Capitolo 11
Capitolo 11
«Lily Evans è cieca!».
L'urlo di Lord Voldemort colmò lo spazio circostante e i Mangiamorte esplosero in risa di scherno.
Con un gesto elegante, il Signore Oscuro tracciò un ovale nell'aria circostante e una cupola impalpabile scese tra loro e il resto del mondo, impedendo agli Auror qualsiasi mossa che non fosse quella di assistere inermi alla fine dei giovani studenti.
«No!!».
Alice tentò di avvicinarsi all'amica, ma Bellatrix le spinse ancor di più la bacchetta sotto il mento, mentre un ghigno famelico le inarcava le labbra gonfie: «Non vorrei mai che ti perdessi lo spettacolo dalla prima fila» sibilò perfidamente.
«Lasciala stare!!». Ancora trattenuto da Avery, Frank si dimenò disperatamente per raggiungere la fidanzata, ma il Mangiamorte gli assestò una ginocchiata alla schiena, costringendolo a carponi.
«Ora, miei cari seguaci» cominciò Lord Voldemort, con voce morbida, «il signor Potter vi mostrerà qual è il giusto posto che spetta ai Babbani». Si avvicinò ai due ragazzi, la bacchetta tenuta delicatamente tra l'indice e il pollice. Il volto serpentino brillava alla luce dei lampioni e le iridi rossastre risplendevano di perfida gioia. «Non vorrai deludere i tuoi genitori, James. Sono venuti apposta per rivedere il loro unico figlio trasformarsi in un grande mago».
A quelle parole, Sirius levò lo sguardo e incontrò gli occhi lucidi di Dorea, dall'altra parte della strada, separata da loro da un'inconsistente patina magica. Charlus, al suo fianco, lo fissò con dolore. Sapevano quello che sarebbe successo, glielo leggeva in volto. Quella sera avrebbero perso entrambi i figli e non avrebbero potuto fare altro che osservarli spegnersi.
La donna mosse le labbra e tentò di sorridergli tra le lacrime. Parlò di nuovo senza poter essere sentita, ma Sirius capì, e pianse. Non aveva mai espresso il proprio amore e la propria gratitudine ai signori Potter, ma non ce n'era mai stato bisogno; già lo sapevano ed erano in grado di amarlo come un figlio loro. Eppure, in quel momento tutto ciò che voleva era correre tra le braccia dell'unica donna che avrebbe mai considerato davvero madre e ringraziarla per tutto ciò che aveva fatto per lui, per averlo accettato senza mai chiedere nulla in cambio e per averlo fatto sentire parte di una vera famiglia.
«James» lo chiamò il mago, «sii misericordioso, e poni fine a una vita tanto inutile come quella di Lily Evans».
Il malandrino era ancora in ginocchio davanti alla Evans, il capo chino e gli occhi chiusi. La bacchetta era a terra, scivolatagli dalle dita dopo aver per sempre calato il buio sulle iridi della Caposcuola.
Alle parole del Signore Oscuro, non si mosse e un gelo impalpabile calò tra i due maghi.
«Ho detto» sibilò Voldemort, la voce tremante, «uccidila».
Uno stato di agitazione pervase i Mangiamorte.
Un angolo della bocca del mago ebbe un guizzo, ma per il resto il volto serpentino rimase impassibile.
«Forse il signor Potter ha solo bisogno di un incentivo» sussurrò e nella voce risuonò una nota agghiacciante. «Crucio» ordinò, puntando la bacchetta contro la ragazza.
Lily non si mosse, né parve essere stata lontanamente sfiorata dalla maledizione senza perdono. Rimase immobile, lo sguardo vacuo e i capelli incollati al volto pallido. Non sembrava neppure spaventata dalla situazione, né dalla minaccia.
Voldemort schioccò la lingua, adirato, e mosse in passo indietro. «Che...?» sibilò. «Crucio!» esclamò, ma nuovamente l'incantesimo si disperse nell'aria.
Intorno a loro si creò un'atmosfera carica di tensione e aspettativa: Bellatrix, Malfoy e gli altri seguaci osservavano la scena incapaci di proferire parola, assistendo esterrefatti al Signore Oscuro fallire nello scagliare un incantesimo.
«Ma...».
Sirius si scostò una ciocca di capelli corvini dalla fronte e lanciò un'occhiata a Remus, qualche metro più in là, ma sul volto dell'amico lesse la sua stessa perplessità.
Intanto, i boati delle fatture dell'Ordine schioccavano al di fuori della cupola magica in un tentativo di distruggerla, unico rumore all'infuori del sibilo furibondo di Lord Voldemort.
«Avada Kedavra!» urlò e uno zampillo smeraldino lampeggiò dalla bacchetta, ma ancora volta, a contatto con la pelle della Caposcuola, si dileguò nell'aria gelida.
Fu in quel momento, quando la vita di Lily venne minacciata dalla morte, che James Potter levò lo sguardo sul Signore Oscuro.
Le iridi dorate brillarono alla luce degli incantesimi, oro colato che ribolliva sul volto del giovane malandrino, ma c'era qualcosa di diverso; parevano vive, animate da un calore e da una potenza che sembrava riuscire a illuminare lo spazio circostante.
Dapprima, venne scambiata per un fugace gioco di luci. Poi, però lo schiocco d'energia che crepitò a lato di James non lasciò alcun dubbio: intorno al malandrino stava nascendo energia allo stato puro, magia antichissima e primordiale. Scintille dorate si libravano a qualche centimetro dalla sua pelle, schioccando impazzite, sempre più fragorosamente.
«La bacchetta...» sussurrò Alice.
La bacchetta di James era a terra, a qualche centimetro dalle sue dita. Non stava facendo nessun incantesimo, non stava recitando una fattura nella propria mente; la magia era in lui e si stava riversando fuori dal suo corpo in maniera naturale, come se fosse un prolungamento del suo corpo.
James Potter e la magia erano un tutt'uno, quella notte.
Poi, quasi quell'energia avesse raggiunto un limite massimo, esplose intorno al ragazzo in un'onda dorata che investì chiunque si trovasse sul suo corso. I Mangiamorte vennero sbalzati all'indietro: alcuni urlarono per il dolore, altri tentarono invano di proteggersi con uno scudo mal preparato e caddero in ginocchio, schiacciati dalla pressione dell'incantesimo. Voldemort fu abile nel proteggersi, ma l'impatto fu abbastanza potente da farlo indietreggiare.
Gli unici che rimasero in piedi furono i Grifondoro, ormai liberi dalle minacce dei maghi oscuri.
Remus corse da Emmeline prima che questa potesse cadere a terra e la prese tra le braccia: «Stai bene?» le chiese con dolcezza, scostandole una ciocca bionda al volto pallido.
«Regulus...» mormorò lei, prima di chiudere gli occhi.
Il malandrino si guardò intorno e individuò il fratello di Sirius a qualche metro da loro che tentava di rialzarsi, la bacchetta in pugno e gli occhi piantati sulla Vance.
«Non provarci nemmeno, o giuro che ti ammazzo» ringhiò Lupin.
Il giovane Black storse le labbra in una smorfia furiosa, ma non tentò di avvicinarsi ai due. Rivolse solamente uno sguardo veloce alla ragazza, ma subito abbassò gli occhi di pece e contrasse la mandibola.
«Emmeline» sussurrò Remus, «stai tranquilla. Sei al sicuro, adesso».
La Grifondoro annuì e una singola lacrima d'argento le sfuggì dalle lunghe ciglia nere. Non disse nulla, non provò più a muoversi; rimase immobile tra le braccia del malandrino mentre le forze abbandonavano definitivamente il suo corpo.
«Guardate».
Alice indicò James e Lily.
I due ragazzi, tenendosi per mano, si alzarono da terra e si voltarono verso il Signore Oscuro, i volti impassibili.
Voldemort osservò la scena in un misto di timore e ammirazione, non riuscendo a capacitarsi di come un tale potere potesse essere racchiuso nel corpo di un così giovane studente.
Il malandrino strinse a sé la Caposcuola: «Non avresti dovuto minacciarla» disse con voce gelida. Le iridi dorate brillarono pericolosamente quando il Signore Oscuro levò la bacchetta nella loro direzione.
«Mi stai sfidando, James Potter? Me? Il più grande mago di tutti i tempi?» rise.
«Non le farai del male» rispose il ragazzo «non finché ci sarò io a proteggerla».
«Aah, capisco» annuì Voldemort, il volto serpentino deformato da una smorfia divertita «ancora una volta, l'amore. La forza primordiale che tanto esalta il vostro amato preside, Silente. E dimmi, James Potter: moriresti per amore? Davvero una Sangue Sporca vale la tua vita?».
«Morirei per Lily ogni secondo di ogni singolo giorno e mai, mai per un solo istante, mi pentirei di questa decisione».
La Caposcuola trattenne il fiato contro al suo petto, mentre una forza invisibile le stringeva il cuore. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime bollenti, ma per la prima volta dopo mesi, non provava l'ormai usuale senso di disperazione o di perdita. Era una sensazione calda, rassicurante... finalmente poteva fermarsi, smettere di lottare. Infine, aveva trovato l'unica cosa per cui valesse la pena esistere, l'unica persona che l'avrebbe protetta dal mondo, dal male, da sé stessa se ce ne fosse stato bisogno. Aveva avuto James Potter accanto a sé per sette lunghi anni, ma solo in quei tre lunghissimi mesi in cui aveva pensato di averlo perso per sempre, si era resa conto che ciò che l'aveva sempre resa viva e completa non l'aveva mai abbandonata. Fino a quel momento, non si era accorta di quanto la propria esistenza fosse stata vuota, insignificante e priva di un fine, senza James.
L'idea di averlo perso era stata straziante e l'aveva distrutta, fisicamente e psicologicamente. Ora che lo stringeva, che percepiva la sua pelle bollente sotto le dita, i battiti rassicuranti del cuore, il suo profumo... era al sicuro.
«Sia così, Potter» sibilò Voldemort, «morirai insieme alla tua Nata Babbana. Avada Kedavra!».
Il getto di luce smeraldina sibilò a contatto con l'aria e si contorse nel buio della notte come un serpente rabbioso.
Un boato assordante riempì la via quando l'anatema colpì uno scudo dorato di pura magia; James non mosse neppure un dito, eppure gli occhi ardevano come lava nell'osservare Lord Voldemort. Non gli avrebbe permesso di sfiorare Lily, non finché gli fosse rimasto l'ultimo soffio di vita in corpo.
«James...» sussurrò la Caposcuola, «che succede?» e mosse le iridi cieche nel tentativo di cogliere un qualsiasi movimento.
«Si combatte» e con uno scatto della mano, afferrò la bacchetta ai suoi piedi e la puntò verso il cielo. Un raggio d'oro esplose dalla punta e fendette l'aria come una freccia: la cupola invisibile creata da Lord Voldemort stridette a contatto con l'incantesimo, prima di creparsi e sgretolarsi davanti agli occhi increduli del Signore Oscuro.
E in quel momento, cominciò la battaglia.
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Decine di urla fendettero l'aria come coltelli e i lampi di luce illuminarono la via a giorno. I membri dell'Ordine della Fenice si lanciarono contro i Mangiamorte, le bacchette sguainate e i volti contratti da espressioni feroci.
Fu solo per fortuna che Remus avvertì la maledizione schioccare a qualche metro da lui prima che questa si infrangesse contro la schiena di Emmeline; con un gesto disperato, materializzò un muro di mattoni che respinse all'ultimo secondo un Anatema mortale.
«Ti porto via di qui» sussurrò alla Grifondoro. «Sirius!» gridò, poi, vedendo l'amico alle prese con Goyle.
«Incarceramus!» esclamò Remus, puntando la bacchetta contro l'avversario.
Lacci invisibili bloccarono il Serpeverde che, colpito da un successivo incantesimo, cadde a terra privo di sensi.
«Grazie» ansimò Sirius, e storse il volto in un'espressione di dolore, toccandosi il fianco e gemendo.
«Quel bastardo di Malfoy mi ha tirato due calci ben piazzati prima di correre ai ripari... cazzo» sbuffò, poi, alzando la maglia e scoprendo un livido violaceo che correva lungo il costato. «Appena lo trovo...» ma non concluse la frase, perché un urlo rabbioso lo fece voltare.
«LUPIN!».
Regulus avanzava nella loro direzione, gli occhi neri come la pece spalancati e i capelli corvini incollati al volto dalla pioggia. «LUPIN! LASCIALA» gridò, puntando loro contro la bacchetta.
Sirius imitò il gesto del fratello, le pupille affilate come coltelli: «Non fare un altro passo» lo avvertì in un sibilo, «Non ti ho mai torto un capello, ma questa sera sono in vena di novità».
«Vattene, Sirius. Non è qualcosa che ti riguarda».
«Mi riguarderà se ti avvicinerai ancora di un millimetro» e, per rimarcare la minaccia, colpì con un incantesimo il marciapiede accanto al piede di Regulus.
Il Serpeverde si bloccò, incerto, e indurì l'espressione: «Non...».
«Sta' zitto!» ringhiò Sirius, «Pensi davvero che ti lasceremo Emmeline? Non mi fidavo di te a Hogwarts, cosa ti fa sperare che qui, nel bel mezzo di una battaglia contro il Signore Oscuro, io possa credere a un Mangiamorte?!».
A quelle parole, il volto dell'altro Black si contrasse in una smorfia amara. «Voi non avete nemmeno idea di...».
«Di cosa?! Di come tu ed Emmeline abbiate legato in questi mesi?», Sirius proruppe in una risata priva di allegria, «In effetti, ha proprio la faccia di una che se la sia spassata! Remus, portala al sicuro. A lui ci penso io».
«LUPIN!» ruggì Regulus, alzando nuovamente la bacchetta, «Non ci provare. Non me ne frega un cazzo di chi tu sia, ma non te ne andrai con lei».
Remus gli restituì uno sguardo carico di astio: «Regulus, non ti conviene metterti contro di noi. È meglio se mi lasci andare».
Il giovane Black gettò la testa indietro, scoppiando a ridere: «Credete che io abbia paura di voi? Voi non sapete neppure che cosa sia la paura vera».
«Regulus!» abbaiò Sirius, «Lascialo andare».
«NON POSSO!» urlò il ragazzo. Affondò le mani nei capelli e serrò le palpebre con disperazione. «Non posso permettere che...».
«SIRIUS!».
L'urlo di Mary, a qualche metro da loro, squarciò l'aria. I tre ragazzi mossero la testa all'unisono e si videro comparire davanti agli occhi uno Scudo magico contro il quale si frantumò una scarica di elettricità impazzita, residuo di un incantesimo.
«DOVETE ANDARVENE DA QUI!» esclamò la Grifondoro, raggiungendoli. «Portatela via e...» ma le parole le rimasero incastrate in gola quando, alzando gli occhi chiari, incontrò il volto paralizzato di Regulus. «Che ci fai qui?!» commentò con voce piatta.
«Niente» rispose Sirius, al suo posto. «Se ne stava andando».
Il fratello digrignò i denti, ma non parlò. Sembrava che la presenza di Mary lo lasciasse incerto sul da farsi.
La Grifondoro non lo degnò di uno sguardo quando si rivolse agli amici: «Riportala a Grimmauld Place e fa' in modo che Faith la veda» disse a Remus, «Io e Sirius ce la caveremo» aggiunse poi.
«Non voglio lasciarvi...!» tentò di ribattere il malandrino, ma l'amico lo zittì con un gesto della mano.
«Remus, Emmeline ha bisogno di cure, adesso. Lo sai anche tu che è la cosa giusta da fare».
Lupin gli restituì uno sguardo terribilmente serio e rimase in silenzio per qualche secondo. Poi annuì e si alzò con la ragazza in braccio.
«Tornate tutti vivi» sussurrò a denti stretti.
«Siamo duri a morire, noi» commentò Sirius, in un mezzo sorriso. Gli strinse una spalla e, solo per un attimo, i suoi occhi neri brillarono. Dopodiché, si allontanò e guardò l'amico smaterializzarsi.
«E ora...» cominciò, rivolto al fratello.
Un boato spaventoso fece tremare la via; il suono di squarcio coprì qualsiasi altro rumore e la terra cominciò a tremare violentemente. Presi alla sprovvista, Mary e Sirius persero l'equilibrio e caddero carponi.
«MA CHE...?» tossì la Grifondoro, tentando di respirare nella polvere alzatasi tutto intorno.
Un terrore gelido corse lungo la spina dorsale di Sirius quando, alzando gli occhi, intravide il Signore Oscuro fluttuare a qualche metro da terra, le braccia spalancate e la bacchetta stretta in pugno con foga. Ogni muscolo del suo corpo era gonfio per lo sforzo, ma il volto raggiante esprimeva una folle gioia.
«Mary!» urlò il malandrino, «Mary, dove...?» ma le parole gli morirono in gola.
Davanti al suo volto, a meno di un metro di distanza, l'asfalto cominciò a gemere. Uno scricchiolio diede voce alla paura di Felpato: nel cemento scuro si aprì una crepa e da quella, mille cominciarono a diramarsi tutto intorno.
Dapprima, furono solo delle scosse. Poi, il tremore della terra divenne violento e interi pezzi di via iniziarono a collassare nel baratro che si stava allargando davanti ai loro occhi. In lontananza, si udiva il fragore dell'acqua e il malandrino capì che Lord Voldemort stava sgretolando interi livelli di terra in una falda acquifera a centinaia di metri sotto i loro piedi.
Un minuscolo movimento alla sua destra lo riscosse: la sua bacchetta stava rotolando nel crepaccio.
Si allungò disperatamente in avanti, ma una scossa più violenta lo sbalzò indietro. Si capovolse indietro, seguendo l'inclinazione innaturale che aveva assunto il suo piano d'appoggio; la zolla di cemento sulla quale era rimasto fino a quel momento stava scivolando inesorabilmente verso il basso... e lui l'avrebbe imitata, se non avesse inventato qualcosa alla svelta.
Percepì l'adrenalina pulsargli nelle vene come acido; allargò le braccia e tese le dita delle mani così tanto da sentirne le ossa implorare pietà. però, l'asfalto era liscio e non avrebbe trovato nessun appiglio, lo capì con amara lucidità.
Sto per morire, pensò, ma non ebbe paura. Fu assalito dalla tristezza e dall'impotenza, dalla consapevolezza che non avrebbe più rivisto le persone che più amava al mondo.
Sto tornando da Marlene.
Per lei ne sarebbe valsa la pena? Forse sì.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare, ma il destino aveva altri piani per il giovane Black. Qualcosa lo afferrò per le gambe e lo strattonò in aria.
Solo di sfuggita riuscì a intravedere Regulus, a qualche metro da lui, la bacchetta puntata nella sua direzione. Poi, la terra tremò di nuovo e il fratello cadde.
La pressione sulle sue caviglie venne meno e Felpato fece appena in tempo a portarsi le mani al volto che colpì un pezzo di marciapiede con la fronte.
Accecato dal dolore, si ritrovò a precipitare. Urlò, ma l'impatto arrivò molto prima di quello che si era aspettato: cadde su dell'erba e rotolò per qualche metro prima di fermarsi.
Con la testa pulsante e le braccia formicolanti per lo sforzo, si puntellò da terra e si guardò intorno: la via non c'era più. Un enorme crepaccio si era allargato da parte a parte pezzi di strada continuavano a collassare al suo interno, risucchiati dall'oscurità e dall'acqua furiosa sottostante.
Vide Auror e Mangiamorte tentare di salvarsi aggrappandosi a qualsiasi appiglio disponibile, a volte aiutandosi a vicenda nel tentativo di sopravvivere.
Qualcuno urlava, in lontananza.
Incerto, si rimise in piedi e si trascinò in avanti.
«Tieniti!».
Una voce attutita dal fragore delle frane colse l'attenzione del malandrino.
«Ti prego... aiuto! AIUTO!!».
Sirius allungò il passo finché non giunse a un passo dalla voragine. L'asfalto si sgretolava sotto il peso dei suoi passi e non poté fare altro che mettersi a carponi e sporgersi nel vuoto, in direzione dell'urlo.
Non avrebbe mai più dimenticato il terrore che gli attanagliò le viscere quando vide il fratello, poco più in basso, aggrappato disperatamente a un cumulo di macerie che reggeva Mary per un braccio. La ragazza ondeggiava nel vuoto e, a decine di metri da lei, l'acqua nera gorgogliava avida di morte.
«REGULUS!!» gridò Sirius, col cuore in gola. «REGULUS!!».
Il fratello sollevò il volto al cielo e ansimò: «AIUTO! SIRIUS, TI PREGO!».
Il malandrino si tastò le tasche alla ricerca della bacchetta e con angoscia si rese conto di non averla. Guardò a terra e alle sue spalle, ma la voce nella sua testa che fino a quel momento aveva tentato di ignorare aveva ragione: l'aveva persa.
Disperato, si sporse nel vuoto verso Regulus e tese un braccio: «DEVI PRENDERE LA MIA MANO!».
«NON CE LA FACCIO! NON POSSO MOLLARE LA PRESA!».
Con foga, Sirius cercò intorno a sé un qualsiasi appiglio e il cuore gli saltò nel petto quando intravide una radice abbastanza spessa spuntare dal terreno. L'afferrò con una mano e ne testò la resistenza; non sembrava intenzionata a cedere, ma nessuno gli avrebbe assicurato che non sarebbe collassata in seguito all'ennesima scossa.
Mi devo muovere, si disse.
Aggrappandosi alla radice con tutta la forza che aveva, si sporse nel crepaccio e allungò un braccio verso il fratello.
«TI PRENDO IO, REGULUS!» urlò.
C'erano solo pochi centimetri che separavano le sue dita dal braccio dell'altro Black... poteva sentire il calore della sua pelle.
«SBRIGATI, SIRIUS! NON CE LA FACCIO PIÙ!» ringhiò Regulus. «MARY, TI PREGO, TIENI DURO!».
Finalmente, Sirius sentì il braccio del fratello sotto le dita e lo artigliò con disperazione: «AFFERRAMI IL POLSO!».
Regulus lo guardò e serrò i denti. «NON POSSO LASCIARE LA PRESA!!».
«REGULUS, TE LO GIURO, NON TI FARÒ CADERE, MA TI DEVI FIDARE DI ME! AFFERRAMI IL POLSO!!».
I due fratelli si osservarono, occhi negli occhi.
«NON TI LASCERÒ MORIRE! MA AFFERRA LA MIA CAZZO DI MANO O TI GIURO CHE DOPO AVERTI SALVATO, TI UCCIDERÒ!!».
Fu un secondo; nelle iridi corvine di Regulus brillò qualcosa. Poi, con un urlo disumano, il giovane lasciò la presa sulla roccia.
Sirius strinse l'avambraccio del fratello con tutta la forza che aveva in corpo e sentì le sue dita avvolgersi intorno al suo polso.
Gridò quando il peso di entrambi gli strattonò la spalla verso il basso.
«MARY, NON MOLLARE!» ringhiò Regulus, afferrandola ancora più saldamente. «SIRIUS, TI PREGO, TIRACI SU!».
«CI STO PROVANDO! NON SIETE PROPRIO UN PESO PIUMA» ribatté l'altro, digrignando i denti. «DOVETE AIUTARMI! CERCATE DI FARE LEVA SU QUALCOSA».
Mary, l'unica con un braccio libero, si mosse verso la pietra e tentò di incastrare un piede dentro un'insenatura, ma la terra si sgretolò sotto la suola.
«È troppo instabile...» mormorò.
«MARY, TENTA DI NUOVO! TI AVVICINO ALLA ROCCIA, TU PROVA AD ARRAMPICARTI!».
La Grifondoro annuì e Regulus la fece oscillare in avanti. Il gesto, però, destabilizzò il precario equilibrio dei tre ragazzi e Sirius perse l'appiglio sulla radice che, da parte sua, cominciò a cedere.
«FERMI! FERMI!!» urlò il malandrino. Con uno sforzo disumano e accecato dal dolore, Felpato strinse la presa, ma capì che non sarebbe riuscito a resistere ancora.
«REGULUS, TI PREGO... ti prego...» sibilò.
Il lembo di terreno sul quale era sdraiato gemette e cominciò a oscillare. Sabbia e sassi investirono i due ragazzi.
«CADREMO!» urlò Regulus.
«NO!» ruggì Sirius e strinse ancor di più la radice tra le dita. «NON PUÒ CADERE!!».
«Non cadrà...».
La voce di Mary fu un sussurro, eppure i due fratelli la udirono perfettamente. Nel frastuono che li circondava, nulla fu più chiaro di quelle due semplici parole.
«Mary...» cominciò Regulus, rivolgendole uno sguardo allarmato. «Mary, non...» ma un pugno bollente gli si conficcò nel fondo della gola.
Il cuore di Sirius si bloccò e un gelo improvviso parve prendere sopravvento nel suo corpo.
«MARY! MARY, NO!!».
La ragazza sorrise, mentre calde lacrime le scorrevano sulle guance sporche di terra e polvere. «Regulus» disse, con voce calma, «siamo troppo pesanti. Cadremo, tutti e tre».
«NO! Non osare... McDonald... non ci pensare nemmeno!!» ringhiò il Serpeverde. «Non ti lascerò morire, hai capito?! NON TI LASCERÒ MORIRE, CAZZO!!».
Mary continuava a sorridere, ma le labbra tremavano. «Non è una tua decisione» sussurrò, e tirò uno strattone.
Regulus digrignò i denti, ma resistette. Al secondo strattone, si lasciò scappare un urlo angosciato.
«NO! NON OSARE LASCIARTI CADERE, MI HAI SENTITO?».
«Io lo so che sei una brava persona, Regulus...» disse la Grifondoro, ora guardandolo seriamente. «Lo so da quando mi hai salvata ai Tre Manici di Scopa, il giorno dell'attacco a Hogsmeade...».
«Mary, ti prego...».
«... e, per quanto sia impossibile, ti ho amato Regulus Black...» e sorrise, piangendo.
«Mary...».
Una lacrima solcò il volto perfetto di Regulus Black e cadde nell'abisso sottostante.
«...per tutto questo anno, mi sei stato vicino nonostante fosse pericoloso, per te... io non credo a quello che mi hai detto l'ultima volta che ci siamo visti...».
Regulus piangeva, impotente.
«...non è vero che un Black non può amare... perché tu mi hai amata, Regulus, e amerai ancora... ne sono sicura».
«MARY, TI PREGO...» la supplicò Sirius.
Regulus taceva mentre osservava il volto perfetto di Mary McDonald. In silenzio, lo stava supplicando di lasciarla andare e gli stava dicendo che andava bene così; che lei era tranquilla.
«No...» sussurrò.
Non poteva farlo. Non lei.
Era stata l'unica, in tutta la sua vita, ad averlo visto sotto una maschera che ormai non desiderava più. Lei gli aveva fatto capire cosa fosse giusto... e ciò che stava per fare non lo era.
«Io voglio che vada così. Dovete vivere, entrambi... era questo il prezzo da pagare...».
«Ti prego, Mary». La voce di Regulus era talmente bassa che temette che non l'avrebbe sentito. Ma la Grifondoro sorrise, di nuovo.
«Mary... non ti permetterò di morire... se tu cadi, cadrò anche io. Ti giuro...».
La McDonald scosse la testa, improvvisamente seria: «No, tu vivrai e vendicherai la mia morte, perché ora tu sai...».
Poi, con le ultime forze che le rimanevano, fece leva sulla roccia e si issò verso di lui.
Qualcosa colpì la spalla del Serpeverde, facendolo urlare dal dolore. Mary lo colpì di nuovo e, finalmente, raggiunse il suo scopo: il braccio scattò contro la propria volontà e la mano si spalancò.
La ragazza scivolò, leggera, verso il basso. I capelli fluttuarono sul suo volto con una dolcezza e un'eleganza stonate alla disperazione della situazione: era bella e innocente anche mentre moriva, Mary McDonald.
Scomparve nel buio senza fare rumore, delicata e riservata com'era sempre stata.
«NOO!!».
L'urlo di Regulus si mescolò a quello di Sirius. Non era dolore... molto di più. Era la sensazione fisica di un cuore che cessava di battere.
Felpato issò il fratello sulla sponda qualche istante prima che le rocce si sgretolassero e seguissero l'amica nell'abisso.
Sirius e Regulus, per la prima volta insieme, rimasero immobili a piangere ai piedi di un crepaccio, a gustare il sapore amaro della propria vita concessa loro dal sacrificio di Mary.
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«Stupeficium!» urlò James, puntando la bacchetta contro un Greyback. Questi schivò l'incantesimo e si voltò ad affrontare il ragazzo con un ghigno famelico che sfigurava il volto lupesco.
«Sarà un vero piacere banchettare con la carne della tua fidanzatina, una volta che avrò finito con te» ringhiò.
Il malandrino affilò lo sguardo e si portò davanti a Lily: «Non la toccherai. Nessuno la toccherà» commentò, serio.
«Morirà, perché questa è la volontà del Signore Oscuro!».
«Ucciderò chiunque osi sfiorarla, mi hai capito?! Impedimenta!».
Il Lupo Mannaro scoppiò a ridere, divertito dal tentativo del Cercatore, e si mise a quattro zampe. «Non mi sono mai fidato di te, Potter. Non saresti mai potuto diventare un vero Mangiamorte».
James sorrise cupamente: «Un po' ridicolo detto da te, Greyback. Almeno io ho un marchio, a te non l'hanno neppure proposto» e si scoprì l'avambraccio sinistro come per ribadire il concetto.
Il Mangiamorte ringhiò e scoprì i denti appuntiti: «Se non fosse che il Signore Oscuro vuole ucciderti di persona, ti aprirei la gola con le mani» lo minacciò.
«Ridicolo...» sbuffò una voce alle sue spalle. Poi, il Lupo Mannaro collassò a terra in preda agli spasmi. Schiuma bianca cominciò a schizzargli dalle fauci e le iridi rotearono all'indietro.
Alastor Moody avanzò verso James con un'espressione quasi scocciata. Lo osservò a lungo e gli occhi azzurri non mancarono di soffermarsi sul Marchio Nero ancora scoperto.
«Non l'ho richiesto io» precisò il malandrino, a denti stretti.
«Lo so bene, ma la prudenza non è mai troppa. Da che parte stai, Potter?».
«Dalla parte di Lily» commentò lui, serio, e strinse la ragazza a sé.
Lily Evans cercò di voltare il viso verso la voce dell'Auror: «Moody?» domandò.
«Che ti hanno fatto, ragazza?».
«Lei è... cieca» sibilò James tra i denti.
Alastor Moody inarcò le sopracciglia, ma non commentò. Poi prese il Grifondoro per una spalla: «Portala via. Non è il posto adatto per lei, non in queste condizioni».
James annuì, ma la Caposcuola, al suo fianco, si dimenò.
«Non vado da nessuna parte!» ribatté.
«Lily, non puoi...».
Il volto della ragazza avvampò dalla rabbia: «Non posso?» ripeté, «Quante volte ti ho detto che non sei tu che decidi quello che posso o non posso fare?!».
«Ma sei seria? Sei cieca, per l'amor di Merlino!».
Lily aprì la bocca per commentare, ma Moody fu più veloce di entrambi: «Non è il momento per queste stronzate. Signorina Evans, lei non è in grado di combattere, per questo motivo verrà affidata a qualcuno che possa portarla in un luogo sicuro. Per quanto riguarda lei, signor Potter, abbiamo bisogno di tutte le persone disponibili».
A quelle parole, una donna si materializzò al loro fianco e prese Lily tra le braccia. La Caposcuola tentò di sottrarsi alla stretta, ma l'Auror non indietreggiò.
«Lily, per favore...» cominciò il Cercatore, ma la Evans gli rivolse uno sguardo carico di risentimento. Anche da cieca, anche con le iridi velate, l'occhiata della ragazza fu capace di bloccarlo al posto.
«Non... dire niente, James» ringhiò, mentre lacrime calde le scorrevano sulle guance, «È colpa tua se mi trovo in questa situazione!» urlò, poi. «È tutta colpa tua!!».
Il Grifondoro indietreggiò, ferito da quelle parole.
La guardò andarsene, ferita e furiosa, ancora una volta lontana da lui.
È davvero colpa mia, pensò.
Era stato lui a lanciare l'incantesimo contro i suoi occhi; l'ultimo brandello di schiavitù verso Lord Voldemort aveva preso infine il sopravvento. Non sapeva neppure come aveva fatto, né la formula per rendere cieca una persona. La magia era scivolata dalla sua bacchetta senza neppure essere interpellata e aveva spento le iridi mozzafiato della Caposcuola.
«Coraggio, Potter» disse Moody, «C'è una battaglia che ci aspetta».
A quelle parole, il fragore dello scontro si riversò nelle orecchie del Cercatore e spense qualsiasi suo pensiero.
Si mosse come spinto da una forza esterna ed entrò a centro del combattimento, la bacchetta sguainata e una rabbia primordiale a bruciargli il sangue.
Era colpa di Voldemort.
L'aveva trasformato in un mostro.
E ora James desiderava vendetta.
Devo trovarlo e ucciderlo, pensò mentre schiantava un Mangiamorte.
Lasciò che l'odio si riversasse in ogni cellula del proprio corpo. Lo canalizzò nella propria magia.
Non gli importava di ferire, di mutilare o uccidere. Voleva solo vendetta per tutto ciò che gli era stato fatto e per tutto ciò che gli era stato portato via.
Con la coda dell'occhio, vide una chioma argentea schizzare alla sua destra.
Si bloccò e un sorrisetto malvagio gli distorse le labbra.
Malfoy.
Si smaterializzò senza neppure pensare alla destinazione. Nella testa aveva impresso il volto ridicolo e patetico di Lucius Malfoy, il ghigno sarcastico che gli aveva rivolto ogni giorno per tre lunghi mesi tutte le volte che lo aveva torturato; i suoi occhi azzurro ghiaccio privi di qualsiasi emozione.
Voleva ucciderlo con tutto sé stesso.
«Stai forse scappando, Malfoy?» gli disse, comparendogli davanti e puntandogli la bacchetta in mezzo alla fronte.
Il Mangiamorte si bloccò, ansimante, e alzò le mani in segno di resa.
«Non hai nemmeno idea di quanto tu stia risultando patetico» commentò Potter, sprezzante. «Anche il tuo Signore Oscuro si vergognerebbe di tanta viltà».
Malfoy strinse i denti, ma non commentò. Sul suo volto era dipinta una curiosa espressione: sembrava paura.
«Buffo, vero?» rise James, mentre ondate di odio gli trapassavano il cuore, «Come si sia invertita la situazione, intendo. Il carnefice che diventa vittima».
«Sei troppo onesto per farmi del male» ribatté il Serpeverde. «James Potter, il paladino dei Grifondoro» sputò tra i denti.
Il Cercatore sogghignò: «Tu credi? Pensi davvero che io, dopo mesi di torture fisiche e psicologiche, non abbia una terribile sete di vendetta? Ti facevo un po' più intelligente».
«Non oseresti... i membri dell'Ordine...» balbettò il biondo.
«L'Ordine non è un mio problema. Inoltre, sono tutti troppo occupati con i tuoi amichetti per importarsene di te. Vuoi sapere come sono stati gli ultimi tre mesi, per me? Crucio».
Lucius Malfoy si contorse nel fango, incapace anche solo di urlare.
Il sangue pulsava nelle tempie di James come acido, ma la sensazione era troppo inebriante per smettere.
«Brutto, vero? Sarebbe un peccato se succedesse di nuovo. Crucio».
Il tempo parve fermarsi per il Cercatore. Ogni suono si fece ovattato e lontano. Non c'era altro all'infuori di Malfoy e della sua sofferenza.
Improvvisamente, una mano lo riscosse e lo obbligò a voltarsi.
«Che diavolo stai facendo?!».
Alice lo guardò allarmata, poi spostò gli occhi sulla figura di Lucius, a terra, agonizzante.
«James!!» urlò la ragazza, spintonandolo. «Ma sei diventato deficiente?! Avevi intenzione di ammazzarlo?».
Il malandrino si riscosse dallo stato di trance e solo in quel momento si accorse davvero di ciò che aveva fatto. «Io...» mormorò, guardando la mano che impugnava la bacchetta.
«Andiamocene!» lo strattonò l'amica, «Pietrificus Totalus» ordinò poi e Malfoy giacque immobile.
Trascinandolo per un braccio, lo portò dietro un cumulo di macerie e lo costrinse a sedersi.
«James, è grave quello che hai fatto» gli disse, «Non ti biasimo, perché solo Dio sa che cosa ti sia successo in questi mesi, ma tu non sei un mostro, okey? Non sei il mostro che loro pensano di aver creato. Tu sei James Potter, il nostro amico, e James Potter non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non c'è tempo per la vendetta, non adesso. Ci serve che tu rimanga lucido e ci aiuti a respingere i Mangiamorte. Se non pensi di farcela, è meglio se vai».
Il Cercatore la fissò, in silenzio.
Non sono un mostro, ripeté nella sua testa, ma gli parve assurdo. Lui era un mostro... aveva contribuito alla strage dei McKinnon senza alcuno scrupolo. Aveva ucciso delle persone durante quei mesi; lo avevano marchiato perché era uguale a loro.
No, e questa volta, la voce che udì fu quella di Lily Evans. Non sei un mostro e smettila di vittimizzarti. Se vuoi redimerti, inizia adesso. Combatti!
«Ce la faccio» disse, alzandosi.
«Sicuro?».
«Sicuro».
Per Lily.
Si ributtarono nella strada e, schiena contro schiena, ripresero a combattere.
«Mi sei mancato, capitano!» gli urlò la ragazza, a un certo punto, dopo aver deviato una fattura urticante.
«Già, anche voi» commentò James e spedì un Mangiamorte dall'altra parte della strada.
Un boato scosse l'intera via e, finalmente, Lord Voldemort si rivelò ai presenti fluttuando a qualche metro da terra, le braccia aperte e un ghigno a storcergli il volto serpentino.
Non mosse la bacchetta, o fu così rapido che nessuno si accorse del gesto. Semplicemente, reclinò indietro il capo e inspirò. Poi, la terra prese a tremare e un'enorme crepa si aprì nell'asfalto.
«JAMES!!» urlò Alice, afferrandolo per un braccio e tirandolo verso di sé, un istante prima che il terreno scomparisse da sotto i loro piedi.
I due ragazzi ruzzolarono in un giardino devastato e osservarono, sgomenti, lo scenario apocalittico davanti a loro: macchine, alberi e pezzi di case vennero inglobati nell'abisso. Degli Auror, presi alla sprovvista, non riuscirono a mettersi in salvo e caddero impotenti verso la morte.
«NO!» gridò Alice e puntò la bacchetta verso un ragazzo: «Carpe Retractum!».
L'incantesimo sbalzò Frank al di là del crepaccio e il Grifondoro cadde a carponi in una zona riparata.
«CHE DIAVOLO HA INTENZIONE DI FARE?!» .
Dei maghi tentarono di colpire il corpo di Lord Voldemort, ma questi pareva irraggiungibile da qualsiasi incantesimo: era sospeso a osservare il proprio operato.
Gli occhi di rubino sondarono la via finché non individuarono James Potter, in piedi dall'altro capo della strada, i pugni serrati.
Si guardarono e il malandrino percepì l'odio e la rabbia rimontargli nel petto furiosamente. Strinse la bacchetta tra le dita e la puntò nella sua direzione.
Non sbaglierò, si disse. Lo guarderò morire con la stessa impassibilità con cui lui mi ha osservato disintegrarmi in questi mesi.
Si preparò all'attacco, ma all'ultimo, quando ormai pensava che Voldemort gli avrebbe lanciato un'Anatema, colse un guizzo sul volto del mago.
Il Signore Oscuro girò la testa verso la sponda opposta di strada e un ghigno perfido gli arricciò le labbra pallide.
James seguì il movimento e il mondo gli crollò addosso.
Lily era in piedi in mezzo a quello che rimaneva della strada. Ai suoi piedi, giaceva l'Auror che l'aveva presa in custodia, morta.
Passò un millesimo di secondo; il tempo necessario per battere le ciglia. Il Cercatore non riuscì neppure ad articolare un grido.
Voldemort materializzò un oggetto davanti a sé e lo scagliò verso la Caposcuola, ridendo.
James ne seguì il movimento, incapace di fermarlo.
Successe tutto così in fretta che sembrò quasi irreale: davanti a Lily si materializzò un corpo nell'esatto momento in cui l'arma l'avrebbe colpita.
La ragazza cadde all'indietro, mentre la figura venne trapassata da parte a parte.
Dorea Potter trasalì violentemente, ma rimase miracolosamente in piedi. Con le mani sfiorò la pelle nel punto in cui iniziava a stillare sangue.
James era sicuro di non aver emesso alcun suono, ma sua madre comunque levò lo sguardo nella sua direzione e si guardarono.
Non sembrava sofferente, ma solo infinitamente stanca.
Poi, oscillò e perse colore, come una bambola rotta.
Infine, la vide cadere, senza un lamento.
Nessuno se ne accorse, eppure a James sembrò che l'intera via si fosse fatta improvvisamente silenziosa.
Non fu in grado di urlare, né di piangere.
Rimase così, in piedi, senza parole e desiderò di morire.
Il tragitto per arrivare da sua madre non esistette. Si smaterializzò e riapparve accanto al suo corpo in un millesimo di secondo. Si lasciò cadere al suo fianco, in ginocchio.
Non gli importava di essere vulnerabile, non gli interessava di Lord Voldemort.
Che prenda pure me, pensò.
«Mamma...» sussurrò, ma la voce uscì con difficoltà perché la gola era gonfia dal dolore.
«Jamie...» disse lei, accarezzandogli una guancia.
«N-non ti muovere... non sforzarti. Adesso... adesso ti porto via...».
Dovette battere più volte le palpebre per mettere a fuoco il volto della donna tra le lacrime. Si accorse subito che la sua pelle era cerea e gli occhi faticavano a stare aperti.
«Jamie...» ripeté lei. Tossì e un rivolo di sangue le colò a lato della bocca.
James lo asciugò col bordo della manica e le sollevò delicatamente la testa. «Ti porto via...» disse ancora. Si guardò intorno: «AIUTO!» urlò, con voce strozzata, «AIUTATEMI!!».
Non voleva che lei lo vedesse piangere, né che percepisse il panico nella sua voce. Doveva essere forte per sua madre, così lei avrebbe resistito.
«Ssht...» lo zittì lei, sorridendo. «Non ti pre-preoccupare...» mormorò.
«QUALCUNO MI AIUTI! VI PREGO!! Mamma, ti prego, resisti... okey? Ora arriva qualcuno... QUALCUNO MI SENTE?! Per favore...» singhiozzò, appoggiando la fronte a quella di Dorea.
«Sei stato così... forte...».
«Mamma, non parlare... queste cose me le dirai dopo... quando sarà tutto finito... AIUTO!!».
La donna scosse il capo e gli prese una mano, portandosela al petto.
James sentì sotto il proprio palmo i battiti farsi inesorabilmente deboli. «Mamma...».
«Sono così... orgogliosa di te...» sorrise la donna. «Sei diventato l'uomo... che desideravo fossi...».
«Non...».
«... devi essere forte, anche per tuo... padre...».
«VI PREGO! AIUTO! Aiuto...» singhiozzò il Cercatore. Le accarezzò una guancia e le sistemò un ricciolo ramato dietro l'orecchio.
«Devi promettermi che vivrai... e che farai di tutto per essere felice... con lei... promettimelo».
Le dita di Dorea si strinsero insolitamente forti tra le sue e James capì che era arrivata la fine.
Chiuse gli occhi e sentì le lacrime scivolargli lungo le guance. Poi, guardò la madre e le sorrise. Non voleva che morisse vedendolo triste.
Col cuore in frantumi, le baciò una guancia e annuì: «Te lo prometto, mamma. Sei bellissima...» sussurrò, accarezzandole i capelli. «Ti voglio bene...».
Gli occhi di Dorea si illuminarono, colmi di amore e gioia: «Ti voglio bene anche io... di' a tuo padre che lo amo... e devi dire a Sirius... che non avrei mai potuto... desiderare... un secondo figlio migliore di lui...» e, con queste parole, si spense.
Buonaseeeeeera🥰🖖🏻
Eheh vi ricordate di me? Penso di no, dato che non aggiorno questa storia da una vita🤦🏼♀️
Mi spiace tanto, ho avuto davvero DAVVERO un periodo di cacca (per gli interessati 🧐, mi sono mollata col ragazzo💔).
Ovviamente questo non giustifica l'assenza ma vabbè🤷🏼♀️
Comuuuuuunque, arriviamo al punto.
Il capitolo.
Beh, lo sapete che mi piacciono questo capitoli cattivi e devastanti. Che se in un capitolo non soffre nessuno mi sento senza scopo🤷🏼♀️👹
Per quanto riguarda la storia Mary♥️Regulus, è una relationship intuibile da poche ma precise parti della prima parte della storia👹😏 a buon intenditor poche parole, no?
La verità è che se avessi scritto pure delle parti su di loro, saremmo dei 90enni che leggono questa storia😹
🚑🚨🚑🚨🚑🚨
Passiamo invece ad argomenti seri... non so da che parte d'Italia venite. Io sono di Como (Lombardia) e qui ci hanno chiuso dentro (e menomale, direi!).
Come siete messi voi?
Per l'amor del cielo, se c'è qualcuno che è sceso/vuole scendere al Sud, NON FATELO! NO!
È un'epidemia davvero grave e non possiamo permetterci di diffonderla in tutta Italia. Gli ospedali non hanno abbastanza sale/personale/macchinari per far fronte a questa situazione. E non pensate che l'essere giovani vi renda immuni o vi renda estranei alla cosa. I vostri genitori/nonni hanno le stesse probabilità di contagio!
Adesso è fondamentale RIMANERE IN CASA e USCIRE IL MENO POSSIBILE! Chissene frega degli aperitivi, delle cene o altri cazzi!
STATE-A-CASA che di questo non è mai morto nessuno, di Coronavirus già 366 persone solo in Italia!!
Non facciamo i deficienti e comportiamoci da persone mature quali siamo!
Buonanotte!♥️
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