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Il film preferito

È da un po' che non scrivo qui ma, probabilmente, è perché niente di sensazionale era ancora capitato.
Ma ieri è successo. Ieri c'è stato il momento di sensazionale e quello che mi ha fatto venire voglia di scrivere perché le mie emozioni potessero essere gelosamente custodite tra le mie parole.
Era il compleanno di uno dei miei migliori amici, ieri. Lui, di noi, è sempre il primo a compiere gli anni.
7 gennaio 1998.
Siamo andati nella birreria della nostra città che, d'estate è anche figa nonostante la zona di merda ma, d'inverno, c'è sempre freddo e non ci sono neanche i musicisti che organizzano concerti lì davanti. E, lasciatevelo dire, com'era triste la birreria in una sera d'inverno, inizialmente lo eravamo anche noi.
Chissà perché, ma non partiva nessun reale discorso. Niente che potesse portare a far collidere due mondi che, normalmente, sarebbero stati belli separati. Il nostro -come suoi amici dai tempi delle superiori- ed il loro -come amici della facoltà di medicina-.
E poi, non ho idea di come, c'è stata la svolta. Sono arrivati in branco, con le voci e le risate che si sentivano dall'inizio della via.
Erano un altro mondo.
Il mondo di quelli che vogliono sfondare nella musica o nel cinema. Il mondo dei ragazzi che mettono gli occhiali da vista finti, i drum tra le labbra, le pellicce e le calze alte con le righe.
Di quelli che hanno il bel profilo di Instagram, che pogano in discoteca e che ascoltano e fanno trap.
Quando il mondo della medicina se n'è andato, loro sono venuti a sedersi con noi. Si sono abbracciati come se non si vedessero da giorni anche se ci eravamo visti tutti soltanto il giorno prima.
Ed abbiamo chiacchierato.
Talmente a lungo da non sentire più il freddo, stretta nel cappotto nero che ho tanta voglia di cambiarmi. Abbiamo parlato con un barbone che si fa chiamare Barabba ed al quale hanno deciso di offrire una birra.
E lui ci ha parlato in italiano col suo accento romano, in inglese, in spagnolo. E ci ha raccontato dei posti dove ha vissuto. Della ragazza che aveva quando aveva diciotto anni, facendomi chiedere cos'è che l'avesse spinto a dormire per strada; ma, alla fine, neanche io e la mia faccia culo potevamo essere indiscrete fino a quel punto.
Eravamo seduti attorno ad un tavolo troppo basso per le panche in legno sulle quali eravamo. Eravamo seduti a bere, passarci le sigarette e le canne che, nonostante l'odore mi dia normalmente fastidio, in quel momento neanche ci ho pensato.
Ero lì, con due persone che conoscevo perfettamente, altre due che iniziavo a conoscere meglio ed altre otto che, invece non conoscevo affatto ma con le quali ho parlato comunque.
Ci ho proprio scherzato.
Riso, aggrappandomi alle loro braccia quando buttavo indietro la schiena per l'ilarità o battendoci il pugno se ci trovavamo d'accordo su qualcosa.
Abbiamo parlato di città, con Barabba al centro che professava "gli occhi sono lo specchio dell'anima" facendomi sorridere. Abbiamo parlato d'amore, di sesso e poi abbiamo parlato di noi. Ma, quello per poco perché, durante una notte così, fredda e piena di stelle, con un barbone che tiene banco, cerchi di parlare di te il meno possibile.
Vuoi distrarti, vuoi vivere attraverso gli occhi di qualcun altro e col cuore più leggero quindi, la tua merda, almeno per un po', la lasci da parte.
E voglio parlarvi anche della nostra corsa.
Della corsa per sfuggire a Barabba che voleva un abbraccio e chissà quando ci avrebbe lasciato in pace adesso che aveva trovato qualcuno con cui parlare.
Della nostra corsa tra dei vicoli che normalmente mi avrebbero fatto paura ma che, in quel momento, stringendo tra le dita il regalo che avevamo fatto al festeggiato, mi facevano soltanto ridere.
Ed ho corso nonostante il fiato corto perché sono anni che non faccio seriamente attività fisica e le DMs che sembravano troppo pesanti in quel momento e mi facevano venir paura di cadere.
Ed ho corso, ridendo, col petto che bruciava, guardando i superstiti della serata davanti a me, che gridavano solo per il gusto di farlo, che si buttavano le birre addosso.
Uno è anche caduto.
È rotolato a terra e noi siamo solo riusciti a ridere mentre lui si rialzava e, anche in quel momento (come se non avessimo già fatto abbastanza dentro la birreria) esistevamo solo noi. Noi e le nostre risate e le magliette che puzzavano di birra. E le parolacce ed il fiato pesante ed i regali che non erano chiusi bene per niente.
E vi parlo della nostra corsa e della nostra serata perché era un momento che non riuscirebbero a ritrarre come si deve neanche nei film.
Perché, in quel momento, eravamo il gruppo peggio assortito di tutti i gruppi peggio assortiti e, forse è stato per questo che abbiamo funzionato così bene. Perché, a farlo a posta, ad organizzarlo, non riesci ad avere emozioni del genere. Non ce la fai proprio ed è tutto perfetto così. Perfetto nella mia memoria.
E perfetti noi nella realtà, in quella notte gelida di stelle luminose che ridevamo, fregandocene del mondo attorno a noi.
E, ci ho proprio pensato convinta che, se fossi morta in quel momento, non mi sarebbe poi dispiaciuto così tanto.
Perché, in quel momento, in quell'istante, noi eravamo il film più bello che avessi mai visto. Di quel film che ti lasciano senza fiato ed un senso di vuoto quando finiscono e tu resti per ore a guardare i titoli di coda con gli occhi spalancati, chiedendoti se proverai più qualcosa del genere.
Vi parlo della nostra corsa perché eravamo vivi. La rappresentazione più bella di infinito.
Il raggiungimento migliore di noumeno che avrei mai potuto chiedere.
Vi parlo della nostra corsa perché mi auguro di poter vivere un altro momento del genere. Dove tutto scorre perfettamente come le mie dita sullo schermo del telefono. Dove tutto è perfetto esattamente così com'è ed a te non verrebbe voglia di cambiare anche una sola virgola.
Vi parlo della nostra corsa perché è uno dei tanti episodi che racconterei ai miei figli, seduti a tavola per cena. Glielo racconterei con un bel sorriso sul volto ed il cuore gonfio delle stesse emozioni di quando l'ho vissuto.
E vi parlo della nostra corsa perché, mi auguro che quando lo racconterò, ci siano le persone con cui ho vissuto tutto questo. Almeno un paio. Almeno abbastanza da poter ricordare con me qualcosa che mi è sfuggito. Almeno abbastanza da formare la più bella colonna sonora di risate.
E vi parlo della nostra corsa perché la auguro anche a voi. Perché auguro anche a voi di sentirvi perfetti anche solo per qualche minuto. Di pensare che, in quel momento, andrebbe bene morire perché stai talmente bene che non potresti più desiderare nient'altro.
Di vivere. Di farlo talmente pienamente che quando torni a casa, avvolta nella calma della notte, non puoi fare altro che sorridere.
Perché ti rendi conto che, seppur per poco, tu sei stata il film preferito di qualcuno.
Il tuo.

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