Prima Prova - Il viaggio della vita
Numero parole: 4000
Traccia: numero uno
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Era una bella giornata quella nella città messicana di Enselada, con il sole splendente in cielo e soltanto qualche leggera nube all'orizzonte. Il porto brulicava di persone e l'odore salmastro del mare e del pescato si mescolava a quelli degli aromi del mercato vicino. Le spezie del grande uomo paffuto dalla canottiera giallo limone, le carni essiccate della donna dal bianco turbante, la frutta e verdura dell'uomo con la camicia a fiori e molte altre merci avevano preso posto ognuna su una bancarella diversa, e magari anche nelle buste di carta dei turisti che avevano già iniziato a fare compere. Si respirava musica di festa sulla grande insenatura portuaria, su cui erano ormeggiati i più svariati tipi d'imbarcazioni, dai pescherecci alle grandi navi mercantili ai traghetti alle navi da crociera, e su ognuna di esse c'era almeno un uomo, marinaio o passeggero che fosse, che sbraitava contro se stesso o contro qualcun altro. Ma ecco che dal porto, un traghetto si preparava a cominciare un viaggio molto lungo, verso le Isole Hawaii, un posto magnifico, oserei dire, dove trascorrere un vacanza. Il traghetto in sé non era nulla di eccezionale, soltanto un normale traghetto ecco. I suoi lati erano stati da poco dipinti di un colore verde scuro, molto probabilmente di seconda mano poiché si vedeva che in alcuni punti il colore stava già andando via. Sul ponte, una donna sulla sessantina dai capelli color carota ,un vestito color verde acido che di certo non passava inosservato e un cappello di paglia in testa, stava chiamando all'appello i suoi studenti per l'attesissima gita di fine anno.
- Santos? C'è... Silva? C'è. Silva non sporgerti troppo dal bordo, abbiamo ancora molto tempo per salutare i tuoi genitori... Souza? Dov'è Souza? - tutti si guardarono intorno ma di Zenia Souza non c'era traccia
-Provo a chiamarla io, prof - si offrì Noelia che da tempo ormai era la migliore amica di Zenia. Intanto il telefono squillava ma nessuno rispondeva.
-Questa non ci voleva! Tra poco partiremo! - si mise a urlare la professoressa mentre camminava avanti e indietro per il ponte
-Quella ragazza è sempre in ritardo! Perderà il traghetto!- esclamò un ragazzo in seconda fila, alto, capelli neri lunghi mossi dal vento e gli occhiali, che ingrandivano quegli occhi azzurri, poggiati sul naso.
-Piantala Carlos. Arriverà! - gli rimandò Noelia. Sì, era vero che la sua amica era perennemente in ritardo ma voleva credere che sarebbe riuscita a fare quel viaggio con lei. Voleva credere che quella volta ci sarebbe riuscita, che lo avrebbe fatto per lei. Mancava un minuto alla partenza. Ormai era tardi. Troppo tardi anche per una come Zenia. Aveva perso le speranze, così si voltò a guardare i suoi compagni di classe. Senza Zenia quel viaggio sarebbe stato orribile. Ricardo e Vitu la avrebbero continuamente presa in giro per i suoi capelli che erano tanto biondi da sembrare bianchi; Esther, Susana e Marisol la avrebbero ignorata come loro solito; Benjamin sarebbe rimasto tutto il tempo con la sua ragazza, Carmen; Adrian, Lucas e Fabian avrebbero giocato tutto il tempo ai videogiochi, cosa che lei odiava profondamente, e Camila sarebbe rimasta da sola a leggere tutto il tempo, magari con una bibita in mano e sdraiata da qualche parte. Perciò a lei rimaneva soltanto Carlos, ma si imbarazzava troppo a stare da sola con lui dato che le piaceva da circa tre anni. Tre anni che Noelia aveva passato ad odiare Violeta, la ragazza dai capelli scuri che faceva la corte a Carlos da prima di lei, ma che lui respingeva sempre. Così Violeta rimaneva continuamente con la migliore amica Francisca ad escogitare qualche assurdo modo per far sì che Carlos si innamorasse di lei. Assorta nei suoi problemi adolescenziali, Noelia non si accorse di star fissando il ragazzo, che intanto la stava guardando di rimando mettendosi a ridere. Quando si accorse di ciò, la ragazza divenne subito paonazza e distolse lo sguardo. Per fortuna un urlo,proveniente dalla banchina sottostante, la fece distrarre.
-NOELIA! STO ARRIVANDO!- urlò una voce che la ragazza non tardò a riconoscere. Zenia ce l'aveva fatta. Mancavano dieci secondi.
Nove...
Otto...
Noelia si catapultò verso il bordo della nave e guardò in basso, vedendo una ragazza dai lunghi capelli castani correre verso l'entrata del traghetto.
Sei...
Cinque...
-ZENIA FALLO! IO LI DISTRAGGO!- urlò Noelia dall'alto del ponte. La ragazza di sotto annuì e i suoi piedi si alzarono leggermente dal terreno mentre correva, facendola andare più veloce. Noelia intanto stava guardando intorno se ci fosse qualcuno, ma non vedendo nessun altro affacciato al ponte decise di provare. Agitò leggermente una mano e alcune onde si rovesciarono appena dietro Zenia, sul ponte d'entrata, per impedire che qualcuno da dietro la vedesse volare.
Due...
Uno...
Il portellone iniziò a chiudersi. Zenia era dentro. Noelia tirò un respiro di sollievo e si accasciò, seduta sul ponte con il fiatone. Come se avesse corso anche lei. Quando la ragazza si presentò madida di sudore e con i capelli ancora scompigliati dal sonno, la professoressa andò su tutte le furie, avanzando a passi spediti verso di lei e iniziando a rimproverarla sul suo essere sempre in ritardo e le solite cose, a cui per fortuna lei era abituata. Quando riuscì ad allontanarsi dalla professoressa, Zenia si avvicinò a Noelia e si guardarono entrambe per un po' negli occhi. Sembravano tutte e due così serie, ma la loro serietà finì poco dopo con una fragorosa risata.
- Ti avrebbero potuto scoprire! - Zenia stava ancora ridendo, appoggiandosi con una mano alla spalla dell'amica per non cadere.
-Sono stata attenta - rispose lei con un sorriso. Quella vacanza non si poteva dire fosse cominciata nel migliore dei modi, ma adesso tutti speravano potesse solo migliorare. E serviva proprio questo in quella giornata: Speranza.
* * *
Erano passate soltanto tre o quattro ore, ma sembrava che i ragazzi fossero in viaggio da mesi.Il caldo era opprimente e tutti i passeggeri combattevano per un posto all'ombra. L'unico a cui sembrava non dare fastidio era Carlos. Noelia, dall'ombra dell'entrata alla zona coperta del traghetto, lo stava guardando. I suoi lunghi capelli neri erano ora raccolti in una coda sghemba, come se la avesse fatta di fretta, e svolazzavano al vento. Le braccia erano conserte, appoggiate sul parapetto, con la luce del sole che faceva risplendere la sua pelle già abbastanza scura. Il volto rivolto verso prua. Gli occhi rivolti verso il mare, scrutavano la distesa azzurra in cerca di chissà cosa. A Noelia piaceva, tanto. Ma non poteva confessargli il suo amore. Ne andava della sua vita. "Chissà se anche a lui io piaccio?" si chiedeva continuamente. Ma non lo avrebbe probabilmente mai scoperto.
-Noelia! - Zenia la chiamò. -Noelia, vieni presto! -
La ragazza si affrettò a raggiungere la sua amica, seduta su una delle panche con la professoressa sdraiata accanto. Appena Noelia si avvicinò, notò subito che l'insegnante stava male. Aveva la fronte sudata e nonostante tutto stava tremando. La ragazza appoggiò la mano sul volto della donna ma la ritirò subito indietro, mostrando il palmo arrossato e fumante insieme a qualche gridolino di dolore. Zenia scosse la testa, continuando a fare impacchi con acqua fresca alla professoressa. Ma lei non era l'unica a stare male. Guardandosi intorno, Noelia vide parecchi passeggeri distesi per terra o sulle panche. Alcuni ansimavano, altri davano ogni tanto un colpo di tosse e tutti quanti tremavano. Nell'angolo in fondo, una donna stava anche vomitando. Ma cosa stava succedendo? Prima stavano tutti bene, ma quello non lo si poteva di certo dire della decina di passeggeri di fronte a lei. Noelia trattenne un conato e si voltò, uscendo all'aria aperta. Peccato che lo spettacolo non fosse molto diverso. Stavolta però alcuni passeggeri erano rimasti illesi, e guardavano sconcertati gli altri, qualcuno cercando di aiutare. Noelia passò in rassegna i volti, trovando poi quello di Carlos accanto ai fratelli Santos. La ragazza li raggiunse, inginocchiandosi anche lei. Il suo volto assunse una strana espressione quando vide il corpo di Lucas accasciato al suolo, con ancora la console per i videogiochi in mano, e la sorella Camila distesa su di lui a piangere, accanto ad un libro strappato che probabilmente aveva lanciato via. Carlos teneva la mano dell'amico e una lacrima gli stava rigando il volto. Noelia si sentiva di troppo lì in mezzo ma poco le importava. Andò a prendere un panno umido e lo posò sulla fronte di Lucas, ma appena questo la ebbe toccata si asciugò all'istante.
-Come... come è possibile? - commentò la sorella che si stava asciugando le lacrime con il dorso della mano, portandosi dietro un bel po' di mascara.
-Io non ne ho idea... Teoricamente se l'acqua si è subito asciugata la sua temperatura deve essere altissima, ma il corpo non può sopravvivere a lungo a temperature molto alte. - disse Noelia, fissando a bocca aperta il corpo di Lucas che si contorceva dai tremiti. Perciò se lei o Zenia fossero entrate in contatto con uno degli infetti, sarebbero morte all'istante. Evidentemente la professoressa non aveva ancora una temperatura tanto alta da prosciugarla, ma era bastata per ustionarle la mano. Noelia diede una rapida occhiata al palmo arrossato. Tra le ustioni si potevano notare, se si guardava attentamente, alcuni rivoli di liquido azzurro, simile ad acqua ma più denso. La ragazza mise allora la mano in tasca e tornò a guardare Lucas. Camila stava ancora piangendo. Probabilmente non avrebbe dovuto dirle che suo fratello sarebbe potuto morire, ma il danno era ormai fatto.
La situazione stava continuando così da ormai un paio d'ore. Lucas sembrava essere meno caldo e adesso stava dormendo. Purtroppo però, anche altri iniziavano a sentirsi male. Tra la massa di malati, Noelia riuscì a scorgere Fabian, il migliore amico di Lucas, anche lui moribondo, con la schiena poggiata ad una delle panche. Accanto a lui, Adrian cercava di fargli forza. Carmen non era messa molto meglio e accanto a lei, il fidanzato Benjamin cercava di mantenere la calma, purtroppo con scarsi risultati. Marisol ed Esther erano più o meno al centro del ponte, sdraiate l'una accanto all'altra, tenendosi per mano. Susana, la loro amica, si stava prendendo cura di loro. Se solo ne fossero usciti vivi, stava pensando Noelia, sarebbero di certo stati più legati, ma si rimproverò subito per quello che stava pensando. Le malattie non uniscono. Le malattie separano, mietono e sparpagliano terrore.
Un urlo. Bastò un urlo per riportare Noelia alla realtà. Era stata una donna ad urlare. Una donna dai capelli chiari e un bel vestito rosso addosso. No, forse non era proprio rosso. Sembrava a pois. Bianco con dei pois rossi. No, non erano pois. Il vestito in realtà era bianco, ma era ricoperto da chiazze di sangue. La donna era distesa sul marito, che giaceva a terra, inerme. Alcune persone accorsero e non ci volle molto per scoprire che quell'uomo era morto. Anche lui, come gli altri, scottava di febbre, solo che due rivoli di sangue gli scendevano dalle narici e gli avevano imbrattato tutta la camicia.
Il cielo si stava annuvolando e la temperatura si abbassò un poco. Dopo quell'uomo, altri erano morti. La professoressa era morta poco dopo, mandando Zenia in lacrime e scatenando il panico tra gli alunni. Alcuni membri dell'equipaggio stavano da tempo ormai cercando di chiamare i soccorsi ma nessuno rispondeva. La radio era perfettamente funzionante, ma qualcosa sembrava bloccare il segnale. Carmen anche era morta. Subito dopo la professoressa. Benjamin era a pezzi. La stava abbracciando ormai da mezz'ora, continuando a piangere, come se facendo ciò lei potesse rimanere ancora con lui. Come se si potesse sconfiggere la morte.
Lucas invece resisteva, così come gli altri. Camila lo continuava a medicare il più possibile con impacchi freddi ma la febbre non scendeva. Noelia guardava con orrore quello spettacolo. I passeggeri stesi a terra. Alcuni soffocati nel loro stesso vomito o nel loro stesso sangue. Un'intera folla di persone febbricitanti che cercavano, in agonia, di sopravvivere. E poi c'erano gli illesi. Persone come lei e Zenia che non erano stati colpiti dalla malattia e che andavano in giro ad aiutare insieme all'equipaggio. Il mare si stava ingrossando e il vento aveva cominciato a crescere. Il traghetto oscillava e alcuni passeggeri caddero a terra, perdendo l'equilibrio. Noelia raggiunse Zenia, che stava aiutando Fabian insieme ad Adrian.
- Oh mio dio...- sussurrò Zenia ancora prima che l'amica arrivasse.
-No... lui... lui non può...- ansimò Adrian con la voce rotta dal pianto, tentando di scrollare il corpo inerme dell'amico, come per risvegliarlo. Tutti con questa pretesa. Tutti con la pretesa di poter salvare tutti dalla morte. Tutti ad aggrapparsi ad una speranza che li deluderà ancora di più. Noelia abbracciò Zenia, che stava a stento trattenendo le lacrime. Era uno strano modo di legare, quello. Ti accorgi di quanto una cosa ti manchi solo quando non la hai più. E adesso loro non avevano più Fabian. Non avevano più Carmen. Non avevano nemmeno più la loro insegnante. Era questione di tempo. Solo qualche altro attimo e ne sarebbero morti altri. Noelia si sentiva insensibile a pensare quelle cose, ma era la pura verità. Bisognava essere obiettivi. E lei ne era più che capace.
Un'onda fece traballare il traghetto. Alcune persone scivolarono da una parte all'altra del ponte, uscendone fortunatamente illese. Un po' d'acqua del mare schizzò oltre il parapetto, bagnando alcuni passeggeri, tra cui Zenia, che urlò e si contorse dal dolore appena l'acqua le toccò il braccio. Noelia spostò appena la mano dell'amica per scoprire un'ustione che grondava sangue. C'era un problema. Un solo problema. Il suo sangue era come quello di Noelia. Sembrava acqua, ma era più denso. Zenia allora cercò di tamponare la ferita il prima possibile ma Adrian aveva già visto tutto e la guardava basito.
-Non è il momento per spiegare- si limitò a dire Zenia, facendolo allontanare dal corpo dell'amico e andando tutti accanto a quello di Lucas.
-Come sta?- chiese Adrian a Camila, che intanto continuava a fargli gli impacchi freddi. Questa non gli rispose.
Il traghetto dondolò ancora una volta. Altre onde si riversarono sul ponte, bagnando i passeggeri. Zenia stava per essere colpita, ma Noelia con un movimento della mano deviò l'onda e infradiciò una coppietta che stava lì accanto. Adesso tutti gli occhi erano puntati su di lei.
-Grazie- sussurrò Zenia all'amica, che le rispose con un sorriso.
Violeta, che da lontano aveva visto tutto, lasciò le sue amiche e si avvicinò impettita verso Noelia.
-Cosa sei tu?- sibilò -Sei forse una strega? E' colpa tua questo, vero?- disse indicando con un cenno della mano tutto quello che la circondava.
-No. Io non sono una strega. Io...- Lei sapeva che non poteva dirlo. Non poteva dire cosa fosse. Ne andava delle vite di tutti quanti. Appena avesse rivelato la sua vera natura, il mare avrebbe cercato di riunirla a sé. Riunirla alle sue simili. E Zenia sarebbe morta. Non poteva permetterlo.
-Lei non può dirlo- intervenne Zenia
-Ah, centri anche tu?- Violeta non fece in tempo a parlare di nuovo che un'altra onda la gettò in fondo al ponte. Noelia stava andando ad aiutarla, quando si fermò. Laggiù. Aveva visto qualcosa. Tra le nuvole basse iniziarono a spuntare alcuni scogli. Poi delle cime degli alberi. Una spiaggia iniziò a prendere forma e nella gola della ragazza si riuscì a formare soltanto una parola, che urlò a squarciagola sia per l'emozione che per la stanchezza: Terra. Una parte dei passeggeri urlò, entusiasta. I moribondi si limitarono a sorridere. Terra. Una speranza. Il traghetto continuava a dondolare, finché non si inclinò pericolosamente. I passeggeri vennero sbalzati da un lato e alcuni caddero in mare. Zenia stava per cadere, ma Noelia la afferrò al volo, riportandola sul ponte, dietro al parapetto. Gli schizzi delle onde le avevano procurato altre ustioni che la fecero urlare per il dolore.
-Zenia... ce la caveremo- tentò di rassicurarla l'amica. Lei però scuoteva la testa, piangendo.
-Se confessiamo la nostra vera natura, ci ricongiungeremo con il nostro luogo natio. Questi erano i patti. Ebbene - prese un forte respiro - io sono una Naiade!- urlò. Gran parte dei passeggeri si voltarono, giusto in tempo per vedere Zenia scomparire in un turbine d'acqua. Noelia aveva iniziato a piangere. Probabilmente non l'avrebbe più rivista. Ma lei non sarebbe scappata. Non avrebbe lasciato i suoi amici. Non avrebbe lasciato Carlos. L'imbarcazione tornò diritta e si contarono molte meno persone sul ponte. Noelia diede una rapida occhiata intorno e notò con dispiacere che Esther e Marisol non c'erano più. Violeta era disperata ed era scoppiata in lacrime nel bel mezzo della tempesta. Sia Lucas che Francisca, gli ultimi due malati del gruppo, erano riusciti a salvarsi e adesso ansimavano rumorosamente l'uno accanto all'altra.
Dopo di che tutto successe troppo velocemente. Il traghetto, diretto verso l'isola, si incagliò in un tratto di fondale troppo basso. L'urto fece balzare via molti dei passeggeri e Noelia finì in acqua. L'unica cosa che riusciva a ricordarsi era Carlos che si sporgeva dal bordo e alcune mani che lo tiravano indietro. Dopodiché il buio più totale. Ah, come era stato facile lasciarla andare. Come era stato facile convincere il suo amico che lei era ormai una causa persa. Che non avrebbero più potuto salvarla. Come è facile sacrificare una vita che non è la tua o che è di qualcuno che non ti sta a cuore. Magari avranno pianto, quello sì. Ma poi basta. Probabilmente si sarebbero scordati di lei. La avrebbero data per morta. Sempre se lo fosse realmente stata.
***
Quanto tempo era passato? Noelia non lo sapeva più. Aprì gli occhi, con una lentezza innaturale. Il fondale non era mai stato così bello. Erano secoli ormai che non faceva più immersioni o nuotava tra i pesci e quasi si era dimenticata di quanto fosse meraviglioso. Guardando in basso, al posto dei suoi vestiti da umana Noelia vide un bellissimo vestito azzurro con mille riflessi, che si mimetizzava con l'acqua del mare. I piedi erano tornati scalzi e i capelli erano nuovamente blu, pettinati in alcune trecce e decorati da perle. Si prese un attimo per guardarsi. Da quando aveva fatto quel patto per poter vivere da umana, la sua vita era cambiata. Ma in quel giorno lei era tornata Noelia la ninfa. Era tornata Noelia la Nereide.
Con pochi colpi di gambe, la ninfa raggiunse la costa e fece spuntare di poco gli occhi dalla superficie del mare. Il cielo era sempre nuvoloso, ma non c'era più vento. I ragazzi sopravvissuti si erano stanziati sulla spiaggia e avevano improvvisato un campo. Da lontano notò Carlos che stava montando un falò e si trattenne dal corrergli incontro. Rimase a pelo d'acqua e ogni volta che qualcuno si voltava lei prontamente si immergeva di nuovo.
Era passata una buona mezz'ora quando Noelia si decise finalmente ad uscire dall'acqua. Le prime reazioni furono quelle immaginabili. Alcuni uomini lanciarono la legna che avevano in mano e corsero via. Alcuni presero delle fiaccole di fortuna puntandogliele contro e il calore la fece indietreggiare. Allora alcuni iniziarono a urlarle -Strega!- o -Figlia del demonio!- avvicinandole ancora di più le torce. Poi un ragazzo dai folti capelli neri si fece largo tra la folla e corse ad abbracciarla.
-Carlos!- esclamò Noelia, abbracciandolo.
-Io... ti.. ti vedo diversa-
-Sono diversa. Sono me stessa- disse la ragazza sorridendo -Cosa è successo mentre non c'ero?- continuò facendosi strada accanto all'amico tra la folla.
- Francisca e Lucas non ce l'hanno fatta. Sono morti poco dopo l'arrivo a terra. Tu... tu sei rimasta sott'acqua per più di un giorno. Come è possibile che tu sia sopravvissuta?
-Non posso dirtelo, Carlos. Sappi solo che sono immune all'acqua salata, a differenza di Zenia.
-Zenia... Zenia aveva detto qualcosa, prima di sparire. Aveva detto che lei era una...
-Una Naiade. Una ninfa dell'acqua dolce, in pratica. Mentre io sono il suo opposto. Anni fa, io e Zenia abbiamo fatto un patto con le Ninfe Superiori che ci avevano concesso tempo da umane fino a quando non avessimo rivelato la nostra identità. Dato che siamo circondate da acqua salata io non sparirei così all'improvviso come ha fatto Zenia ma probabilmente rimarrei bloccata sul fondo del mare - spiegò Noelia tutto d'un fiato. Era arrivata sulla spiaggia. I suoi piedi nudi giochicchiavano con la sabbia umida mentre il suo sguardo si spostava tra le cime degli alberi che occupavano gran parte della sua visuale. Chissà cosa c'era là in mezzo. Avrebbe tanto voluto scoprirlo.
-Cosa ci fa lei qui?- Violeta si stava avvicinando a loro. Aveva i pantaloni strappati fino all'inguine e la maglia a brandelli. Sulla sua pelle olivastra si potevano scorgere parecchi graffi ma nulla di troppo grave.
-Lei ci aiuterà- rispose Carlos
-Oh, ma certo! Facciamoci aiutare da una non-morta!
-Violeta basta! - urlò Carlos alla ragazza, che ammutolì e andò via. Parecchi occhi erano puntati su di lui, ma non sembrava dargli fastidio.
-Avete provato a recuperare qualcosa dalla nave? -tentò Noelia
-Tutto quello che è sulla nave è danneggiato o inutilizzabile.
-I segnali di fumo?
-Già provato. Il fuoco continua a spegnersi.
-Il... il fuoco continua a spegnersi?
-Sì, hai capito
Esattamente lei aveva capito. Ma non voleva crederci. Non poteva essere. Non potevano essere finiti su quell'isola. Tra tutte proprio quella.
-Chiama tutti i superstiti. Anche il capitano e...
-Il capitano è morto
-Oh, beh raggruppa tutti quelli che riesci a trovare e portali qui. So dove siamo, e non vi piacerà.
***
Era passato un quarto d'ora prima che Noelia riuscisse a farsi ascoltare. Un lunghissimo quarto d'ora. Aveva raggruppato gran parte dei passeggeri ancora vivi e si erano addentrati nella foresta. Quell'umida e selvaggia foresta che incuteva un certo timore in tutti. A ogni scricchiolio tutti si voltavano, pronti a combattere per salvarsi. Meglio per loro che avessero tenuto quella paura perché, quando questa non è esponenziale, ti può salvare la vita.
-Puoi spiegarci dove stiamo andando?- chiese Carlos che la stava seguendo da ormai più di un'ora.
-Al centro di Lona- sbottò Noelia mentre cercava di farsi strada tra due cespugli
-Chi è Lona?
-Non chi, Cosa. Noi siamo tutti su Lona. Lona è il nome di quest'isola. L'isola delle ninfe perdute. Mia mamma mi raccontava la storia ogni sera. Su Lona si dice viva una ninfa che è stata cacciata dal suo popolo perché si credeva fosse pazza- Un rumore proveniente da alcune foglie li fece voltare, ma era soltanto una lucertola. Allora Noelia continuò: -Da quel giorno, quella ninfa creò quest'isola. L'isola di Lona. Un luogo perfetto per la vita delle ninfe poiché, come avete visto, entro un certo confine non potete accendere fuochi. All'interno di Lona noi ninfe non possiamo tuttavia usare i nostri poteri, cosicché possiamo diventare vulnerabili. Una volta che una qualsiasi creatura, compresi voi umani, varca una certa soglia non può più scappare. Ecco perché la barca si stava inabissando, ieri. Avevamo superato il confine. Tuttavia c'è un modo per andarsene dall'isola. Ma per farlo serve una ninfa.- concluse la ragazza. Carlos la guardava sempre più esterrefatto. Noelia accelerò il passo, senza guardarsi indietro. Avanzava veloce e intanto si asciugava le lacrime che stavano rigandole il viso. Perché lei sapeva la fine che la attendeva. Solo il sangue di una ninfa può permettere di scappare. La ninfa può usare il suo sangue soltanto una volta, per tutte le persone che vuole a patto che siano tutte della stessa razza. Cosa avrebbe fatto? Avrebbe salvato sé stessa o avrebbe salvato gli umani? Il tempo per decidere era finito. Erano arrivati in una radura. Al centro un pozzo bianco e accanto una lastra di pietra con una lama sopra. Noelia prese la lama, incise un taglio sul suo braccio e il suo sangue blu cobalto bagnò la pietra umida, poi li costrinse a saltare giù nel pozzo, per salvarli. Non gli aveva detto che cosa le sarebbe successo. Non voleva che si sacrificassero per lei. La sua vita era finita. Sperava soltanto che, una volta a casa, si sarebbero ricordati di quella ninfa che aveva salvato loro la vita.
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