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capitolo 20 tutto è possibile

Gli incubi non portano mai buon consiglio.
Alex si gira e si gira tra le lenzuola vivendo con la mente incubi che in realtà sono verità.

Immobile, costretto a guardare mentre una piccola Kim di nemmeno dieci anni viene costretta a soddisfare le voglie malate di questi porci.
E quando si sveglia di scatto, con la fronte sudata e il respiro corto è ancora peggio ricordarsi che non era un incubo, ma la realtà.

Il letto è un disastro, il sonno ormai è scomparso e l'orologio segna ancora le cinque.
Potrebbe provare a fare una doccia e a dormire un altro po, ma a troppa paura dei sogni che farebbe e il letto è diventato scomodo e quasi spigoloso.

Cosi, sospirando abbandona il letto, scendendo al piano inferiore.
E non si sorprende quando vede la luce accesa e qualcuno già in piedi come lui.

"Notte insonne?"

Gli chiede Kim tirando fuori dall'armadietto la sua scorta segreta di biscotto, mentre si ode la macchinetta del caffè che fischietta.

Alex nega, sedendosi al suo solito posto  al tavolo, lo stesso in cui era seduto ieri sera, lo stesso che occupava mentre lei raccontava la sua storia.

La osserva mentre tranquilla versa il caffè in due tazze, porgendone una a lui.
Cosi calma, quasi empatica dopo tutto quello che gli ha raccontato.

"Ti ho dato un po' una risposta del cazzo ieri sera.
La verità è che non sapevo cosa dire e volevo solo fuggire."

Un codardo, ecco come si sente, perché non ha avuto la forza di restare preferendo la fuga.
Come ha sempre fatto con lei, sbagliando troppe volte.

Kim sospirando, si siede vicino a lui, un po' se lo aspettava che non fosse completamente lucido ieri notte e che avevano ancora qualcosa da dirsi.

Lo guarda ed è cosi strano che pochi mesi fa erano una coppia, rendendosi conto che non funzionavano come fidanzati, come invece si sente molto meglio a essere amici.

"Quello che hai passato...
Come fai?
Come fai a vivere con quel dolore?
Io ho solo ascoltato la tua storia e mi sento male dentro, furioso verso chi ti ha ferito."

Lei è cosi forte, coraggiosa da riuscire a superare ogni cosa.
E invece lui?
Ha avuto un rapporto malato con un donna e ci sono voluto anni per superarlo.
Se avesse passato quello che ha passato lei, forse avrebbe preferito la morte.

"Non è coraggio Alex e non lo superato.
Prima di arrivare qui, il passato mi logorata dentro, tanto che spesso ho sfiorato la morte per mia scelta e tutte le volte avrei voluto superare quella linea e morire."

Come darle torto, sono ferite che segnano l'anima come un male che la distrugge giorno dopo giorno, finché non resta che polvere.
Eppure la guarda, bella e forte come poche donne al mondo e la domanda sorge spontanea.

"Ed ora?
Cosa è cambiato?"

Perché lei è cambiata, non è più la donna che ha conosciuto quasi un anno fa, è più forte di prima, più viva di prima.
E lei lo guarda, con quegli occhi di ghiaccio che al primo incontro lo hanno stregato, vedendoli diversi anche se ancora nascosti da un velo di gelo.

"Ho incontrato voi.
Sara è stato l'inizio di tutto, lo scopo per cui vivere e combattere.
Poi sei arrivato tu."

Sarà la notte insonne, oppure l'aver sfiorato insieme un ricordo doloroso, ma i due si aprono completamente uno all'altro, come non sono mai stati capaci di fare quando stavano insieme.

"Non era amore Alex, lo so perché ora sono innamorata di un altro e non è lo stesso che provavo con te.
Ma il sentimento che provavo e che provo ancora per te, è semplice è puro affetto, lo stesso che mi ha spinti ad aprirmi di nuovo alla vita, rinsanando molte ferite passate."

Alex gli prende la mano, accarezzandole il dorso, sentendosi completamente d'accordo con lei.
Si vogliono bene e il loro unico errore è stato confondere il volersi bene con l'amore, ma non importa.
Questo piccolo errore li ha spinti a credere di nuovo nell'amore e nella vita, facendoli uscire dai loro schemi di gelo e brutti ricordi.

"Tutti noi siamo sopravvissuti, chi più e chi meno, nessuno di noi credeva più nell'amore o nella vita.
Eppure insieme, mettendoci tutti un po del nostro, abbiamo creato una famiglia."

Entrambi sorridono, tenendosi per mano, ricordandosi chi erano e pensando a chi sono ora.
Jek non aveva più fiducia dell'amore, Cam l'unica donna che amava non aveva il coraggio di viverla alla luce del sole, tutti loro, nessuno escluso, segnati dagli errori dei genitori e increduli di poter avere una famiglia propria.
E le guerre con Miller, la loro amicizia distrutta, se stesso con la certezza che l'amore fosse solo una puttana.
Ed ora, tutto è cambiato.

Queste due mani che si sfiorano e si stringono, sono l'esatta risposta a ciò che sono ora, una famiglia anche se anormale e troppo allargata.

"Ti devo tanto Kim, più di quanto oso ammettere.
Da quando ti ho conosciuto sono diventato un uomo migliore e quando mi guardo allo specchio sono fiero di me."

Kim sorride, trattenendosi dal fare battute, perché di cose da dire ne avrebbe molte.
Ricorda l'uomo arrogante e testardo che ha conosciuto tanto tempo fa, diverso dall'uomo che ora le stringe la mano.

"E magari, ci siamo amati per sbaglio, facendoci più male che bene.
Ma ora...
Sappi che ti voglio bene Kim e che per qualsiasi cosa io ci sono, ci sarò sempre per te."

E vorrebbe abbracciarla, davvero, ma si limita a sorriderle senza lasciarle mai la mano.
Sa quanto le pesa un abbraccio, quanto la faccia sentire fragile, ma gli va bene cosi.
Le basta la sua mano su quella di lei, sentendosi felice quando lei ci posa sopra anche l'altra mano, un gesto stupido eppure con un grosso significato.

"Lo stesso vale per me.
E a proposito di questo, hai qualcosa da dirmi sulla donna che sta usando il mio letto?"

Ed ecco la Kim un po stronza, che fa riferimento alla donna che hanno salvato la notte prima.
Sorride Alex, sciogliendo le mani giunte solo per rubarle una sigaretta dal pacchetto sul tavolo sotto il suo sguardo ormai rassegnato.
Questa casa è un covo di ladri.

"La verità?
Non so che mi è preso, lo vista e...
Non potevo lasciarla lì, dovevo portarla via, dovevo salvarla.
E poi, i suoi occhi..."

Come può non pensare a quegli occhi, quel nero profondo e scuro come il petrolio.
E quanta sofferenza ci ha letto in quel nero notte, in quella lacrima scivolata infame fino alle labbra.

Non sa cosa le è passato per la testa, perché questo bisogno di salvarla.
Sa solo che non riesce a togliersela dalla testa.

"Ti piace.
Hai una faccia da ebete quando ne parli."

Gli scoppia a ridere in faccia Kim, rubandogli un sorriso.
Gli piace?
È possibile in così poco tempo, nel momento di uno sguardo?

In realtà non ci aveva pensato, si è lasciato semplicemente sopraffare dalle emozioni, senza pensarci lucidamente.
Ed è confuso, Kim lo vede sul suo volto che non sa cosa pensare e questo la preoccupa.

"Non credo sia possibile innamorarsi in uno sguardo.
Andiamo, chi ci crede più al colpo di fulmine."

Ride nervoso tra se e se, sotto lo sguardo curioso di Kim.
Non l'ha mai visto così nervoso e insicuro, nemmeno con lei.
Sa quanto è difficile gestire troppe emozioni, non sapere quale strada prendere e aver paura si sbagliade, soprattutto per lui che sente di aver fatto troppi errori in passato.

"Per esperienza, niente è impossibile.
Ma questa volta metti da parte l'istinto, l'orgoglio e persino te stesso.
Quella ragazza a l'anima livida, non le servono illusioni e altre ferite, con lei ci devi andare con passi lenti e di piombo."

E davvero tutto possibile, la dimostrazione ce l'ha davanti a se, dentro di sé, ma Kim ha completamente ragione.
Ha vissuto la sua vita seguendo l'istinto, lasciando che l'orgoglio corrompesse le sue scelte, pensando solo a se stesso.
Ma quella ragazza è talmente fragile che basterebbe un errore a spezzarlo definitivamente.

Più la pensa, più sente il bisogno di salvarla e darle una vita migliore, la felicità.
Ma lui non è ancora capace di dare agli altri, non sa ancora guardare oltre al primo riflesso, non è la persona giusta per quella donna dallo sguardo petrolio e l'anima piegata.

"Hai ragione, lei non se lo merita."

Non è quello che intendeva Kim, non voleva farlo desistere dai sentimenti che prova, voleva spronarlo a guardare oltre alla propria ombra.
Ma sbuffa guardandolo uscire dalla cucina, quella testa dura come sempre capisce solo quello che vuole capire.
Ma alla fine sorride, se ci ha visto giusto, Alex non potrà fuggire e lei sarà lì ad aiutarlo in ogni passo e a scoprire ogni emozione nuova.

Tranquilla, si prepara a godersi a questa oretta di solitudine e calma, peccato che in questa casa è da tanto che la solitudine è scomparsa.

"Certo che questa casa è sempre in movimento, nonostante siano ancora le sei."

E questo ora chi è e che ci fa in casa sua?
Tranquillo e sorridente fa come se fosse a casa sua, versandosi una tazza di caffè e sedendosi vicino a lei come se nulla fosse.

Capelli sbarazzini, viso pulito e un sorriso gentile da un orecchio all'altro, cosa c'entra questo tizio con seri problemi di zuccheri, anche perché ne mette tre cucchiaini nella tazzina di caffè, con villa queen?

Potrebbe essere il fratello segreto di Sara, non c'è traccia di somiglianza ma hanno lo stesso sorriso da overdose di arcobaleni e cacca di unicorno.
Oppure è solamente uno psicopatico scappato dal manicomio e finito per sbaglio nella sua cucina.

"E tu chi sei?"

E continua a sorridere, tanto che tra poco gli andrà di traverso il caffè e la scena a Kim non dispiacerebbe.
E la guarda, la studia e Kim capisce molte cose, è solo un finto tonto che si finge innocente solo per arrivar più vicino all'obbiettivo.
Divertente.

"Sono Stefano, il cugino di Nik, mi ha chiamato lui ieri sera per la ragazza denutrita e maltrattata che avete salvato.
È un piacere."

E gli porge la mano, aspettando che lei si presenti a sua volta.
Non sa chi ha davanti e Kim ha tutto un suo modo per presentarsi, annoiata dalla solita stretta di mano.

Piega il capo di lato, sorridendo e lasciando che gli occhi parlino per lei.
Lo guarda come se lo stesse spogliando dentro, facendolo ingoiare a Vito e ritirare la mano davanti ai suoi occhi gelidi e dilatati.

Il sorriso scompare, l'espressione perde sicurezza ed ora è davvero un cucciolo innocente davanti alle fauci del leone.

"L'angel killer in persona mi caro cugino.
Avrei dovuto prepararti prima dell'incontro con lei."

Nik entrando in cucina ferma il gioco divertente di kim, che con un battito di ciglia torna alla normalità, se così si può chiamare.
Peccato, kim si stava divertendo e voleva veder quanto avrebbe resistito il dottore prima di fuggire o di prescriverle qualche terapia psichiatrica.

Stefano d'altro canto torna a respirare e a sorridere, non aveva idea di trovarsi davanti al capo della gang, anche perché come molti pensava che L'angel killer fosse un uomo.

"Tranquillo Nik, sono ancora vivo perciò è andato bene come primo incontro."

Questo ragazzo è interessante, torna a guardarla studiandola, nonostante abbia avuto un'assaggio di chi ha davanti.
Chissà se è coraggio o stupidità, chissà quanto resisterà prima di fuggire a gambe levate.

"Vedo che siamo già tutti svegli, ma potevate lasciare un po di caffè anche per me."

Sbuffa Jek, notando la macchinetta ormai vuota e perciò costretto a farne una nuova.
Ma si, fate pure come se foste a casa vostra, sbuffa mentalmente Kim rendendosi conto di non essere più padrona in casa propria.

"Ho una idea.
Perché non tornate a dormire tutti a casa vostra invece di vivere a scrocco in casa mia."

Altro che hotel, questa casa sta diventando un campeggio cazzo.
Nonostante le camere non siano abbastanza per tutti, i ragazzi continuano a dormire qui usando brandine, dormendo sul divano e dormendo anche in tre nelle camere.

Kim si porta una sigaretta alle labbra, accendendola nervosa e portandosi due dita all'attaccatura del naso, come cazzo ce finita in mezzo a questi vandali?

"Non dovresti fumare di prima mattina e poi il fumo passivo fa più male di quello attivo."

Kim alza di scatto lo sguardo sul pivello che tranquillo mangia persino i suoi biscotti che ha tirato fuori dal nascondiglio Nik.
È assurdo, ora persino questo pivello si mette a dare ordini in casa sua, ma stiamo scherzando?
Il tutto mentre gli altri se la ridono aspettando che la The Queen esploda nel suo stile.

Kim si alza dalla sedia avvicinandosi al dottore per poi soffiargli il fumo in faccia e buttare la sigaretta nella sua tazzina ancora piena di caffè.
Occhi negli occhi, la sua pazienza è davvero poca.

"Ascoltami bene dottore, cosa ancora dirmi cosa fare e dovrai farti una ingessatura dalla testa ai piedi.
Hai visitato la ragazza, ottimo lavoro, ora fuori dai coglioni."

E si finge sicuro di sé, nonostante ingoia a vuoto davanti all'espressione innervosita della the Queen.
Ok, ha sicuramente superato il limite, kim non è una donna con cui poter tirare troppo la corda, altrimenti te la gira intorno al collo e ti ci impicca.

"Andiamo Kim, non è male avere un dottore in casa, con le botte che ci dai è utile averlo a portata di mano."

Ed ecco che anche Cam fa il suo ingresso insieme al fratello che si limita a sorridere.
Voleva solo una oretta di pace, un'ora, non ha chiesto la luna.
E invece no, in meno di dieci minuti la sua cucina viene infestata da ladri di biscotti e caffè.

"Se voi stesse a casa vostra, il problema non si creerebbe proprio.
Ecco questa si che è una bella idea, andarvene da casa mia."

Ma è tutto inutile, ormai la solitudine è scomparsa dalla sua vita senza nemmeno salutare e per quanto Kim si finga offesa, in realtà non le dispiace avere una famiglia che riempie i suoi vuoti.
E li guarda parlare tra di loro di lavoro o della corsa che ci sarà questa sera e alla fine sorride negando con il capo e accendendosi una sigaretta questa volta intenzionata a fumarla.

Tutto sotto lo sguardo di Stefano che si guarda intorno curioso, non è una famiglia normale e non sembra nemmeno una gang.
Ma gli piace, questa potrebbe davvero diventare casa sua, sempre se Kim non lo appende a testa in giù dal lampadario.

Intanto Alex cammina nel corridoio al secondo piano, diretto al bagno per farsi una doccia, ma istintivamente fermandosi davanti alla camera Kim, occupata ora dalla ragazza misteriosa.

Le mani gli sudano, le gambe non vogliono andare oltre e in questa stanza che vuole entrare.
E lotta contro se stesso tra la voglia di fuggire e di bussare, con la mano che si alza e poi si abbassa arrendendosi.
Sta per convincersi di andare via, quando la porta si apre e una biondina esce dalla stanza richiudendo la porta alle sue spalle.

"Alex, mi ha spaventato."

Sobbalza Sara non essendosi subito accorta della presenza di alex davanti alla stanza.
Con la mano sul petto, cerca di riprendere il battito regolare davanti allo sguardo divertito di Alex.
Ma capira come un angelo possa vivere all'inferno, forse qui per salvarli tutti oppure semplicemente per donare una carezza e un po di zucchero in questa vita amara.

"Prima o poi mi verrà un infarto in questa casa.
Comunque la ragazza è sveglia e sta meglio, a chiesto di te.
O meglio, mi ha chiesto dell'uomo dallo sguardo gentile e ho fatto due più due."

Sara gli lascia tra le mani la patata bollente tra le mani, per poi andare via con un sorrisetto trionfante per lo sguardo che ha assunto alex alle sue parole.
Si sente un piccolo diavoletto per aver usato le parole con cura, ma infondo se a fin di bene può indossare anche lei ogni tanto una coda appuntita e due piccola corna rosse.

E alex rimane fermo davanti alla porta  con lo sguardo basso e i pugni stretti.
Ha chiesto di lui, vuole vederlo, forse solo ringraziarlo o non sa davvero cosa.

La mano che tremante si posa sulla maniglia, abbassandosi con la stessa velocità con cui sbatte il cuore nel petto.
Apre la porta e gli occhi sono già su di lei, seduta su una sedia davanti al balcone aperto, a guardare l'alba che sale lenta su un giorno nuovo e diverso da quello di ieri.

Entra piano, chiudendosi la porta alle spalle, negandosi la fuga.
Occhi su di lei, sulla flebo che inietta liquido nel suo braccio sottile, il corpo sottile e la pelle ancora pallida.

"Ciao."

Può solo sussurrare vendendola scattare con il viso verso di lui, alzandosi velocemente e abbassando gli occhi al pavimento.
Non sa più cos'altro dire, la fissa e la gola che arde incapace di fare un suono, avere davanti una foglia persa nel vento con la paura di farla cadere a terra nel fango.

E le mani tremanti di lei lentamente si posano sui bottoni della camicia, sa cosa deve fare, sa cosa vogliono gli uomini che entrano nella sua stanza.
Slaccia il primo bottone con difficoltà, ancora debole e fragile ma sicura che sia la cosa giusta da dare.
E questo che le hanno insegnato.

"No, no."

Scatta in avanti alex, capendo le sue intenzioni e forse anche i suoi pensieri, afferrando le Sue mani delicate e fragili facendole alzare di scatto gli occhi su di lui.
Occhi pieni di lacrime, impauriti dallo scatto dell'uomo, tanto che si toglie dalla presa solo per alzare le braccia e pararsi il viso.
Un gesto istintivo, un comportamento che il suo corpo ha imparato ad assumere per sopravvivere, mentre con lo sguardo lo prega di fargli troppo male.

Uno sguardo può far male, può distruggere e alex fa un passo indietro sentendosi colpevole e sbagliato.
Lei trema, lui ha sbagliato, non doveva spaventarla, non voleva farla tremare.

"Ho sbagliato, sbaglio sempre tutto, perdonami."

E le da le spalle, passandosi le mani tra i capelli, aveva ragione Kim deve stargli lontano, lei non merita di essere avvicinata da lui.
E lei sposta le braccia dal viso, guardandolo confusa di non essere stata punita, pian piano riconosce le spalle ora basse e sconfortate, la camicia che ha stretto la sera vedendo persino il punto stropicciato della stoffa dove lei si è aggrappata.

E quando si gira verso di lei, riconosce lo sguardo verde e triste, gli occhi dell'uomo dallo sguardo gentile che la salvata e trattata come un essere vivente.
Ma lui le da di nuovo le spalle, sta per andare via, ma lei non vuole che vada via, lei sente di volere qualcosa, di avere il diritto di volere qualcosa, glielo ha detto anche il dottore stanotte che non è più schiava.

E prima che lui possa andare via, lei gli afferra la mano, sospirando per il tocco caldo e gentile della sua mano, sentendo finalmente il calore umano che ha nessuno dovrebbe essere mani negato.

"Non andare via."

Sono le prime parole che dice da giorni, in genere obbligata a tacere e ad obbedire, ora queste parole le graffiano la gola riscaldandole il cuore.
Ignara dell'effetto che hanno invece all'anima di Alex.

Con calma la invita a tornare seduta sulla sedia e quando la spaventa vendendolo allontanarsi, la tranquillizza mostrandole la sedia che prende in mano spostandola vicino a lei, per poi sedersi e riprenderle la mano.

"Io mi chiamo Alex.
Vuoi dirmi il tuo nome?"

Le chiede con gentilezza e lei non ricorda più quand'è stata l'ultima volta che le hanno fatto una domanda o che ha pronunciato il suo nome.
Solo nei suoi sogni ricorda la madre che la chiamava per nome, solo ad occhi chiusi sentiva una voce gentile chiederle qualcosa.
Ma ora i suoi occhi sono aperti e guardano confusa una distesa d'erba e smeraldi negli occhi di lui.

Forse, davvero tutto è possibile.

"Il mio nome è Gemma."

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