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capitolo 13 trattenere un respiro

La serata è andata meglio del previsto.
Dopo quelle ragazze recuperate per strada, molte altre ne sono arrivate e le iscrizioni sono alle stelle già il primo giorno di apertura.

Kim si è data un po' della stupida per non averci pensato prima, ma dopo lo sciocco incontro a deciso di fare girare più e più voci sulla Elisabeth House.
In serata persino Black ha saputo che la palestra è offlimit.

Comunque, per festeggiare il clamoroso successo, i ragazzi hanno deciso di portare le ragazze fuori a cena, una cosa abbastanza normale, eppure si sono resi conto che era da mesi che non lo facevano.
Le uniche a mancare sono Mary, rimasta in palestra a sistemare i nuovi documenti e Kim che ha semplicemente detto che li avrebbe raggiunti dopo.
Una donna qualsiasi avrebbe avuto bisogno di una scusa per volersi assentare per un po', lei no.

Appena entra in casa si bea del silenzio che la accoglie, rilasciando un lungo sospiro che trattiene tra i denti.
Versandosi un bicchiere d'acqua, fa quasi fatica a ingoiare, come se un nodo in gola cercasse di bloccarle il respiro.
Ecco perché non è andata subito con gli altri, da un po' di tempo è sempre più difficile fare finta di nulla e stasera è dovuta fuggire via come una vigliacca.
Un po' si sente bugiarda, sbagliata ma soprattutto furiosa perché qualcosa in lei non va, ma gli altri non devono saperlo.
Non ora, non con i problemi che ha.

Si incammina in soggiorno, progeammando di sdraiarsi qualche minuto, sperando basti, ma non ha il tempo di arrivare al divano che il telefono squilla più volte, nonostante lei non abbia risposto alle prime forse quattro chiamate.
E da quando ha lasciato la palestra che Steve insiste nel volerle parlare, è davvero fastidioso quando vuole, cosa ci sarà mai di così importante da non poterne parlare domani?

"Dimmi che è importante sbirro del cazzo, altrimenti ti farò ingoiare quel maledetto telefono."

No che Steve si aspettasse una risposta calorosa, ma la minaccia poco originale di Kim lo fa ingoiare a vuoto, deve averla disturbata in un momento sbagliato dato il suo tono particolarmente nervoso.
Ma c'è davvero un momento giusto per lei?

"Sei tu che mi hai detto di chiamarti il prima possibile.
E ho qualche informazione da darti."

Che si sia reso davvero utile, Kim ne dubita davvero, ma ormai ha risposto alla chiamata quindi può solo sperare che ne valga la pena, vuole dargli una possibilità.
Sedendosi sulla poltrona nell'oscurità del soggiorno, silenziosa si porta una sigaretta alle labbra e, tanta è la tensione, che Steve quasi sente il calore del fuoco che accende la sigaretta sussultando quando Kim gli dice di parlare.

"In realtà la polizia ha poco o niente."

Kim si rimangia tutto quello che ha pensato e quasi vorrebbe colpirsi la fronte con uno schiaffo.
Che la polizia non ha niente su di lei lo sa dal giorno dopo la scoperta del corpo di Victor e non ha avuto bisogno nemmeno di un finto distintivo.
Sta per chiudere la chiamata abbastanza annoiata, ma Steve non si arrende.

"Il realtà il nome di Gionata Terner compare molto più spesso di quanto lo faccia l'angel Killer.
Dai documenti che ho trovato, ho scoperto che la polizia lo ha tenuto d'occhio da quando è arrivato in città e si dice che abbia avuto l'onore di incontrare l'angel Killer, incontro finito in una strage, nel locale che da un mesetto circa è a nome di Carter Miller.
Ne sai qualcosa?"

Kim sbuffa annoiata, ancora niente che lei già non sappia.
Gionata era così coglione da farsi persino arrestare un paio di volte per spaccio, quanto si pente di aver davvero creduto che fosse una minaccia.
Ci ha perso troppo tempo.

"Il fratello di Carter è stato una spina nel fianco, abbiamo avuto qualche stupendo incontro famigliare, ma non siamo proprio riuscìti a legare.
E..."

E Steve la interrompe con un urlo stridolo, anche poco mascolineo, costringendola ad allontanare il telefono dall'orecchio.
Dio quest'uomo sta sfidando la sua santa pazienza.

"Quando avevi intenzione di dirmi che Gionata Miller aveva cambiato nome?
Sono stato giorni se non settimane dietro  questa pista, potevi almeno..."

Avvisarmi, vorrebbe dire, ma Kim gli ha chiuso il telefono in faccia.
Dio, gli uomini con il ciclo non li sopporta proprio, non è colpa sua se Jek e Nik lavorano meglio di una intera questura di polizia.
Perciò ha davvero poco da lamentarsi, anzi dovrei essere lei quella scontenta della poca intelligenza delle forze dell'ordine, assurdo davvero.

Quando la richiama, lei risponde alla terza chiamata solo perché qualcosa le dice che Steve non la lascerà in pace facilmente, sperando che abbia qualcosa di davvero interessante da dirle.
Una scommessa davvero rischiosa per i suoi nervi perennemente tesi.

"Se torni a blaterare come una ragazzina ti faccio tagliare le dita, voglio vedere come faresti a farti anche solo una sega."

Volgare?
Si, ma stasera è davvero troppo stanca anche per essere creativa e  Steve sembra ricordare con chi sta parlando e quanto le sue minacce siano veritiere.
Non è abituato a essere trattato come una nullità, ma fa un lungo respiro e chiede persino scusa.
Ora si che Kim lo sopporta un po' di più.

"Abbiamo scoperto che Gionata ha cambiato nome solo quando abbiamo comprato il locale.
Per quanto in vita Gionata sia stata una spina nel fianco, almeno da morto ci ha evitato problemi."

Il fatto che nessun Miller sia segnato come criminale, è sicuramente a favore loro.
Carter avrebbe dovuto spiegare troppe cose e anche il locale sarebbe stato nel mirino della polizia.
L'unica cosa intelligente fatta da Gionata.

"Aspetta un attimo, qui non ho nulla sulla morte di Gionata Terner.
Risulta ancora vivo e in ottima salute, anche se non hanna tracce su dove lui sia.
Risulta solo in fuga, forse armato e pericoloso."

Kim spalanca gli occhi, con la sigaretta tra le dita e la cenere a cadere nel posacenere.
Il suo cervello ci mette davvero poco ad elaborare il tutto ed è tutto già perfetto e ben confezionato con tanto di fiocco.
Questa sì che è una notizia grandiosa.

"Tienimi aggiornata."

Chiude la chiamata e questa volta Steve ha la decenza di non richiamare, sente che altrimenti potrebbe rischiare davvero molto e ha già fin troppo giocato d'azzardo.

Spegnendo la sigaretta nel posacenere, Kim si culla nel silenzio lasciando alla mente una lavagna bianca su cui creare tutto il piano.
Immagina passo per passo ogni azione che dovrà fare e una volta soddisfatta si alza di scatto.
Ha bisogno di recuperare qualche informazione dalla sala di sorveglianza, deve chiamare gli altri e spiegargli il suo piano e deve...

Un crampo allo stomaco la fa fermare di scatto, aggrappandosi allo schienale del divano con un urlo stretto tra i denti.
La vista le se appanna, come i sensi che non percepiscono più ciò che la circondano, chiudendola in una bolla dove sente solo il dolore e la nausea in gola.

" C'è qualcuno in casa?"

Si aggrappa allo schienale del divano con disperazione, il dolore sale sulla schiena, come se potesse piegare le ossa fino a romperle e la bile continuare a usare la sua gola come un ascensore.
Trattiene il respiro, rimanendo immobile, in una posa innaturale e visibilmente dolorosa.

"Kim."

Stefano, a vederla tanto sofferente, quasi pensa sia solo una allucinazione.
È tornato a casa perché ha dimenticato il camice pulito per il turno serale, non aspettandosi di trovare qualcuno.
Ha sentito un rumore, forse un verso o un respiro trattenuto e seguendo il suono si è trovato lei in uno stato che non le è mai appartenuto, nemmeno dopo gli scontri più carnali.

Corre da lei, prendendola al volo prima che cada rovinosamente a terra.

"  Kim, che cazzo succede?"

La fa stendere sul divano, ma appena la schiena sfiora il materasso risalta su come una molla con un verso che sale direttamente dal diaframma.
Stefano osserva il braccio di lei stretto sulla pancia mentre la schiena continua a piegarsi a suo piacimento.

"Che succede Kim?"

Questa volta parla con tono più rassicurante, aiutandola a sdraiarsi sul lato, facendole provare un leggero sollievo.
Un attimo di respiro e sembra riprendere coscienza di sé e di ciò che la circonda.
Stefano e in ginocchio davanti a lei, spostandole gentilmente un ciuffo finito sulla fronte umida.

"  Non lo so."

Riesce appena a sussurrare e non è difficile da sentire la sua preoccupazione.
Kim, che ha sempre tutto sotto controllo, ora combatte contro il suo corpo che si ribella.
Non sa se è più preoccupata per la sua salute o perché non ne sa il motivo.
Stefano invece sembra prendere la situazione in mano, il suo viso ingenuo riprende quell'espressione seria che ha sempre quando indossa un camice o salva la vita a un amico.

"Ora provo a visitarti, tu dimmi dove senti male e cerca di resistere."

Lei si limita ad annuire, arrendevole come poche volte, solo forse  quando e incosciente.
Dentro di sé non ci prova nemmeno a mentire, ha paura e si mette completamente nelle mani del suo amico.

Cauto si avvicina a lei, alzandole leggermente la maglia, iniziando a sfiorare il fianco non facendo caso alle lunghe cicatrici nascoste dal rampicante di una rosa, ma così chiare al tatto.
Conosce ogni centimetro del corpo della donna che ha tra le mani, le cicatrici non lo sorprendono più.

Non sentendo risposta, scivola verso l'ombelico e quando è quasi vicino Kim rilascia un urlo che lo fa allontanare all'istante.

"Scusa."

Sussurra e ci riprova, ma è inutile, intoccabile in quel punto.
Di scatto si alza per correre verso la cucina, cercando come finta freddezza e controllo un antidolorifico.
La mente fa fatica a ragionare, lui stesso ha cucito parecchie volte le ferite nella carne di Kim, senza che lei facesse un lamento, anzi spesso ridendo della sua espressione annoiata.
Ed ora invece, la sente urlare semplicemente sfiorandola.

Chiude gli occhi un istante, non può farsi prendere dal panico, non ora.

Torna da lei, facendole prendere in bocca dalla sua mano la pastiglia, osservandola docile ingoiare senza proteste.
La osserva, trattiene il respiro, non può cedere alla paura, lo deve fare per lei.

Passa qualche minuto quando la vede tornare a un respiro più regolare.
Il dolore piano piano ora è un fastidio e riesce a respirare finalmente in modo regolare, alza lo sguardo su Stefano trovandolo immobile in attesa di risposte.
Sbuffa, voleva evitare in tutti i modi questa situazione.

"Sto bene, puoi andare."

Fa per rialzarsi ma quasi è scioccata nel sentire la mano di Stefano sulla spalla a spingerla di nuovo giù.
Il suo sguardo è severo e la mano continua a rimanere lì a tenerla giù, la sta davvero fronteggiando?
Deve averle dato qualcosa di davvero forte, ha sicuramente le allucinazioni.

Allunga una mano verso il viso di lui e Stefano la osserva confuso finché non gli dà un pizzicotto talmente forte da fargli venire il livido.

"Allora non è una allucinazione."

Ragiona ad alta voce Kim mettendosi seduta ora che non ha nessun impedimento.
Stefano quasi vorrebbe scoppiare a ridere dal assurdità della situazione.
Torna vicino a lei, massaggiandosi la guancia ferita, ma non pronto a demordere.

"Guarda che avresti dovuto pizzicare te stessa non me.
Mi sembra che cerchi sempre una scusa per farmi male."

Nonostante il tono amichevole, rimane vicino a lei con una postura rigida come se fosse pronto a placcarla se cercasse di alzarsi.
E in realtà è così, non le lascerà via di fuga.

"Ti sbagli, non ho bisogno di scuse per farvi male, voi mi date più ragioni di quante ne voglia."

Evita il suo sguardo, sbuffa annoiata e non ci prova nemmeno ad alzarsi, sia perché non ne ha ancora le forze ma anche perché non è stupida.
E ha bisogno che il dottore mantenga la parola.

Sta elaborando una minaccia abbastanza fantasiosa per costringerlo al silenzio, quando lui la strappa dai suoi pensieri.

"Non dirò niente a nessuno.
Ma devi dirmi da quanto va avanti così."

A volte si dimentica di essere circondata da persone intelligenti e che soprattutto ci tengono a lei.
Stefano tra qualche minuto dovrebbe iniziare il turno, Kim lo sa, eppure rimane fermo seduto su una sedia vicino a lei e non sembra intenzionato ad andarsene.

Potrebbe negare, ma a cosa servirebbe, lui sa già la risposta vuole solo avere conferme.

"Qualche settimana, all'inizio era solo la nausea e i giramenti di testa, ma ultimamente si è unito un dolore allo stomaco che mi toglie il respiro."

Il malessere sta aumentando di volta in volta e le "crisi" sono sempre più vicine una all'altra.
In realtà sono sintomi con cui convive da una vita, ha crisi del genere ogni volta che il ciclo si avvicina, soprattutto a causa del suo problema all'utero.
Ma mancano ancora due settimane al ciclo, non ha mai avuto questo dolore con così tanto anticipo.
E tutto ciò, lo spiega con molta calma a Stefano.

"Potrebbe essere dovuto allo stress, ma ti consiglio anche una visita ginecologica.
Durante estrazione del midollo, l'anestesia potrebbe aver interferito con i medicinali che prendi per tenere sotto controllo le lesioni uterine.
Potrebbe esserci un infezione o peggio."

Cerca di essere cauto con le parole, ma Kim non sembra scomporsi per nulla.
Il suo utero è stato carne da macello fin dalla tenera età e l'aborto che ha avuto circa quindici anni prima le ha dato parecchi problemi negli anni.
E sempre riuscita a tenere d'occhio la situazione con la pillola e altri medicinali vari, ma la situazione può essere cambiata.
Più dottori le hanno detto che c'era questo rischio.

"Quando questa storia finira farò tutti controlli dottorino.
Ora fuori dalle palle, sei già in ritardo e il tuo capo potrebbe fartela pagare."

Una minaccia poco velata dato che è lei il suo capo in teoria.
Ma Stefano non si smuove, in questa situazione le minacce di Kim hanno poco effetto, cosa che la fa parecchio sbuffare.
Ormai in questa casa vige l'anarchia cazzo.

"Non puoi aspettare tanto Kim, siamo ancora in alto mare e la situazione potrebbe andare per le lunghe.
Più aspetti e più la cosa potrebbe farsi grave.
Devi visitarti e soprattutto devi riposare."

Kim scoppia a ridergli in faccia, come se non avesse notato la sua faccia seria.
Non può dire davvero sul serio.

Continua a ridere, portandosi una sigaretta alle labbra, scuotendo il capo, che assurdità ha detto il dottorino.

"Fammi capire bene.
Abbiamo la polizia attaccata al culo, un pezzo di merda che vuole incularci per bene e goduria.
E abbiamo Fernandez che mi manda messaggi d'amore sadomaso.
E io cosa dovrei fare?
Prendermi una vacanza."

E lui annuisce, è assurdo che solo lei si renda conto di quali sono le priorità.
Non esiste che lei dorma su sette cuscini, soprattutto ora che le ragazze sono così esposte e il fatto che lui incroci le braccia così serio la fa incazzare ancora di più.

"Dopo tutto questo tempo giochi ancora come se fossi sola.
Hai una famiglia ben preparata a difendersi da sola, perfino le ragazze fanno paura cazzo.
Non devi proteggere nessuno, perché hai fatto un ottimo lavoro a rendere tutti noi capaci di combattere."

Lei continua a fumare facendogli credere di non starlo ad ascoltare ma non è così.
Sa che ha ragione, sa di avere vicino persone pronte a combattere persino a morire per lei.
Ma non è pronta a lasciarglielo fare.

E disposta a combattere guerre con loro, a non avere paura di nessuno, ma sempre mettendosi davanti a loro così che il primo proiettile colpisca dando loro il tempo di correre ai ripari.
Non può abbandonarli.

"Quando Martina è morta, io non c'ero."

Le parole lasciano le sue labbra senza volerle fermare.
Lui deve capire perché non può fermarsi, lui deve capire perché ha bisogno di non fermarsi.
E Stefano, sconvolto che lei si stia aprendo tanto rimane in silenzio, nonostante non sappia di chi sta parlando.

"Si, ero lì quando è caduta a terra mentre l'overdose consumava la sua vita, ma lei è morta molto prima.
È morta mentre io non c'ero, da sola seduta su una panchina si è iniettata una dose sbagliata ed è morta ancora prima che il suo cessasse di vivere."

Una colpa che la accompagna da anni e che mai troverà perdono.
Lei non c'era, non era lì a fermare quell'ago scelto per suicidarsi.
Lei non c'era.

Dall'ora a vissuto da sola, contanti solo su se stessa, non avendo nessuno da dover salvare o peggio da vedere morire.
In un certo senso, è più facili essere da soli, non si ha la paura di perdere qualcuno a fare compagnia mentre si dorme.

"Ora io ci sono, se la morte busserà ancora alla porta della mia vita o di quella delle persone che amo, io ci sono e sono pronta a combattere anche contro l'inferno se servirà a fermare quella dose tagliata male."

Stefano riesce a raccogliere il suo racconto solo a piccoli bocconi, senza saperne il vero sapore, ma basta guardare i suoi occhi per capire.
Lui non farebbe lo stesso per le persone che ama?
Se la sorelle fosse ancora viva, lui non si butterebbe in pasto a quei bastardi pur di salvarla?

Sospira rilasciando un lungo respiro trattenuto nello stomaco.
Kim è e sarà sempre una donna pronta a darsi in pasto ai lupi pur di salvare loro e questa volta non è diversa dalle tante altre che ha già vissuto.

"Ok, ti capisco e mi farò i cazzi miei, ma una condizione."

Le punta il dito contro e fa appena in tempo a ritirarlo quando Kim si spinge in avanti per morderlo.
Si era dimenticato che la stessa donna che ha mangiato dalle sue mani, non ha problemi a morderle.
Lei lo guarda in modo innocente ed è chiaro che mai nessuno riuscirà a capirla, può solo sostenerla, esserle vicino pronta ad afferarla se cadrà.

"Se succede di nuovo mi chiami, tienimi informato Kim e io non dirò nulla."

Se si aspetta che lei annuisce, si sbaglia di grosso, perché rimane indifferente a fumarsi una sigaretta.
Non fa promesse che non sa mantenere, lascia che lui si illusa che sia così ma continua a rimanere immobile mentre lui si allontana per andare a lavoro.

Resta lei, la solitudine e la paura ch la sua vita non verrà spenta in battaglia, ma tra lenzuola bianche di lino.

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