Capitolo 2
Ella era priva di sensi, ma sembrava che le palpebre iniziassero a muoversi. Circa sui quattordici anni, abbastanza carina. I capelli biondi che si scurivano verso la fine erano così luminosi che sembravano catturare tutti i colori che il grigio del cielo e della nebbia risucchiava egoista. Addosso aveva una maglia dal tessuto insolito, simile a quella che Mikkel metteva i giorni in cui affermava di sentirsi nostalgico. Su tutto il corpo, fradicio, come se fosse reduce di un naufragio, erano appiccicate scie di granelli di sabbia. Le curve sinuose si alzavano e si abbassavano cadenzatamente, segno che era ancora viva. E anche per forza. Lynn le si avvicinò e le sollevò il capo adagiato sulla fredda spiaggia. La ragazza stava tremando, lo percepiva nettamente, ma non sapeva cosa fare a riguardo.
- Ehi! - la chiamò.
Non rispose e così la chiamò altre due volte, ma inutilmente, perché la bocca della ragazza si ostinò a rimanere chiusa. All'improvviso un colpo di tosse la animò e Lynn vide la nuca di lei sporca di sabbia. Prese un lembo della sua maglia e glielo strofinò contro i capelli, così togliendole quella sostanza granulosa giallo ocra.
Le stette per chiedere: "Come stai?" in inglese, o in Aruan, ma si ricordò che in quella regione del Regno di Vnasj si parlava il Flesremu, allora le disse: - Is ta asset?
La giovane aprì gli occhi e rivelò due gemme acquamarina con venature verdi che le trapassavano. Sbatté ripetutamente le palpebre e assunse un'espressione perplessa. Fece cenno di no con il capo.
- Lu ta asset zal? - continuò Lynn.
Pronunciò qualcosa in una lingua che Lynn aveva già udito. Mikkel ne parlava tante di lingue, e probabilmente era stato lui a fargliela sentire. Poi, forse vedendo che Lynn non la comprendeva, sussurrò: - No, non capisco nulla di quello che dici... -, dipingendo una smorfia di dolore sul grazioso volto.
Parlava proprio inglese. Strano; da quello che avevano detto i Siyew a Lynn, a settentrione poca gente aveva acconsentito a piegarsi ai cambiamenti linguistici attuati dal considerevole afflusso di Itriamuna, e coloro che erano stati più propensi a farlo erano stati persuasi ad accanirsi contro l'inglese dalle loro famiglie tradizionaliste.
E se forse... Lynn non poteva crederci, era impossibile. Da quello che sapeva, non c'era nessun portale nelle vicinanze e i patti stipulati qualche decina di anni prima avevano proibito l'arrivo di altri Itriamuna e obbligato la chiusura di tutti i portali conosciuti e controllati dalla magia bianca. L'unica persona che era entrata senza il permesso dei grandi re di Flesra era stata proprio Mikkel, e da quel momento in poi i re si erano fatti più accorti, in modo che non succedessero altre sviste del genere. Eppure Lynn sentì un forte legame che la legava a quella ragazza, un legame che aveva già sentito in precedenza con il maestro Mikkel.
Poi rimembrò ciò che le aveva detto il maestro poco prima di lasciare Bhien per il suo ultimo viaggio. Come se avesse conosciuto la sua sorte e avesse voluto impartirle l'insegnamento definitivo, come se fosse stato preda di un presentimento, le aveva detto: - Se mai incontrerai una creatura proveniente da un altro mondo - aveva sempre odiato il nome Itriamuna, - ricordati che la sua magia, inizialmente, rimarrà nel limbo dei portali e quindi sarà confusa. La base della lama della tua arma si illuminerà, allora, così da metterti in allarme. Ricordati che l'unico modo per individuare uno di loro, o meglio di noi, è questo. Questo e solo questo.
Guardò la base della lama e notò con evidente sbalordimento che stava brillando. La luce, una lingua luminosa, raggiungeva la prima incisione nell'antico alfabeto Flesremu e poi si spegneva. Lynn era stupefatta: era come se il mondo avesse ristabilito l'equilibrio perduto con la morte di Mikkel.
- Da dove vieni? - le domandò, dopo aver deciso di sincerarsene anche tramite le parole di lei.
- Da Akureyri - rispose lei, massaggiandosi le tempie.
- Akurey... e dove sarebbe?
La ragazza rise debolmente, stringendo gli occhi forse per smorzare un dolore, con tutta probabilità un mal di testa.
- In Islanda, dove sennò?
Lynn la scrutò. Non si accorse nemmeno che il suo viso esprimeva un'enorme perplessità, ma lo capì quando la stessa cosa apparve su quello della giovane.
- Perché siamo ancora in Islanda, vero? - soggiunse l'altra; la voce tremolante.
Lynn scosse il capo. - Siamo nel Regno di Vnasj, in uno dei punti più settentrionali di Flesra. - La vide rabbrividire e allora le chiese: - Non è che vestita così hai freddo?
Lynn aveva una giacca che la proteggeva dal gelo, che galoppava nell'aria e assediava chiunque. La ragazza, al contrario, aveva solamente quella strana maglia che Lynn aveva notato all'inizio. Lei annuì, ma Lynn intuì che non era la cosa più importante al momento.
- Come hai detto che si chiama questo posto? - fece l'altra.
- Flesra - rispose Lynn. - C'è qualcosa che non va?
La ragazza proruppe in una risata, che sfociò in una serie di colpi di tosse.
- Tutto questo è abbastanza improbabile - affermò lei con una sorta di sicurezza che, però, diminuì verso la fine. - Flesra è il mondo delle storie che mio padre mi raccontava da piccola.
Flesra? Lynn si riscoprì confusa. Perché qualcuno che conosceva Flesra avrebbe dovuto spezzare il giuramento che ogni abitante faceva al raggiungimento dei dieci anni d'età? Si ricordava ancora bene il suo: fatto in ritardo per via dei numerosi uomini che la cercavano, ma comunque fatto. Nulla di difficile, se non per l'accettazione di ciò in cui si incorreva se lo si spezzava: nel caso in cui si fosse raccontato di Flesra a qualcuno di un altro mondo, in un altro mondo e senza averne il permesso, una potentissima magia intermedia si sarebbe attivata e una malattia terminale avrebbe attaccato l'interessato, facendolo morire di strazi e lamenti in pochi giorni.
- E tuo padre è ancora vivo? - le chiese Lynn.
- Sì, ovvio che è vivo... ma, per favore, smettila di prenderti gioco di me! Sarai sicuramente un'amica di Isadora...
- Isachi? - disse di rimando Lynn.
- Dai, lo sai di chi sto parlando! Io sono Linda, probabilmente il tuo obiettivo era qualcun altro.
- Linda, io non conosco nessuna...
Lynn smise improvvisamente di parlare. Un alone scuro di nubi scese dal cielo e sprofondò nella sabbia, creando una spirale a flusso continuo. Ora una barriera impenetrabile le circondava e Lynn non sapeva cosa fare. Sollevò la spada ricurva e con dispiacere notò che la lama non splendeva più. Si alzò in piedi e lo fece fare anche a Linda, che ci riuscì nonostante le innumerevoli esitazioni. Poi, come un incubo che ritorna all'assalto infestandoti, riecheggiò il tenebroso e malvagio ruggito di Xriphen. In lontananza, ma sempre spaventoso.
- Cos'è stato? Cosa sta succedendo?
- Linda, stai dietro di me.
Lynn si orientò verso il rumore; la spada protesa sempre in quella direzione. Non pensò a nient'altro che a un modo in cui sconfiggere Xriphen. Provò a chiamare mentalmente Dynh, ma lei non le rispose. Dunque gridò: - Dynh, ijefet uj!
Ma ancora nulla. E, considerando che forse non avrebbe avuto alcuna possibilità anche con lei, era spacciata. Eppure, come le avevano insegnato i Siyew e soprattutto Mikkel, si preparò all'inevitabile scontro, con lo stoicismo che contraddistingueva i cavalieri che l'avevano preceduta.
- Ehi, tizia, guardati intorno!
Lynn si accorse di aver socchiuso le palpebre e le riaprì. Si guardò in giro ma non capì a cosa si stesse riferendo Linda.
- Cosa intendi?
- Oddio! - esclamò lei.
Solo allora comprese: le pareti del vortice che le aveva accerchiate si stavano restringendo, condannandole a una morte per stritolamento. Quindi provò a menare alcuni fendenti su di esse, ma pareva che nulla funzionasse. Di colpo tutto si annebbiò e Lynn non riuscì più a vedere chiaramente ciò che aveva attorno. Udì qualche frase pronunciata in mormorii sconnessi, però non afferrò il senso delle parole. Stava scivolando in un oblio senza ritorno, lo sapeva, ma non ci poteva fare niente. Dunque il buio si impossessò di lei.
***
L'odore di incenso che Lynn aveva annusato nella cattedrale le si era effigiato nella mente tanto bene, che ora le sembrava di sentirlo mentre la sua invisibile anima navigava nell'oscurità di quella che lei credeva fosse la morte. Una distesa di nero si srotolava interminabile davanti a lei e nessuno dei passi che Lynn compiva per avvicinarsi all'infinito dava risultati, e il vento le spirava attorno e le smuoveva i capelli. Ma lei non vedeva nulla di tutto ciò. Strano, il regno dei morti. Forse influenzata dalle rappresentazioni nei libri del Popolo Ancestrale, dei Padri dei Popoli, aveva edificato un'idea distorta di cosa si celava al suo interno. Si era sempre immaginata una montagna trapunta di gole dalle forme più disparate, dove il fuoco arde e si mostra nelle sue potenti vampate, dove i sudditi del Nyccra si prestano alla castigazione eterna di chi non ha rispettato la Religione dei Fiori. Per lei, i fiori erano soltanto mezzi di trasmissione della magia, non incarnazioni di Elmunar nel mondo. E poteva suonare come uno scherzo, dato che stava per diventare cavaliere di coloro che erano i massimi esponenti di quella dottrina. Ma era tutto vero. Probabilmente era questo che l'aveva condannata a vagare in solitudine in eterno.
Eppure Lynn aprì gli occhi. Lo fece lentamente, opponendosi alla forza che glieli avrebbe voluti tenere chiusi, quell'energia impalpabile che si traduceva in un misto di paura e incredulità. Sapeva di essere ancora viva. Ora lo sapeva. Ma non era altrettanto sicura di sapere dove si trovasse. Ad attorniarla aveva una serie continua di tre pareti e un tratto di sbarre che le univa agli estremi. Tra i divisori c'era così poco spazio che forse non ci sarebbe passato neanche un topo. Da dietro di sé proveniva una luce smorta, che filtrava da una finestrella in alto. Acuì lo sguardo e, lì davanti, in una cella identica alla sua, notò Linda accasciata su un pavimento di pietre sconnesse ricoperto con un po' di paglia. Percepì l'irrefrenabile desiderio di tagliare le sbarre in due, ma si accorse di non aver più la propria arma nel fodero. Anzi, non aveva più nemmeno il fodero.
Dei tonfi gravosi risuonarono nell'aria e Lynn sentì il gelo assalirla. Si apprestò a combattere contando solo sulle proprie capacità, mentre il rumore aumentava e tutto iniziava a tremare. Respirò e chiuse gli occhi, così come faceva ogni volta che doveva affrontare una sfida difficile. Ma quella che stava per sopraggiungere era tutt'altro che difficile, lei aveva avuto sin da subito il presentimento che si trattasse di qualcosa che non avrebbe mai potuto fronteggiare ad armi pari. Doveva essere di nuovo Xriphen. E infatti passò proprio lui.
Il corpo peloso e il muso caprino erano ancor più disgustosi di prima, ma ciò che attirò l'attenzione di lei furono i suoi scagnozzi, che, se non erano gli esseri più rivoltanti su Flesra, rasentavano sicuramente le prime posizioni. Le esili e slanciate braccia presentavano una peluria disomogenea, che si mostrava in varie macchie che si alternavano a parti completamente esposte, dove la pelle color sabbia bagnata denotava perdita di tono ed elasticità. Ogni tanto emettevano un richiamo stridulo dal becco chiazzato di rosso e nello stesso momento spalancavano le braccia come a volare, esibendo con orgoglio la flaccida e di sicuro viscida membrana che sostituiva le ascelle.
Lynn non riusciva più a guardarli. Sapeva che, se lo avesse fatto ancora, le sarebbe venuto da vomitare. Ormai era da un po' che non mangiava, ma era certa che per loro qualcosa da rimettere lo avrebbe trovato. Allora spostò gli occhi su Linda e notò che si stava per risvegliare. Le palpebre di lei tergiversarono, ma in seguito si spalancarono e scrutarono con orrore il mostro dinanzi a sé. Lynn poté solo immaginarsi cosa stesse provando Linda, che di creature simili aveva solamente sentito parlare in storie che, prima di allora, aveva ritenuto dei racconti favolistici per far addormentare una bambina.
- Guardate, le due vittime sono sveglie. Vediamo se la vostra padrona è nel giusto.
Aprì la porta della cella e con i suoi manoni trascinò Linda di fuori. Lei scalciò, si dimenò e urlò; urlò come una forsennata, come se avesse voluto esaurire tutto ciò che aveva dentro di sé, e nel farlo emanò un'aura di terrore che impregnò tutto ciò che le si trovava vicino. Poi scorse Lynn e le sussurrò di aiutarla, mentre lacrime scendevano dai suoi occhi acquamarina. Lynn scosse il capo rammaricata. Non poteva fare niente per lei.
Dopodiché Xriphen aprì anche la sua, di cella, e tirò fuori pure lei. Lynn osservò la ragazza che veniva portata con la forza per un corridoio adornato da fiaccole su cui, al posto di un fuoco che brucia, c'erano dei teschi caprini dalle corna curvilinee.
- Mi hai dato filo da torcere, ragazzina. E per questo voglio farti un regalo che ricorderai per il resto della tua vita. Ti farò avere un colloquio con quella che una volta era la Dama della Luce.
Lynn strabuzzò gli occhi e gli chiese: - Ma... ma non era morta?
Xriphen rise di gusto.
- L'unica cosa di lei che è morta è la sua bontà.
E con questo la spinse in avanti.
***
La Dama della Luce era la simbiosi perfetta tra una bella donna e un morto che cammina. Occhi e capelli erano neri come carbone e il simbolo della luce, una falce che passa su del grano, era impresso sul petto scheletrico, poco sopra ai piccoli seni. Indossava un vestito, sempre nero, così grande che nemmeno le toccava la pelle, resa visibile da qualche pezzo trasparente. Nell'insieme era impressionantemente inquietante. Non era tanto quello sguardo nel quale il chiarore della vita era stato avvelenato dall'oscurità della morte, e neanche la magrezza, tale da sembrare anoressia; ma quella sensazione che ciò che in un'altra epoca aveva rasentato la perfezione ora fosse la rovina di se stesso. Lynn avrebbe voluto lanciarle la propria spada e ucciderla. Ma la sua arma non era con lei.
Avevano portato lei e Linda in una sala occupata da un grosso tavolo rotondo su cui spiccava un alto candelabro di un colore simile all'oro ma più scuro, come se fosse stato sporco. La Dama era seduta nella sedia più lontana all'ingresso dell'ambiente e stava sfogliando un tomo. Rideva ogni volta che girava una pagina, mostrando i denti mezzi marci. Appena scorse le due ragazze, adagiò il volume sul tavolo, si alzò in piedi e si avvicinò loro. Nel farlo, diede a Lynn un'ulteriore prova del fatto che fosse esile: anzi, lo era così tanto da parere emaciata. Fece un ampio sorriso e svelò tutti gli zigomi.
- Ecco qua la nostra Linda - esordì con il sensuale timbro che si narrava avesse qualsiasi Dama della Luce.
Nel sentirlo, Lynn capì che in lei di inquietante non c'era solo il marchio della sciagura e della devastazione, ma anche la voce, così bella e inadeguata da parere demoniaca. Da una donna così Lynn si sarebbe aspettata un tono gracchiante e quantomeno molesto, eppure ciò che aveva udito era tutto il contrario.
- E abbiamo anche il Cavaliere - sogghignò Xriphen.
- Hai ragione, mio buon amico... - Circumnavigò Linda passandole una mano sul bellissimo viso. - Quanto sei graziosa... Tuo padre ha fatto proprio un bel lavoro, lo sai? Con tuo fratello non altrettanto, però. - Si leccò le labbra. - Tu sai perché ti ho fatto venire qui?
Linda disse di no; un panico inespresso e una sorta di elementare sbigottimento girovagavano nei suoi occhi.
- Tu forse non l'hai mai percepita, ma al tuo interno c'è una magia senza pari. Una magia che cresce indefinitamente, che ti avviluppa e diventa tua sempre più ogni giorno che trascorre. Nel mondo in cui vivevi in passato la magia è praticamente assente, ma nel nostro essa è potente e può donarti una forza inimmaginabile.
Linda scosse la testa. - Vi state... di sicuro... sbagliando...
- No, piccola mia. Concedimi qualche attimo per farti vedere che non sbaglio.
Puntò un dito verso Xriphen e poi lo riavvolse su se stesso in un gesto che non poteva essere frainteso: raggiungimi. Xriphen mosse due lunghi passi verso di lei. Quando passò vicino a Lynn, ella si accorse che era almeno un metro e mezzo più alto di lei. Prima, magari per colpa della confusione e del timore di essere ammazzata all'istante, non ci aveva fatto caso. Il pavimento traballò. Linda, però, sembrò non rendersene conto. Aveva lo sguardo conficcato sulla Dama e su Xriphen; Lynn non capiva se fosse per colpa della sua estraneità o di ciò che le era stato appena rivelato.
- Qua, avvicinati - la esortò la Dama.
Ogni sua parola assomigliava al caldo respiro di una madre prima di darti il bacio della buonanotte, o a una nota strimpellata con un'arpa divina, o al sussurro di un amante quando si sta per fare l'amore dopo un lungo periodo di sofferenza e melanconia. Lynn era rapita dal suono delle frasi della Dama, lo era tanto che sarebbe andata laggiù al posto di Linda, però riuscì a controllarsi e rimase immobile; i sgraziati versi degli abomini che si agitavano frenetici dietro di lei. Linda, tuttavia, non riuscì a resistere e incominciò a disegnare l'immaginario sentiero che la avrebbe condotta dai due mostri.
- Non farlo, Linda! - le urlò Lynn.
La ragazza indugiò per qualche attimo.
- Non ascoltarla, Linda, abbraccia il potere.
La musica che fluiva al di fuori delle rinsecchite labbra della Dama si combinò all'atmosfera spettrale del luogo e andò a costituire una trappola dalla quale era impossibile sfuggire. Linda era stata imprigionata dalla voce della donna e le arrivò così vicino, che Lynn pensò si fosse dimenticata persino la propria identità. Vedendo Linda fermarsi volontariamente a un soffio della creatura che inizialmente sembrava inorridirla, la convinzione che dentro quel corpo non ci fosse più una normale ragazza si fece largo in lei.
- Dammi il braccio, piccola - mormorò la Dama.
Tutto ciò che diceva suonava così bene, che Lynn temette che la ragazza non avesse più la forza di opporsi. E aveva ragione. Linda le protese il braccio e la donna lo sfiorò con femminilità, facendola sussultare in quasi impercettibili fremiti. Allora Linda dispiegò un palmo e una piccola sfera di un blu con alcune sfumature simili a fiamme apparve su di esso, per poi svanire così com'era comparsa. Poi sgranò gli occhi.
- Che cos'era? - domandò sconvolta.
- Eri tu, ragazza mia. Eri soltanto tu. E questo era solo un insignificante assaggio di quello che potresti ottenere un giorno, stando al mio fianco.
- Io... Io... - Linda si ricompose. - Io devo pensarci.
La Dama sorrise di soddisfazione.
- Bene, mio tesoro. - Scambiò un'occhiata con Xriphen. - Portala in quelle che diventerebbero le sue stanze.
Xriphen annuì e le fece strada. Lynn non si mosse. Nessuno lo pretese da lei. Quando il Tyrwol e Linda furono usciti, la Dama iniziò ad applaudire con morigeratezza irriverente.
- Brava. Non pensavo che saresti riuscita a resistere alla mia... - temporeggiò, accumulando fiato, - voce.
Un tremito ravvivò la schiena di Lynn. - Non avrà lo stesso effetto su di me.
- Lo so, lo so. - Una risata elegante. - Sai, Lynn, ho un piano preciso. Nulla mi fermerà. Con la sua magia dalla mia parte, nessuno potrà osteggiarci! Loro non hanno idea di cosa sta per succedere! La profezia parla chiaro: la magia più lucente trionferà. E se la sua forma più lucente è in mio possesso, allora la corona del Sommo Siye sarà mia! - Il suo tono stava tramutando nell'apoteosi della follia, eppure rimase così seducente da generare un senso di indefinitezza in Lynn. - Capisci?
- Capisco solo che vuoi prenderti la tua vendetta su Mikkel - commentò atona Lynn.
- No! - sbraitò la Dama. - Mi importa solo di sua figlia.
- Sua figlia? - ripeté sbalordita Lynn.
Linda è figlia di... No, non ci voleva credere. Anche se, in effetti, la somiglianza c'era... Ma allora chi era il padre che aveva citato inizialmente?
- Esattamente, Cavaliere. - Si avvicinò a Lynn e le diede un bacio su una guancia. Il contatto, che starebbe dovuto essere ruvido, risultò vellutato. - Ascoltami, ragazza. Tu sei l'erede di Ryek e ne incarni l'abilità. Per questo voglio che sia tu a sorvegliare Linda durante i suoi anni di addestramento. Xriphen è... troppo inaffidabile. E io troppo debole. Ma tu... Tu, col tempo e l'ausilio delle mie risorse, sarai in grado di spalleggiare la mia pupilla e di battere quel caprone.
Lynn si voltò, temendo che gli scagnozzi di Xriphen potessero riferirgli ciò che la Dama stava dicendo. Li vide dietro di sé, dritti come statue, ripugnanti come demoni malati, silenziosi come vecchi muti.
- Ma...
- Non preoccuparti di loro. Sono ai miei servigi.
- Ma lei non ha ancora accettato.
- Lo farà.
Cominciò a farle un massaggio e Lynn provò un piacere indescrivibile.
- Io...
- Tu hai bisogno di riflettere - la anticipò la Dama. - Unisciti a Linda e parlatene. Ne uscirete entrambe più sagge e sicure.
Dunque si allontanò e rivolse un'occhiata di intesa alle creature rivoltanti alle spalle di Lynn. Esse la andarono a prendere e la portarono via. Mentre Lynn camminava con remissività sui pavimenti in alabastro, pensò che, per un secondo, aveva veramente desiderato acconsentire alla richiesta della Dama. E forse lo voleva ancora.
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