Perché?
L'ennesimo conato di vomito mi scosse da capo a piedi e riversai quel poco che ero riuscita a mangiare nel piccolo bagno collegato alla mia camera da letto. Cercai di regolarizzare il respiro e di non pensare al forte bruciore alla gola, ma sentii di nuovo i succhi gastrici salire e mi lasciai andare di nuovo. Ero talmente vuota che vomitai solo un po' di liquido.
Riuscii a riprendermi cinque minuti dopo e mi sciacquai più volte la bocca, troppo disgustata dal saporaccio che mi era rimasto.
Ero senza farmaci da appena 9 ore e già la situazione non era piacevole.
Prima avevo iniziato con la debolezza, poi coi tremori e infine col vomito. Non ero mai arrivata ad avere effetti collaterali così avanzati, in quanto massimo avevo saltato di tre ore. La situazione era nuova per me.
Mi buttai sul letto, riflettendo sulle mie decisioni.
Quello che stavo facendo era davvero pericoloso, ma ero abbastanza intelligente da capire che in caso di ulteriori evoluzioni avrei dovuto smettere immediatamente di temporeggiare e dire la verità ai miei genitori.
Il cellulare vibrò e si illuminò, segnalandomi l'arrivo di un nuovo sms. Sbirciai lo schermo da dove ero distesa.
Da: Broccolino
"Come procede? Tutto bene?"
Sorrisi davanti a tanta premura e afferrai il cellulare, iniziando a digitare velocemente una risposta.
A: Broccolino
"Per fortuna tutto bene al momento. In caso di sviluppi ti farò sapere.
Come sta andando la tua serata? Hai finito i compiti di matematica?"
Mi sentivo la persona peggiore del mondo a mentire al mio migliore amico, ma non avevo altre alternative. A scuola ero stata molto brava a fingermi in perfetta salute e dovevo continuare a reggere la falsa il più possibile.
Non ero mai andata oltre le tre ore e speravo in qualche miracolo, forse i sintomi si sarebbero placati.
Il telefono trillò di nuovo pochi secondi dopo
Da: Broccolino
"Stavo guardando il notiziario. Lo sai che All Might oggi ha sgominato una rapina e salvato 23 ostaggi? È incredibile, vorrei essere come lui!
P.s. Li finirò domani mattina prima di andare a scuola. Non mi escono due esercizi"
Mi battei una mano sulla fronte per la sua risposta e per la sua innocenza.
A: Broccolino
"Lo so che in realtà non li hai nemmeno iniziati per vedere il telegiornale. Come so che domani mattina te ne pentirai amaramente ;)
Adesso vado a dormire. Buonanotte testa a broccolo, ci vediamo domani mattina davanti ai cancelli."
Posai il cellulare sul comodino e mi addormentai quasi subito, stremata dagli effetti avversi della giornata.
Quando mi destai la suoneria che annunciava l'ora di alzarsi pompava a tutto volume. Avevo scelto una canzone che detestavo, così da essere obbligata ad alzarmi per spegnerla.
Mi tirai giù dal letto sospettosa e sorrisi raggiante quando notai un importante particolare: ero in perfetta salute.
Più fiduciosa verso i sei giorni che mi restavano spensi la sveglia e per la prima volta iniziai una giornata scolastica piena di allegria e buone intenzioni, cosa che mai succedeva.
Scivolai nella mia divisa scolastica accuratamente stirata, dopo una bella doccia rinfrescante, e scesi giù a fare colazione.
<<Buongiorno. Hai preso le tue medicine?>> mi domandò mia madre, preparata a puntino per recarsi nell'agenzia di supereroi che gestiva insieme a mio padre.
Il fato mi aveva voluta come figlia di due eroi molto famosi. Fly flash, con il dono del volo e quello di poter lanciare raggi laser dagli occhi e Natural lady, capace di controllare la terra e la natura in generale.
Questo mi ricopriva ancora più di vergogna. Era il colmo essere figlia di due eroi famosi ed essere una comune mortale senza unicità.
<<Sì, mamma. Le ho prese le medicine, come tutte le mattine>> mentii spudoratamente, iniziando a mangiare la colazione che aveva preparato per me.
Lei mi sorrise e come tutti i giorni si avvicinò alla foto del suo defunto fratello gemello, morto in gioventù in circostanze misteriose. Non parlava mai di lui, ma non mancava mai di dedicargli le sue preghiere ogni mattina.
Mio padre arrivò proprio in quel momento e baciò prima me sulla testa e poi mia madre sulla guancia. Era davvero un genitore e un marito amorevole.
<<Dobbiamo andare, cara. Abbiamo il briefing di inizio mese col personale stamattina>> disse.
<<Allora dovrai volare molto veloce oggi>> le rispose lei, sorridendogli. Il vantaggio di avere un'unicità come quella di mio padre era anche quella di non dover usare mezzi di trasporto per muoversi, in fondo poteva volare.
Mi salutarono e scapparono a lavoro.
<<Eroi>> borbottai io, addentando il mio biscotto.
<<Izu!>> esclamai, balzando al collo del mio migliore amico.
Quella mattina ero particolarmente felice.
Il ragazzo arrossì come peperone davanti al mio insolito slancio di affetto. Era così tenero e innocente.
<<Non vergognarti con me. Siamo migliori amici, no? I nostri genitori ci facevano anche il bagnetto insieme quando eravamo piccoli, ho anche le fot->>
<<Zitta>> disse lui tappandomi la bocca, ancora più rosso di prima.
Scoppiai a ridere sulla sua mano e dopo un po' si unì anche lui, trascinato dalla mia allegria.
Si prese poi qualche secondo per fissarmi dalla testa ai piedi, facendomi piegare la testa incuriosita. Soprattutto quando poi lui si aprì di nuovo in un enorme sorriso.
<<Vedo che stai bene. Effetti collaterali?>>
<<In verità mi sento rinata. Insomma... guardami, mi sento benissimo>> dissi onestamente.
Le disavventure della sera prima sembravano lontane anni luce.
Fece per ribattere, ma quattro figure presero a farci ombra e ci voltammo in quella direzione incuriositi.
Mia Terumi e le tre ragazze della mattina prima troneggiavano davanti a noi con aria decisa. Prevedendo l'ennesimo attacco offensivo nei nostri confronti feci un passo avanti, ma la capobanda mi fermò con un gesto della mano.
<<Aspetta! Non siamo qui per piantar grane>> disse lei, facendosi portavoce di tutte <<siamo qui per ringraziarti.>>
<<Esattamente per cosa?>> domandai, assottigliando gli occhi sospettosa.
<<Per averci coperte ieri col professore. Avevi un'occasione per farci espellere e rovinarci la carriera scolastica, eppure non l'hai fatto. Da oggi in poi la nostra classe non vi darà mai più fastidio, l'ho fatto promettere a tutti>> disse lei, guardando altrove per l'imbarazzo.
Doveva essere molto difficile per una persona all'apparenza orgogliosa come lei dire cose del genere.
Dal canto nostro io e Izuku eravamo sbalorditi, tanto che il mio amico fissava la scena con la bocca leggermente dischiusa ed io con gli occhi sgranati.
<<Oh, beh... grazie. Consideriamo tutto risolto>> dissi io, non trovando altre parole da dire.
Le quattro si inchinarono leggermente in segno di rispetto e di congedo e si allontanarono imbarazzate.
<<Chi l'avrebbe mai detto>> disse il mio migliore amico, affiancandomi.
Si stava rivelando una giornata sempre più interessante.
Fare la strada del ritorno era la parte della giornata che più preferivo, soprattutto in primavera. Ne approfittavo per fare il giro largo e pedalare per la città, passando lungo tutti i viali alberati in fiore più belli e caratteristici. Era il mio momento di relax assoluto.
A volte Izuku veniva con me e pedalavamo un po' a turno, dividendoci i ruoli, ma quel giorno aveva preferito tornare diretto a casa per recuperare i compiti arretrati. Un vero peccato.
Andava tutto bene, finché una forte fitta al petto non mi costrinse a fermarmi sul bordo della strada.
Sentivo il cuore battermi a tremila e la testa scoppiare. Arrivò tutto insieme, come un'onda d'urto.
<<Dannazione>> sussurrai tra me e me.
Il tutto durò per diversi secondi e ci misi un po' per ritrovare la forza di tornare sulla mia bicicletta.
Continuai dritta verso casa senza altri problemi per un tempo relativamente lungo, ma la giornata si capovolse proprio quando meno lo credevo.
Trovai la strada bloccata da una folla di persone e mi ritrovai costretta a bloccare la mia bici in una zona riservata per andare a controllare. Fare una strada alternativa avrebbe richiesto davvero troppo tempo e inoltre volevo verificare la natura dell'intoppo.
Quando mi avvicinai alla folla notai tutti col naso all'insù e mi mancò il fiato quando vidi un bambino piangere disperato sul bordo di un cornicione di un alto edificio e con in braccio un gattino.
<<Che sta succedendo?>> domandai al nulla, fiduciosa nella risposta di qualcuno tra la folla.
<<Non so molto, sono arrivato da poco. Ma sembra che quel bambino sia uscito dalla finestrella del suo bagno per aiutare il suo micio rimasto intrappolato sul cornicione, ma che poi per il panico sia rimasto bloccato una volta arrivato a destinazione e capita la situazione>> mi spiegò un ragazzo giovane con indosso una divisa di una scuola superiore vicina.
<<Perché non c'è ancora nessun Hero?>> domandai stupita.
<<È appena successo e ancora deve arrivare qualcuno. L'unica finestra che porta lì è troppo piccola e nessuno riesce a passare per recuperare il bambino>> continuò.
Feci un quadro veloce della situazione e trovai tutto proprio come descritto dal ragazzo.
La cosa che più che colpì fu vedere la madre del bambino sporgere dalla piccola finestra, mentre piangeva e implorava il suo bambino di stare fermo lì ad aspettare gli aiuti.
Non sentivo con chiarezza le sue parole, data la distanza, ma si poteva intuire dai gesti che faceva.
La scena era davvero straziante.
Sgomitando leggermente riuscii ad arrivare in prima fila, dove qualche poliziotto si impegnava a tenere indietro la folla. Probabilmente per paura che il bambino, cadendo, potesse ferire anche possibili persone sotto. La prospettiva era terribile.
Ad assistere alla scena c'era davvero di tutto. Dal bambino che guardava sconvolto, ai reporter televisivi che filmavano tutto commentando con enfasi. Probabilmente il filmato sarebbe stato trasmesso sulla rete locale.
Successe tutto in un attimo. Un secondo prima il bambino stava stringendo, piangendo, il suo amico peloso e un secondo dopo stava precipitando al suolo a causa di una perdita di equilibrio.
Vidi e sentii tutto al rallentatore. L'espressione sbigottita sulla faccia del bimbo, le urla di paura delle persone attorno a me, il grido disperato della madre che vedeva il suo piccolo andare incontro alla morte, il mio cuore battere come impazzito, le mie gambe muoversi e le mie braccia spintonare l'agente che mi impediva di passare.
A guidarmi fu una forza più grande di me, qualcosa di potente e di indefinito.
Non mi resi conto delle mie azioni. Semplicemente dopo qualche istante, paragonabile a qualche battito di ciglia, il bambino e il suo gatto erano sospesi in aria. A meno di mezzo metro dall'asfalto. Mentre io ero ferma come una statua poco più dietro, con le braccia protese verso il cielo e il fiatone.
Il bambino, con ancora il suo gatto stretto al petto, planarono dolcemente a terra. Entrambi sconvolti e impauriti, ma salvi.
La folla dietro non fiatava e regnava un silenzio abbastanza intenso da rendere possibile sentire il rumore di una foglia cadere.
Il boato di gioia esplose con qualche secondo di ritardo. I poliziotti corsero dal bambino, la madre sparì dalla finestrella e i reporter si fiondarono su di me come avvoltoi.
<<Perché non ti sei fatta avanti prima?>>
<<Come ti chiami?>>
<<In cosa consiste la tua unicità?>>
<<Frequenti le medie, vero?>>
<<Hai qualche dichiarazione?>>
Le domande mi piombarono addosso come un fiume di acqua gelata, ma io mi sentivo come dentro una bolla.
Restai semplicemente ferma a fissare tremante le mie mani. Le stesse mani che avevano appena compiuto un miracolo.
Ero stata davvero io?
Era l'unica domanda che mi vorticava in testa.
Tornai leggermente alla realtà solo quando la madre del piccolo si buttò piangendo a singhiozzi sul corpicino incredulo del suo bambino, tempestandolo di baci e stringendolo forte al suo petto. Le sue attenzioni poi si rivolsero a me e si buttò tra le mie braccia con la stessa intensità, mischiata al sollievo più profondo.
<<Grazie, grazie, grazie>> continuò a dire, stringendosi forte a me <<grazie per aver salvato il mio piccolo Momoki.>>
Tutto il resto è un ricordo confuso.
TADAN
Come mi sento diabolica a fare certe uscite *ride perfidamente*
Non so mai cosa scrivere nello spazio autrice. Come fanno le altre persone a scrivere robe più lunghe del capitolo stesso? INSEGNATEMI.
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