Capitolo 6
Capitolo 6
Due mesi prima
Un fruscio distante e leggero destò Emmeline dal sonno.
Con la mente confusa e uno sgradevole sapore amaro in bocca, la ragazza aprì gli occhi, per poi richiuderli di colpo, accecata dalla luce, seppur soffusa, delle lampade.
Fece per passarsi una mano sul volto, ma qualcosa fece resistenza. Riprovò e quella volta percepì chiaramente il freddo delle catene avvolgerle i polsi esili.
Una stilettata di paura le attraversò il cuore, paralizzandole il respiro. Impiegò qualche secondo per riprendere lucidità e ricordarsi dove si trovava. Nel momento stesso in cui rievocò nella mente tutto ciò che era accaduto, il dolore la assalì. Non semplice sofferenza fisica; ciò che provò fu qualcosa che andava oltre la comprensione umana. Non poteva essere classificato come banale dolore, perché era molto di più. Il corpo, la mente... ogni singolo millimetro del suo corpo era stato annientato così tante volte da perderne il conto. Lord Voldemort e i suoi seguaci l'avevano torturata andando ben oltre il limite umano, portandola ad un passo dalla pazzia senza mai spingersi oltre. Lui voleva che lei capisse ciò che le stava succedendo e voleva che lei assaporasse ogni istante di quella lenta agonia che, per Emmeline, non avrebbe mai avuto fine.
Se solo fosse potuta morire... aveva invocato più e più volte la morte; aveva supplicato chiunque la circondasse di porre fine alle sue sofferenze. Aveva pianto, aveva urlato, aveva stretto così tanto i denti da ritrovarseli in frantumi in bocca. Si era staccata le unghie a furia di artigliare la fretta pietra, ma nulla di tutto ciò le aveva permesso di ottenere ciò che desiderava: l'oblio.
Dopo essersi divertiti con lei e dopo aver goduto della sofferenza sua e di James – abituale spettatore a quegli scempi – la lasciavano a terra, senza neppure incatenarla al pavimento; non si sarebbe mossa in ogni caso. A quel punto, giungeva Regulus Black che, con una delicatezza ormai quasi dimenticata, la sollevava e la portava nelle sue stanze, nelle quali si prendeva cura di lei e la guariva, in modo che fosse sana per il secondo round, per il terzo, e così via.
"Stai ferma" le disse una voce calda, così familiare.
Emmeline sentì allora il tocco gentile di una spugna sulla gamba e l'acqua calda che scorreva pigra lungo la pelle.
"R-Reg..." sussurrò, ma le fu impossibile concludere la parola; qualcosa le bloccava la bocca, impedendole di parlare. Tra le palpebre socchiuse riconobbe il volto giovane e affascinante di Regulus Black, in quel momento attraversato da un'ombra cupa.
"Non parlare" le consigliò, "Ti sei rotta la mandibola cadendo a terra".
Emmeline annuì, e lacrime bollenti le rigarono le guance. Si sentiva così stanca di essere ancora in vita; così umiliata e disgustata dal mondo.
"Non piangere" disse lui, con voce atona. Non suonò come un ordine, ma la Grifondoro obbedì.
Emmeline si concentrò sul tocco delicato, ma deciso, di Regulus sul suo corpo. Le sembrava assurdo, ma l'unica cosa che le permetteva di non arrendersi era proprio il Serpeverde. Quelle ore passate insieme, in cui lui si prendeva cura di lei e, per riempire il silenzio le parlava e le riportava banali notizie dall'esterno, si trasformavano in un balsamo per il dolore. Ancora più assurdo era ciò che provava per Regulus Black: odiava la sua natura da Mangiamorte che si manifestava ogni qualvolta che riceveva un ordine da Lord Voldemort e quando la torturava, ma d'altra parte, non poteva che essere grata delle cure che le dedicava quando le medicava le ferite.
"Questa volta è andata peggio" cominciò il ragazzo. Sapeva che Emmeline preferiva sentirlo parlare che passare altro tempo in silenzio sola con se stessa, "Se non ti fossi divincolata dalla presa di Macnair, probabilmente non saresti messa così male. Cadendo ti sei fratturata la mandibola e rotta uno zigomo. Ho già curato le ustioni e i lividi" non era un vero e proprio rimprovero, ma per tutta la frase il tono rimase piatto.
Emmeline si morse un labbro. Sapeva bene che la cosa più dolorosa fosse la saldatura delle ossa; ormai era diventata quasi insensibile ai ferri bollenti e alle botte, ma non esisteva male superiore alla frattura di un osso... e la cura non era meno dolorosa.
Regulus prese la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e si voltò verso la ragazza stesa sul tavolino davanti a lui; se non fosse stato per il sottile strato di seta che le copriva le femminilità, Emmeline Vance sarebbe stata nuda al suo cospetto. Se inizialmente aveva provato un certo turbamento nel vedersela stesa nuda sul lettino – era umano anche lui ed Emmeline Vance era sempre stata una bellissima ragazza – dopo tutto quel tempo, era diventato quasi insensibile a quella barriera: nonostante cercasse di ignorarlo, aveva imparato a conoscere il corpo della ragazza e, a volte, dopo essersi allontanato dalla propria stanza, la rivedeva nella propria mente e, pur cercando di non pensarci, non riusciva ad eliminare la presenza silenziosa di Emmeline.
"Respira" le consigliò. Poi, senza nessun avvertimento, mosse il polso e un sonoro crack invase lo spazio circostante.
La Grifondoro gemette di dolore, ma solo per un istante. Non permise che neppure una lacrima le sfuggisse dagli occhi.
Dopo qualche momento, provò a muovere la bocca e, constatando la guarigione, lasciò andare un respiro tremante: "Ha fatto meno male di quanto mi aspettassi" disse con voce flebile, "Ora puoi togliermi le catene?".
Regulus le lanciò un'occhiata di sbieco. Prese la spugna, la intinse nell'acqua calda e gliela passò sullo zigomo tumefatto e sulla tempia, portando via i residui del sangue incrostato: "L'ultima volta mi hai fatto un occhio nero" le rispose.
"L'ultima volta ti eri dimenticato di farmi rientrare la spalla e ti ci sei appoggiato sopra" fece lei di rimando, "E poi dove vuoi che scappi? Fuori dalla porta incontrerei altri Mangiamorte".
"Non posso".
"Almeno posso andare a fare una doccia?".
Nuovamente, il Black le rivolse un'occhiata storta.
"Davvero, Regulus. Dove vuoi che vada? Non so nemmeno in che parte di mondo ci troviamo. Questo posto pullula di gente come voi, non avrei occasione di scappare neppure per sbaglio".
"Conosci gli ordini".
"È solo di doccia!" esclamò allora la ragazza, "Vuoi privarmi pure di questo?! Vi siete presi tutto!" e scoppiò in lacrime.
Regulus contrasse la mandibola e volse lo sguardo altrove. Poi, scuotendo il capo, fece comparire una chiave e sfilò la catena da un grosso anello incastonato sul lettino di pietra: "Le manette le tieni" disse.
La aiutò ad alzarsi e, dopo aver distolto educatamente lo sguardo mentre si copriva con una vestaglia, le avvolse i fianchi con un braccio e l'accompagnò delicatamente verso il bagno.
"Non hai paura che si arrugginiscano?" commentò Emmeline sarcastica una volta arrivati, facendo ondeggiare le catene ai polsi.
Lo guardò in faccia e si sorprese nel cogliere una luce diversa negli occhi scuri del Black.
Era forse l'impotenza di chi non può fare altro e l'amarezza per ciò che le stavano facendo? Oppure il senso di colpa e il disgusto per se stesso?
"Vuoi entrare anche tu?" chiese di nuovo, "Non c'è niente che tu non abbia già visto, immagino".
Il Serpeverde, colto di sorpresa, le diede le spalle, e si incamminò verso la scrivania. Prese un libro e, sempre voltato, si sedette sulla sedia.
Emmeline entrò nel bagno e chiuse la porta dietro di sé, trattenendo un sospiro di sollievo. Nonostante non ci fosse la chiave, le sembrava che quel sottile strato di legno potesse proteggerla da tutto ciò che stava fuori.
In cuor suo, sapeva che non avrebbe dovuto temere Regulus, l'unica persona che lì dentro, a modo suo, stava cercando di aiutarla, ma nonostante ciò, la celata verità che stesse eseguendo solo gli ordini di Voldemort cancellava qualsiasi comprensione nei suoi confronti.
Lasciò che il getto dell'acqua calda le scorresse lungo la schiena, che le colpisse le innumerevoli cicatrici che le avevano deturpato il corpo. Percepiva ogni livido pulsare sotto pelle, ogni taglio gridare a contatto con l'acqua troppo calda, bollente. Strinse i denti e rimase sotto il getto finché il dolore superò il casino della sua mente, i ricordi e le paure. Vide l'acqua ai suoi piedi tingersi di rosso cupo e distinse una a una le gocce di sangue che andarono a macchiare il pavimento bianco. Ognuna di esse rappresentava un pezzo della sua anima che scivolava via da lei; si sentiva rotta, dentro e fuori, come una vecchia bambola di pezza dimenticata sotto un letto.
Avrebbe voluto gridare, o forse lo stava già facendo. Piangeva e gridava, come una bambina, ma non le importava. Colpì il muro davanti a sé e quasi si beò del dolore che le si irradiò lungo tutto il braccio. Si era rotta la mano; aveva imparato il suono di un osso che si spezzava. Colpì di nuovo, e ancora. Voleva che quel dolore rimpiazzasse ciò che aveva dentro.
Una parte del suo cervello si accorse della presenza di Regulus, ma era lontana, ovattata.
Lo vide spalancare la porta e bloccarsi sulla soglia.
La osservò, in silenzio, il volto contratto in un'espressione indecifrabile. Si guardarono, lei piangendo e lui assistendo alla disgregazione di un essere umano privato della propria libertà.
Si fissarono e, per il ragazzo fu come guardarsi in uno specchio.
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Tempo attuale
Un movimento fugace, quasi impercettibile, colse l'attenzione di Dorcas Meadowes, appollaiata svogliatamente su un muretto, le gambe a penzoloni e le mani pallide poggiate alla pietra dura.
Si trovava in quella posizione da quasi un'ora e l'immobilità aveva incominciato a reclamare il proprio prezzo: i muscoli le pizzicavano e le guance diafane stavano bruciando, baciate dagli aggressivi raggi del sole dei primi giorni di settembre.
Quando ormai stava per darsi per vinta, ecco che alla sua sinistra un guizzo ruppe la monotona staticità della situazione. Agli occhi di un babbano, il movimento sarebbe stato scambiato per il frullio di ali di un uccello, ma un mago non avrebbe potuto ignorare l'eloquente crack che accompagnò il guizzo.
Qualcuno si è smaterializzato, capì la giovane donna, trattenendo una smorfia quando raddrizzò la schiena.
Ostentando indifferenza, scivolò dal muretto e atterrò sull'asfalto caldo senza fare rumore, coprendosi subito il volto con il cappuccio. Per quell'occasione, Dorcas aveva optato per dei vestiti babbani – dei jeans, una felpa spropositamente larga per il suo fisico esile e delle scarpe da tennis – lungi dall'essere comodi quanto i suoi amati pantaloni di pelle e gli stivali dal tacco vertiginoso.
Se un passante l'avesse vista in quel momento, l'avrebbe scambiata per una studentessa del liceo intenta a bigiare la scuola. Nessun babbano, però, poteva immaginare che nella grossa tasca della felpa, la ragazza stringeva una bacchetta magica e che sotto il cappuccio si celava il volto di una delle streghe più potenti d'Inghilterra.
La Meadowes s'incamminò silenziosa lungo il marciapiede, gli occhi incollati alla schiena di un giovane ragazzo appena comparso nella via. Nonostante i movimenti disinvolti, i pantaloni neri e la giacca di pelle anch'essa scura, era evidente che non avesse nulla a che fare col mondo babbano. Anzi, persino il babbano più tonto si sarebbe insospettito nel vederlo passare. Prima di tutto, la sua camminata era troppo precisa, troppo elegante per passare inosservata; inoltre, un volto come quello del giovane Black non si sarebbe mai potuto dimenticare: forse per gli occhi scuri come le ali di un corvo, o per i lineamenti principeschi... fatto sta che qualsiasi Black sarebbe apparso come una pecora nera in mezzo a un gregge candido.
La strega si tenne a qualche metro di distanza; camminarono per quasi mezz'ora, in mezzo alla calca dei lavoratori londinesi, finché il Black non svoltò in un vicolo angusto, scomparendo dalla sua visuale.
Dorcas, la mano stretta attorno alla bacchetta nella felpa, scivolò nell'oscurità e si fermò.
Il ragazzo era in piedi nel bel mezzo del vicolo desolato, le braccia conserte e una sigaretta in bilico tra le labbra scolpite: "Mi deludi, Meadowes. Pensavo che l'Auror più potente d'Inghilterra fosse capace di passare inosservata. È evidente che io debba ricredermi" commentò Regulus.
Sul volto di Dorcas baluginò un rapido sorriso: "Potrei dire lo stesso di te; l'aura dei Black ti avvolge come una seconda pelle. Ti avrei riconosciuto tra mille".
"Non so se prenderlo come un complimento".
"Di questi tempi, non ne andrei molto orgoglioso. Che vuoi, Regulus? Perché mi hai chiamata?".
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche istante, studiandola con la diffidenza di una preda al cospetto di un predatore.
"Ci sono stati dei problemi? La ragazza sta bene?" lo incitò la Meadowes.
"Mi preoccuperei più per Potter, in tutta sincerità" replicò lui, aggrottando le sopracciglia, "Gli hanno fatto un lavaggio del cervello bello pesante" ammise.
"Non che non mi interessi, ma l'incolumità di Emmeline Vance è la priorità per il momento. Non possiamo rischiare di perderla, altrimenti...".
Regulus annuì, serio: "Lei è al sicuro" confermò.
Dorcas non poté impedire che un sorrisetto sarcastico le piegasse le labbra sottili: "Ti sta molto a cuore la ragazza; deve essere importante per te. Da quanto ne so, è difficile intenerire un Black".
Regulus contrasse la mandibola e le rivolse uno sguardo furente.
"Tasto sbagliato? Sembra proprio che tu non riesca a stare lontano dalle Grifondoro; prima Mary, poi Emmeline... saranno la tua rovina" continuò la giovane strega, girandogli intorno. Sembrava divertirsi a pizzicarlo con delle frecciatine, come una gatta col topo.
"Non ti ho chiamata per questo" cambiò discorso lui, senza abboccare all'amo, "I piani sono cambiati. Hanno capito che c'è una talpa, ma non sanno ancora chi sia. Rimane poco tempo per portare a compimento ciò di cui abbiamo parlato".
La Meadowes annuì, nuovamente seria.
"Sposteranno Emmeline tra tre giorni nella residenza dei Mulciber. Ci sarà anche James, non so in che veste, ma so che sarà presente. È l'unica possibilità che avete di liberarla".
"Di liberare entrambi" lo corresse Dorcas.
Negli occhi di Regulus passò un'ombra: "Non nutro speranze per James Potter, non ce ne sono. L'hanno compromesso troppo perché possa davvero tornare a casa. L'hai visto... c'eri anche tu dai McKinnon, quella notte".
La ragazza ricordava perfettamente ciò che era successo, un'immagine che non sarebbe mai riuscita a cancellare dalla mente. Scosse il capo: "Non mi interessa. Porteremo a casa entrambi, a costo di perdere la vita".
Il Black la guardò ancora per un istante, poi espirò: "Allora fa' in modo che tutto vada per il verso giusto".
"E tu cerca di trovarti dalla parte giusta quando inizierà la battaglia".
Con un sorriso mesto, Regulus Black le diede le spalle e scomparve tra la calca di babbani.
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Il bussare alla porta distolse Lily dai propri pensieri.
Era seduta su uno sgabello, davanti al fuoco, e stretto tra le mani aveva un bicchiere di bourbon, uno dei whiskey babbani presenti in casa di Sirius. Non aveva mai bevuto super alcolici prima di allora, ma da qualche giorno a quella parte le sembrava quasi indispensabile avere in circolo dell'alcool per ragionare più lucidamente.
Neppure settantadue ore prima, Faith Chasm, Mira o come voleva farsi chiamare, aveva raccontato loro una storia ai limiti dell'impossibile, troppo incredibile per poter essere vera, ma troppo vera per poter essere incredibile. Avevano passato tre giorni ad arroventarsi sulle ultime parole che Faith aveva rivolto loro: la ragazza sapeva dove trovare James ed Emmeline, ma se gliel'avesse rivelato, qualcuno sarebbe inevitabilmente morto, perché così era stato scritto nel destino.
Destino, pensò Lily con uno sbuffo quasi ironico, chi ci ha mai creduto prima di adesso?.
Era furiosa nel pensare che le loro vite non fossero altro che pagine di un libro, una storia che qualcuno si era preso la briga di scrivere prima che loro nascessero. Tutte le decisioni prese, il fantomatico arbitrio di cui tutti parlavano, non era altro che una menzogna.
Nulla era più vero, se non la burattinaia che aveva rivelato loro tutto.
Quindi Faith sa come tutto finirà..., si disse la Grifondoro. Ma avrei il coraggio di conoscere il mio destino? E se fossi io quella che morirà? Sono pronta ad abbandonare la mia vita?.
Il rumore alla porta la distolse da quei pensieri esistenziali.
Sentì Sirius avvicinarsi all'ingresso e controllare dallo spioncino chi fosse lo sconosciuto. Poi, dopo qualche colpo di chiavistello, aprì la porta.
"Felpato" disse Remus con voce piatta.
"Lunastorta" sospirò Sirius di rimando, "Entra" lo accolse, facendosi da parte.
"Bella casa, in vero stile Black: cupa, misteriosa e... inesistente agli occhi degli altri, persino a quelli degli amici di una vita".
"Posso spiegare" disse l'altro, "Ma c'è una questione più importante di cui...".
"Più importante?" sibilò Remus con voce tremante, "Più importante della sparizione di due miei amici in una sola estate?! Cosa credevi di fare, eh Sirius? Come al solito a pensare solo al tuo dolore per la perdita di James, come se fossi l'unico ad avere il permesso di soffrire! Ci hai abbandonati: me, Lily, Alice, Frank e Peter!!" urlò, colpendolo al petto.
"Remus, calmati!" esclamò Sirius di rimando, "Calmati!!".
"Ah adesso mi dovrei calmare?" ringhiò il malandrino scoppiando in una risata amara, "Sei un vero stronzo ipocrita!".
"Remus!" intervenne Mary, parandosi in mezzo ai due.
"Oh. Oh! Mary, che piacere! In effetti mi chiedevo come avesse fatto Sirius per tre mesi senza una ragazza".
La Grifondoro gli tirò uno schiaffo che bastò per calmarlo: "Non ripeterlo mai più, sono stata chiara?!" gli domandò dura.
Lunastorta abbassò gli occhi, rosso in volto, e annuì: "Sì, scusa. Mi sono fatto prendere la mano" ammise, "È solo che...".
"Ciao, Remus".
La voce di Lily Evans gli strozzò le parole in gola. Si voltò a guardare l'amica che procedeva nella sua direzione con cautela, bella e austera com'era sempre stata.
"Lily" la salutò, "Questa sì che è una sorpresa... o sei appena arrivata?".
"Sono qua da qualche settimana" rispose lei, "E te l'avrei detto, davvero, se non fosse stata una situazione tanto difficile".
Remus scosse il capo, esasperato e scocciato insieme. Poi si premette pollice e indice sugli occhi ed inspirò a fondo prima di commentare: "Io non sto capendo davvero un accidente. Cosa diavolo ci facciamo tutti qui? E perché voi due" e indicò Mary e Sirius "siete stati da soli tutta l'estate? E poi, perché tu" puntò l'indice contro Lily, "non sei dai tuoi genitori?".
"Ti spiegheremo tutto, lo prometto. Ora però dobbiamo aspettare gli altri".
"Alice, Frank e Peter" spiegò Mary, "Intanto vieni in salotto, ti serviamo qualcosa da bere".
"Sono a posto" fece Lunastorta.
"Fidati, ti servirà" commentò Lily.
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Dopo che furono arrivati anche gli altri, Sirius, Mary e Lily parlarono per quasi tre ore senza interrompersi, raccontando ognuno ciò che era successo in quei lunghissimi tre mesi.
Quando giunsero al capitolo 'Faith', ci volle parecchio prima che tutti si convincessero delle loro parole, e dovettero mostrar loro l'ospite nella camera di Regulus per confermare qualsiasi dubbio.
"Bene" disse Sirius "Ora sapete tutto".
"Come avete potuto non dirci nulla?" sbottò subito Alice, "Anche solo un 'sai, abbiamo chiuso Faith in soffitta perché è molto probabile che ci aiuti a trovare i nostri amici dispersi, potete anche evitare di passare tre mesi a seguire piste inconcludenti per l'Ordine' ! O vi sembrava troppo complicato?".
"Hai ragione" ammise Mary, rigirandosi un bicchiere di vetro tra le mani, "Ma dovevamo essere sicuri di ciò che avevamo. È la verità che Faith non ha parlato finché non è arrivata Lily".
"E la storia del rubino?" s'inserì Peter, "Davvero vogliamo che quella pazza furiosa si riprenda i suoi poteri?".
"Ha detto che non ha nessuna intenzione di vendicarsi. Ciò che farà una volta ottenuto quello che vuole non ci interessa" replicò Lily.
"Che ne dite invece dell'avvertimento sui due morti? Da quello che ci avete detto, sembrava abbastanza sicura di ciò che sarebbe successo" commentò Frank, "Non riuscirei a vivere con la consapevolezza di aver ucciso due di noi".
La stanza scese nel silenzio.
"Io andrò" dichiarò Lily dopo qualche istante. "Preferirei morire che vivere sapendo di non aver fatto il necessario. Non obbligherò nessuno a seguirmi e vi capirei se sceglierete di non farlo, ma non posso stare con le mani in mano. Non posso abbandonarli".
"Anche io" fece Sirius, "James è mio fratello, non mi interessa ciò che mi succederà".
Remus annuì e bevve il bourbon tutto d'un fiato: "James ed Emmeline lo avrebbero fatto per me".
"Sì, per James ed Emmeline" commentò Peter.
"Non ho paura di morire, e se mai dovesse accadere, non vorrei essere con nessun altro se non con voi, le persone che più amo al mondo" sorrise Alice, guardandoli uno ad uno e stringendo la mano del fidanzato.
Frank la osservò e in lei vide il suo futuro, il suo destino. In quell'istante, là, seduto sul vecchio divano di Sirius, lontano dal resto del mondo, capì di aver trovato ciò che aveva cercato per una vita e che era stato troppo sciocco da non vedere. Si rese conto di aver iniziato realmente a vivere solo nel momento in cui Alice Prewett era entrata nella sua vita, attirandolo inesorabilmente verso di lei. Ora, tutto ciò che stava al di fuori di loro due era relativo, e diventava importante solo quando la giovane lo illuminava con la sua pura essenza.
"Sarò sempre al tuo fianco, nella vita o nella morte" le disse con una dolcezza infinita.
Dimentico del mondo intorno a sé, col cuore gonfio d'amore e spinto da un coraggio che non credeva di avere, le si inginocchiò davanti e le racchiuse una mano tra le sue: "È un mondo crudele questo e il tempismo non è dei migliori. So di non poterti offrire nulla, se non il mio amore, ma se questi devono essere gli ultimi giorni della mia vita, vorrei passarli insieme a te... come marito e moglie. Vuoi sposarmi, Alice Prewett?".
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"Perché non sei di là a festeggiare? La tua amica si sposa" Sirius si fermò a qualche passo da Lily, appoggiata con una spalla allo stipite della porta che dava alle scale.
La Evans girò la testa nella sua direzione e sorrise mestamente: "Non so come spiegarlo" rispose, "Sono felice per lei, è logico. È la mia migliore amica, come non potrei? Solo è che non riesco a non pensare al fatto che questo momento sia anche di Emmeline.. e di James".
Il giovane Black si fece avanti e le mise una mano sulla spalla: "Riusciremo a portarli indietro" le promise.
"Sì, ma come?" Lily si morse il labbro inferiore per impedirsi di cedere, "Tu non l'hai visto quella notte".
Il malandrino contrasse la mandibola e distolse gli occhi scuri dal volto dell'amica: "Sì, ma stiamo parlando di James e sai quanto sia fastidiosamente testardo. Non permetterebbe nessuno di entrargli nella testa".
"Eppure... non sembrava nemmeno lui. Quando mi ha guardata, quando ho incrociato il suo sguardo... i suoi occhi mi hanno oltrepassata come se fossi fatta di vetro. Mi guardava, ma non mi vedeva".
La ragazza abbassò gli occhi verdi, la mente proiettata ad una notte piovosa del mese precedente, quando tutto era cambiato.
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Un mese prima
L'acquazzone estivo aveva colpito con violenza la cittadina di Little Thetford.
Era sera tardi e il cielo, coperto da nuvo plumbee e minacciose, non mostrava nessuna stella, solo lampi di luce e rombi di tuoni bassi e ringhianti.
Per le vie non c'era nessuno, ad eccezione di un gatto randagio accucciato sotto una macchina per ripararsi dallo scroscio violento.
D'improvviso, un tuono più forte degli altri squarciò la calma irreale e la notte venne illuminata da un lampo che percorse l'intera volta celeste.
Rivelate dalla luce fugace, delle figure ammantate comparvero nel mezzo del viale alberato.
"Voi a sinistra. Noi andremo dal retro. Avery, Mulciber... l'ingresso principale è vostro" ringhiò una voce cavernosa.
"Il piano?".
"Nessun piano. Il Signore Oscuro non desidera altri prigionieri".
"E il ragazzo? Se dovesse dare problemi?".
"Non li darà. In ogni caso, è una mia responsabilità".
Le figure incappucciate scivolarono nell'oscurità come serpi. Erano sei, in tutto: due di loro si scostarono presto dagli altri, scomparendo sul retro, un altro gruppo si appostò sul fianco della casa e l'ultima coppia s'incamminò lungo il vialetto in ciottoli.
Lo scroscio d'acqua fredda diminuì, ma il suono della pioggia attutiva i passi delle sagome che procedettero indisturbate e invisibili agli occhi degli ignari proprietari della casa. Nonostante fosse agosto, intorno ai loro volti si aprivano nuvolette di fiato che salivano nell'aria contorcendosi e avviluppandosi, per poi scomparire nell'oscurità.
"Vieni" disse una figura, afferrando il compagno per una spalla e sospingendolo davanti a sé, "Stasera ci divertiremo".
L'altro, sotto al cappuccio, sorrise e strinse la bacchetta nella mano.
"Noi ce ne staremo qui, in disparte, ad osservare. Sarà uno spettacolo eccitante, vedrai" gli assicurò.
"ORA!" urlò la voce di Mulciber e, con un calcio violento, scardinò la porta principale e fece irruzione nell'abitazione.
Una donna sulla quarantina, avvolta nel grembiule e con ancora uno straccio tra le mani, raggiunse l'ingresso con espressione allarmata. La paura lampeggiò negli occhi chiari e invano cercò la bacchetta nelle tasche, rendendosi conto troppo tardi di averla dimenticata di fianco al lavabo. Fece appena in tempo a voltare lo sguardo verso il salotto, che un lampo di luce smeraldina avvolse il corpo esile. Per qualche istante, la magia la sollevò da terra e la fece fluttuare a qualche metro dal suolo. Tutto parve fermarsi intorno alla donna, dai suoi capelli scuri, alle labbra socchiuse nell'inizio di un grido di terrore. Poi, com'era iniziato, tutto finì: la signora McKinnon cadde sul pavimento freddo in posizione scomposta, priva di vita.
Avery rise, alle spalle del compagno, e lo spintonò: "Lasciane qualcuno anche a me" ghignò e corse nel salotto.
Ad aspettarlo, i volti dipinti della stessa espressione terrorizzata, due ragazzine identiche, dai lunghi capelli scuri e gli occhi chiari, così simili alla sorella maggiore.
Erano ancora sedute sul divano: tenevano tra le mani due tomi di scuola più grandi di loro e, paralizzate dalla paura, non avevano neppure tolto l'indice dalla riga a cui erano arrivate.
"Buonasera" sorrise malignamente Avery, "Vostra madre è momentaneamente impegnata, ma penso che lo rimarrà per il resto dei suoi giorni. Non una grande perdita, comunque. A chi potrebbe mai importare di una sporca babbanofila? Non dovete temere, tra poco la raggiungerete anche voi" disse, puntando la bacchetta verso Moreen.
"No per favore..." fece in tempo a supplicare, prima che l'Avada Kedavra la colpisse impietosamente. La ragazzina crollò, morta, sulla sorella che, scioccata, non emise un verso. Rimase ad osservare il corpo vuoto della sorella, tuffandosi nei suoi occhi chiari privi di luce e assistendo al preludio della sua stessa fine.
Alzò gli occhi verso il Mangiamorte e, con sguardo rassegnato, chinò il capo.
Morgana seguì la sorella senza rumore, stringendole la mano, aspettando solo di potersi riunire alla metà della famiglia che le era stata portata via.
Avery rimase nella piccola cucina, in silenzio, assaporando la calma portata dalla tragedia.
"Hai fatto?" gli domandò Macnair, comparendo alle sue spalle, "Quanti hai detto che erano?".
"Cinque figli e i due genitori" rispose Dolohov scendendo le scale, "Il bastardo non c'è, ma in compenso ho trovato questo bel bocconcino" rise e gettò a terra una ragazza dai capelli ricci e biondi, così diversa dalle due sorelline da non sembrare una McKinnon, "Ha fatto un po' di resistenza, la stronza".
"Come ti chiami, tesoro?" le domandò Macnair, inginocchiandosi davanti a lei.
"Vai al diavolo" ringhiò la ragazza.
"Beh, non penso mancherai a qualcuno... sai, i morti non piangono" e, detto ciò, il Mangiamorte sollevò la bacchetta per infliggere il colpo di grazia.
Prima che Mulciber potesse porre fine alla vita di Michelle McKinnon, un lampo di luce perlacea illuminò a giorno la stanza. I Mangiamorte, presi di sorpresa, gridarono di fastidio, accecati.
Da eleganti volute di fumo bianco, i volti seri e le bacchette in pugno, comparvero Lily e Remus, seguiti da Alice, Frank, Dorea Potter e Dorcas Meadowes.
"Sei sempre stato un pezzo di merda" sibilò la Evans e, con un veloce movimento di polso, schiantò il Serpeverde dall'altra parte della stanza.
"Sono arrivati i rinforzi" ghignò Macnair, alzando la bacchetta, "Sfortunatamente sono quasi tutti morti".
"Passerai così tanto tempo ad Azkaban che pregherai di non essere stato tra quelli, questa notte" esclamò Alice, "Stupeficium!".
Il Serpeverde bloccò con facilità lo schiantesimo e rotolò dietro un divano.
"Avada Kedavra!" scagliò Avery.
Remus fece appena in tempo ad afferrare la Prewett e gettarsi a terra che il lampo di luce smeraldina colpì il muro dietro di loro.
Cominciò una battaglia magica accanita e feroce. Lampi di luce di ogni colore illuminarono la casa ormai a pezzi e le grida si fecero via via sempre più alte.
Lily riuscì ad abbattere Dolohov e, alle sue spalle, Frank mise all'angolo Tiger che, pavidamente, gettò la bacchetta a terra.
A qualche metro da loro, Macnair venne atterrato da Remus e Alice mandò a tappeto Avery con un pugno alla mascella.
L'unico Mangiamorte ancora in piedi era Mulciber, ma messo sotto tiro da Dorea Potter, si guardò bene dall'ingaggiare nuovamente battaglia.
"Direi che le cose non sono molto diverse che ad Hogwarts. Anche là eravate soliti a perdere" fece Alice con un sorrisetto di scherno.
"Non...!".
Un boato spaventoso fece tremare le fondamenta della casa: la parete più lontana, colpita da un incantesimo Bombarda, esplose davanti ai loro occhi. Calcinacci, pezzi di muro e di legno volarono in ogni direzione e fu solo per i riflessi pronti di Dorea e il suo Scudo di Protezione che nessuno venne colpito.
Una nuvola di polvere invase velocemente il salotto e in pochi istanti, l'aria divenne irrespirabile.
"Ma che...?" fece Remus, riparandosi la bocca con una mano.
Il tempo parve rallentare per i presenti.
Dapprima scorsero solo le sagome di due persone ammantate. Più si avvicinavano, più i contorni divenivano chiari, ma i cappucci scuri e il polverone nascondevano la loro identità ai presenti.
Il cuore di Lily divenne pesante come la pietra e una strana sensazione le attorcigliò le budella. Qualcosa, nella sua testa, le diceva che non avrebbe mai dimenticato quel momento, ora e mai in futuro.
La bacchetta divenne instabile nelle mani improvvisamente sudate e le gambe, dapprima stabili, si trasformarono in gelatina. Sentiva il paradossale istinto di scappare e nascondersi da quella verità che sarebbe stata svelata pochi attimi più tardi. Eppure, una particolare resistenza la costrinse al suo posto, inerme ad assistere alla scena più straziante della sua vita.
Dal caos, emersero le due figure nella loro imponente eleganza, i mantelli scuri che fluttuavano intorno a loro con una grazia irreale e, al contempo, inquietante.
Quella più a sinistra scoprì il capo con un gesto deciso e lunghe ciocche d'avorio scivolarono sulle spalle senza rumore, rivelando l'affascinante e crudele volto di Lucius Malfoy.
Quando il compagno si accinse a fare lo stesso, Lily sentì il bisogno di urlargli di fermarsi, di rimanere uno sconosciuto nel buio. Un istinto primordiale le disse che non avrebbe mai dovuto conoscere l'identità del secondo Mangiamorte.
Il tempo si fermò per la Grifondoro quando la mano dello sconosciuto avvolse il cappuccio e la manica scivolò lungo l'avambraccio, rivelando il Marchio Nero impresso a fuoco sulla sua carne.
Avrebbe potuto mentire a se stessa e dirsi che no, non aveva capito da subito chi si celasse sotto il cappuccio. Avrebbe potuto negare l'evidenza dei fatti e fingersi sorpresa, ma la verità cruda e schiacciante – che comprese solo molto tempo dopo – fu che riconobbe all'istante quelle mani che per tanti anni aveva visto sotto i propri occhi ad Hogwarts, quella fastidiosa carnagione perennemente abbronzata e, soprattutto, la cicatrice al polso di quando lo aveva appeso al Platano Picchiatore e lui si era ferito, nel cadere.
Non ci voleva credere, ecco tutto. Per quel motivo, sussurrò solo una parola, il cuore gonfia d'angoscia e la gola stretta in una morsa infuocata.
"No" bisbigliò, quando il cappuccio del Mangiamorte cadde alle spalle dello sconosciuto e la luce rivelò il volto senza emozione di James Potter.
Hola amigos!
😇
Non so più come giustificare i miei ritardi, quindi non lo faccio👐🏻
Spero che la vostra vita sia più interessante della mia (chiusa in casa a studiare).
Non mi dilungo perché:
a) sono in questo momento sul treno di ritorno dall'università e porca miseria voglio dormire 😹
b) non dormirò perché io e la cara eleonoci stiamo stilando la lista delle persone che schiatteranno nei prossimi capitoli😈
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia lasciato con la bocca aperta! 😻
Ve lo aspettavate?
E Regulus?
Daidai fatemi sapere!! ♥️
Un beso,
Laura😻🥰😅♥️🔥💪🏻😛🎉😍💁🏼♀️
Boh, vi lascio la foto del mio gatto così anche voi potete dire che è bellissimo😻♥️🥰
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