1
381 a.c.
Il sole caldo di Giugno batteva sulla grande landa della Laconia e il frumento ormai ne tempestava i campi.
La stagione del raccolto era alle porte e tutti i contadini si erano messi in moto per dare il loro contributo nella somma del loro guadagno di quell'anno.
Alcuni falciavano il frumento, altri lo ammucchiavano e altri ancora si riposavano all'ombra di alberi secolari, intenti in una piccola pausa ristoratrice. Il sole cuocente batteva fin troppo ardente sui loro capi.
E così, dopo neanche molto tempo si diedero il cambio, e via via, il tutto sotto lo sguardo di due paia di occhi femminili che indisturbati osservavano il tutto dalla cima di una collina poco distante dai campi dei perieci.
Due ragazze, appena diciottenni, sedevano tranquille sotto a un grande platano, mentre un silenzio armonioso colmava i loro animi. Un venticello tiepido sferzò dolcemente i loro visi mentre un debole sorriso sorse sulle labbra della minore.
<non è meraviglioso, Anthia?> chiese questa all'amica d'infanzia, dai lunghi e fini capelli neri raccolti in un'ordinata treccia, che le rivolse una lunga occhiata prima di tornare a guardare il panorama di fronte a loro.
<sarei d'accordo con te, se solo ti stessi riferendo al paesaggio e non agli abitanti> mormorò la corvina, certa che quell'affermazione fosse rivolta a quei miseri contadini la cui noiosa monotonia scandiva le giornate.
<non dirlo come se fosse un male> sussurrò piano la prima, carezzando con le punta delle dita i fili d'erba sotto di sé, mentre gli occhi erano intenti ad osservare quella gente che, nonostante fosse povera e fosse sottomessa ad un popolo pressoché violento, non perdeva mai il sorriso e la gioia di vivere.
<e invece lo è, Helene, lo è eccome. Desiderare di vivere come un misero perieco è un insulto alla tua gente, alla tua terra e a tuo padre, immagina se lui ti sentisse! Si vergognerebbe di te!> esclamò infine Anthia voltandosi verso la minore, mettendosi poi sulle ginocchia e battendo una mano al suolo mentre la spada al suo fianco tintinnò.
Helene non si scompose più di tanto, era ormai abituata al carattere effervescente dell'amica e poi, in fondo, quel che diceva era la verità.
<come se già non lo sapesse, inoltre immagino si vergogni già abbastanza, sopratutto da quando non sono riuscita ad uccidere quello schiavo> sussurrò affranta. Doveva essere difficile per suo padre, re di Sparta, avere una figlia che, seppur eccellesse nell'arte della spada, nel corpo a corpo, fosse la prima del suo gruppo e avesse una mente brillante, rifiutasse l'idea di togliere la vita ad uno schiavo, che di per sé non le aveva fatto nulla, per passare uno stupido esame.
Aveva sempre pensato che era giusto compiere quell'azione nei confronti di chi lo meritava e l'unica colpa di quello schiavo era stata quella di non essersi tolto la vita prima di essere catturato dal forte e potente esercito degli opliti.
Proprio per questo non ci era riuscita, nonostante l'avesse messo alle strette, l'avesse ferito brutalmente, non era riuscita a mettere fine alla luce nei suoi occhi e ciò aveva fatto mormorare tutta Sparta. Sopratutto il secondo re della città che non aveva mai visto di buon occhio Helene.
Suo padre e i suoi due fratelli maggiori non le avevano rivolto la parola per una settimana ignorandola completamente, imbarazzati dalla sua debolezza.
L'unica ad averla consolata era stata sua madre, non le aveva detto nulla, semplicemente le si era seduta accanto e le aveva accarezzato il capo con un dolce sorriso a dipingerle le labbra.
Anthia, capendo subito lo stato d'animo della sua pacata coetanea, decise di calmare subito il suo animo rinviando la discussione ad un'altra volta, ora Helene aveva solo bisogno della sua amica, non di un'altra persona che le ricordava i suoi sbagli e del suo cuore troppo buono per quella realtà così cruda.
Copiò l'azione della minore che nel mentre si era sdraiata sull'erba a pancia in sù scrutando, con i suoi occhi verde muschio, il sole filtrare dalle foglie dell'albero sopra le loro teste.
La corvina si girò su un fianco prendendo poi tra le dite una ciocca bionda di Helene, iniziando a giocarci come aveva sempre amato fare. Le rivolse un sorriso gentile.
<troverai anche tu il tuo posto in questo mondo, magari diventando una rispettata regina> provò a tirarle su il morale, tentando argomentazioni che però non sembrarono le migliori.
<non penso sarà possibile, terza di tre figli, difficilmente prenderò la corona, non che la voglia in realtà> con l'ultima affermazione una smorfia distorse i suoi dolci tratti scatenando nella coetanea una lieve risata, accompagnata poi da un'alzata di occhi al cielo per le parole che la bionda aveva appena pronunciato.
<a volte penso proprio che gli dei abbiano sbagliato tutto con te. Una spartana che non vuole uccidere miseri schiavi, una reale che rifiuta il trono e vorrebbe vivere da semplice contadina priva di diritti... ah, tu si che sei strana, ma nonostante tutto non mi dispiaci - disse Anthia scompigliandole giocosamente i lunghi capelli biondi - e poi sono costretta a starti dietro, d'altronde se non ci fossi io saresti persa> per celare quella sua innaturale dolcezza che ogni tanto scavalcava la dura corazza da forte guerriera, la corvina usò infine parole altezzose.
<ah, mi sembrava strana tutta questa dolcezza, non ti smentisci mai> rise Helene, dandole un pizzicotto sul fianco per ripicca proprio nel punto in cui sapeva avesse un livido, che era stata proprio lei a procurare giorni prima in uno scontro corpo a corpo.
Senza mostrare il suo dolore, Anthia, passò un'ultima volta la mano tra i capelli biondi e mossi della coetanea, alzandosi successivamente in piedi, porgendo una mano all'amica in modo tale che potesse fare la stessa cosa.
<su, forza, torniamo in città prima che Ares ci punisca per eccessiva pigrizia>
..................
Dopo una camminata non troppo lunga sulle luminose e altalenanti colline, le due ragazze tornarono alle porte della città di Sparta, non famosa per i suoi uomini estremamente acculturati ma per i suoi forti cittadini disposti a tutto per la loro patria, orgoglio che non tutte le città della Grecia potevano sfoggiare.
Piccoli inchini e cenni si susseguirono al passaggio di Helene che rispondeva con altrettanti gesti e sorrisi che sul suo viso non sembravano mai scemare. Si poteva dire che quell'innaturale cordialità, in lei, avesse riscosso molto successo negli abitanti dell'antica città che, seppur erano rimasti scioccati dalla sua repulsione all'esame che era richiesto a tutti, non avevano perso quell'innata protezione e venerazione nei suoi confronti.
<quindi, manca poco ai nostri matrimoni> disse la ragazza, ricordando di quel particolare che negli ultimi giorni aveva occupato i suoi pensieri per la maggior parte del tempo.
Suo padre non aveva fatto altro che parlarne mentre sua madre non si era sbilanciata più di tanto, non era mai stata di molte parole a riguardo.
<ti prego non ricordarmelo, ho più pretendenti tra i quarant'anni che altro!> si lamentò Anthia ricordando i visi di coloro che sarebbero potuti diventare suoi sposi. Rabbrividiva al solo pensiero.
Una leggera risata scappò all'amica, intenta a controllare se la sua capigliatura fosse sistemata nei migliore dei modi.
A Sparta una donna o teneva i capelli corti o raccolti, in caso contrario sarebbero stati preda facile in una lotta corpo a corpo. Erano le prime cose che sarebbero state afferrate con violenza, avrebbero significato uno svantaggio a priori e loro non potevano permetterselo.
<te invece sei messa molto meglio se non sbaglio, ho sentito che alcuni tuoi cugini di terzo grado hanno raggiunto i trent'anni, immagino avranno chiesto la tua mano> a parlare fu nuovamente la corvina, che guardò con occhi speranzosi la coetanea sperando in un suo miglior futuro.
<già e credo di avere una mezza idea chi di loro sarà il mio futuro sposo> ammise la bionda scorgendo, tra i vari banchi del mercato, a pochi passi da loro un giovane spartiato che le ultime settimane aveva passato più tempo in casa sua che in qualunque altro posto della città.
Il suo nome era Basilos, apparteneva alla dinastia degli Agiade proprio come Helene, questo significava solamente che in un modo o nell'altro sarebbero stati destinati per mantenere pura la dinastia. Quindi la giovane, sin da bambina, aveva sempre saputo che uno dei suoi cinque cugini sarebbe stato il suo sposo e, a quanto pareva, il destino aveva giocato in suo favore facendo in modo che sua madre prediligesse il meno arrogante e presuntuoso, sebbene fosse il più forte.
Non aveva mai avuto molto modo di conoscerlo ben a fondo a causa del lungo servizio militare e di alcuni scontri con le città confinanti ma, dalle ultime settimane, aveva potuto notare fosse un uomo diretto e abbastanza colto, amava il silenzio, ma se c'era bisogno sapeva intrattenere una conversazione perfettamente e ciò rese solo più lieta Helene che desiderava un uomo che oltre alla guerra sapesse parlare e fare altro.
Era un buon partito, non lo negava, anche se si chiedeva se mai avrebbe provato per lui quel sentimento di cui ogni tanto sentiva parlare nei grandi miti.
Non appena Anthia lo notò e lo riconobbe, ricordò di alcuni accenni che la coetanea le aveva fatto a suo riguardo.
<e immagino sia lui - disse lei, osservando la sua figura fiera e maestosa ormai a pochi metri da loro - ti lascio, credo che tra poco sarò di troppo, ci vediamo domani mattina all'allenamento> dopo quelle ultime parole sfiorò la mano della bionda per poi sparire nella folla del mercato sotto lo sguardo attento di questa.
<ho forse spaventato la vostra amica?> una voce roca e profonda attirò l'attenzione di Helene che, appena voltò lo sguardo, incontrò i penetranti occhi azzurri di lui che riuscivano ogni volta a colpirla sempre di più.
La intimidivano e incuriosivano allo stesso tempo.
<oh no, aveva altre faccende da sbrigare, non vi preoccupate> disse lei con impaccio, non sapeva ancora esattamente in che modo si dovesse rivolgere a lui, a differenza degli altri era fin troppo enigmatico da decifrare.
Vide un impercettibile sorriso comparire sulle sue labbra, gli occhi assottigliarsi leggermente, il busto inclinarsi di poco verso di lei, mettendo in risalto il fisico scolpito e bronzeo seminudo, mentre il suo sguardo iniziò ad osservarla da furbo predatore qual era. Helene notava come ogni qualvolta si incontrassero, lui la studiasse a fondo, mettendola in leggera soggezione con i suoi limpidi occhi azzurri.
Come ogni volta, però, non perse il confronto e non abbassò lo sguardo, particolare che sembrò ampliare il suo sorriso enigmatico.
Guardò ipnotizzata i ciuffi dei suoi capelli neri muoversi aggraziati scossi dal tiepido vento di Giugno, le lunghe ciglia sbattere delicatamente e le labbra rosee distendersi e schiudersi lasciando così liberi i suoni della loro lingua madre.
<vostro padre ha chiesto di voi con urgenza> disse lui, invitandola poi con un gesto del capo a farsi seguire.
Iniziarono così a camminare, Basilos si trovava leggermente più avanti di lei.
<è successo qualcosa di grave?> domandò incerta Helene preoccupata dall'urgenza del padre, le rare volte che l'aveva fatta chiamare era perché era successo qualcosa di non molto piacevole.
Sentendo quelle parole, l'uomo che la stava guidando, voltò lo sguardo quel tanto che gli permise di guardarla, trovandola con il viso contratto in una smorfia pensante, le mani giunte sul grembo e gli occhi fissi sul suo mantello rosso sangue.
<non mi è stato detto nulla a riguardo, so solo che ha convocato anche i vostri due fratelli> a quelle parole basse e ferme, un inquietudine sorse in Helene.
Suo padre in quegli ultimi giorni, oltre ad essere stato di salute grave, si era mostrato molto preoccupato e nervoso tanto da far agitare sua moglie, donna molto calma e dall'animo infrangibile. Quindi questi elementi, sommati alla presenza dei suoi due fratelli, uno dei quali sarebbe dovuto essere in caserma, non fece che aumentare i sospetti della ragazza.
Vacillò tra inquietudine e indecisione quando i suoi occhi incontrarono quelli freddi e azzurri di lui, più intenti a sviare il suo sguardo che a rassicurarlo, quasi come se fosse colpevole.
<Basilos, sapete qualcosa, vero?> chiese Helene cupa, mentre entrambe le mani si strinsero in pugni lungo i fianchi
<solo voci - borbottò lui cercando di rimanere il più possibile estraneo da quella situazione ma, non appena vide l'espressione di lei farsi sempre più mogia, non riuscì a trattenere le parole successive - molti dicono che ben presto ci sarà un nuovo re per la dinastia degli Agiadi> disse infine, rivelando ciò che aveva sentito dire in giro.
Pettegolezzi che quasi non si addicevano a Sparta e ai suoi cittadini.
<prevedono la morte di mio padre> sussurrò lei a denti stretti, rallentando di poco la sua camminata guardando sconcertata il suolo sopra cui camminava.
Le pareva quasi stessero aspettando solo di vederlo soccombere, non era più un regnante forte e degno di rispetto, non più.
Immaginò solamente l'espressione soddisfatta del secondo re di Sparta, lo vide crogiolare nella sua salute con la consapevolezza che la sua dinastia per il momento non avrebbe vacillato.
Era una lotta per la sopravvivenza, lo era sempre stata e per loro, regnanti, più di chiunque altro.
Basilos, che in tutto quel pensare era rimasto in un vigoroso silenzio, la osservò curioso calcolando bene le sue parole, sapeva quali pensieri stessero vagando nella mente della minore e non voleva turbarla più del necessario.
<possibile viste le sue condizioni - disse cauto, notando un leggero fastidio attraversare i suoi occhi verdi, non aveva fatto la scelta migliore, per questo optò per un'altra - ha persino chiesto aiuto alla magia> raccontò infine suscitando in lei grande stupore, facendogli intuire che non ne fosse a conoscenza.
<magia?> domandò Helene curiosa, mentre gli occhi iniziarono a luccicare di meraviglia.
Velocizzò il passo in modo tale da poter camminare ora al fianco di lui, cosa che fece sorridere quest'ultimo che finalmente sembrava aver visto nuovamente l'energia caratterizzante di Helene che, fino a qualche attimo prima, sembrava persa.
<si, ha chiamato un mágos* che sta girando la Grecia per curare i malati e gli infermi, fa miracoli dicono, magari potrebbe salvare dalla morte anche vostro padre> mormorò Basilos con leggera speranza, osando una piccola carezza sul capo della bionda, gesto non molto comune negli uomini spartani sempre ligi a disciplina e guerra, privi di dolcezza e delicatezza.
<è un persiano?> chiese lei in un sussurro non riuscendo a bloccare un lieve rossore che velocemente popolò le sue goti rosee.
<no - un ghigno derisorio lasciò le sue labbra al pensiero degli sconfitti - dopo le Termopili nessuno di quegli effeminati ha il coraggio di mettere piede nelle nostre terre. A mala pena commerciano con Atene - la sua mano si andò a posare lentamente e con fermezza sul fodero della sua lucente spada - ho sentito che viene dall'estremo oriente, da terre che nessuno ha mai visitato né udito il nome> finì di raccontare lui, suscitando in lei immaginazioni e magie di ogni tipo.
Le vennero in mente vecchie storie riguardo a dei e semidei e di mágoi a cui era stato concesso di poter comunicare con loro, esaudendo così i desideri degli uomini ma la magia, in realtà, era tutt'altra faccenda.
Erano questi i poteri che venivano attribuiti ai mágoi nell'antica Grecia ed Helene, ingenuamente, pensava che nulla potesse contro la loro volontà e che questi erano esseri buoni, privi di alcuna cattiveria, ma si sbagliava. Questi, proprio come gli dei, si divertivano a giocare con le fragili anime degli uomini. Amavano giocare a dadi con una dea la cui pericolosità era nota, decidendo così del destino dei mortali.
Non poteva nemmeno immaginare quanto la realtà non fosse simile alla leggenda.
..............
Arrivarono in poco tempo ai piedi del semplice palazzo degli Agiadi, dimora della famiglia reale in carica.
Dalla parte opposta della città era presente l'altro palazzo, quello degli Euripontidi, seconda dinastia reale.
Nel tempo le due famiglie erano sempre state in buoni rapporti tra loro per garantire un buon sostentamento e funzionamento della città e dei suoi abitanti, ma con gli ultimi due regnanti le cose non sembravano procedere come al solito.
Non scorreva buon sangue tra questi e il tutto si era ritorto su Sparta che aveva mostrato instabilità e vulnerabilità, seppur per poco tempo.
Helene temeva un possibile scontro, temeva che sangue spartano sarebbe stato versato ma non per mano di nemici bensì dei loro simili.
<quella è la carovana del mágos> a risvegliarla dai suoi pensieri fu la voce senza esitazione di Basilos che, con un semplice gesto del capo, le indicò un grande carro in legno ai piedi della scalinata del palazzo.
Era ricco di particolari colorati, a partire dalle tende porpora appese fuori dalle finestrelle, per poi arrivare alle incisioni di strani simboli sul legno sempre su tonalità scure ed ammalianti e per finire il tettuccio era a forma di cupola dipinto di un intenso blu tempestato da piccoli puntini bianchi, le ricordava un cielo notturno.
Si fermò guardando il tutto curiosa e affascinata, era davvero intrigante, non aveva mai visto così tanti particolari colorati in una volta sola. A Sparta il tutto era sempre molto semplice, persino le loro poche statue lo erano ed erano per lo più prive di colori, cosa insolita nel resto della Grecia.
I suoi piedi, inconsapevolmente, si mossero lenti verso la struttura su ruote in legno molto robuste. Si fermò a pochi metri da essa con occhi luccicanti, aveva del mistero che l'attirava proprio come il belato faceva con i lupi.
Con l'unica differenza che in quel caso dietro al belato Helene non vi avrebbe trovato una docile pecorella ma una belva più pericolosa del suo animo da lupo cacciatore.
Stava per puntare il suo sguardo attento e preciso su una delle innumerevoli incisioni sul legno laccato quando la voce di Basilos andò a richiamarla con fermezza facendola riscuotere.
<andiamo, vostro padre vi sta aspettando> disse lui con fare neutrale, non facendo intendere a Helene se fosse infastidito dalla sua curiosità oppure sbalordito da essa, fatto sta che decise di mettere in secondo piano le sue innumerevoli domande raggiungendo gli scalini che lui già aveva iniziato a salire.
Nel raggiungerlo però un particolare attirò la sua attenzione, la carovana era trainata da un grande cavallo bianco le cui cinghie attorno al corpo sembravano allentate.
Questo, di una raffinata bellezza, sembrava intento a scrutarla con i suoi occhioni neri.
Lei lo osservò a sua volta incuriosita vedendolo poi nitrire battendo gli zoccoli sul terreno con fare giocoso, questa azione permise alla giovane di scorgere sulla sua schiena di questo appoggiati un gatto nero con dei luminosi occhi verdi e un piccolo usignolo che sembravano intenti a giocare tra di loro.
Stranita da quella visione, Helene, strabuzzò per qualche attimo gli occhi, di solito i gatti mangiavano gli uccellini.
Dopo essersi passata una mano sugli occhi incredula, voltò loro le spalle pensando di essere solo stanca e appesantita dalla situazione tesa di quei giorni ma, nel mentre saliva gli scalini, giurò di essersi sentita osservata.
Non si girò a guardare i tre animali ma se lo avesse fatto, sicuramente, li avrebbe trovati tutti e tre intenti a fissarla.
/////////
Ciao a tutti!
Ecco qui il primo capitolo ufficiale che spero vi sia piaciuto!
Mi farebbe molto piacere sapere le vostre prime impressioni, ne sono molto curiosa❤️
Detto questo, se il capitolo vi è piaciuto lasciate una stellina e se volete anche un commento!
Piccolo appunto: mágos significa stregone in greco.
Alla prossima
nanaa02
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro