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Capitolo 2

Capitolo 2

Tre mesi prima

Un dolore acuto al ventre svegliò James Potter.
Percepiva il freddo penetrargli nelle ossa come un pugnale, ma per quanto fosse fastidioso, non era nulla in confronto alla sofferenza fisica: gli sembrava di essere stato investito una dozzina di volte da un bolide impazzito.
Sentì qualcuno muoversi davanti a lui e solo con immenso sforzo riuscì ad aprire gli occhi: Emmeline, incatenata al muro, piangeva silenziosamente e le lacrime cristalline lasciavano scie pallide sulla pelle sporca di polvere e sangue.

"E-Em.." la chiamò con quel poco di voce che gli rimaneva.

"James!" sussurrò lei, guardandolo. "Come ti senti? Ieri pensavo che.. pensavo che non.. eri tutto pieno di sangue.." mormorò.

"Sto bene" mentì il Cercatore. "Tu?".

"Anche io" ma se entrambi riconobbero le bugie dell'altro, non lo ammisero.

"Cosa pensi che vogliano?" chiese la grifondoro.

"Non lo so" sussurrò James.
In realtà, la sua mente aveva iniziato a ponderare differenti opzioni, una peggiore dell'altra. Nel migliore dei casi, li avrebbero solo uccisi dopo qualche tempo di tortura. Avrebbero potuto stregarli con l'imperio e obbligarli a compiere azioni spregevoli. Oppure.. ma il malandrino non aveva neppure il coraggio di pensare alla terza ipotesi.
Si guardò intorno e non vide altro che oscurità. Non c'erano vie d'uscita; nulla che poteva infonder loro un barlume di speranza.

"Le nostre famiglie sono molto ricche" disse Emmeline, dopo qualche minuto di silenzio. "Probabilmente lo fanno solo per soldi.. o per ottenere dei favori".

"Emmeline.. non penso che a questa gente interessi del nostro patrimonio" fece il Cercatore, tentando in tutti i modi di alleviare il peso di quell'affermazione.

La giovane non riuscì a trattenere un singhiozzo strozzato. "Perché lo fanno?".

"Non lo so.." sospirò James. Si mise a sedere e poggiò il capo alla parete dietro di sé. "Secondo te quanto è passato?".

"Qua sotto il tempo è diventato relativo. È sempre buio, freddo.. non sembra nemmeno estate".

"E' probabile che ci siano dei Dissennatori" rifletté il Cercatore e, con gli occhi ambrati, osservò la nuvoletta di vapore che danzò in cielo fino a dissolversi. "Senza bacchette siamo inutili.. maledizione!" esclamò rabbiosamente, strattonando le catene.

Uno scricchiolio li fece sobbalzare.
"Bene, bene" commentò una voce ironica "Vedo che siete abbastanza in forze per fare conversazione".

Dall'oscurità, emerse una uomo alto e pallido, il viso incorniciato da lunghi capelli biondo platino. "James Potter" sorrise Lucius Malfoy mellifluo "Che piacere rivederti".

"Malfoy!" sibilò il grifondoro guardandolo con disgusto. "Avrei dovuto immaginare che dietro a quelle maschere ci fosse anche la tua viscida faccia".

Il Mangiamorte sorrise nuovamente, freddo e senza nessuna allegria. Si avvicinò al Cercatore e si piegò sulle ginocchia finché non arrivò a guardarlo in volto. "Bel livido" commentò.

"Quasi come quello che ti avevo lasciato io" replicò James con arroganza.

Lucius sorrise nuovamente. Poi, veloce come una serpe, colpì il malandrino con violenza, mandandolo a sbattere contro la parete.

"James!!" urlò Emmeline.

"Mi sarebbe piaciuto partecipare, ieri, ma ero impegnato ad osservare quella puttanella che tanto ti piace. Gli appostamenti fuori casa sua sono i miei preferiti, soprattutto quando entra in camera per cambiarsi" ghignò. "Ha delle gambe davvero incredibili, per non parlare del seno.. oh, ma forse tu non l'hai mai vista così. Lei non ti vuole, giusto?".

Con un ringhio, James si lanciò nella sua direzione, ma le catene gli impedirono di colpirlo. "SEI UN BASTARDO!!" urlò.

"A volte lascia perfino la finestra aperta prima di fare il bagno. Ovviamente non ha idea che io sia lì ad aspettare solo quello. A guardarla rimanere nuda.. è proprio una bella puttanella, peccato che sia una schifosa Sanguesporco".

"IO TI UCCIDO!! SCHIFOSO BASTARDO!".

"Invece" continuò il biondo, senza dar segno di averlo sentito "questa tua amica è di sangue puro, o mi sbaglio?" chiese, voltandosi verso la ragazza.
Le si avvicinò lentamente, come un predatore si accosta alla preda, letale e silenzioso, pronto a colpire. "Emmeline Vance.." sussurrò, sfiorandole i capelli biondo miele. "Che deliziosa fanciulla".

La grifondoro si scostò al tocco e tentò di allontanarsi, ma le catene la obbligavano al posto.

"Sarebbe un vero peccato sprecare tanta bellezza, non trovi? Potresti ambire a molto meglio, a un Purosangue di prestigiosa famiglia.. come me".

"Preferirei morire" rispose Emmeline, disgustata. "Sei solo un mostro. Siete tutti dei mostri!".

Lucius sorrise ancora una volta, ma James intravide nei suoi occhi una scintilla d'ira. Un brivido gelido gli corse lungo la spina dorsale: la Vance non avrebbe dovuto rispondere, non in quel modo.. non a Malfoy.

"Eccellente" commentò il Serpeverde, alzandosi. Si spolverò la polvere dalle ginocchia e si sistemò la camicia bianco avorio. Poi si diresse verso l'attacco delle catene della ragazza ed estrasse la bacchetta.

"Che vuoi fare?!" esclamò il malandrino, sentendo il terrore invadergli le ossa.

Malfoy staccò le catene dalla pietra e strattonò Emmeline nella sua direzione. La grifondoro, presa alla sprovvista, perse l'equilibrio in avanti e riuscì a malapena ad attutire la caduta con le mani.

"Che vuoi fare?!" ripeté il Potter.

"James!!" urlò la giovane, quando Lucius l'afferrò per il bacino e la caricò sulle spalle. "James!! Lasciami! LASCIAMI!!".

"Lasciala andare!!" ringhiò il Cercatore, ma per quanto tentasse di liberarsi, la morsa dell'acciaio non l'avrebbe reso libero per proteggerla. "Lasciala!! Che vuoi farle?! MALFOY!!".

"Le insegnerò a non disprezzare un Purosangue e a portare rispetto!" rispose Lucius.

La gelida consapevolezza di ciò che sarebbe accaduto mozzò il fiato in gola al malandrino. Non stava succedendo sul serio, non a loro.. non a Emmeline.
L'ultima cosa che vide furono gli occhi colmi di lacrime della ragazza, consci che da quel preciso istante, la sua vita sarebbe cambiata.

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Tempo reale

"Quindi mi state dicendo che per questi tre mesi voi due siete rimasti chiusi in questo.. posto?" domandò Lily, guardandosi intorno.

Erano seduti in un salotto abbastanza grande, sicuramente appartenuto alla famiglia di Sirius a constatare dalla pregiata mobilia e dallo stile oscuro e lugubre.
Mary aveva preparato un tè caldo, mentre Sirius aveva ravvivato il camino: in quel momento, dunque, i tre si osservavano davanti al fuoco scoppiettante, abbracciati dal lieve calore emanato dalle fiamme.

"Esattamente" annuì la McDonald.

"E non siete mai usciti?".

"Suvvia, Evans, non è Azkaban. Certo che siamo usciti! Sai, cerchiamo di sopravvivere anche noi".

La Caposcuola gli lanciò un'occhiata di sbieco. "Intendevo dire: non avete mai fatto altro che perseguire il vostro.. progetto? Perché immagino che ci sia una spiegazione logica a questa vostra segregazione volontaria".

Sirius e Mary si guardarono per un millesimo di secondo, poi il malandrino sospirò e si passò una mano nei capelli. "Cosa vuoi sapere, esattamente?".

"Che cosa state facendo, prima di tutto" rispose Lily. "Perché non avete mai risposto; perché non vi siete mai fatti vedere e, soprattutto, perché non avete mai risposto alle richieste dell'Ordine. In particolare, tu, Mary: tutto quel discorso su tua madre, sul fatto che sia giusto combattere il nemico.. ti sei già dimenticata?".

La grifondoro fece per parlare, ma venne subito interrotta.

"Noi siamo rimasti in ansia per mesi, non solo per James ed Emmeline, ma anche per voi. Non riuscivamo a contattarvi. Nessuno, nemmeno Remus o Peter, avevano una sola notizia tua, Sirius. Hai idea di quanto Dorea e Charlus siano stati male? Non hanno perso solo James, durante quell'attacco! Ti sei mai fatto sentire, o vedere, da loro?".

Felpato abbassò repentinamente lo sguardo verso i suoi piedi, in silenzio.

"Sei anche figlio loro, Sirius" sussurrò Lily, addolcendo la voce. "L'ho capito la prima volta che li ho visti dopo il funerale di Marlene. Erano distrutti, per entrambi".

Il Black strinse i pugni, costringendosi a guardare qualsiasi punto che non fosse il volto della ragazza.

Sentiva le parole di Lily scivolargli lungo lo stomaco come palle di fuoco: sapeva di aver torto. Era consapevole dello sbaglio che aveva fatto, allontanandosi da tutti un'altra volta. Eppure, gli era sembrata la cosa migliore.. o la più codarda.
Là, davanti agli incredibili occhi di smeraldo di Lily, capaci di sondargli l'anima come quelli di nessun altro, si sentiva messo a nudo, spogliato di qualsiasi convinzione o forza, ad ammettere il proprio errore senza poter ribattere. Eppure, nello sguardo della Caposcuola non vi era traccia di rimprovero; solo un'infinita dolcezza e un dolore sfocato che sapevano di condividere.

"So che è stato difficile, ma lo è stato per tutti. Marlene, James, Emmeline.. è successo tutto troppo in fretta. Avremmo potuto combattere la sofferenza insieme, ma invece ci siamo allontanati l'un l'altro, pensando che in questo modo saremmo stati più forti. Mostrare debolezza, però, non è sintomo di debolezza, ma prova di umanità. È vero, stiamo soffrendo, ma è proprio questo sentimento a renderci vivi, a renderci ancora una famiglia.. ma non pensare che io ci sia arrivata molto prima di te. In realtà, penso che dobbiamo ringraziare Remus, perché è stato lui ad aprirmi gli occhi".

"Ti pareva" sorrise Sirius.

"Già, il solito, vecchio, Lunastorta" fece eco Lily, sollevando le spalle.

Tra i tre scese silenzio, finché Mary non posò la tazza affianco a sé. "Sirius, non sono sicura che..".

"Ha il diritto di sapere. Come Remus, Alice, Frank e Peter. Abbiamo nascosto il segreto per troppo tempo" rispose il ragazzo, alzandosi. "Ti mostro una cosa, Lily. Poi dovrai ascoltare una storia parecchio lunga".

La condusse davanti ad una rampa di scale e le fece cenno di avviarsi. Mano a mano che salivano, l'ambiente diventava sempre più freddo e inospitale, cosparso di ragnatele fitte e centimetri di polvere accumulata nel tempo.

"Che posto è questo, Sirius?".

"Grimmauld Place, ossia la vecchia casa dei miei orridi genitori. Qualche tempo prima della fine della scuola, è morto uno zio – il vero proprietario dell'abitazione – ed essendo il suo nipote preferito, strano da crederci, ha deciso di lasciare tutto a me. Per questo motivo, i miei hanno dovuto fare le valigie e Grimmauld è rimasto a me".

"Ora si spiega il tono lugubre" commentò Lily.

"E hai visto solo le parti più allegre" fece eco Sirius, con un sorrisetto.

Le fece salire diversi piani, conducendola tra corridoi intricati e bui, finché non giunse ad una porta nera come la pece, davanti alla quale si bloccò.

"Vorrei poterti spiegare, Evans, ma non c'è tempo, non adesso. Devi vedere con i tuoi occhi per credere a quello che io e Mary ti racconteremo. Ma bada" l'ammonì, quando la Caposcuola posò una mano sul pomello "non credere a ciò che vedi, non subito, per lo meno".

Con la fronte aggrottata, Lily annuì ed entrò.. e lanciò un grido.
Davanti ai suoi occhi, incatenato alla parete, James Potter le restituì lo sguardo.

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"Ancora un altro salvataggio di vecchiette e giuro che strappo la barba a Silente, pelo dopo pelo" sbuffò Alice.

Frank sorrise sotto i baffi e tuffò le mani nelle tasche. "Lo sai che non possono esserci sempre missioni tra la vita e la morte" replicò. "E poi, a me la signora Patton è piaciuta".

"Ti è piaciuta la torta, vorrai dire. Non gliene hai lasciato neppure una fetta".

I due stavano camminando per le vie di un piccolo paesino babbano, mentre il sole di settembre ancora riluceva alto nel cielo. Sembrava passato un secondo da quando, mesi prima, avevano lasciato definitivamente Hogwarts alle spalle, entrando a far parte dell'Ordine.
Alice ricordava ogni singolo istante di ciò che era successo.


Tre mesi prima

"...e in seguito a ciò che è successo" continuò la voce grave di Silente "anche i M.A.G.O. degli studenti dell'ultimo anno verranno rimandati a metà agosto" concluse.

Nella Sala Grande non volava una mosca. Il silenzio era tanto intenso da poterlo quasi toccare, tanto rumoroso da assordare.. e tanto doloroso da poter uccidere.

Alice rivolse uno sguardo alla propria destra e incontrò il profilo serio di Frank: sulla guancia era ancora ben visibile la ferita inferta da una maledizione che l'aveva appena sfiorato, mentre i lividi erano scomparsi grazie all'intervento di Madama Chips. Eppure, tutto nella sua figura esprimeva una sofferenza che andava al di là della semplice comprensione umana... lo stesso dolore che percepiva perforarle la pelle, gli organi, il cuore.
Come poteva una persona contenere tanta angoscia? Come potevano dei semplici ragazzi essere diventati adulti senza aver neppure chiesto loro il permesso.

L'aria intorno a loro era pesante, disperata: le sembrava quasi che la stessa Hogwarts stesse piangendo insieme ai suoi studenti.
La McGranitt si teneva stretta alla gola la tunica nera e, con l'altra mano, si tergeva gli occhi zuppi di lacrime in un tentativo di contenere l'emozione, senza successo. Lumacorno, insieme ad Hagrid e alla professoressa di Erbologia, piangeva in silenzio. L'intero corpo insegnanti pareva essere invecchiato di colpo, abbattuto emotivamente da un avvenimento più grande di loro. E, di fronte, la stessa disperazione si rifletteva negli studenti.

"I funerali si terranno domani e dopodomani" continuò il Preside. Con un sospiro triste, iniziò ad elencare i nomi delle vittime e gli orari in cui si sarebbero celebrate le cerimonie. Dopodiché, invitò tutti ad un silenzio rispettoso.

Osservando intorno a sé, però, Alice non percepiva solo dolore, ma anche un'intensa rabbia e sete di vendetta. Come ad immaginarselo, le fila dei Serpeverde erano scremate, evidente segno del tradimento nei confronti dei compagni.

La pagheranno, pensò la Prewett, stringendo i pugni. La pagheranno per quello che hanno fatto a Marlene, a Emmeline e a James.

D'improvviso, sentì Frank muoversi lievemente e, l'attimo dopo, la mano del ragazzo era stretta intorno alla sua, sciogliendo la morsa rabbiosa che sapeva di morte. Le avvolse le dita con dolcezza e si voltò a fissarla: in quello sguardo, la Prewett riconobbe un sentimento troppo forte per essere espresso a parole, una promessa eterna. Qualsiasi cosa sarebbe successa, lui non l'avrebbe mai abbandonata, nella buona o nella cattiva sorte.

Una volta finita la commemorazione, Alice e Frank si avviarono insieme agli amici verso l'uscita della Sala Grande e, una volta fuori, si fermarono a guardarsi.
Nessuno fiatava; era come se quei due giorni avessero trasformato tutti in fantasmi: non osavano guardarsi, forse perché se l'avessero fatto, avrebbero visto rispecchiato negli occhi degli amici lo stesso dolore che li stava devastando.

Remus, appena dietro a Lily e di fianco a Sirius, la osservò fugacemente e nei suoi occhi cristallini, ma in quel momento devastati, lampeggiò qualcosa. Forse commiserazione, o solidarietà. Qualsiasi cosa fosse stata, Alice non la voleva. Non voleva più niente, non voleva neppure più vivere, non senza Marl.. non senza Emmeline.

In quel preciso istante, lì, a guardarsi senza emettere suono, una consapevolezza schiacciante e imprescindibile li colpì con la forza di un cannone: la grande famiglia che per anni avevano costruito si era rotta, spezzata dal male che era riuscito ad insinuarsi nell'unico posto che avevano chiamato "casa". Non c'erano più i malandrini, non senza James Potter.. e non c'erano più le quattro amiche inseparabili: non era rimasto più niente, solo dolore.

"Andiamo" disse Alice a Frank.

Vide Lily muoversi e poi bloccarsi di colpo.

No, Lily. Lasciami andare.. ho bisogno di spazio. Ho bisogno di piangere da sola, per poi poter piangere con te, pensò, ma fu come se l'avesse detto ad alta voce.

L'amica annuì percettibilmente al pavimento. Remus le strinse una spalla, comprensivo e le sussurrò qualche parola all'orecchio. La Caposcuola annuì nuovamente e poi, senza aggiungere nulla, se ne andarono.
Sirius scosse il capo, borbottò qualche parola sotto voce e scomparve insieme alla fiumara di gente che affollava i corridoi, lasciandoli soli. 

"E' così che finisce, dunque?" chiese la Prewett con voce piatta. "Abbiamo perso?".

Prima che Frank potesse rispondere, una voce alle loro spalle li fece voltare.

"No, se ancora credete in qualcosa" disse Dorea Potter gravemente, stringendo in mano una piuma di fenice.

"Sai" disse Alice dopo un po' di silenzio. "A volte mi sembra che il tempo non scorra, mentre un attimo dopo, mi rendo conto che sono già passati tre mesi".

Frank annuì. "E' vero." rispose "Soprattutto, mi sembra di non vedere gli altri da secoli".

"Io sono contenta di non vederli da secoli" borbottò la ragazza, stringendosi il cappotto intorno alla gola. Era improvvisamente sceso il freddo, quasi l'argomento della conversazione avesse potuto influenzare il tempo.

"Sai anche tu che non è vero" commentò il giovane Paciock. "A volte ti vedo, sai? Guardare le foto di voi quattro.. so che ti mancano. So che ti manca Lily" aggiunse.

"No" ringhiò lei. "Emmeline mi manca; Marlene mi manca da morire, ma Lily... perché non è con ?!".

"Non puoi odiarla per non aver seguito i nostri passi nell'Ordine".

"Avrebbe dovuto! Così come avrebbe dovuto fare Sirius! Sono scomparsi, ecco la verità" esclamò Alice, con le gote rosse dalla rabbia. "Noi abbiamo passato quasi tutta l'estate a cercare un minuscolo indizio che avrebbe potuto portarci più vicini a James ed Emmeline, mentre loro se ne sono lavati le mani".

"Ora basta, Alice" la bloccò il ragazzo secco, "Non sai cosa stiano facendo, magari nemmeno loro si sono arresi".

"Dovremmo essere tutti insieme".

"È vero, ma siamo tutti abbastanza grandi da decidere per conto nostro. Non puoi far loro una colpa di non aver partecipato attivamente alle missioni dell'Ordine".

"Lei non aveva il diritto di...".

"Alice! Tu non hai il diritto di scegliere per Lily, o per Sirius!".

La Prewett si voltò per impedirgli di vedere le lacrime che le bagnavano gli occhi, mentre l'amaro sapore del senso di colpa le impregnava la bocca.
Sapeva fin troppo bene che la colpa non era nè di Lily, nè di Sirius se ancora James ed Emmeline risultavano scomparsi nel nulla. L'Ordine aveva fatto ogni cosa per trovarli, ma dei due amici neppure l'ombra.

Sentì la mano di Frank posarsi sulla sua spalla e, il secondo dopo, si ritrovò a fissarlo: "Non puoi combattere le battaglie di altre persone, Alice" le disse dolcemente, "Combatti per le persone che ami, non abbandonarle e aiutale a sopravvivere" poi, eliminò ogni distanza tra di loro, poggiando le labbra sulle sue.

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Dorcas lanciò uno sguardo annoiato fuori dalla finestra e rigirò la bacchetta tra le dita per l'ennesima volta.

I lampioni sulla strada lanciavano una luce sommessa intorno a loro e, sotto di essi, a volte comparivano dei gatti randagi intenti a cercare cibo, ignari che gli occhi di ghiaccio della ragazza sondassero ogni loro mossa.
Solo quando l'orologio a pendolo batté le due di notte, la strega si decise ad alzarsi dalla sedia e spolverarsi i pantaloni di pelle nera.
Con eleganza, uscì dalla stanza e cominciò a scendere le scale che portavano al seminterrato, in sottofondo solo il ticchettio dei tacchi a spillo. Quando fu davanti ad una porta in acciaio chiusa da un lucchetto, si fermò. A volte pensava di essere diventata troppo paranoica, ma poi accadevano disgrazie e tragedie e benediceva la sua lungimiranza e la poca fiducia nel genere umano.

Fece per girare il pomello, quando due colpi forti alla porta d'ingresso la fecero sobbalzare.

Con estrema calma, si diresse verso il corridoio, la bacchetta stretta tra le dita sottili ed il volto serio: nessuno era a conoscenza della sua presenza in quella casa. Nessuno di cui poteva fidarsi, in particolare.

Trasse un profondo respiro, il cuore calmo nel petto. Ci sarebbe stato sicuramente uno scontro e nonostante avesse buone probabilità di vittoria, non era certa di poter sopraffare molti Mangiamorte da sola.

Si appoggiò di schiena dietro una colonna. Sentì la porta aprirsi lentamente e intravide una luce fioca tremolare, riflessa sulle pareti. Inspirò, lasciando che la paura le scivolasse contro come olio, non permettendole di penetrare in ogni sua cellula. Poi, con un movimento elegante, girò su sé stessa, smaterializzandosi e ricomparendo, qualche attimo dopo, alle spalle dell'avversario incappucciato.

La figura, dopo un momento di smarrimento, alzò le mani sopra la testa, lasciando cadere l'arma. "Dorcas" disse una voce famigliare.

La ragazza abbassò la bacchetta di scatto e lo colpì duramente alle spalle. "Avrei potuto ucciderti!" ringhiò, entrando nel soggiorno.

"Sono sorpreso che tu non l'abbia fatto comunque" commentò Fabian, abbassando il cappuccio scuro del mantello.

La luce del fuoco rivelò il volto giovane del ragazzo; nonostante gli avvenimenti, gli occhi chiari conservavano ancora la loro vecchia scintilla ilare e gioiosa che, per tanto tempo, era riuscita ad illuminare anche Dorcas. Si era lasciato crescere i capelli ramati quasi fino alle spalle e la barba ormai gli adornava il volto in maniera elegante.

La strega, guardandolo, si accorse di quanto fosse cresciuto e maturato in quei mesi, trasformandosi in un uomo. Si rese conto anche di quanto le fosse mancato il suo viso, i movimenti goffi e le battute scherzose con l'intento di strapparle un sorriso. Davanti a lei, stava in piedi la sua vecchia vita, un'ombra che ormai l'aveva abbandonata da tempo.

"La tua morte non mi gioverebbe, nonostante tu continui a sostenere il contrario".

"L'ultima volta sembravi molto determinata" rispose lui, piatto.

"L'ultima volta hai distrutto il lavoro di una vita!" sibilò Dorcas tra i denti.

"Intendi dire la tua missione suicida?! Se non fossi intervenuto, ti avrebbero ammazzata!".

"Avevo in pugno le persone che hanno ucciso mia madre, Fabian, e tu li hai fatti scappare! Se solo avessi aspettato un minuto..".

"Saresti morta, se avessi atteso".

"Ma loro sarebbero morti con me!" gridò la Meadowes, amareggiata, gli occhi colmi di lacrime bollenti. "Perché cerchi sempre di proteggermi?! Io non voglio la salvezza, non l'ho mai voluta! Bramavo le loro vite come un assetato desidera un sorso d'acqua, ed ero così vicina.. ma tu hai rovinato tutto! TUTTO! Avevi detto che non avresti più voluto avere a che fare con questa Dorcas, che saresti uscito dalla mia vita! Allora perché non l'hai fatto?! Perché non mi lasci stare??".

"PERCHE' TI AMO!" urlò Fabian, tremante dalla rabbia. "Perché amo la Dorcas che tu ostini a nascondere dietro l'oscurità. Perché per quanto io possa detestarti per quello che ti sei fatta, non sono capace di dimenticarti, né di allontanarmi da te! La mia vita non è niente senza di te e non riesco ad immaginare un mondo in cui non esisti! La tua vita vale molto più di una vendetta" concluse in un soffio, restituendole uno sguardo colmo di dolore.

La giovane lo osservò, in piedi in mezzo ad un salotto sconosciuto, bagnato fradicio per la pioggia. Nonostante tutto, Fabian era là per lei, ancora una volta. Dopo tutto il veleno, il dolore e l'odio, lui si era presentato alla sua porta e aveva tentato di riprendersi una cosa che, per un breve, ma bellissimo istante, era stata sua.

"Per tutta la mia vita" iniziò la ragazza, avvicinandosi a lui "ho fatto lo stesso sogno, ogni maledetta notte da quando mia madre è morta. Vedo i loro volti avvolti nelle fiamme dell'Inferno.. le stesse fiamme che cingono il mio corpo, reclamando la mia appartenenza all'oscurità e alla dannazione. Ho provato ad allontanarmi dalla strada della vendetta – giuro che ho tentato con tutto il cuore – ma alla fine mi sono ritrovata sempre al punto di partenza, incapace di voltare le spalle alla mia missione. So quello che ho fatto, Fabian, e so che non esiste speranza per un'assassina. Non c'è niente qui per te" sussurrò, con voce spezzata "..solo desolazione e infinita rabbia".

"Ci sei tu, Dorcas" bisbigliò lui, cingendole il volto con le mani grandi e calde. "Ci sei sempre stata solo tu. Sempre".

La Meadowes venne intrappolata dai profondi occhi celesti del giovane. Le parole del giovane erano dolci, permeate di un amore che non sentiva di meritare. Alle sue spalle non aveva lasciato altro che desolazione: lo aveva ferito, ancora, ancora e ancora, e tutte le volte il Prewett si era rialzato ed era accorso a proteggerla.. a proteggere la ragazza di cui si era innamorato ad Hogwarts.

Le aveva detto di amarla e quelle tre semplici parole erano state in grado di frantumare tutte le certezze di Dorcas; in quell'istante, la vendetta le parve così insensata, un obiettivo stupido e inutile. Si rese conto di aver perso troppo tempo in cerca di qualcosa che non le avrebbe riportato sua madre, ma che l'avrebbe allontanata sempre di più dalle persone che amava.
Eppure, per quanto volesse ricambiare il sentimento del giovane, era spaventata: senza la vendetta, non le sarebbe rimasto nulla. Non avrebbe più avuto uno scopo: tutta la sua vita sarebbe andata in fumo.

"Io.." iniziò, posando le mani fredde su quelle di lui. "..non posso" disse in un soffio. "Non sarei capace di amarti come vuoi tu, Fabian. Non sono all'altezza dell'amore che mi offri; della vita che vuoi dividere con me. Il mio cuore rimarrà sempre votato all'oscurità".

"Io voglio che mi ami come sai amare tu, non come pensi che io abbia bisogno" le rispose e i suoi occhi si abbassarono fino alle labbra, illuminati da un desiderio puro e infinito.

"Questo sentimento finirà per ucciderti. Chiunque mi abbia amato è morto" disse la strega sentendo le lacrime scorrerle lungo le gote. "Non posso perdere anche te".

"Non possiamo impedirci di vivere per paura del futuro. Io ti voglio, adesso. Ora". La mano di Fabian le scivolò sul fianco magro, stringendolo con possessività. Avvicinò il volto al suo finché tra le due labbra non rimase solamente un fiato.

Dorcas socchiuse gli occhi, lasciando che l'eccitazione prendesse sopravvento sul suo corpo. Percepì la bocca del giovane sfiorarla, il respiro caldo lambirle le gote... e un rumore sordo riempì il salotto.

Fabian si scostò leggermente, aggrottando le sopracciglia.

"Cos'era?" domandò, perplesso. "C'è qualcuno in casa?".

La Meadowes lo osservò senza dire nulla, poi scosse il capo. "Sarà stato il vento".

Il ragazzo si allontanò, assottigliando gli occhi, improvvisamente sospettoso. "Sono sempre stato bravo a capire quando menti, Dorcas. Che cosa mi stai nascondendo?".

La giovane strega non smise di guardarlo, mentre mille espressioni le vagavano sul volto di porcellana: sfinimento, dolore, paura, sollievo ed esitazione. Non era sicura che fosse pronto, ma ormai Fabian aveva intuito che ci fosse qualcosa di strano e non ci avrebbe messo molto tempo a fare due più due e a ricollegare la sua scomparsa con lo strano rumore che avevano appena udito.

Capì che avrebbe dovuto fidarsi.. compiere il primo vero gesto di affetto nei suoi confronti. Se lo avesse respinto ancora una volta, probabilmente lo avrebbe perso per il resto della sua vita.

"C'è una cosa.." iniziò la strega "..una cosa che sto nascondendo da mesi". Nel vedere lo sguardo allarmato del Prewett, si affrettò ad aggiungere: "Nulla di terribile.. o forse sì. Non ho ancora capito".

"Che cos'è?".

"Mi devi promettere una cosa, prima: non racconterai a nessuno quello che ti mostrerò, nemmeno a tuo fratello.. o a Silente in persona. C'è in gioco troppo".

Fabian annuì lentamente. "Mi fido di te, Dorcas" disse e la prese per mano.

I due scesero le scale fino al seminterrato e si fermarono davanti ad una porta che, in quei mesi, l'Auror aveva cominciato ad odiare. Quasi con riverenza, la Meadowes girò il pomello gelido e spinse lievemente il legno pregiato affinché questo si aprisse abbastanza da poter mostrare ciò che stava nascondendo.

"Ma che..?".

"Finalmente" sbuffò Ambros Chasm. Era piedi in mezzo alla stanza, le braccia aperte a croce e i polsi stretti in solide catene d'acciaio fissate sul soffitto. "Sarei morto di diabete se foste andati avanti per altri due minuti" proseguì sarcastico.

Dorcas fece una smorfia scocciata ed entrò nella stanza, facendo bene attenzione, però, a non superare la linea bianca tracciata sul pavimento.

"Dorcas, che sta succedendo?!" le sibilò Fabian all'orecchio.

"Guarda che ci sento, sveglione" commentò Ambros. "Altrimenti come avrei potuto sapere che..?" e fece un gesto eloquente con la testa, indicando il soffitto. Poi si rivolse alla ragazza: "Bei gusti, comunque" aggiunse con pesante ironia.

"Qualsiasi cosa abbia fatto, approvo le catene" borbottò Fabian.

"Sono necessarie" spiegò Dorcas.

"Necessarie per cosa?".

L'Auror inspirò, poi si avvicinò al giovane imprigionato ed estrasse la bacchetta. Mormorò qualcosa di inudibile e, l'attimo dopo, davanti agli occhi increduli di Fabian Prewett e contenuto da una bolla protettiva, Ambros Chasm si trasformò in un Obscuriale.

Ciao ragazzi!
Come state?? ♥️😻😘
Spero bene!! 🎉
Io sono assolutamente infreddolita.. odio questa stupida stagione come odio l'inverno mannaggia a chi li ha inventati VOGLIO IL CAAAALDOOOOOO!
Vabbè, tornando ad essere persone normali..
spero spero speeeeero vivamente che i vari cambi temporali non vi abbiano confuso.
Ho assolutamente bisogno di farvi capire cos'è successo "tre mesi prima" (che corrispondono ai giorni-settimane dopo l'attacco/rapimento) e cosa sta succedendo nel "tempo reale".

Beh, facciamo una mappa concettuale veloce veloce:

👉🏻 Sirius e Mary sono a Grimmauld Place insieme a Lily. In una delle stanze c'è qualcuno che sappiamo essere Marlene/James. Chi potrebbe celarsi sotto queste identità?
👉🏻 Remus è da Molly Weasley (che ha avuto Fred e George comunque).
👉🏻 Peter è a Inculandia (perdonatemi il francesismo)
👉🏻 James ed Emmeline sono ancora dispersi non si sa dove, ma si sa con chi, ossia quel viscido pezzo di 💩 di Lucius Malfoy.
👉🏻 Dorcas e Fabian si sono riconciliati (?). Però è successo qualcosa in quei tre mesi passati. Dorcas stava per vendicare la morte della madre, ma Fabian deve averle impedito di farlo. COMUNQUE, Dorcas nasconde Ambros Chasm nello sgabuzzino manco fosse una scopa.

Bene!
Fatemi sapere che ne penzate! Ovviamente sono ben accette ipotesi! ♥️😻😘
Vi lascio ai vostri compiti o studio o che ne so! 😊

Un bacio enorme,
Laura🎉♥️😻😘😆😝🤗💪🏻🎉

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