Capitolo 3 : Stalker.
The Neighbourhood– Afraid.
Capitolo 3 : Stalker.
«Quella troia! Io l'ammazzo, giuro che faccio a pezzi quella troia e poi vendo i suoi organi al mercato nero! Ora mi chiedo quanto potrei guadagnarci?» l'ultima cosa la dice a mo' di scherzo.
«Sto bene, davvero.»
«No, tu non stai bene. Hai gli occhi rossi, Alex. Piangi se vuoi, impreca o qualcos'altro, ma sfogati!»mi strattona dalle spalle.
Ti odio.
Chiudo i pugni.
Non sei degna.
Faccio un grande respiro.
Fa male.
«So che non sono la figlia che avrebbe voluto, ma ci ho provato! E ora non sopporto più il suo comportamento! La detesto. Perchè è così con me, Claudia?» scuote la testa, negando.«Voglio solo che mi accetti e mi consideri sua figlia.»
«Dai Alex, so che puoi fare di meglio.»
«Porca puttana, perché?! Perché non mi vuole bene? Voglio l'affetto di mia madre. Voglio solo che ritorni la Mairan di prima. Quella che mi raccontava storie di notte e mi regalava sorrisi.»trattengo le lacrime.«Ti va bene ora?»
«Sì, sono soddisfatta. Ti sei sfogata un po'.»dice abbraciandomi.
È passata esattamente una settimana dal giorno in cui Mairan è stata chiara, chiara nel dire che non mi ha mai voluto come figlia. Nel piccolo arco di tempo trascorso non ha tentato nemmeno di evitarmi o di parlarmi. Io e mia madre viviamo in casa come due sconosciute; lei ignorando il mio dolore ed io sopportando l'angoscia e nostalgia che mi provoca vederla con altri uomini.
***
«Parla pandacorna rosa: l'obbiettivo è appena uscito dalla tana. Ripeto, l'obiettivo é appena...»
«Umm, mi puoi spiegare quando ci siamo dati dei nomignoli, pandacorna rosa?»scandisco bene la parola, nascondendo un sorriso nelle mie labbra.
«In nessun momento, ma è più genial così, non rovinare il momento. Mi sento come una spia in incognito.»commenta con divertimento nei suoi occhi mentre mangia delle patatine dal sacchetto che ha in mano.
Pulisco le lenti del mio binocolo e mi accomodo nella mia finestra per vedere meglio la nostra vittima.
Ok, ammetto di sentirmi proprio come una spia.
«Oh mierda! Oh cazzo! Quel ragazzo è... commestibile!»
«Commestibile? Che sei? Una cannibale Claudia?»le chiedo, divertita dal suo comportamento poco serio.
«Stà zitta e guarda, ora capisco perché lo stiamo spiando.»ammette. Prendo il mio binocolo e il mio cuore sobbalza adocchiandolo uscire da casa sua.
Quel ragazzo è un adone!
È dannatamente bello e sexy da farti chiederti sé quel essere lì sia vero o no.
«Chiudi la bocca, ti entrerà una mosca, Alex!»mi risveglia Claudia dai miei pensieri, riportandomi alla realtà.
«Oh merda, ragazzo sexy sta per partire!»esclama e un minuto dopo mi vedo scendere le scale di casa mia come una furia, seguita dalla pazza della castana.
«Ma dove diavolo è andato? Era qui un minuto fa.»Claudia cerca nei dintorni e ci giriamo appena sentiamo il rombo di un motore per poi perdersi per le strade.
«Salta sù!»mi ordina la mia amica e sgrano gli occhi, vedendola nella sua Honda blu con tanto delle sue Ray Ban e masticando una gomma in pose da diva.
Mi fermo a riflettere un attimo per quello che sto per fare.
«Non credi che stiamo esagerando? Forse è meglio ritornare a casa. Jane si sarà confusa e basta, Clau.»sentenzio poco convinta delle mie parole, perché in fondo so che voglio fare il contrario.
«Andiamo Alex, perfino Maccolt sà che vuoi inseguire quel ragazzo! Quindi, porta le tue chiappe nella mia macchina ora!»roteo gli occhi per la sua ordine e faccio quel che mi dice.
Spero solo di non pentirmene dopo.
[...]
«In seguito agli avvenimenti misteriosi, due fanciulle sono state ritrovate morte e sepolte vicino ad un negozio di fiori...Diamo avvio alle prossime notizie, signori.»imita una voce da locutore cupa. Le dò un colpetto sulla fronte.«Ahia! Dì "no"alla violenza, amica!»
«Smettila di fare le tue battutine Claudia, e rimani in silenzio.»impongo irritata perché siamo ormai da mezz'ora davanti ad un negozio di fiori e non abbiamo nessuna traccia di lui.
«Per cosa? Non esce da più di dieci minuti! Forse ci ha scoperto e ci ha denunciato alla polizia e, forse, noi a quest'ora dovremmo essere già a Las Vegas.»dice ridendo della propria battuta, ma io rimango in silenzio a tale supposizione.
«Ehi Alex, io scherzavo. Vedrai che uscirà. Ne sono sicura.»corrobora, dandomi una pacca sulla spalla.
Cinque minuti.
«Magari ha visto dei fiori per sua nonna e li sta scegliendo. Sai? Le nonne sono molto suscettibili se sbagli i loro fiori preferiti.»la mia amica tamburella le dita nel volante e io annuisco.
Sto perdendo la pazienza.
Ti starai chiedendo perché non vado lì e affronto la questione da persona matura che dovrei essere, no? Lasciami spiegarti che non lo faccio perchè non saprei che cavolo dire.
Sì, abbastanza idiota come scusa, no?
Venti minuti dopo.
«C'era un ragazzo che aveva un sollazzo in un bel terrazzo...Camminando per le strade, lui era figlio di Ade...A-Ade...»
«Claudia, smettila di cantare quella canzoncina! Non sei una rapper!»la sgrido e concentro la vista in avanti.
***
Due parole: missione fallita.
Dopo tre ore e le continue lamentele di Claudia ce ne siamo andate da lì.
Ora lei è a casa sua con Brad, a fare cosa? Non lo so, ma secondo il messaggio che mi ha mandato"Solo la passione ci dirà cosa fare", deduco che non studierà molto.
Io, invece, mi trovo fuori casa.
Dopo che ho trovato le amiche di Mairan in casa e uomini mezzi nudi, ho capito che era meglio uscire e ritornare più tardi.
Guardo l'orologio al polso e noto che mancano pochi minuti alle undici. Forse questa non è l'ora giusta per camminare di notte nelle strade, no, decisamente non lo è, ma mi piacciono le strade quando non ci sono persone, solo la Luna e io, in silenzio e con l'unico rumore delle mie suole delle scarpe calpestare quel che trovo nel suolo. Riesco a vedere l'aria uscire dalla mia bocca per respirare, mi tranquillizza.
Giudicami strana ma sono così, è il mio modo di essere.
«A-Alex...»il mio cuore perde un battito, sentendo una voce querula alle mie spalle.
Non appena ho tempo per girarmi, un corpo caldo cade addosso a me, causando che indietreggi di alcuni passi.
Reagisci!
«Ti senti bene?»a volte penso perché chiediamo a qualcuno se sta bene quando è ovvio che non è così.
«S-sei tu...»deglutisco saliva, nervosa. Non so cosa fare, ma alla fine mi lascio guidare dal mio istinto.
Prendo il suo braccio e lo faccio circondare nelle mie di spalle, in modo che possa ritenere il peso lì. Passo una mano attorno alla sua costola.
<<Sei una buona samaritana, Alex.>>
Ci mancava soltanto la mia coscienza bastarda. Mi serve uno bravo.
«Amm... Dove abiti? So che stai male, ma mi serve sapere dove vivi.»dico controllando il panico crescente dentro di me.
Sento come la mia mano sfiora la stoffa che circonda il suo braccio; è umido. La tolgo con lentezza e sgrano gli occhi, vedendo come la mia pelle è tinta di rosso. È sangue; sangue densa e liquida.
«Stai sanguinando!»
<<Ma guarda.>>
Pensa Alex. Cosa puoi fare? Lo lasci qui nella sua sorte o lo porti casa tua?
Che dilemma.
«Ti porto a casa mia, ok?»ascolto la sua respirazione agitata e come il suo corpo tremi sotto la mia voce, ma riesco a vedere che annuisce debolmente.
Cammino nel modo più veloce che i miei piedi me lo permettono. La luce della Luna è in penombra e i miei occhi non riescono a vedere più di tanto, solo la mia ombra e quella di lui. Nelle mie orecchie si addentrano i vari suoni che emmettono i grilli, i gufi e i vari animali che escono nella notte.
Giusto quando mancano pochi metri alla tanto agognata porta, mi dò un minuto per osservarlo, accertandomi che non sia pericoloso.
La sua faccia è china e non riesco a vedere il suo viso. E poi con il cappuccio della felpa che porta non mi aiuta di molto a verderlo bene. È alto, sovrasta di netto il metro settanta tre della mia altezza.
Aiuta sempre il tuo prossimo, non essere egoista, Alex.
Papà, come vorrei la tua presenza in questo momento. Penso.
Esco dai miei pensieri e reagisco vedendo la situazione in cui mi trovo. Apro la porta appena ci arrivo e ringrazio l'ente superiore che non c'è nessuno nel salotto.
Lo faccio sedere sul divano lentamente, cercando di far attenzione a non peggiorare le cose.
«Prendo le cure.»avviso passando dal divano; sospiro dal sollievo nel non vedere mia madre.
Corro in bagno nervosa e prendo tutto il necessario: alcool, cotone e bende.
Mi accascio e strappo la stoffa della felpa nel suo braccio. Subito mi concentro e spavento al vederlo.
È un taglio diritto, sembra fatto con un coltello. Il sangue scivola dalla sua pelle fino ad arrivare nelle sue dita e cadere in gocce rosse nel pavimento. Non è profondo, per fortuna, ma potrebbe infettarsi. Prendo l'asciugamano bagnato e pulisco la zona dov'è il taglio, appena non c'è più nessuna traccia di sangue, prendo la crema e la spalmo sul taglio.
Wow, che pelle morbida.
«Chi ti ha fatto questo?»chiedo con flemma, concentrata a bendarlo attentamente.
Non mi risponde.
Mi alzo, pulendomi le mani e lo osservo. La sua felpa é nera, con la scritta di Adidas al centro e con dei pantaloni da correre e delle scarpe da ginnastica.
Mi avvicino per accertarmi che sia sveglio, ma appena i miei occhi catturano l'immagine delle sue nocca, hanno la mia attenzione.
Hanno una tonalità quasi in carne viva, arrossati.
Prendo il palmo della sua mano e l'avvicino alla mia. Deglutisco e mi alzo con il cuore in battito rapido, convulsivo.
Un brivido ricorre le mie spalle per quella strana, ma gradevole sensazione. Sento come una specie di calore inonda in modo vorticoso il mio sistema, ad ogni nervo del mio corpo.
Mi butto sulla poltrona davanti a lui. Giro la nuca alla mia destra e solo ora mi rendo conto che il tavolo al centro della cucina è pieno di bottiglie. Le finestre nel salotto alle mie spalle sono semichiuse, ma lasciano entrare il vento e mi sento quasi cullare con il rumore del fruscio delle foglie; è una bella nanna per addormentarsi. Una nostalgia improvvisa alloggia nei miei ricordi.
Voglio ritornare nel passato. Penso.
Sento il picchiettare di quattro zampette contro la legna delle scale.
Signor Maccolt arriva a passo lento fino a posizionarsi di fronte a me. Il mio cuore si intenerisce nel vederlo alzare una zampetta, invitandomi a prenderla. La prendo e sorrido.
«Vieni.»palmo le mie ginocchia e un secondo dopo salta su di esse, accomodandosi bene. La sua peluria emana un calore riconfortante nelle mie gambe. Gli accarezzo con lentezza la sua testolina color caramello finché non si addormenta.
Rivolgo ora la mia attenzione all'individuo che si trova ad un metro e mezzo da me. Sarò sincera ad ammettere che non nutro alcun timore o forse paura che possa essere un ladro, assassino–ho una fissazione in loro–o semplicemente un ragazzo ferito, no, solo curiosità.
Alex.
Perché ha pronunciato il mio nome? Casualità? Sì, sarà l'unica causa, non ne trovo un' altra.
***
È possibile che i minuti, nei quali mi sono domandata il motivo della mia esistenza e del perché non esistono i panda volanti, si siano trasformati in ore? Già, credo proprio sì, visto che l'orologio appeso in alto segna le 10:18 AM.
Sbatto le palpebre varie volte, cercando di adattarmi alla luce del Sole al mattino.
Abbasso la vista e mi trovo con il piccolo peso di Maccolt che dorme ancora, russando sul mio grembo. Lo prendo e, cercando di non fare troppo rumore, lo accomodo sulla poltrona.
Mi giro e osservo il tavolino.
Alcol, cotone e crema. I ricordi mi invadono come delle piccole bombe sulla testa.
Non è stato un sogno? L'ho veramente portato a casa mia e l'ho curato?
Mi tocco la parte frontale della nuca e subito sento un dolore lancinante in quella zona, come un martellio dentro.
«Sei ancora qui?»domando con la voce dispersa. Mi abbasso e prendo la coperta in terra.
Corro in cucina con passi lenti. Sento che se aumento la velocità la testa mi scoppierà in un secondo. Devo prendere una pastica.
Sbuffo.
Non c'è.
«Potevi giusto ringraziare, un semplice...»mormoro con un pizzico di rabbia nel tono. Proprio quando sto per dire una maledizione i miei occhi incontrano un foglietto attaccato sul frigorifero.
Grazie.
Una parola, composta da sei lettere, semplice, senza rilevanza alcuna.
Allora perché sento il mio cuore gonfiarsi di entusiasmo e palpitante? Non capisco.
La parola è in una tinta nera, la scrittura però mi stupisce: la lettera i ed e sono allungate in largo verso il basso, il che mi fa notare che era di fretta.
Mi giro e guardo ad ogni lato della cucina e non trovo nessuno. Non sto facendo niente di male, ma sento che questa è una cosa personale, che è tra lui e me.
Beh, tra il foglietto e me.
Riempio i miei polmoni dell'ossigeno che esigono e mi giro lentamente appena sento il suono dei suoi tacchi.
«Ti sei svegliata finalmente.»sai quando senti la voce di qualcuno che odi e vorresti essere in qualunque posto? Beh, questo è il mio caso, solo che la persona che odio è lei; mia madre.«Prepara la colazione, ho fame.»
Io fame di risposte del perché ti comporti da bastarda con me.
«Ora lo faccio.»perfino nelle mie parole si sente la mia difficoltà nel parlare senza stringere la mandibola.
«Muoviti.»
Mia madre è uscita come sempre: vestito che risalta le sue curve, il quale sembra più il corpo di una modello di vent'anni, truccata in modo straordinario e con il solito sguardo piccante e seduttore, irresistibile per gli uomini attorno a lei.
È sempre stata bellissima, gli anni che ha non li dimostra affatto. Ha la pelle bianco latte, i suoi capelli appaiono sempre lisci e in ordine, al Sole assumono una tonalità mischiata tra il marrone chiaro e un rosso; gli occhi sono di un azzurro cielo, una cosa che ho ereditato da lei, con l'unica differenza che i miei non sono così belli.
Papà mi raccontava fin da piccola che per farla innamorare aveva dovuto faticare tanto. I suoi pretendenti–come mi aveva detto papà–erano in tanti, visto che da più giovane dava l'aria di una ragazza innocente e ingenua, cosa che non lo era per niente.
Ora è sicura di sé e pensa di conquistare chiunque con la sua bellezza.
Mi chiedo se c'è una piccola speranza che ritorni la vera Mairan di una volta. Aggraziata e gentile.
«Porca troia, tua madre fa letteralmente sbavare gli uomini!»Claudia entra dalla porta, guardando dietro di sé.
Mi avvicino ed è vero, tutto il mondo ha gli occhi che puntano su di lei con interesse e lascivia.
«Non ci credo, perfino quelli che hanno una coppia la guardano!»esclamo indignata e all'istante ferita, adocchiando Mairan dirigersi con fare seducente ad un uomo elegante.
Concentro la vista in Claudia e alzo un sopracciglio; mi guarda socchiudendo gli occhi con curiosità.
«Non capisco perché dici che non sei uguale a lei. Siete praticamente identiche, solo che tu sei la versione migliorata di lei.»alza la mano e comincia a innumerare. Ci risiamo.«Sei più bella, giovane e hai più...»dirige le mani sul suo petto.«È vero, hai delle tette più grandi di lei, non esageratamente, ma comunque sono grandi.»
Sorride per un momento e poi il suo sguardo diventa serio.«Alex sei mia amica e per tanto devo dirti questo. Ti prego di mantenerti aperta a queste cose, è molto importante.»
«Certo...»dico spaventata per la sua serietà così insolita.
«Sono innamorata di te.»il mio cuore sobbalza.
Cosa?!
«Ma come? Cosa? Quando è successo? E Brad?»non può essere vero. Penso.
«Con Brad non può funzionare, non posso più reprimere i miei sentimenti, Alex.»dice dedicandomi uno sguardo così profondo e credibile che per un istante le credo.
Certo, prima che si metta a ridere come una matta.
«Oddio, dovevi vedere la tua faccia! Pagherei per rivederla!»
«Sei una cattiva amica, lo sai?»dico, tentando di assumere un'espressione arrabbiata, ma fallisco inutilmente.
«Lo so, ma mi piace fare scherzi, specie se sono a te.»dice, togliendosi una lacrima immaginaria dall'occhio.«Scusa, ma il mio cuore ha già un padrone, ed è Bradley Forgeinsten.»
«Oh, Claudia in modo romantico.»rido. A quanto pare la castana è veramente presa dal ragazzo.
«Tra l'altro scopa bene. Credimi, la mia esperienza sessuale và alla grande e ti assicuro che il ragazzo sà muoversi bene, sai cosa intendo?»abbassa le sopracciglia in modo suggestivo e mi sorride maliziosa.
«Va bene, ok. Non voglio dettagli.»
«Certo. La tua mente innocente non deve essere infangata.»dice in modo drammatico.«Quella parte in cui hai scritto sul...»
«Non leggere più il mio diario.»
l'avverto.
«Sì, sì, sì.»
Gira la faccia verso la finestra. Scosta la persiana e alza un sopracciglio.
«Alex...»mi avvicino.«Ho l'impressione di averlo già visto quel ragazzo, ma non so dove. Però mi risulta familiare.»
Chi sarà?
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