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1.

Ero sveglia da ormai 2 ore.
Il sole era appena sorto e la città si stava svegliando.
Il grande palazzo della TRSS sovrastava le case diroccate e le strade innevate.

Qui da noi nevica tutto l'anno, per questo la chiamiamo Terra Gelata.

Come ogni mattina mi stavo dirigendo nel bosco.
Camminavo svelta nell'intricato labirinto di vie accompagnata solo dal mio arco e dalla faretra piena.

Allontanandomi dal centro abitato le stradine diminuirono e iniziai a camminare tra la neve.

L'odore di pino penetrò nelle mie narici ed io mi rilassai.
Ho sempre amato andare nel bosco per cacciare.

Qui nella Terra Gelata bisogna procurarsi da vivere come meglio si può, c'é chi caccia, chi alleva e chi ruba.

Io caccio da quando avevo 8 anni, era il modo più fruttuoso per andare avanti, ma anche il più rischioso poiché per noi era severamente vietato uscire dalla città ed addentrarsi nel bosco.

Camminai silenziosamente sul tappeto di neve con occhi vigili.
Evitai qualche ramoscello e scavalcai il tronco di un albero caduto.

Arrivai in una piccola radura illuminata.
Entrai nel cono di luce ed osservai...

Al centro dello spiazzo di terra innevata c'era una grande roccia contorta.
Il muso di un piccolo animale fece capolino da una buca nascosta ai piedi di essa e poi sparì nel buio della sua tana.

Camminai ancora, mi addentrai nel bosco finché non vidi, tra i cespugli innevati, un anziano cervo.
Il lieve vento era a mio favore, presi una freccia dalla faretra ed incoccai.

Presi la mira.

Il cervo alzò la desta e la diresse verso di me.
Mi fissò a lungo, consapevole di ciò che sarebbe successo se non fosse scappato.
Non si mosse.

Tesi di più la corda e lasciai andare la freccia.

Una goccia rossa macchiò il candido manto che copriva il terreno.

Il rumore che producevano ad ogni passo sembrava ristagnare all'infinito.

Avevano costretto tutti i giovani in riga ai margini delle strade e ora li esaminavano uno ad uno.

Le armi tintinnavano ad ogni loro movimento.

-Mia, Hey!

Mi trovavo anch'io tra le potenziali "reclute" e alla mia sinistra si trovava Axel, una delle poche persone di cui mi fidavo.
Ci conoscevamo sin dall'infanzia ed eravamo cresciuti insieme.
Era poco piú alto di me, aveva gli occhi scuri e i capelli di un biondo sporco.
E un perenne ghigno divertito sulle labbra.

-Mia!

Ma non quel giorno.

-Che c'è!?

Era estremamente serio.

-Ora ascoltami. Dobbiamo andarcene!

-Smettila di bisbigliare, ci sentiranno!

-No, aspetta! Devi credermi, se non ce ne andiamo qui finisce male!
Al mio segnale devi correre piú veloce che puoi verso il bosco, lí non potranno seguirti e...

-Magari se smettiamo di parlare abbiamo qualche possibilità!

-Ascolta, Mia...!

Un fucile sulla sua tempia, uno sul mio petto.
Il tipo che mi teneva sotto tiro fece un segno con la testa al compagno che posizionó sul collo di Axel un piccolo oggetto bianco...

Click

L'uomo annuí al compagno che mi teneva ancora sottotiro e mise un paio di manette ad Axel.

-No, Hey! Aspetta! Lasciami andare!

Lui scalciava e si dimenava tentando si sfuggire all'uomo che lo stava portando verso la jeep scura con la quale erano arrivati.

-Fermi! Lasciatelo!

Iniziai a dimenarmi anch'io ma un loro compagno si avvicinó, mi prese per i capelli costringendomi a guardare il cielo e poggió lo stesso oggetto bianco che avevano usato su Axel sul mio collo.

Un ago mi penetró nella carne e un gemito mi sfuggí dalle labbra.
Il nuovo arrivato guardó nel piccolo display sulla macchina con l'ago che prima non avevo notato, prese le manette che portava alla cintura e me le mise.

Scalciavo e urlavo mentre mi portavano verso la jeep, per un'attimo credetti di essere riuscita a scappare, avevo liberato il braccio sinistro e avevo fatto per correre quando il mio aguzzino aveva stretto la presa sul destro, storcendo con la mano libera la mia spalla e facendomi cosí inarcare la schiena.
Alzó il ginocchio con forza e una tremenda fitta mi attraversó come un lampo. Le mie ginocchia cedettero per un attimo e l'uomo mi scaraventó all'interno del loro mezzo di trasporto.

[...]

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