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Capitolo 2


Jim si risvegliò sui sedili posteriori della propria macchina, in parte ancora svestito. Aveva provato a rivestirsi la notte prima ma era così stanco da essersi addormentato con la camicia in mano, ancora in attesa di essere infilata.

Si sedette, fortemente nauseato. La testa non smetteva di pulsare, sapeva cosa aveva fatto il giorno prima ma non riusciva a ricordare il nome o gli esatti lineamenti del suo compagno di avventure. Non che gli importasse, certo: al contrario di John era abituato a comportarsi così con i ragazzi, era un modo per compensare ciò che non otteneva tramite relazioni amorose – mai avuta una, evitava l'amore come la peste – la sua famiglia non l'avrebbe mai accettato, non poteva fare altrimenti.

Fin da piccolo aveva capito che per lui i bambini avevano qualcosa di speciale e che le bambine per quanto belle e dolci, erano soltanto bambine. Gli era stato insegnato che era sbagliato, che per nessun motivo doveva lasciarsi andare a quei pensieri, eppure più passavano gli anni più non poteva che essere sicuro della propria natura.

La figura di suo padre - Chris Moriarty, gigante della criminalità organizzata internazionale, geniale e allo stesso tempo duro, retrogrado ed autoritario - era stata determinante nella sua educazione e crescita: lui era l'unico erede dell'impero criminale Moriarty e doveva comportarsi come tale, ottenere rispetto era fondamentale e nell'immaginario del genitore nulla poteva mettere in discussione il suo essere il futuro leader più di avere atteggiamenti o tendenze "effemminate".

Ogni volta che mostrava troppa delicatezza nei modi veniva fatto picchiare da qualcuno e questa continua minaccia da parte della famiglia metteva a dura prova la sua mente, che ormai era stata educata a non mostrare debolezza, dolcezza o pietà per niente e nessuno, nemmeno per il proprio cuore. Era stato manipolato in modo da crescere come un ragazzo assertivo, egocentrico, insensibile e calcolatore e almeno in apparenza aveva funzionato.

Il padre testava la sua mente spesso e volentieri obbligandolo a progettare lui stesso i crimini da far effettuare, e con sua grande soddisfazione spesso i piani del figlio avevano poche o nessuna pecca strategica, il che rendeva inutile abituarlo ad uccidere qualcuno con le sue stesse mani.

Giunto alla tarda adolescenza aveva stipulato un solo accordo con sé stesso: l'essere senza cuore non doveva rimanere legato al "lavoro" ma far parte completamente di lui, tutto ciò che poteva concedersi in amore era sfogare fisicamente la propria natura repressa quando era in vacanza lontano dalla famiglia ed un giorno, sperava il più tardi possibile, avrebbe "messo la testa a posto" – almeno per non venire diseredato ed odiato – e si sarebbe deciso a sposare una ragazza qualsiasi, non mancava di ammiratrici ma ciò che sperava ardentemente era di trovare una ragazza con un destino simile al suo, disposta ad un matrimonio fittizio e a mantenere il segreto.
Del resto gli era stato insegnato che le persone erano stupide, piccole pedine e lui già da tempo aveva assimilato questa opinione, tutte meritevoli di morte nel migliore dei casi e nessuna così interessante da essere amata, dato che – almeno nel suo caso – l'amore costava caro.


Rimase per un po' appoggiato col mento al sedile di fronte, guardandosi attorno.
Il parcheggio della discoteca ormai era vuoto e l'area sembrava deserta, famosa solo per quel locale e quindi dotata di una popolazione notturna la quale non appena incontrava le prime luci dell'alba batteva in ritirata come l'esercito alcolisti falliti qual era. Doveva uscire a prendere una boccata d'aria, volse un'occhiata pensierosa alla camicia riprendendola tra le mani. Era davvero necessario che la mettesse per uscire di lì?
Mentre cercava di liberarla almeno parzialmente dalle pieghe si accorse di un segno rosso sul polso che si fermò ad analizzare.
Rimase per un attimo col fiato sospeso provando un'inaspettata e lieve fitta al cuore, erano anni che non si emozionava per qualcosa e gli sembrò quasi di sentirsi male.

"Fantastico" disse sarcasticamente. Come la maggior parte delle persone conosceva la storia delle rose, ma non aveva mai visto qualcuno portarla e il fatto che proprio lui tra tanti avesse incontrato la propria anima gemella - per di più in quel contesto - sembrava uno scherzo di cattivo gusto. In ogni caso trovava la propria imminente partenza di fine vacanze una fortuna, la sua vita era già difficile così com'era e il fatto di non ricordare nome e viso del ragazzo lo facevano sentire al sicuro, anche se la curiosità l'avesse portato a cercarlo di nuovo non sarebbe stata un'impresa semplice.

D'ora in poi però avrebbe dovuto stare attento: se il padre avesse visto il segno avrebbe dato per scontato che chi aveva causato l'apparizione della rosa fosse una ragazza, aumentando così la pressione su James.
Nonostante tutte le imposizioni che continuava a fare al proprio cuore accarezzò delicatamente il polso con un gesto quasi inconscio: quella rosa era la prova che anche lui aveva diritto ad essere amato, nonostante il mondo glielo avesse proibito da tempo.


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