6 - Graduation
I wake and it brings me to tears
We hadn't spoken in years
Calum's pov
Disfai il nodo della cravatta venuto male, cercando di farlo per la milionesima volta. Non ci riuscii, così decisi di chiedere aiuto a mio padre.
«Dovresti imparare, Cal, dopotutto non ci sarò sempre io ad aiutarti», disse lui, sorridendomi fiero mentre stringeva la cravatta attorno al colletto della mia camicia.
Nonostante io e mio padre fossimo in contrasto il 95% del tempo, potevo dire benissimo che mi voleva bene e che era fiero dell'uomo che stavo diventando, soprattutto in quel giorno tanto importante - finalmente, oggi mi laureavo. Da oggi potevo finalmente considerarmi un uomo fatto e finito.
Ero felice ed emozionato, ma solo in parte. Perché ero dannatamente sicuro che le persone più importanti per me quel giorno non ci sarebbero state - Luke è come morto e sto evitando Ashton da quando ho capito di essere innamorato di lui. Non potevo esserlo, non volevo esserlo. Era un guaio grosso quanto una casa e io ero il coglione che ne aveva gettato le fondamenta, senza sapere che sarei affondato nel cemento.
Decisi di non pensarci più, come del resto avevo cominciato a fare nell'ultima settimana, e ricambiai il sorriso a mio padre, ringraziandolo prima di camminare a passo svelto verso la cucina.
Mia madre mi abbracciò, quasi singhiozzando. «Il mio piccolo ometto sta diventando grande», disse, con la voce rotta.
Ridacchiai. «Mamma, ho ventiquattro anni, non sono più un bambino», protestai, senza fiato a causa della sua stretta.
«Sta zitto, sei il mio bambino e basta».
Scoppiai a ridere quando ci staccammo, asciugando le sue guance con i pollici. Mia madre mi sorrise grata, posandomi un bacio sulla guancia prima di uscire dalla cucina. Sospirai, aprendo il frigorifero e prendendo una bottiglia d'acqua.
«Oggi ci sarà Ashton?».
Alzai la testa, scorgendo Mali Koa sulla soglia della cucina. Feci spallucce, sorseggiando la mia acqua ghiacciata. «Non lo so, non ci parliamo da tipo una settimana».
Mali alzò un sopracciglio. «Lo stai evitando, vero?», mi chiese indagatrice, raggiungendomi.
Sospirai. «Non posso non farlo, Mali».
Mia sorella roteò gli occhi, poggiandomi una mano sulla spalla. «Sei un coglione. Dico io, va da lui e dichiarati, è così difficile?!», sbottò, quasi arrabbiata.
Vederla in quello stato mi fece quasi ridere. «Sì, è così difficile. Non voglio perdere il mio migliore amico per una stupida cotta che passerà in un batter di ciglia - e ho mai menzionato il fatto che Ashton è etero e che con me stava solo sperimentando?».
Mali roteò gli occhi. «Sei talmente stupido! Io non ti capisco. Insomma, che cazzo ne sai che la tua cotta per Ashton passerà in un batter di ciglia? Parli di lui e ti brillano gli occhi, per l'amor del cielo!», esclamò, determinata ad aver ragione, «E poi scusa se te lo dico, ma chiunque si faccia mettere qualcosa in culo non è mai del tutto etero».
Mi zittii, incapace di difendere il mio punto di vista o di rispondere a Mali a tono. Il punto è che mia sorella aveva dannatamente ragione, Ashton non poteva essere completamente etero - non gay, certo, ma di sicuro non era attratto solo ed esclusivamente dal sesso opposto se ha fatto quelle cose con me. E poi, era vero che quando parlavo di Ashton, o anche solo quando pensavo ad Ashton, mi brillavano gli occhi. Come potevo saperlo? Ovvio, dalle sensazioni che provavo dentro di me. Quel nodo nello stomaco e il cuore che batteva forte, sensazioni che avevo associato alla voglia di lui ma che ormai stavo associando a ciò che provavo davvero nei confronti di Ashton - che non era assolutamente soltanto voglia di sesso, no, era qualcosa di più... qualcosa che mai nella mia vita avrei pensato di provare, ma che adesso si stava insinuando con prepotenza nel mio corpo, nella mia testa. Qualcosa che doveva essere fermato a tutti i costi, ma che io non avrei fatto niente per fermare - perché era inarrestabile, e neanche tutta la volontà del mondo sarebbe bastata ad arrestare la sua corsa, ad impedire che mi stravolgesse e rovinasse la vita.
«Ragazzi, su, è ora di andare».
Mi morsi il labbro inferiore, impedendo che un singhiozzo fuoriuscisse dalle mie labbra mentre, seguito da Mali Koa, uscivo di casa, diretto all'auto di mio padre. Salii sui sedili posteriori, nascondendo i miei occhi lucidi sotto il mio paio di occhiali da sole.
«Dobbiamo andare a prendere Ashton, Cal?», mi chiese mio padre, sistemando gli specchietti.
Scossi la testa. «No pà, non ce n'è bisogno».
Non so neanche se verrà...
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Contrariamente a ciò che mi aspettavo, Ashton mi aspettava fuori dalla sede dell'università. Non appena mio padre parcheggiò, scesi dall'auto e corsi verso di lui, abbracciandolo stretto. Inspirai il suo profumo mentre cercavo di ignorare le farfalle che invadevano il mio stomaco meglio che potevo.
«Dio, non dobbiamo vederci più per farti diventare così affettuoso?», ridacchiò lui, quando ci staccammo.
Mi tolsi gli occhiali da sole, sorridendo ad Ashton. «Che vuoi, mi sei mancato».
«Lo vedo», replicò lui, ridacchiando mentre mi scrutava da capo a piedi, prima di avvicinare le sue labbra al mio orecchio, «So che è un po' cattivo da dire, ma spero che tu non abbia... incontrato nessuno nella mia assenza».
Il mio cuore prese a battere dieci volte più velocemente del normale, mentre Ashton ridacchiava malizioso. «Oh, uhm... ho cercato di rigare dritto, sai, avevo tanto da studiare», dissi imbarazzato, grattandomi la nuca.
Ashton si morse il labbro inferiore. «Sei stato un bravo ragazzo per me, quindi?», mi chiese, seducente.
Sospirai. I suoi modi non mi aiutavano per niente. «Il più bravo ragazzo che c'è».
Ashton sorrise tronfio. «Dovrei darti un bel premio, allora... magari stasera».
«Allora, se avete finito di amoreggiare, dovremmo entrare».
Ci voltammo, arrossendo entrambi mentre mia sorella ci guardava divertita. Il suo sguardo si fece particolarmente pungente quando si posò su di me; le feci segno di stare zitta mentre ci dirigevamo nella sede dove avrei discusso la mia tesi. Quando seminammo i miei genitori e Mali Koa, Ashton mi diede una pacca sul sedere che mi fece sussultare. Mi voltai verso di lui, guardandolo stranito, e lui si limitò a farmi un occhiolino, afferrandomi per un polso e trascinandomi via, verso i bagni.
«Cosa vuoi-».
Ashton mi interruppe, poggiando le sue labbra sulle mie. «Mi sei mancato così tanto», ansimò sulle mie labbra, portando le mani sul mio sedere, «Credi che ce la faremmo in tipo... dieci minuti?».
Fu come se un allarme mi suonasse in testa. Non farlo, mi ripeteva il cervello, non farlo! Impazzirai!
E diamine, se aveva ragione. La minima interazione con Ashton mi faceva sentire come se sarei morto di infarto, figurarci una sveltina in un bagno dell'università, a due minuti dai miei genitori e da mia sorella! E il grandissimo problema era che trovavo questa situazione tanto rischiosa così eccitante...
Quando pensi di aver toccato davvero il fondo arriva sempre qualcosa che ti spinge più giù, per così dire.
«Stasera, Ash, dai», gemetti, cercando di allontanarlo mentre mi baciava il collo ma sapendo che avrei ceduto. Ormai l'andazzo era quello.
«Non posso aspettare più... ti sto aspettando da così tanto...», protestò Ashton a mezza voce, avvicinando le labbra al mio orecchio, «Dai, lasciati andare per me, Calum».
E non avrei voluto davvero farlo, ma sono sempre stato una persona debole, e ciò che provavo per Ashton non contribuiva affatto alla causa. Lasciai che Ashton mi scopasse lì, in fretta, nel cubicolo di uno squallido bagno dell'università, con il rischio che qualcuno - tipo i miei genitori o peggio, mia sorella - avesse potuto scoprirci. Era dannatamente sbagliato, ma dannatamente giusto allo stesso tempo. Ero nel momento e nel posto sbagliato, ma con la persona giusta, e la cosa era spaventosa.
«Se qualcuno ci guarda male è colpa tua», avvertii Ashton, mentre uscivamo dal bagno.
Ashton si leccò le labbra. «Beh, tu eri consenziente quindi è colpa di entrambi», mugugnò, mordendosi il labbro inferiore, «Mmh, stanotte sarai tutto mio».
Roteai gli occhi, senza evitare di arrossire mentre raggiungevamo i miei genitori. Mia madre mi guardò confusa. «Dove siete finiti?», mi chiese, curiosa.
Feci spallucce. «Siamo andati a fare un giro».
«Oh... comunque, hai visto tua sorella? Non la trovo da nessuna parte».
«No-».
«CALUM THOMAS HOOD!», strillò mia sorella, interrompendoci, «Guarda chi ho trovato!».
Mi voltai, scorgendo Mali Koa e... Luke attaccato al suo braccio, che mi guardava sorridendo timido.
Luke! Luke è qui!
Quasi non ci capivo più niente, mentre correvo ad abbracciare il mio migliore amico. Luke non esitò a ricambiare, avvolgendo le sue esili braccia attorno a me. Mi sembrava più magro dall'ultima volta che l'avevo visto, ma decisi di preoccuparmene dopo - Luke era qui e questo era l'importante.
«Dio santo, quanto mi sei mancato», sospirai, affondando la testa nel suo petto. Sì, era decisamente dimagrito.
«Anche tu, Cal».
Restammo abbracciati per una manciata buona di minuti, almeno finché Mali Koa non iniziò a reclamare il suo abbraccio con Luke e a lamentarsi che glielo stessi consumando.
Afferrai una mano di Luke, notando che sembrasse troppo più piccola del normale mentre lo trascinavo dai miei genitori e da Ashton, che lo guardava con aria truce da quando avevamo notato la sua presenza.
Mia madre subito abbracciò Luke. «Luke! È da così tanto tempo che non ci vediamo! Sei... Uh, decisamente cambiato un po' dall'ultima volta che sei stato da noi», notò mia madre con sguardo critico mentre si staccava da Luke.
Il biondo fece spallucce, arrossendo leggermente. «Uh... Secondo me sono piuttosto normale. Forse ho perso un po' di peso a causa dello stress», mugugnò, grattandosi la nuca, mentendo spudoratamente.
Ero sicuro che qualcosa non andasse, ma cosa...?
«Già, la scuola può essere piuttosto stressante - hai davvero bisogno di un po' di ciccia su quelle ossa però. Calum, perché non lo fai venire più a casa?», mi chiese mia madre, accusatoria.
Alzai le mani. «Siamo stati tutti e due impegnati», giustificai entrambi, facendo uno sguardo eloquente a Luke. No, non era finita lì. Potevo anche lasciar correre per adesso, perché vedere Luke mi bastava ed ero già abbastanza nervoso per mettermi a litigare con lui, ma dopo avremmo parlato di sicuro e Luke non avrebbe potuto fare niente per scappare.
Luke fece vagare i suoi occhi dietro di me, in direzione di Ashton. Si morse un labbro. «H-hey, Ash», lo salutò, facendo un cenno timido con la mano.
Ashton quasi sbuffò, incrociando le braccia al petto. «Ciao», lo salutò freddamente, senza neanche guardarlo in faccia. Sbuffai; era dannatamente ovvio che avrebbe fatto così.
Luke si morse nuovamente il labbro inferiore, mugugnando qualcosa di incomprensibile mentre abbassava la testa.
Feci un'occhiataccia ad Ashton. «Ash, puoi venire un secondo con me? Ho bisogno di parlarti di una cosa», sbottai, afferrandolo per un polso e trascinando il mio amico via, in un posto piuttosto tranquillo dove potergli dare addosso - al diavolo il dover stare calmo, odiavo il modo in cui stava trattando Luke.
«Che vuoi?», mi chiese Ashton, incrociando le braccia al petto.
Alzai gli occhi al cielo. «Ti sembra il modo di trattare una persona, quello?».
«Perfetto, è arrivata la squadra protezione Luke Hemmings», sbottò sarcastico Ashton, «Penso di poter trattare le persone come voglio, soprattutto quelle che mi hanno fatto un torto».
«Quelle che ti hanno fatto un torto? Ma ti senti quando parli?!», esclamai, totalmente scioccato dalle sue parole, «Luke non ti ha fatto niente! Ha ferito il tuo migliore amico, okay, ma questo non ti da il diritto di prendertela con lui come se la cosa fosse successa a te!».
Ashton scosse la testa. «Tu non capisci, Michael-».
Lo interruppi. «Michael era depresso, si tagliava, lo so. Cazzo se lo so! È l'unica cosa di cui ho parlato con Luke negli ultimi sei fottutissimi anni! Sai che ti dico? Michael non è l'unico ad essere stato deluso da una delle persone su cui contava di più! Sai come si è sentito ad essere chiamato in quei modi orribili da te?! Per quale fottuto motivo, poi?!», sbottai, completamente rosso in viso a causa della rabbia.
Ashton deglutì. «Lui ha davvero ferito Michael», si giustificò.
«Ciò non ti da il diritto di ferire lui! È una cosa che dovrebbero vedersi Michael e Luke, una cosa che riguarda solo loro due, tu non c'entri un cazzo e non ti saresti dovuto immischiare con i tuoi modi di maestrino del cazzo!».
«Ah, così sarei un maestrino del cazzo?!».
Mi accorsi di aver parlato a vanvera come mio solito. «No, non lo sei-».
«Calum, dovresti andare. Stanno per iniziare», annunciò Mali, interrompendo il mio litigio con Ashtob.
Annuii a mia sorella, facendo per andare a sedermi con gli altri laureandi, quando una mano mi afferrò per un polso. Mi voltai, trovandomi Ashton davanti.
«Tra me e te non è finita», sbottò lui, «Ne riparliamo dopo».
Roteai gli occhi, strattonando il mio braccio dalla presa di Ashton. «Certamente», sbuffai, andandomi a sedere.
Sospirai frustrato. Ma con tutte le persone che esistono al mondo, per forza di lui dovevo innamorarmi?
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Nonostante fossi nervoso come non mai a causa del mio litigio interrotto con Ashton, riuscii a discutere la tesi di laurea senza farmi prendere dal panico, nonostante la mia testa fosse completamente distaccata. Pensavo a Luke, ai motivi per il quale fosse così magro, ad Ashton, al suo odio senza motivo per Luke. Dopo aver finito qui avrei dovuto parlare - e litigare di sicuro - con entrambi. Diciamo che non aspettavo quel momento per niente.
In quel momento ero seduto con i miei genitori, tra Luke ed Ashton, mentre aspettavo gli esiti finali. Mi tremavano le mani ed ero fottutamente nervoso.
«Sei nervoso?», mi chiese Ashton, sospirando nel mio orecchio.
Annuii. «Ci manca poco e me la faccio sotto», dissi, forse un po' troppo ad alta voce perché Luke scoppiò a ridere. Arrossii.
«Dai, che se sei andato bene stasera ti faccio un regalo».
Mi voltai verso Ashton. «Che genere di regalo?», chiesi cauto, notando la luce maliziosa negli occhi di Ashton.
«Qualcosa che ti piacerà molto, credimi».
Alzai un sopracciglio, capendo subito dove volesse andare a parare. «Non credere che una scopata possa farmi cambiare idea riguardo al finire la nostra discussione di prima».
Ashton avrebbe ribattuto, se non fosse stato per il rettore dell'Università che cominciava a dire i voti di tutti. Mi alzai, raggiungendo i ragazzi che si erano laureati con me, aspettando il mio voto con impazienza. Ero convinto di essere andato bene, non benissimo, ma ero comunque soddisfatto di me stesso.
«Calum Hood... 110 e lode».
Per un secondo fu come se il tempo si fosse fermato. Non riuscivo a capirci più niente, poi mia madre mi stritolò in un abbraccio spaccaossa, in lacrime, e realizzai. Avevo preso 110 e lode. 110 e lode!
Dopo i vari abbracci, lacrime a non finire, e varie foto con i miei familiari, decisi che era ora di parlare con Luke. Quindi, lo afferrai per un polso e lo trascinai con me fuori dall'università con la scusa che dovevo fumare (che poi, era in parte verità: avevo bisogno di una sigaretta da quando avevo messo piede lì).
Usciti fuori, estrassi il pacchetto dalla mia tasca, prendendo una sigaretta che mi portai subito alle labbra. Luke mi guardò scettico per tutto il tempo.
«Quindi fumi per davvero», disse, dopo qualche istante di silenzio, «Pensavo ti servisse solo la scusa per uscire».
Feci spallucce, sbuffando via il fumo. «Perché avrei dovuto trovare una scusa per uscire?».
«Uhm... Hai ragione. Tua madre non dice niente sul fumo?».
«Perché dovrebbe? Ho ventiquattro anni, posso fare ciò che voglio», borbottai, facendo ridere Luke.
«Sembri proprio un adolescente che crede di poter governare il mondo perché ha compiuto diciotto anni», ridacchiò.
Mi imbronciai, tuttavia unendomi alle risate di Luke. «Hey, non è vero!».
Tornammo in silenzio per qualche minuto; giusto il tempo di finire la mia sigaretta e sarei partito all'attacco.
Ripresi a parlare proprio quando gettai il mozzicone per terra, calpestandolo sotto la suola della scarpa. «Allora, vuoi spiegarmi per quale motivo sei dimagrito così tanto dall'ultima volta che ci siamo visti?».
Luke si morse il labbro inferiore, facendo un passo indietro. «L'ho già detto a tua madre», borbottò, arrossendo, «Sono stressato, la scuola-».
Lo interruppi. «Non ci provare neanche, lo so che non segui i corsi all'università da un mese», sbottai, «C'è qualcosa che non va, Luke, lo so. Perché non vuoi dirmelo?!».
«Perché non c'è niente che non va! È tutto a posto, perché non mi credi?!».
«Perché te lo si legge in faccia! Sei dimagrito, hai le occhiaie e i capelli in disordine, sembri non sorridere da mesi. Puoi nascondere a chiunque come ti senti, ma non a me. Sono il tuo migliore amico per un motivo, no?», esclamai, abbassando considerevolmente la voce mentre afferravo la mano destra di Luke, che tremava leggermente. I miei genitori, Mali ed Ashton ci avevano appena raggiunti.
«Non posso dirti perché sono triste, ecco».
«Perché?».
Passarono dei secondi di totale silenzio, finché non sentimmo qualcuno gridare «Luke!» a due, tre passi da noi.
Io e Luke ci voltammo all'unisono; fissai perplesso il ragazzo dai capelli biondi e ricci che si era avvicinato a noi mentre Luke mugolava un «Mark...» con voce sommessa e vagamente spaventata. Era completamente pallido in viso.
Mark? Allora era lui, il fidanzato di Luke? Però, era carino... Aveva un po' un aspetto da pazzoide ma si poteva considerare, dai.
«Finalmente ti ho trovato», sbottò, afferrando Luke per un braccio e strattonandolo via da me, «Ti ho cercato dappertutto, Lukey», aggiunse, stampando un bacio sulle labbra del mio migliore amico.
Il colorito della pelle di Luke mi sembrò cadaverico mentre si staccava dalla presa del suo ragazzo. «È-è tutto a posto Mark, vedi, Cal discuteva la-».
Mark interruppe Luke, baciandolo di nuovo. «Va tutto bene Lukey, adesso però vieni a casa con me. È stato bello conoscerti, Calum», disse frettoloso, prima di allontanarsi con Luke alle calcagna. Il biondo si voltò, lanciandomi un'occhiata di scuse che ricambiai con un profondo cipiglio.
Sospirai. Quel ragazzo era strano forte... Forse non aveva solo l'aspetto da pazzo, era pazzo sul serio. E Luke non mi era sembrato felice di vederlo. Conoscendo Luke da anni, ormai capisco benissimo i suoi stati d'animo - meglio di quanto capisca i miei, su questo non ho dubbi - e mi era sembrato seccato, di malumore appena aveva visto Mark venirgli incontro con quell'aria cupa attorno a lui. Peggio ancora: Luke mi era sembrato spaventato, e ciò, dovevo ammetterlo, aveva spaventato anche me. E mi aveva confuso: vedere la persona che ami non dovrebbe provocarti queste sensazioni, no? Va bene che di amore ne so poco e niente, ma... Luke non avrebbe dovuto sentirsi di malumore, seccato e spaventato insieme, se quel ragazzo lo faceva stare bene... Forse la verità che si celava dietro era più complicata di quel che sembrasse.
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«Te l'ho detto Ash, risolvo questa cosa con Luke e poi vengo da te», borbottai nel telefono, fissando il portone del palazzo dove Luke abitava da quasi quattro anni. L'avevo aiutato io a traslocare.
«Ma Cal, ho il tuo regalo che ti aspetta qui», piagnucolò Ashton, «Rimanda Luke a domani e vieni da me».
Scossi la testa, nonostante la proposta mi allettasse. Beh, chiunque preferirebbe del sesso magnifico ad una litigata con il proprio migliore amico... Ma Luke era la priorità. «Ash, devo parlare con Luke. Insomma, tu c'eri, l'hai visto quel Mark?».
«Ugh, già. Viscido fino all'ultimo. Forse è meglio che parli con Luke, mi era sembrato un po' scosso a vedere quel ragazzo... Ma fa presto, voglio il tuo bellissimo culo».
Alzai gli occhi al cielo. «Il tempo di capire la faccenda e sarò tutto tuo, tranquillo».
«Mmh, non vedo l'ora... A dopo Cal», disse, prima di staccare.
Sospirai, infilandomi il telefono in tasca ed uscendo dall'auto. Mentre raggiungevo il palazzo, notai Mark uscire dal portone piangendo. Cercai di non farmi notare mentre gli passavo accanto, chiedendomi il perché di quel pianto. Beh, lo chiederò a Luke quando sarò salito sopra.
Come al solito l'ascensore non funzionava. Sbuffai mentre salivo le scale, a passo non proprio lento. Dovevo ammettere che vedere Mark che usciva piangendo mi aveva insospettito e spaventato un po', per non so quali motivi. Ma avevo una sensazione nello stomaco che non me la contava giusta. Avevo il presentimento che stesse accadendo qualcosa di sbagliato, e che riguardasse proprio Luke e Mark. Di solito il mio istinto è infallibile... Spero che almeno stavolta si sbagli.
Arrivai alla porta del 2B con il fiatone, dato dal mio passo accelerato sulle scale e dal fatto che ormai non avessi più i polmoni per una cosa del genere. Avrei dovuto smettere di fumare al più presto - o diminuire il numero di sigarette che fumavo al giorno.
Lasciai stare i pensieri sul mio vizio mentre bussavo alla porta. Di solito Luke apriva subito, ma dopo un minuto di attesa, non lo fece. Bussai un'altra volta prima che ricordassi della chiave di riserva nascosta nel portaombrelli accanto alla sua porta. Dopo aver pescato la chiave mi accinsi ad infilarla nella serratura, scoprendo con orrore che la porta era già aperta. Con il cuore che batteva a mille, la spalancai del tutto, sentendomi quasi morire alla vista che mi si presentò davanti agli occhi.
***
[A/N] Stavo aspettando di postare questo capitolo come la pioggia durante la siccità. Sembro melodrammatica, ma sul serio non vedevo l'ora AHAHAHAH
Questo capitolo segna l'inizio dei drammi per Calum ed Ashton, sì. Per di più devo riscrivere di Luke daccapo - è qualcosa di straziante. Se avete letto just saying, sapete di che parlo. Se non l'avete letta non preoccupatevi, spiegherò comunque tutto nel prossimo capitolo.
A sabato! ♥
PS: volevo ringraziarvi per il supporto (?) Che state dando a questa storia. Siamo solo al sesto capitolo ed è già arrivata a 106 voti e 50 commenti, per non parlare delle visualizzazioni (che al momento non ricordo, duh). Davvero, grazie mille :')
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