EXTRA. - "Lauren, ci sei?"
Era una domenica come tutte le altre, e no, purtroppo non era una domenica d'agosto.
Stavo comunque camminando scalza, la questione delle scarpe mi disturbava peggio del solito. Buttai un forte sospiro quando il mio mignolo si scontrò a tutta forza sul mobile di legno.
Mi morsi intensamente il labbro e guardai in alto facendo sì che maledicessi ogni singolo santo presente al paradiso. La mia testa si spostò in basso, e notai quanto si fosse arrossato il mio piccolo mignolino.
Andai alla cucina e presi qualcosa da mangiare. Sul centro tavola, c'era una banana.
Afferrai il frutto dal colore giallo e iniziai a sbucciarlo, mi sentii quasi come una piccola scimmietta avvolta nella più grande natura.
Iniziai a mangiare la banana e mentre la mia mente iniziò a vagare a più non posso, tutti quei pensieri finirono su una sola persona.
Ovviamente Lauren, come dubitare.
Diedi un morso netto mentre i miei occhi iniziarono a vedere una figura femminile davanti a me. I suoi occhi verdi e capelli scuri erano riconoscibili a metri e metri di distanza.
Vidi come la figura si mise vicino a me, seduta sulla sedia.
Mi sentii poco stabile in quel momento. Mi sedetti di fronte a lei, mentre la guardavo attentamente. Non capivo cosa ci facesse qui, questo momento.
«Ciao.» mi sentii dire.
Stavo davvero impazzendo?
I miei occhi si inumidirono, mi sentii veramente male quanto confusa. Non sapevo che fare. Decisi di parlare pure io. «Ciao, Lauren.»
«Mi manchi.» mi disse e io versai lacrime e negai con la testa non capendo.
«Non esisti più.» dissi io e vidi la figura davanti a me restare impassibile.
«Lauren, se ci sei, dovresti essere qui.» dissi io guardandomi intorno.
«Cogliona, sono qui.» disse la voce e io ritornai a guardarla.
«Non sei qui, io non ti voglio in questo stato! Dio ti odio, perché hai fatto tutto questo casino quando io potevo aiutarti?»
«Mi hai già aiutata.» mi disse e io mi alzai facendo cadere la sedia dietro di me.
«Smettila, vai via! Io sto bene e tu non ci sei più!» piansi forte e uscii fuori dalla stanza per poi uscire direttamente dalla casa.
Ero in pigiama e dalla paura mi precipitai verso casa di Dinah. Corsi per tantissimo tempo, ero terrorizzata e non avevo nemmeno chiuso la porta di casa. Mentre le lacrime rigavano sul mio viso e il respiro era sempre più agitato, bussai forte alla porta di casa sua.
«Dinah!» urlai mentre le mie unghie graffiavano il legno della porta. «Apri, ti prego!»
La porta si aprì lentamente e io mi fiondai dentro la casa, lo sguardo della mia migliore amica era piuttosto confuso. «Mila, calma.» disse lei e io mi inginocchiai avvolta dalla paura.
«Dinah, no!»
«Che è successo?» chiese chiudendo la porta per poi inginocchiarsi davanti a me. «Calmati, va tutto bene.» disse lei prendendo il mio viso con entrambe le mani. Sospirai intensamente e cercai di controllare il mio labbro inferiore che non smetteva di tremare.
I pollici di Dinah mi accarezzavano con cura e io chiusi gli occhi. «Dio mio.» dissi io piano.
«Dimmi, ci sono.»
«Mi prenderesti per pazza.» dissi io tremando e lei corrugò le sopracciglia non capendo bene ciò che stavo per dirle. Ero ancora scossa da quel dialogo strano, Lauren era morta, non poteva essere davanti a me, che soffrissi di allucinazioni?
Buttai un po' la testa all'indietro, aspettando il momento giusto e il modo per dirglielo.
Gli occhi della mia amica mi guardarono. «Allora, cos'è successo? Perché sei così terrorizzata?»
«... Dinah, io...»
«Cosa? Che è successo?»
«Io ho visto Lauren.» dissi scoppiando in lacrime.
«Come?» spalancò gli occhi e io annuii piano, terrorizzata dall'idea di quello che potrebbe pensare.
Vidi che la mia amica guardò per terra, si morse il labbro e negò. «Hai visto Lauren?»
«Sì, era nella mia cucina, sembrava... Vera.»
«Camila io...»
«So già quello che stai pensando, mi dispiace di essere una persona così...» mi asciugai le lacrime.
«Ne senti così tanto il bisogno di averla che addirittura la vedi in casa tua.»
«Non ho colpa di questo... Io non credo nei fantasmi.» dissi io e tremai.
«Che siano... Uhm, visioni così perché magari ne stai risentendo troppo?»
«No, Dinah, io sto cercando di dimenticarla, ma è più forte di me.» dissi io.
«Non so che dirti, Mila.»
Ero diventata davvero un caso disperato? Quasi mi sentii male davanti alla mia amica. Volevo solo svenire, cadere e morire.
Avevo quasi paura del mio futuro, non sapevo cosa mi sarebbe successo, non sapevo niente e questo mi allarmava. E se Dinah mi avesse portato in un ospedale psichiatrico e buttato la chiave?
Erano così tante le domande che la mia mente propose. «Aiutami, ho paura.»
«Vedrò che fare, ora dimmi un po' com'è successo.» disse Dinah cercando di aiutarmi, io in realtà non sapevo neanche da dove cominciare e questo era davvero preoccupante.
«Non... Non lo so.» dissi io e Dinah negò con la testa.
«Vedrò un po' cosa fare, ora sali in camera mia, e addormentati.» disse lei e io piano piano annuii.
Mi alzai e abbbracciai la mia migliore amica per poi dirigersi sopra, verso camera sua. Aveva un letto matrimoniale, quindi apprezzavo il fatto che tra non molto si sarebbe stesa da me e mi avrebbe tenuto compagnia.
Girai tra le coperte, in cerca di una buona posizione in cui stare. Dopo essermi trasformata in un piccolo involtino composto da sole coperte, guardai il soffitto con attenzione.
Sentii una voce dal piano inferiore, era Dinah che sicuramente stava parlando al telefono, mi chiesi ovviamente con chi, ma non riuscii a darmi una risposta ovvia.
I miei occhi piano piano si stavano chiudendo involontariamente, avevo addirittura paura di addormentarmi, non volevo Lauren da nessuna parte, che lei lo voglia o no.
Dinah ci stava mettendo davvero tanto. Io ero sempre più ansiosa di sapere con chi stesse parlando.
Le mie orecchie udirono un nome, forse era la cosa che non mi sarei mai aspettata di sentire.
Al telefono, in quella chiamata, c'era mia madre.
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Grazie per la lettura! 🌼
-BeingAsAnHurricane.
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