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Audizione

Parole: 2021

Tema: Libero

Era una fredda notte, quella in cui Jordan stava tornando a casa dalla moglie dopo una lunga giornata di lavoro. La sua macchina rossa che correva veloce sullo scuro asfalto costituiva per lui un sicuro riparo da tutto ciò che si celava dintorno . L'oscura e tesa quiete della foresta veniva spezzata ad ogni curva, in cui le ruote stridevano contro la strada ghiacciata, facendo volare, da una cima di un albero ad un'altra, uccelli che riposavano tranquilli sui robusti rami inumiditi dal gelo. Il sonno si stava facendo strada negli occhi di Jordan, minacciando di chiuderli da un momento all'altro. Lui però doveva tornare a casa. Doveva tornare dalla moglie. Di lì a pochi giorni infatti quell'uomo dentro la macchina rossa sarebbe diventato padre. Padre di una graziosa bambina che avrebbe presto preso il nome di Emma. Il cielo era terso e la strada era illuminata dalle sole luci dei fanali dell'auto, che avanzava velocemente. Troppo velocemente. Se avesse avuto un po' più di calma adesso tutto ciò non sarebbe successo. Lui sarebbe tornato a casa dalla moglie, avrebbe visto sua figlia nascere e sarebbe stato tutto perfetto. Ma il destino volle che all'ennesima curva, la macchina sbandasse e, distruggendo il parapetto, cadesse nello strapiombo che affiancava quella strada, così isolata nella foresta.

* * *

L'uomo barcollava, reggendosi a malapena in piedi. Si appoggiò ad una roccia, guardando con orrore il rottame rosso che giaceva a pochi metri da lui. Restò lì, fermo. Alzando lo sguardo, vide la luna, piena e splendente in quel cielo notturno. Lo faceva sentire meglio; gli dava ancora un barlume di speranza. Dopo alcuni istanti di terrificante silenzio, Jordan si decise ad alzarsi. Si appoggiò alla parete rocciosa, camminandovi rasente fino ad un ramo che trovò lì vicino e che riuscì ad usare a mo' di bastone, per poter camminare. Con quell'improvvisato mezzo, l'uomo iniziò lentamente a camminare verso ciò che restava del suo veicolo. Ma quello che trovò fu ancora più raccapricciante. Ai piedi della sua auto giaceva un uomo, con la testa insanguinata e un braccio spezzato. Ma ciò che era più raccapricciante era l'identità dell'uomo. Jordan difatti sbiancò improvvisamente e cadde carponi, urlando e scoppiando a piangere di fronte al suo corpo senza vita. Cosa era lui, dunque? Un fantasma? Improbabile.

- Oh, invece è proprio così - disse una voce stridula proveniente dal fitto della foresta. Quando la creatura si decise ad avanzare, la luce lunare le inondò il volto, mostrando la natura di colui che aveva appena proferito parola. Non si poteva definire umano, no di certo. Sembrava piuttosto uno gnomo, oppure un folletto, ma si sa che quelle creature non esistono. Uno strano sorriso gli occupava gran parte del volto, insieme agli enormi occhi neri che lo scrutavano dall'alto in basso.

-Stai forse mettendo in dubbio la mia esistenza? - disse lo gnomo avvicinandosi di qualche passo. Le gambe di Jordan erano come impietrite e la sua gola si era chiusa, impedendogli di scappare e di emettere anche un singolo, innocuo fiato. L'agitazione gli stava montando su fino alla punta dei capelli e la paura lo bloccava, ma un briciolo di curiosità iniziò a brillargli negli occhi.

- Io - continuò la creatura - mi chiamo Tremotino - disse accennando un inchino.

"Come nella fiaba" pensò Jordan, ma sapeva anche lui che tutto ciò non poteva essere reale. Forse quello era semplicemente un pazzo che stava cercando di fregarlo. Forse voleva addirittura ucciderlo. Tutti pensieri che confluirono in un'unica immagine: accanto alla cinta, vicino alla tasca destra, un coltello dalla lama ondulata sporgeva dal fodero e rifletteva la luce della luna. Quell'essere guardò nel punto che i suoi occhi, sbarrati dalla paura, stavano fissando con tanto timore e sorrise guardandolo. In quel momento Jordan sentì nuovamente l'adrenalina scorrergli nel sangue e diffonderglisi in tutto il corpo. Le sua gambe iniziarono a muoversi da sole, ignorando il dolore, accingendosi a intraprendere una veloce fuga. Non passarono molti istanti che Tremotino apparve di fronte a lui, con braccia incrociate e un'espressione annoiata in volto. Jordan fece immediatamente dietro-front, ma la piccola creatura con la sola imposizione delle mani, lo scaraventò sul muro di roccia e lì lo fece rimanere appeso al nulla.

- Cosa vuoi da me? - disse l'uomo con il fiatone. Il dolore alla gamba stava riaffiorando e la fronte gli si imperlò di sudore. Cercò di divincolarsi, ma invano.

- Oh, mio caro. Io non voglio nulla da te, almeno al momento. Al contrario, dovresti essere tu a volere qualcosa da me - disse, con la sua voce stridula, Tremotino, con un sorriso che gli increspò le poche rughe sul volto.

- Non vedo cosa potrei volere da te - rispose l'uomo sprezzante

Tremotino iniziò una lunga e irritante risata, che riecheggiò lungo tutta la valle. - Tu sei morto - disse quindi ricominciando subito a ridere. Quella parola trapassò il cuore di Jordan come un centinaio di coltelli ghiacciati. Morto. Lui era morto. Davvero. Adesso non sarebbe più potuto tornare da sua moglie, non avrebbe potuto vedere sua figlia nascere.

-Esattamente - disse l'omino avvicinandosi a lui e abbassando la voce. -Io posso esaudire i tuoi desideri più reconditi- continuò ghignando.

-Nessuno può -

-Ne sei certo? - Tremotino sorrise e si mise seduto su un tronco. -Adesso ti racconterò-

L'uomo, titubante, rimase in silenzio.

-Iniziò tutto circa tre millenni fa- iniziò Tremotino - quando vivevo con la mia famiglia in un villaggio su a Nord. Eravamo felici, anche se nella nostra povertà. Mia moglie e io coltivavamo i campi per avere qualcosa da mangiare e guadagnare qualcosa al mercato. Nostro figlio era un ragazzo molto intelligente, curioso e scaltro. Tutto andava al meglio, finché un gruppo di stregoni orientali non conquistò la nostra regione e ci sottomise, costringendoci a lavorare per loro. La loro congrega comprendeva sette stregoni, ognuno a capo di un villaggio. Lo stregone che regnava sul nostro, si chiamava Estrae. Tra i sette, Estrae era il peggiore. Il nostro villaggio venne per gran parte bruciato, escluse alcune locande e ovviamente il suo palazzo.- Tremotino si fermò un attimo. Si girò e passò la mano sull'aria, che si incrinò formando un varco apparentemente sul nulla. I bordi del buco si infiammarono e all'interno apparve l'immagine di un antico villaggio in fiamme. Il fuoco avvolgeva con la sua grazia distruttrice ogni casa, ogni campo e anche alcune persone, che si gettavano a terra, prive di vita. Tremotino si asciugò una lacrima, senza farsi vedere da Jordan, che intanto guardava a bocca aperta la terribile scena che quella sottospecie di gnomo gli stava mostrando.

- Le voci giravano, in quei tempi, - continuò - e venni così a sapere dell'esistenza di un antico oggetto dagli enormi poteri. Ero stanco di soffrire. Sarei stato disposto a tutto pur di salvare il mio villaggio, la mia famiglia. Così una notte d'estate, appena le tenebre avevano preso il posto dell'afosa luce solare, decisi di entrare nel palazzo dello stregone e rubare l'oggetto da cui il suo potere derivava, cosí non avrebbe potuto piú nuocere a nessuno. Nessuno mi scoprì in tempo. Appena lo ebbi sfiorato, le guardie di palazzo entrarono nella stanza, ma era troppo tardi. Una forma ancestrale di magia oscura si era impossessata del mio corpo, trasformandomi in ciò che sono: Tremotino il ladro; Tremotino l'assassino; Tremotino lo stregone - Pronunciò con particolare enfasi l'ultima parola, poi continuò, dopo un breve attimo di silenzio -Ma ricorda: la magia ha sempre un prezzo. Il mio è stato perdere la mia famiglia -.

Gli occhi di Jordan erano sbarrati in un incrocio di paura e mera curiosità.

-E' quello, vero?- disse indicando un medaglione d'oro con una pietra ambrata incastonata -Quello è l'oggetto di cui parlavate-

-Perché mi credi con così tanta facilità?- chiese stupito Tremotino

-Perché sto parlando con te pur essendo già morto-

-Sei molto sveglio. Più di quanto mi aspettassi-

-Dovrei offendermi?-

-Può darsi- ghignò Tremotino - prima, però, parliamo del nostro accordo - disse e tirò fuori da chissà dove un rotolo di pergamena ingiallito. Appena lo ebbe preso, questo si srotolò terminando ai piedi di Jordan.

- Un po' lungo da leggere, non trovi? - ironizzò l'uomo di fronte ai tre metri abbondanti di clausole.

- Non trovo - disse Tremotino tornando improvvisamente serio e iniziando a camminare in tondo. - E' giunto il momento di firmare - disse. Dal nulla apparvero tutt'intorno a loro cinque fiamme, sospese in aria, che illuminavano il bosco intorno. Jordan cadde a terra, non più legato magicamente alla parete rocciosa,e si rimise a fatica in piedi. Di fronte a lui fluttuava una piuma dorata. Jordan la prese e, con mano tremante, firmò il contratto. Appena ebbe finito di firmare, la pergamena sparì e un sorriso sghembo si allargò sul viso di Tremotino.

- Grazie- disse l'ometto - Grazie per avermi ceduto tua figlia - continuò e iniziò a ridere. A Jordan sembrò mancare il terreno sotto i piedi. Si inginocchiò per terra, poiché le sue gambe non reggevano più lo sforzo. Sbiancò di colpo e iniziò a singhiozzare. I suoi occhi si ridussero a due fessure e si alzò in piedi, camminando a passi decisi verso Tremotino.

- Tu non puoi prenderla! - urlò l'uomo a Tremotino

- Sai - disse lui smettendo di ridere - dovresti imparare a leggere un contratto - ghignò e schioccò le dita. Tra i due apparve nuovamente la pergamena, stavolta con una lente di ingrandimento accanto. Jordan si avvicinò a leggere il punto in cui questa era puntata e lesse "In cambio del ritorno in vita del morto, Tremotino sarà autorizzato a prelevare la figlia dell'interessato e farla diventare di sua proprietà". Jordan gettò a terrà la lente, rompendola, e cercò di strappare il contratto, ma ogni qual volta questo si danneggiava, un secondo dopo si riformava e tornava come prima.

Tremotino se ne stava lì, seduto su una roccia, ad ammirare divertito la scena. Nei suoi occhi rilucevano le fiamme che li circondavano. Fiamme di odio, fiamme di dolore, fiamme di vendetta. Come a lui era stata portata via la famiglia, ora nessuno doveva più essere felice. Nessuna famiglia felice. Il suo potere erano i contratti. La magia era solo un mezzo, ma i contratti erano la vera rovina delle persone. Poiché tutti sanno alla fine come andrà. L'uomo aveva rinunciato a sua figlia in cambio della propria vita. Una figlia che neanche era nata.

- Goditi la vita, Jordan - disse Tremotino, scomparendo poco dopo e lasciando l'uomo nel suo dolore.

Jordan si alzò in piedi. Ora era vivo. Si incamminò verso la macchina. Il suo corpo non c'era più. Iniziò a risalire la parete e una volta giunto sulla cima, barcollò in mezzo alla strada, stremato. Si avvicinò al parapetto, nel punto in cui la macchina aveva sbandato. Lui non meritava quella vita. Aveva venduto sua figlia. Non sarebbe mai riuscito a sopravvivere con il rimorso.

Luna, tu che guardi tutto da lassù. Chissà a quanti massacri avrai assistito, a quanti amori e a quante nascite. A tutte le vite che sotto la tua luce continuano, e a tutte quelle che terminano. Non credo che una morte in più ti dispiaccia, Luna. Non credo che ti importi davvero molto di quello che un uomo scavato dal dolore faccia. La vita è la sua. Ma tu lo hai visto nascere, lo hai visto crescere. E ora è giunto il momento che tu lo veda morire, di nuovo. Forse una volta non bastava, no. O forse è proprio questo eccesso che gli ha dato alla testa. L'eccesso di una vita. Viverne una è già abbastanza, ma due è troppo. Forse anche lui se ne era accorto, e voleva ristabilire l'ordine. Il giusto equilibrio. Un equilibrio che soltanto la morte, con il suo oscuro oblio, riesce a portare. Quella notte infatti i piedi di Jordan camminarono lenti e pesanti verso il bordo del dirupo. Si arrampicarono titubanti sul parapetto arrugginito. Chi avrebbe mai immaginato che una semplice goccia, una gocciolina di brina, sarebbe stata il vero assassino. Che avrebbe fatto scivolare Jordan in quel baratro che già conosceva bene perché già vi era morto. Una cosa innaturale. Morire due volte.

E in quella notte di luna piena, ammirando quel corpo in fondo al dirupo, una risata si fece largo nel buio. Una risata carica di odio. Una risata carica di dolore. Una risata carica di vendetta.

Zexab2000

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