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Capitolo 14 : Annalise.


Jeremy Kapone-Little Sister.

Capitolo 14 : Annalise.

Nonne.

Ne esistono di ogni tipo; quelle dolci e gentili che ti preparano biscotti al cioccolato per poi guardare una serie televisiva strappa lacrime insieme, quelle che ti obbligano ad ascoltare le loro storie di vecchia data, quelle moderne e, infine, c'è il tipo di mia nonna.

Unica nel suo genere.

La osservo con un piccolo sorriso timido in faccia. Chiudo la porta alle mie spalle e finalmente sento il suo grido di entusiasmo.

«Bambina mia! Come sei cresciuta! Continui ad avere quel visino dolce di tua madre...»proferisce con tono un po' stridulo e dolce. Un secondo dopo sento le sue mani vellutate, stringendo le mie guance con forza.

«Annalise, mi stai facendo male alla faccia...»mi lamento e lascia le mie guance. Si dirige verso Maccolt, il quale non si salva, e, anche se cerca di scappare, viene preso.

«Creaturina carina! Ti comprerò dei vestiti e delle scarpe abbinate a me. Vedrai come saremmo belli.»declama Annalise mentre accarezza la testa del mio amico, il quale cerca ancora di scappare.

Lascio lo zaino sul divano e mi tolgo la felpa, restando nella mia maglietta nera. Mi rivolgo verso mia nonna e non posso far a meno di sorprendermi ogni volta che la vedo.

È una signora sulla cinquantina, ma la verità è che non li dimostra affatto, per niente, e lei se ne vanta ogni momento che può.

Ha i capelli di un castano oscuro, forse come i miei, e appaiono sempre lisci e ordinati. La sua faccia leggiadra, dalla pelle bianca, ma non pallida come la mia. Ha gli occhi di un colore ambra e con venature di un verde molto vivido, cosa che in contrasto formano una tonalità a dir poco perfetta. Ha il naso retto, labbra leggermente tumide e rosee, e, infine, con un corpo che certamente scaturirebbe invidia a qualunque trentenne.

Posa nel pavimento il mio amico canino, il quale corre subito verso le scale. Rido a bassa voce.

«Allora, dove quel figlio mio che ho partorito tanti anni fa? Rickard! Vieni a vedere la mamma che è a casa! Subito!»grida ad alta voce, causando un tumulto nel mio cuore già trepidante.

Merda.

Che cavolo le dico ora?

Nonna, mio padre se n'è andato di casa tre anni fa e non so dov'è. Ah, e la causa è che Mairan l'ha tradito con il suo migliore amico e tutt'ora continua a farlo. Benvenuta a casa, nonna.

<Potrebbe andare, Alex. Forse alla vecchia le viene un infarto e ti liberi di lei di un colpo solo. Problema risolto.>

Non seguirò la mia coscienza.

«Papà è in viaggio per affari, ma tornerà presto nonna, forse tra due settimane...»uno spasmo di dolore pervade il mio petto. Come un coltello che s' infila diritto nel centro.

Un'altra volta mi ritrovo a mentire.

Per l'espressione sorpresa e delusa di mia nonna, deduco che voleva vedere suo figlio, dato che non lo vede ormai da anni.

Non sei l'unica, nonna.

«Ah, capisco...»il suo tono tradisce la delusione che prova, ma non lo darà mai a vedere agli altri.

«A proposito, dov'è Mairan?»

Oh cazzo.

***

«Aspetta, lasciami aprire la porta...»ascolto una voce ansimante dietro la porta di casa. E, non appena realizzo che è quella di Mairan, cerco di fare il più rumore possibile, evitando che Annalise la senta.

Il mio cuore accellera i suoi battiti quando sento i passi veloci di mia nonna dirigersi nel salotto.

Non devo perdere tempo.

«Bambina mia, ma di chi è quella...? Oh, sei tu Mairan!»deglutisco saliva e sospiro dal sollievo, notando che ho chiuso appena in tempo la porta in faccia al tizio che era in compagnia di Mairan.

Un secondo in più e Annalise avrebbe visto di quanto lei sia fedele a mio padre.

Mia madre in questione assume un portamento leggiadro già comune in lei e con movimenti carichi di grazia, cammina verso suo suocera e deposita un bacio nella sua guancia destra.

«Mairan, sembrano che per te gli anni non passino mai...»dice con ammirazione mia nonna a mia madre, la quale sembra più concentrata a sistemarsi i capelli disordinati e il vestito decisamente da bordello.

«Posso dire lo stesso per te, Annalise. Sei meravigliosa come sempre.»roteo gli occhi, infastidita dal comportamento lezioso di Mairan.

Fingere; forse la cosa che le riesce meglio.

E, solo per farle provare una piccola dose, formo un sorriso di pura falsità nel volto e le rivolgo la parola.

«Ciao mamma, come ti è andata da quel certo...? Oh, aspetta, non mi ricordo il nome, eppure dovrei saperlo dato che lo vedo sempre qui...con te.»mi fermo e godo della sua espressione di disperazione.

Dalla coda dell'occhio scorgo mia nonna incuriosita al riguardo e, anche se dopo mi pentirò di averlo fatto, ingoio quello che sto per dire.

Annalise non si merita di sapere che sua suocera è...

«Mi sono confusa, mamma. Sai, troppo studiare a volte mi confonde le idee.»certo, studiare di sicuro rientra tra le mie cose importanti da fare. Come no.

Mairan mi dedica uno sguardo severo, mettendo in chiaro che dopo avremmo una conversazione. Certo, sempre che non se ne vada prima con uno dei suoi uomini.

Mia madre scioglie i suoi capelli dalla forte coda che si è fatta e si dirige in cucina ad aiutare Annalise per cucinare non so che cavolo.

«Ma perché l'aiuto? Dovrei dire la pura verità...»sussurro a bassa voce e il senso di colpa fa atto di presenza nella mia mente, portandomi ancora una volta a sentirmi debole.

Mi fiondo sulla poltrona rossa e appoggio la nuca sullo schienale, chiudendo gli occhi. I miei muscoli in tensione si rilassano, causando che sospiri con soddisfazione.

Muovo di pochi centimetri la poltrona; il giusto necessario che possa vedere mia nonna e Mairan.

Lo stupore mi coglie di sorpresa e l'emozione affiora nel mio petto, quasi distruggendo la barriera nel mio cuore contro mia madre.

Sta ridendo.

«Davvero mio figlio fa quella cosa ancora? Non ci posso credere Mairan!»mia madre ride alle parole di mia nonna, e non posso far a meno di emozionarmi o almeno stringere le mani con rapidità.

«Rickard sarà pure cresciuto, ma avrà sempre quel comportamento da sedicenne...»informa mia madre ridendo, senza mostrare neanche il minimo segno di nervosismo.

Ma, nonostante quella risata, mi rendo conto che per mia madre parlare di papà sembra un argomento come un altro, come se non le causasse alcune effetto parlare dell'uomo che ha sposato e tradito.

«Come sta invece Jeremy?»uno spasmo di furore si fa spazio nel mio stato d'animo. Annalise le risponde che mio nonno sta bene e ora ha la nuova passione di dipingere e che ha fatto un ritratto di suo figlio e Mairan insieme. Mia madre si limita solo a sorridere con innocenza e con tanto di allegria.

Come può mostrarsi così calma parlando con Annalise? Come può non mostrare neanche il minimo segno di pentimento nel suo volto?

Continuano a parlare, ma io decido di alzarmi dalla poltrona, rivolgendo un'occhiata iraconda a Mairan, la quale ignora e fa finta di niente.

«Allora Alex, qualche ragazzo che fa battere il tuo cuore ce l'hai?»mi domanda Annalise mentre apparecchia il tavolo. Sgrano gli occhi quando noto la piccola risata di mia madre.

«Nah, nessuno nonna.»dico con semplicità. Nella mia mente appaiono migliaia di puzzle sparsi finché, con rapidità, iniziano ad unirsi tra di loro, mostrando un volto che conosco anche troppo bene.

Nick.

«Sicura? Mi sorprende che i ragazzi non ti girino intorno come le zanzare. Sei bella quanto Mairan, cosa che colpì subito mio figlio.»declama mia nonna, sconcertata.

Mi limito ad annuire e basta. Non mi è mai piaciuto ricevere complimenti da nessuno. Considero che se li devono guadagnare, e io di certo non me li sono guadagnati. Nonna Annalise mi dice che sono bella perché sono sua nipote e basta.

Proprio come dire una bugia bianca ad un bambino di cinque anni; sperando che se la credono. Non funziona con me.

Quando finalmente siamo tutte sedute nel tavolo noto che, con mia grande sorpresa, è la prima volta, dopo anni, che Mairan resta a casa a cenare.

«Che silenzio tombale...»commenta Annalise mentre mastica la lattuga della sua insalata.

Il rumore delle forchette e i cucchiai muoversi e grattare il piatto, sono l'unico suono a me percettibile in mezzo all'imbarazzante quiete che ci avvolge nella sua nube.

«Oh, ora ricordo.»pronuncia mia nonna, ottenendo l'attenzione mia e di Mairan.«C'era un ragazzo prima... mi ha chiesto di te Alex.»

Deglutisco saliva e lascio la forchetta nel tavolo di colpo. Entrambe assumono un'espressione di curiosità.

«Un ragazzo ha chiesto di te? Sembra proprio che nella mia assenza ti diverti molto.»commenta Marian, con una una voce forbita e poco comune in lei, quasi divertita. Le rivolgo un'occhiata di irruenza e quella facciata spavalda svanisce.

«Si sarà sbagliato, nonna. C-continuiamo a mangiare.»mi sbrigo a dire in mezzo ad un tartaglio piuttosto lampante.

«No, parliamone invece. Ah! Mi ricorda l'idilio che ho vissuto con Jeremy. Era così romantico! Mi veniva a cercare a casa mia e una volta mi ricordo che mi ha fatto una serenata.»sorrido per il cambio d'argomento così rapido in lei. Basta solo lasciarla parlare di lei stessa e basta.

Presto attenzione per metà discorso prima che senta qualcuno bussare la porta con impeto.

«Vai ad aprire, Alex.»per un momento resto sconcertata dal tono così gentile di Mairan, ma poi ricordo che lei potrebbe essere un'attrice degna di un Oscar e scarto l'idea che voglia essere dolce con la sua unica figlia.

«Ma chi diavolo è a quest'ora?»mugugno, infastidita di dovermi alzare per aprire la porta. Sì, lo corroboro. La pigrizia ed io siamo unite.

Con passi veloci mi dirigo verso la porta e, giusto quando stanno per colpire un'altra volta, giro il pomello ed apro.

Decisamente non mi aspettavo di vedere lui di fronte a me.

Lentamente fa un piccolo passo, avvicinandosi, cosa che mi aiuta a vedere l'ematoma che comincia a formarsi nel suo occhio destro, circondato da un colore violaceo. Ha un labbro rotto, dal quale pensola una goccia di sangue fresca; le mani arrossate, quasi in carne viva e un notabile odore a metallo e sangue sono percepibili da lontano in lui.

Ma chi diamine l'ha conciato così?

«Tu sei Alexandra, non è vero?»sibila ad ogni parola, aumentando forse la mia curiosità che ha bisogno di essere saziata.

Cosa ci fa lui qui?

Non lo conosco nemmeno, ma so il suo nome e so anche come Nicholas gli abbia dato una lezione di fronte a decine di persone. Forse non dimenticherò quelle orribili e inquietanti immagini dove Nicholas afferrava la testa del castano e lo sbatteva con furia nella piattaforma come se fosse una palla.

È Cooper.

«Rispondi sì o no.»

Okay, comincio a perdere la pazienza con questo tizio.

«Sì, sono io. Cosa vuoi?»il mio tono esce più acido del dovuto e subito me ne pento. Questo individuo potrebbe usarmi come il suo sacco di Box se soltanto volesse.

Le sue labbra si piegano in un sorriso quasi tetro e nega con la testa.«Oggi non è il giorno adatto per questo.»

Increspo le sopracciglia e vengo avvinghiata dalla latente curiosità nella mia mente.

«Ehi! Ehi! Ma perché hai bussato prima?»gli chiedo non appena noto che si allontana. Scorgo uno spasmo di dolore nel suo volto mentre cammina.«Stai male, se vuoi posso chiamare il...»mi interrompe ridendo.

«Fottiti tu e la tua cazzo di compassione.»fa una pausa quasi suonando offeso.«Ci si vede in giro. Oh, e ti consiglio di non venire più al Red Righlights . Non è un posto per te e non ci sarà sempre Nicholas per difenderti.»avvisa, mostrando la poca simpatia che sente per me.

Sento le suole delle sue scarpe pestare le foglie dell'erba nel quasi inesistente giardino. Un minuto dopo il ruggito di un motore di una macchina echeggia nell'aria.

Mi stropiccio gli occhi e chiudo la porta.

Decisamente il tizio si è fumato qualcosa o voleva solo farmi uno scherzo.

«Chi era alla porta?»mi domanda Annalise al contempo che dà un enorme morso alla sua bistecca. Faccio una piccola smorfia.

«Nessuno che sia d'importanza.»

«Sicura? Hai il visino pallido, bambina mia!»esclama, alzandosi e prendendo le mie guance fredde per il vento sferzato di prima fuori.

«Sto bene, sul serio.»corroboro, cancellando la sua espressione preoccupata nel suo volto.

Quando la quiete è ritornata, decido di fare la mia domanda che mi frulla in testa da diversi minuti.

«Annalise...»mi guarda con attenzione. Mairan continua a mangiare; imperterrita.«com'era il ragazzo che ha chiesto di me?»

«Era molto alto, di pelle bianca e con due occhi...»

«Grigi.»finisco per lei.

«Sì! Davvero un bel ragazzo. Mi ricorda molto a quel ragazzino con cui giocavi da piccola.»

Cosa?

«Quel ragazzino?»

«Ora non mi ricordo il suo nome, ma eravate sempre insieme. Non vi separavate mai. Mi dispiace molto per quello che gli è successo...»sentenzia con alcune lacrima agli occhi. Mia nonna è sempre stata molto emotiva.

«Ma per...?»

«Basta parlare di quel ragazzino, Annalise.»esclama Mairan, lasciando trasparire il lampante disprezzo al riguardo. Ma che le prende ora?

«Io voglio sapere, nonna. Raccontami, per favore.»la mia voce tradisce l'ansia latente in me. Voglio sapere chi è e il motivo del perché non riesco a ricordarlo.

«Tu non vuoi saperlo veramente, Alex. Smettila di insistere.»mi rimprovera Mairan, con uno sguardo torvo, conficcando quasi di poco le sue unghie lunghe nella carne del mio braccio.

«Invece sì. E non azzardarti a dirmi cosa devo fare, sai che posso dire alla nonna quello che fai sul serio.»la minaccio a bassa voce, distruggendo in un paio di secondi la sua facciata severa.

«Oh, ora ricordo!»annuncia Annalise, causando un grosso tumulto nel mio cuore.

«Ricordi il suo nome?»

«Ho lasciato le lasagne nel forno! Saranno già pronte ormai.»

Senza dubbio si sta formando un'enigma attorno a quel ragazzo.

***

«Mettiamola in questo modo: ha detto che non vuole parlarti per nessun motivo e che aspetta le tue scuse.»dice dall'altra linea Simon, facendomi sentire la sua voce impastata dal sonno.

«Non le chiederò scusa, Simon. E che aspetti quanto vuole, non le dirò neanche un ciao quando saremo a scuola.»gli dico, controllando il mio tono bagnato di rabbia verso Claudia.

Hai sbagliato tu, non io.

«Argh! Come siete complicate voi ragazze!»mugugna in uno sbadiglio. Sgrano gli occhi, quando noto nello schermo del mio cellulare marcare le una passate.

«Vai a dormire, okay? Ci sentiamo domani, Simonetta.»sopprimo una risata.

«Il tuo accento italiano fa schifo, Alex. E non chiamarmi così, lo odio e poi non è chic.»finge un tono femminile molto acuto, provocando un'altra risata mia.

«Buonanotte Simonetta!»sento un grugnito da parte sua, ma ormai ho finalizzato la chiamata nel mio cellulare.

Sbadiglio mentre stiracchio le braccia e mi alzo per spegnere le luci e chiudere la porta della mia stanza.

«Un altro giorno è finito...»sussurro mentre mi sciolgo i capelli dalla coda improvvisata e mi accomodo nel mio letto.

La mia stanza è in penombra, con solo la luce della luna che punta esattamente nella mia finestra semiaperta. Una leggera brezza fa la sua entrata, causando un piccolo brivido nelle mie spalle coperte dalla stoffa del pigiama.

Solo quando sto per cadere nei bracci di Morfeo e i miei sensi sono ancora attivi, sento un rumore.

Apro un occhio e confermo che decisamente dovevo chiudere la mia finestra completamente.

Un ladro sta entrando dalla mia finestra. Perfetto, morirò nella mia camera sola e senza una musica di sottofondo per stare in tema.

Il ritmo del mio cuore diventa convulsivo e uno strato di nervi e sudore mi copre la fronte. Con velocità mi alzo dal letto e cerco qualcosa con cui difendermi, ma l'unica che trovo di accettabile e meno ridicolo sono i miei pattini di otto anni fa.

Giusto quando sto per accendere la luce, il ladro in questione accende la lampada nel mio comodino.

Ah, conosce meglio di me la mia stanza. Come cavolo non mi è venuto in mente?

Potevo metterlo KO con la lampada.

«Nicholas?»chiedo sorpresa, e anche sollevata di sapere che non morirò oggi nella mia stanza.

«Carini i pattini rosa.»dice con l'ironia notabile nella sua voce.

Gli sorrido con falsità e lascio quel che ho in mano per sistemarlo nel mio armadio.

«Vattene da camera mia.»gli ordino incrociando le braccia nel petto e dedicandogli uno sguardo serio.

Lui sorride, «Sei sexy quando sei seria, Alex.»

Sto per rispondergli di andare a quel paese, ma lui mi precede e parla.

«Qualcuno è venuto oggi?»chiede mentre si lascia cadere il cappuccio della felpa nera che ha addosso. I suoi capelli sono disordinati e il grigio dei suoi occhi diventa intenso, quasi cristallino.

«Sì, quel ragazzo che hai pestato senza un motivo. Cooper. Senti, io non voglio né mi interessa sapere quel che fai, ma non immischiarmi nella tua vita.»impongo con flemma, cercando di restare tranquilla. La sua sola presenza mette fuori gioco la mia razionalità di un colpo.

Si alza dal mio letto e si avvicina a me, accorciando la nostra distanza. Il respiro diventa mozzato dentro di me.

«Sto solo tentando di essere gentile con te, Alex. Non essere una stronza acida.»una piccola dose di rabbia si addentra nelle mie vene per il suo insulto.

Poso le mie mani nel suo petto e lo spingo, sorprendendomi che si muova di alcuni centimetri.

«Dovresti andartene.»informo con tono glaciale.

«Stai lontana da Cooper e non credere alle sue caz...»

«Tu non puoi dirmi quello che devo o non posso fare. Non sei mio padre.»dico con cipiglio, mostrando il mio lato ribelle.

Il mio battito cardiaco rischia di avere un colasso quando fa scontrare il mio corpo contro la parete, quasi controllandosi.

«Farai quel che ti dico o sennò giuro che...»

«O sennò cosa?»

«Farò questo.»un secondo dopo sento la sua bocca nella mia, cogliendomi totalmente di sorpresa.

Nota.

Voglio sapere questo da un bel po'.

Cosa vi spinge a leggere la mia storia? Cioè, cosa vi piace in particolare?

Vi va bene il ragazzo nella GIF come Nicholas?

Personalmente sono svenuta appena ho visto quel modello. Okay, non interessa a nessuno, ma vabbè. AHAHAH.

E so che il capitolo è scritto di merda e che fa schifo, ma... non ho parole nemmeno io.

Ultimamente sono giù al riguardo, perciò scusate se aggiorno dopo secoli, ma cercherò di essere più puntuale.

I'm sorry. Poi, volevo dire un GRAZIE enorme per le 2k. Cioè, mi sorprende ancora che qualcuno legga le mie cavolate.

Bye.


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