qualcuno ti ha fatto arrabbiare.» Commentò Normani, sapendo bene che il rituale dello scotch avveniva quando Lauren doveva placare dei rancori scottanti. E solo il liquore, più caldo di essi, poteva raffreddarli.

«Uhm, si può dire così, si.» Assentì, andandosi a sedere sul bordo della scrivania.

«E cosa c'entro io?» Inarcò un sopracciglio Normani, virando di qualche grado la sedia girevole per guardare Lauren negli occhi.

La corvina sciabordò lentamente il liquido giallognolo nel bicchiere, fissandolo assente.

«Sai per caso come si chiama la nuova investitrice?» Le rivolse un'occhiata cupa, ancora intenta a giocherellare con il liquore.

«Chi? Camila?» Storse il naso Normani, aggrottando la fronte.

«Uhm...» Prolungò il suono monocorde Lauren, spostando lo sguardo sulla libreria che ricopriva l'intera parete.

«Chi l'ha chiamata al tavolo?» Si informò Lauren, mantenendo sempre un certo sussiego.

«Penso chi si occupa di reclutare investitori, quindi Chelsea.» Scrollò le spalle Normani.

Lauren annuì flebilmente.

«Quando sarà la prossima riunione con gli investitori?» Domandò, chiaramente risentita di qualcosa.

«Venerdì prossimo. Una volta a settimana.» Comunicò Normani, sempre più crucciata.

«Bene. Dì a Lucy che voglio presenziare io.» Decretò perentoria, ingollando finalmente lo scotch tutto d'un sorso.

Normani non fece domande. Sapeva che fra loro c'era una forte amicizia, e proprio perché vigeva questo indissolubile legame Normani sapeva quando poteva domandare e quando invece no.

«D'accordo, boss.» La prese bonariamente in giro, girando sulla sedia e scattando in piedi.

«Ogni tuo desiderio è un ordine.» Fece una riverenza che strappò un sorriso a Lauren, poi richiuse la porta alle sue spalle.

Lauren osservò il bicchiere che ancora impugnava e lo poggiò veementemente sulla scrivania. Un ghigno le danzò sulle labbra.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro