Capitolo 1
Elmunar: padre degli dei.
Uvinar: dio della nebbia.
Bjusag: processante religioso; prete.
Vnasj: traduzione della parola Flesra in Flesremu; primo regno degli uomini.
Uhusyan: sole.
Odore di incenso si diffondeva nell'aria. Lynn era dietro una delle colonne dinanzi al portone ad arco. Non guardava negli occhi nessuno: era troppo difficile farlo. Colui che era morto sosteneva che ognuno si rispecchia nei propri affetti più cari, che le persone da cui si è circondati sono il riflesso della propria persona. Per questo Lynn non riusciva a guardare negli occhi nessuno: se si fosse fermata a osservare Jonah o Dominick, ad esempio, le sarebbe venuto da piangere come una bambina, perché le avrebbero ricordato Mikkel.
Mikkel era un brav'uomo: dopo la morte del padre di Lynn, lui l'aveva presa con sé, allevata come una figlia e addestrata nel migliore dei modi. Era stato il primo essere umano a presenziare a un consiglio dei Siyew, i grandi saggi che governavano spiritualmente Flesra e la sua rete energetica di fiori, e per questo aveva attirato a sé l'odio di figure di rilievo: dai celebri re dei regni degli uomini alla Dama della Luce, le cui tracce si erano perse da tempo. Il fatto che si trattasse di un Itriamuna, un uomo proveniente da un altro mondo, aveva solamente peggiorato i rapporti fra Siyew e praticanti della cosiddetta "Religione dei Fiori". Solo gli Aelfar Glauco avevano riconosciuto i meriti di Mikkel e gli avevano dato la propria benedizione.
Una lacrima sfuggì all'accurato controllo di Lynn, che non riuscì a impedire che ne scappasse pure una seconda. Si asciugò con il dorso della mano. Poi uscì dalla cattedrale a passo deciso, ignorando il Bjusag che celebrava i funerali di Mikkel.
Di fuori c'era il gelo assoluto, come non c'era mai stato sulle montagne di Esperia, nel luogo dove i Siyew avevano posto la propria dimora. Più in là, oltre il precipizio che dava direttamente sul fiume che attraversava tutta l'isola, aleggiava una foschia di una leggera tonalità bluastra, determinata dalla bassissima temperatura. Per le strade del villaggio di Bhien non c'era nessuno. La popolazione si era suddivisa in due gruppi: la maggioranza era stipata all'interno della cattedrale e seguiva i funerali di Mikkel, mentre gli altri erano rimasti nelle proprie abitazioni per ripararsi dal freddo glaciale. Anche il tempo si era congelato dopo la morte del maestro Mikkel. Persino quello della sacra montagna dei padroni del mondo.
Lynn si diresse verso casa sua. Camminando per le vie acciottolate, sulle quali iniziavano a posarsi i fiocchi di neve, ascoltò il vento che fischiava e spostava le foglie sull'erba a lato, in un susseguirsi di fruscii. Quando si rifugiò dentro casa, si tolse la giacca e la lanciò sull'appendiabiti. Corse al camino, accese il fuoco e ci si mise vicino. Voleva trascorrere qualche attimo di pace prima di partire, prima di intraprendere la missione che la avrebbe fatta diventare un cavaliere dei Siyew. Peccato solo che Mikkel non la avrebbe potuta mai vedere.
***
Non era passato molto da quella volta che Mikkel le aveva descritto il mare. Tutte le volte che Lynn aveva pensato al fatto che non conoscesse quella grande distesa d'acqua che circondava l'isola su cui era cresciuta, le veniva quasi da ridere: è impossibile immaginarsi un'isolana che non aveva mai visto il mare. Eppure lei non l'aveva mai visto. Forse era stata la sua paura delle acque profonde, forse era stata l'uccisione dei suoi genitori, forse era stato il suo peregrinare per l'entroterra, ma in un modo o nell'altro quella superficie cristallina, che presumbilmente sarebbe stata resa burrascosa dal fortunale in arrivo, non le si era mai prestata agli occhi. Ora sì, però. Ora era proprio sotto di lei, sotto le sue mani strette al parapetto dell'imbarcazione del capitano Ruv Hollidveyn, sotto le sue pupille che con lo sguardo scandagliavano ogni increspatura, per quanto minima potesse essere.
- Allora? - le chiese il capitano, avvicinandosi.
Non era brutto: spalle larghe, barba molto virile e penetranti occhi azzurri. Se fosse venuto a sapere che Lynn era un'aspirante cavaliere dei Siyew, probabilmente sarebbe arretrato e avrebbe mantenuto una certa distanza; però non lo sapeva, e quindi sfruttava il proprio fascino per rimediare quella che sarebbe potuta essere l'ennesima conquista di un lupo di mare.
Lynn, prima di salire, era stata costretta a confidargli che non era mai stata in mare: quando aveva messo un piede sul ponte, si era sentita male, e per correggere quella sua debolezza aveva dovuto parlarne con Ruv, sicuramente l'uomo migliore per spiegarle i meccanismi di quella vastità azzurra e cosa temere e su cosa essere tranquilli. Ruv forse credeva che sarebbero entrati in intimità, ma non sapeva che se solo avesse provato ad appoggiare uno dei suoi manoni sulle curve sensuali di Lynn, lei gli avrebbe tagliato il braccio a metà. Tanto glielo vedeva il fodero; forse aveva pensato che Lynn non fosse capace di usare l'arma che conteneva.
Ruv adagiò le mani sulla balaustra in legno e assaporò la fresca aria marina.
- Molto bello. Veramente - rispose Lynn.
- Non preoccuparti della tempesta che sta arrivando - disse Ruv indicando le nuvole scure come nebbia di pece, che li stavano raggiungendo. - In questo periodo dell'anno sono cose molto sbrigative. Arrivano e se ne vanno come qualcuno che, dopo essere uscito, torna a casa perché si è dimenticato una cosa.
Come lei. Le venne da piangere: quando Mikkel le diceva di essere meno sbadata, si riferiva sempre a quello.
- Non so quanto una tempesta possa influire sulla navigazione; ovviamente non l'agevola, ma credo sia meglio che non la viva la prima volta che sono in mare.
Ruv si girò e si appoggiò con la schiena alla ringhiera, puntando i gomiti in modo che contrastassero i flutti che aumentavano e facevano sobbalzare la nave. Lynn si allontanò di un poco e si guardò attorno preoccupata. Le era capitato più volte di immaginare come fosse una burrasca, ma ora che stava per sopraggiungere, la realtà la spaventava molto più di ciascun mostro di luce o di buio.
- Preoccupata?
- No... - tentò di dire Lynn, ma persino lei sentì che le era uscito male. - Cioè, forse un po'...
- Facciamo così, andiamo sottocoperta.
Lynn accettò e, mentre Ruv comandava ai suoi uomini di essere pronti, si avviò verso gli alloggi del capitano. Se Ruv pensava che là dentro sarebbe successo qualcosa, si sbagliava di grosso. Lynn aveva imparato a diffidare degli uomini da tempo.
***
La foresta in cui era capitata Lynn, nel centro del regno di Vnasj, era oscura. Uvinar aveva fatto sì che una densa coltre di nebbia si posasse sul paesaggio, e ora quella incombeva sugli alberi come un'anima disturbata con un'eterna brama di vendetta.
Lynn aveva la fidata spada nel fodero; sapeva che, quando l'oggetto della sua ricerca sarebbe stato vicino, essa si sarebbe illuminata di una luce fioca.
Uno dei Siyew le aveva applicato una magia, prima che Lynn fosse partita. Aveva agitato le braccia e adagiato i diafani palmi sulla gelida lama ricurva, che dopo un minuto di silenzio era diventata fulgida come Uhusyan quando raggiunge il punto più alto del suo percorso quotidiano. Poi aveva recitato qualche parola in Livski e si era allontanato. Le aveva raccomandato di non abusare del potere del suo incantesimo, poiché esso era stato pronunciato in Livski e quindi si trattava di magia dannata, il Nyccra. E si sapeva: la magia dannata obnubila lo spirito degli uomini, li rende schiavi, assuefatti della tenebrosa potenza e del vile potere che si può ottenere da essa. Ma alcune fatture non erano permesse nella parte bianca della magia, e allora bisognava ricorrere al Nyccra, che ogni Siye apprendeva per sicurezza. Lynn conosceva pochi incantesimi bianchi: pochi offensivi, molti curativi; però ciò che non sapeva lo compensava l'arma magica che le sbatteva sull'anca.
Un rumore la distolse dai suoi pensieri. Si girò verso sinistra e guardò con occhi attenti l'ambiente circostante. Da dietro un cespuglio uscì una lepre, e Lynn rise. Rise per via di uno spavento infondato, ma almeno lo fece. Ironico il fatto che fosse accaduto nel bel mezzo di quella brumosa foresta, che costeggiava un lungo tratto costiero che dava sull'Oceano del Nord. Forse era la prima volta che lo faceva da quando aveva ritrovato il cadavere del maestro in quella palude non troppo distante dalle montagne di Esperia. Aveva impresso quel giorno nella mente, e probabilmente si era insediato con tanta violenza che si sarebbe ricordata quella scena anche quando sarebbe stata in procinto di morire. Rammentò la bocca aperta innaturalmente, gli occhi spalancati e vitrei, la pelle che iniziava ad afflosciarsi e a decomporsi, il colorito disumano. Non riusciva a togliersi dalla testa quell'immagine raccapricciante, eppure avrebbe voluto eliminarla per sempre, o meglio, sostituirla con quella del loro primo incontro.
Lei aveva quattordici anni ed era una ragazzina acerba. I capelli corvini erano corti, li aveva appena tagliati per essere più veloce e avere meno ingombro, e le iridi viola chiaro rifulgevano del chiarore di Uhusyan. Lui la aveva trovata da sola, in mezzo a un bosco, inseguita da un gruppo di mostri del buio. Li aveva uccisi tutti e quattro. Lui e il suo Etahani, Ilmion, lo stesso che aveva affiancato il cavaliere Bearsted nelle antiche leggende, si erano destreggiati in un combattimento che era durato poco più di un minuto, in scintille lucenti e colpi di spada. La Teyeč'nid in azione. Pochissime persone avevano avuto l'onore di vedere Mikkel e Ilmion lottare contro un mostro del buio, e la maggior parte di loro si trovava in Occidente, dopo le imponenti mura che spaccavano il più vasto continente di Flesra a metà. Quel giorno il brillio negli occhi di Lynn era aumentato a dismisura, quasi rimpiazzando Uhusyan. Aveva deciso immediatamente di allenarsi per divenire un Cavaliere dei Siyew e Mikkel glielo aveva concesso. Voleva ricordarlo così: la luce che lo investe da dietro, gli occhi che mostrano i mosaici azzurri e la pupilla che si contrae, il sorriso che si fa largo sul suo viso, la fine maglia che riveste il corpo muscoloso e ben definito, la rada barba che gli occupa la mascella e lo fa sembrare ancora più affascinante. In quel momento aveva ventinove anni ed era su Flesra da tre. Chissà, forse, in un'illusione giovanile, Lynn se n'era innamorata. Ma ora non importava: innanzitutto aveva una moglie, e poi era morto, sepolto a Bhien, dove le figure più buone e illustri avrebbero potuto visitare la sua tomba.
Mikkel era leggenda.
Altre lepri si erano catapultate impazzite al di fuori di vari cespugli. Un cervo le sfrecciò accanto, sfiorandole i capelli con le corna. Persino gli orsi stavano scappando. Lynn rimase ferma, non aveva idea di cosa stesse succedendo. Poi la terra cominciò a tremare. Pareva che stesse capitolando ai vigorosi e pesanti passi di un essere inconcepibilmente grande. Non poteva essere uno dei guardiani della natura: gli animali non sarebbero stati a fuggire in tal caso. Nel cielo, stormi di uccelli si fiondarono nella direzione opposta a quella in cui stava guardando Lynn. Il tremore del suolo si intensificò, le fronde presero a smuoversi. Allora tra gli alberi apparve una figura sfocata. Nerissima, presumibilmente ricoperta di lunghi peli, corna appuntite che si innalzavano sopra le chiome. Le mastodontiche gambe stavano macinando strada.
Lynn capì di cosa si trattava: un Tyrwol. Erano animali molto intelligenti rispetto ai loro simili ma poco rispetto agli uomini. Giganteschi caproni bipedi, erano denominati il Terrore dei Villaggi. Anni addietro, quando erano usciti dalle loro dimore per esplorare il vastissimo mondo su cui Elmunar li aveva messi, avevano razziato innumerevoli villaggi e assediato un'influente città, distruggendola interamente. La loro forza fisica era incredibile, così come la loro furia e la loro sete di sangue. Stando a contatto con gli uomini e gli Aelfar, si erano evoluti e avevano sviluppato una propria lingua, il Livski, il linguaggio che in seguito era stato usato per plasmare l'Akazad, la sfera che racchiudeva il Nyccra. Lynn aveva sentito che, prima che la grande muraglia al centro di Flesra fosse stata costruita, si erano spostati in massa anche a oriente, ma non credeva che fossero giunti così a settentrione.
Lynn non si mosse; sapeva che con le proprie capacità poteva sperare di sconfiggere un Tyrwol, anche se sarebbe stato complicato. Tuttavia la sagoma della bestia si fece più nitida e comparve qualcosa che Lynn aveva udito in uno dei racconti che il maestro Mikkel le narrava. Oscillava avanti e indietro, a destra e a sinistra, ed era accompagnato dai rumorosi aneliti della creatura. Lei sgranò gli occhi, perché se quello a cui stava pensando era giusto, la sua ora poteva essere arrivata. Al collo, il Tyrwol aveva un amuleto. Un ciondolo, un ciondolo che gli sbatteva ritmicamente sul poderoso petto irsuto. Al centro c'era un cristallo nero che Lynn conosceva troppo bene. Sapeva di non avere speranze contro colui che le stava correndo incontro. Dinanzi a lei, non troppo distante, c'era il Custode del Buio, il Sacerdote del Nyccra, il Tyrwol che nemmeno Mikkel era stato capace di sconfiggere. Dinanzi a lei c'era Xriphen.
Le iridi gialle e il corto muso caprino erano ora visibili e Lynn comprese che l'unica cosa da fare era fuggire. Prima di voltarsi gettò una veloce occhiata alla scure che Xriphen teneva nella mano liscia e solcata dalle vene, che nelle altre parti del corpo non si potevano vedere per via della peluria. Poi andò, corse come una forsennata verso il mare, riponendo tutti i suoi auspici nella provvidenza di Elmunar.
- Vieni qua! - ruggì Xriphen. Lynn non credeva che sapesse la sua lingua. - Vieni qua! Sento l'odore di quel fetente di Ryek sul tuo corpo, e il suo peso nella tua anima!
La voce era roca, graffiante, gutturale. Pareva che le stesse parlando dai recessi dell'aldilà.
- Vieni qua, umana! La morte non è così terribile come può sembrare.
La terra vibrò sempre più impetuosamente e la vita si staccò da Lynn un pezzo alla volta, come una collana dalla quale vengono sfilate le perline che la compongono. Lo spostamento d'aria che provocava Xriphen e il movimento della sua ascia le si abbatté sulla schiena e sulla nuca con l'inesorabilità del tempo che scorre e delle fredde grinfie della morte. Chi era questo Ryek? Perché voleva lei? Il cuore le pulsava in tumulto. Ora Xriphen era così vicino da sentirne il fiato. Non aveva avuto neanche l'opportunità di invocare l'aiuto di Dynh. In un ultimo pensiero, Lynn si consolò: almeno si sarebbe riunita al maestro e finalmente avrebbe potuto viverci felice per l'eternità.
Ma non fu quello che accadde.
Qualcosa si scontrò con Xriphen e Lynn udì un corpo mastodontico che volò e si schiantò a terra. Non percepì più nulla dietro di sé e allora si girò a vedere cos'era successo. Un guardiano della natura, un immane cervo circondato da dell'etereo fuoco, stava spingendo con le corna contro Xriphen, che era stato atterrato e si difendeva con la sola forza delle braccia. Lynn era conscia che il cervo non sarebbe potuto resistere a lungo, così fischiò fortissimo e urlò: - Dynh, ijefet uj!
Riportò lo sguardo sulla lotta che il coraggioso guardiano aveva ingaggiato con Xriphen e con dispiacere notò che quest'ultimo si era quasi liberato. Tuttavia sopraggiunse un altro guardiano, un lupo delle dimensioni dello stesso Xriphen, con iridi di ghiaccio e pelo bianco come la neve, che gli andò addosso e iniziò ad azzannarlo con gli aguzzi denti; gli artigli che graffiavano la pelle del Custode del Buio. Forse ora c'era una piccola probabilità che lo indebolissero tanto da poter scappare in un secondo momento, ma erano ancora troppo pochi per poterlo uccidere. Lynn avrebbe voluto aiutarli; forse un suo intervento, oltretutto contando che stava arrivando il suo animale guida, sarebbe potuto essere decisivo. Forse davanti a sé aveva l'occasione di cancellare il nome di Xriphen dalla storia futura.
Sfoderò la spada e si concentrò. Vide la figura sfumata di un'aquila che fendeva la nebbia: Dynh. Aveva fatto prima del previsto. Guardò la lama e per poco non ebbe un infarto. Si era illuminata ed era fioca. Ciò che stava cercando era nelle sue prossimità. Xriphen, inoltre, si era quasi sbarazzato di entrambi i guardiani.
Con uno scatto belluino, il Tyrwol tese le braccia e scaraventò in direzioni opposte sia il lupo che il cervo, ed entrambi precipitarono, perdendo i sensi. Raccolse l'ascia, che doveva aver lasciato nel corso dello scontro precedente, e un sorriso trionfante gli si pitturò sul muso.
Lynn era immobile, non era in grado di muoversi, non sentì più le gambe.
- Sei morta, ragazzina.
- Ti scongiuro... non farlo - lo pregò lei.
Stava tentando di guadagnare secondi preziosi. Buttò un'occhiata al cielo e scorse Dynh; ormai si potevano vedere le piume dello stesso viola degli occhi di Lynn.
- Sono una creatura del Nyccra, ragazza, pensi veramente che sia soggetto alla pietà?
- Ma... perché vuoi me? - gli chiese.
- Sei legata a Ryek, lo sento. Gli sei molto affezionata. O meglio... lo eri. Dimmi un po', è morto? - rispose soddisfatto.
- Parli forse di Mikkel?
- Del tuo maestro, insolente! - sbraitò Xriphen. - Ora rispondi. Pronuncia le tue ultime parole.
La avrebbe potuta tagliare in due con un solo gesto. Ma non lo fece, e solamente perché voleva udirla mentre diceva che Mikkel era morto. Lynn sapeva che Dynh era quasi arrivata, percepiva la sua presenza, il legame che si era instaurato fra di loro la avvisava.
Quindi accumulò coraggio e urlò: - Non avrai mai questo piacere!
- Peccato. Ma me ne farò una ragione.
Xriphen alzò la scure, pronto a scagliarle il colpo di grazia. Lynn socchiuse le palpebre, soppesò il fluttuare dell'aria appesantita dalla bruma. Sentì lo sbattere d'ali di Dynh. Eccola, è qui. Si aggrappò alle sue piume ed evitò l'ascia di Xriphen, che la carezzò come la dolce mano di Dominick quando stavano insieme. Dynh la portò su nel cielo, dove l'aria era raggelante ma dove aveva ancora salva la vita. Aprì gli occhi. La foresta si stagliò sotto di lei e Xriphen gridò con la sua voce a metà fra quella di uomo e quella di una belva feroce. Il vento le sferzò il volto. Respirò profondamente, perché sapeva che era finita. Xriphen non poteva librarsi in volo.
***
Lynn si aggirò per la catena montuosa limitrofa per un'altra decina di minuti. Aspettò che la spada si illuminasse di nuovo, così da poter individuare l'oggetto del suo viaggio. A un certo punto, spazientita dal tempo che passava senza risultati, sussurrò a Dynh di tornare sulla costa nonostante ci potesse essere ancora Xriphen. La distesa di alberi presentò un tratto di tronchi spezzati e riversati a terra; magari era stato Xriphen, che aveva voluto sfogare in quella maniera la sua frustrazione. All'improvviso si accorse che accanto alla costa c'era un'isoletta che pullulava di vegetazione. Incuriosita, fece dirigere Dynh nella sua direzione. L'aquila planò e, dopo qualche secondo di tragitto, atterrò dolcemente sulla sabbia. Lì la spada divenne più luminosa. La luce raggiunse il culmine e ciò significava che Lynn aveva terminato la sua ricerca. Scese dal dorso di Dynh e si avviò verso una forma in lontananza accasciata sulla spiaggia. Ora la vedeva bene: era una ragazza. Ora poteva tornare a casa.
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