The Wall of Glass
Per il contest "Amori e dissapori".
1576 parole.
Guardò dall'altra parte del vetro e cercò di scorgere qualcosa, una qualunque, ma vide solo bianco.
Una distesa infinita di bianco, in netto contrasto con il mondo in cui viveva, dove tutto era nero e buio e lei era solo una sagoma bianca su uno sfondo scuro.
Lasciò scivolare i palmi sulla superficie liscia, la quale divideva i due universi paralleli, e sospirò. Da quando era nata, non aveva conosciuto nessun'altro a parte il silenzio che la circondava. Aveva passato tutta la sua vita a parlare con se stessa, poi aveva improvvisamente pensato di sembrare stupida, nonostante nessuno potesse giudicarla, e aveva smesso di farlo. Adesso rifletteva e basta.
Osservò per un secondo la sua pelle bianca e luminescente e poi di nuovo oltre il vetro. Se fosse stata dall'altra parte, probabilmente sarebbe sparita. Si sarebbe mimetizzata perfettamente con l'ambiente e forse era quello che voleva... Sparire per sempre. Che senso aveva vivere, se poi non c'era nessuno con cui parlare, con cui passare il tempo? Certo sarebbe potuta anche andare alla scoperta, ma il buio la spaventava. E allora rimaneva vicina al vetro, alla ricerca di una sicurezza interiore che non aveva.
Si sedette e appoggiò la schiena contro il muro invisibile e fissò l'oscurità, che si estendeva senza fine davanti ai suoi occhi. Avvicinò le gambe al busto e le circondò con le braccia, cercando di farsi piccola piccola, così che se ci fosse stato qualche pericolo nelle vicinanze, questo non sarebbe riuscito a notarla. Però, nel suo subconscio, sapeva bene che non c'era nient'altro a parte lei lì e che avrebbe dato qualsiasi cosa per avere una qualche compagnia, anche se questa avesse avuto tutta l'intenzione di ucciderla.
Immersa nei suoi pensieri, sentì improvvisamente un ticchettìo, anche se questo risultò molto debole. Guardò a destra e a sinistra, ma non notò nulla di insolito. Però quel rumore persisteva.
Che strano.
Eppure non c'era niente intorno.
Allora si girò verso il mondo bianco dietro di lei e scorse due piedi neri. Si alzò di scatto a guardare la figura dall'altra parte della parete di vetro e sussultò.
Non conosceva molto del mondo, visto che non c'era praticamente nulla da imparare, quindi non riuscì a capire cos'avesse davanti. Erano strutturalmente diversi. L'altra figura aveva muscoli più sviluppati e spalle larghe. In confronto lei non era niente e si sentì più insignificante di prima.
Però l'altro le sorrise e la salutò con un gesto della mano, cosa che la sorprese non poco. Davvero stava cercando un contatto con lei? Con la stessa persona che ormai non era più neanche tanto sicura di voler vivere? Non aveva l'aria di una tizia ormai malandata e molto triste?
Decise di ricambiare il sorriso, anche se un po' malconcio, e il saluto, stringendosi poi il braccio sinistro e chinando il capo, tornando a essere insicura di se stessa.
Intanto la figura nera aprì la bocca per parlare e pregò che la sua voce giungesse fino alla ragazza bianca, nonostante il vetro tra loro.
-Io... Mi chiamo Mattia.
Lei alzò la testa di colpo e spalancò leggermente la bocca.
Lo aveva sentito.
Non ci voleva credere.
E non solo... Le aveva anche rivolto la parola. Ciò non potè che renderla felice.
Il movimento brusco fece sorridere l'altro, il quale aveva compreso che le sue parole erano riuscite ad arrivare a destinazione.
-Io sono Lara- rispose lei.
-Lara...- ripeté l'altro. -Be', piacere di conoscerti. Finalmente qualcuno che non sia questo silenzio assordante- disse poi, appoggiando i palmi contro la superficie piatta.
La ragazza annuí -Già! Non credevo che esistessero altri esseri viventi a parte me. Però c'è questo vetro che ci separa.
-Per fortuna non ci impedisce di parlare.
Lara sorrise felice. Continuava a non sembrare vero che la sua solitudine fosse finalmente finita. Aveva vagato per anni alla continua ricerca di un altro con il quale chiaccherare e alla fine aveva perso le speranze. Chi l'avrebbe mai detto che ci sarebbe riuscita, che avrebbe davvero finito col trovarlo?
-Da quanti anni cerchi qualcuno?- chiese poi.
-Diciotto- rispose lui.
-Anche io.
Mattia rise -Visto? Abbiamo già un sacco di cose in comune. Siamo entrambi senza speranza, a pezzi, soli in questi due mondi sconfinati e abbiamo tutti e due diciotto anni. Credo sia un buon inizio.
-L'inizio di una lunga amicizia spero- disse lei con un po' più di coraggio di quello che possedeva.
-Ma certo. È un peccato che questo vetro ci divida. Ti abbraccerei se potessi.
Lara sospirò di nuovo. Quante volte aveva cercato invano di rompere quella maledetta barriera. Quante volte si era fatta male a tal punto da far uscire il suo sangue bianco dalle nocche. E quante volte ancora si era messa a urlare disperata, perché non riusciva a buttarlo giù. Dopo l'ennesimo tentativo andato a vuoto, aveva fatto un patto con se stessa: non avrebbe mai più provato a distruggerlo.
Ormai non voleva più averci niente a che fare.
-Già... Scommetto che anche tu hai provato inutilmente a infrangerlo.
-Centoquaranta.
-Come?- chiese Lara confusa.
-Ho cercato di sfondarlo ben centoquaranta volte. E non sto nemmeno qui a raccontarti di tutte le fratture che mi sono procurato.
La ragazza rise. E dire che lei aveva rinunciato solo dopo quindici volte.
-Caspita... Sono proprio tante. Io ho retto poco purtroppo.
Mattia scosse la testa -Meglio così. Perché rovinare quel corpo? Sembri... Fragile, sai? Non come questo vetro. Non vorrei che ti facessi male.
L'altra sentì un calore alle guance, qualcosa che mai prima di allora pensava potesse esistere. Cosa stava succedendo? Perché improvvisamente la figura nera di fronte a lei le sembrava più bella di prima? Forse la troppa solitudine le stava dando alla testa. Forse era impazzita definitivamente.
Magari Mattia era tutto frutto della sua immaginazione e della sua mente ormai oltre la soglia della razionalità. In effetti si sentiva lontana anni luce dall'essere cosciente in quel momento.
-Scusami- si affrettò ad aggiungere l'altro, che aveva visto Lara in difficoltà di fronte a quelle parole e che non aveva nessuna intenzione di offenderla. Si accostò ancora di più al vetro -Non volevo dire che fossi debole.
Lei scosse la testa -Non l'ho pensato.
-Allora perché quell'espressione afflitta?
-Scusa... Pensieri di una folle figura bianca che pensa di stare sognando tutto- replicò accasciandosi per terra e fissando il pavimento.
Mattia si inginocchiò alla sua altezza -Ehi! No... Io sono reale credimi.
-Come fai a dirlo? Non posso nemmeno toccarti per capire se sei vero oppure no. Perché la vita fa così schifo?- si sfiorò le guance con la mano, perché si sentiva strana e si osservò le dita con stupore.
Delle strane gocce scure sostavano sulla punta dell'indice e del medio, altre ancora scendevano dai suoi occhi e le solcavano il viso bianco e perfetto. Non era mai successo prima. Cos'era quello strano liquido?
L'altro si allarmò e colpì ripetutamente il vetro con i pugni, cercando di sfondarlo, ma senza successo. Si fece male e lasciò stare, ma fissò intensamente la figura per terra dall'altra parte della barriera invisibile.
-Che hai?- le chiese con un tono molto preoccupato. -Che ti succede?
-Non lo so... Sono triste, però non mi era mai uscito nero dagli occhi.
-Magari è pericoloso...
-Non saprei. Non sembra- replicò osservando ancora il liquido.
Mattia si sedette con un tonfo. Si prese la testa fra le mani e strinse i denti.
-Scusami- disse.
-Perché?
-È colpa mia.
-Colpa tua?- domandò ancora. -Come può essere colpa tua? Sei dall'altra parte del vetro.
-Ma sono io che ti sto facendo soffrire. Con le mie parole... E adesso il tuo viso si è fatto scuro, come il mondo che ti circonda. Non voglio. Ho sporcato la tua pelle bianca... Macchiato la tua purezza...
-Ehi, ehi, ehi- adesso fu lei ad attaccarsi al muro trasparente e fissarlo allarmata. -Non affibbiarti colpe che non hai. Sono io che sono matta. Pensa che quando ti ho visto all'inizio ho creduto che potessi essere una qualche divinità venuta a portarmi via.
L'altro sorrise sghembo e la guardò con i suoi occhi bianchi -Sì, mi piacerebbe prenderti e andare lontano da qui, in un mondo senza vetri. Sei la prima cosa bella che mi è capitata da quando esisto.
-Lo stesso vale per me, Mattia.
La ragazza provò un sentimento diverso dalla solita tristezza, dalla disperazione e dalla solitudine. Voleva solo passare la barriera e stare con lui, con la figura che adesso stava rendendo più sopportabile la sua esistenza. Avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo a sé e dirgli che sarebbe andato tutto bene, anche se nemmeno lei ci credeva.
Sapeva solo che avrebbe voluto passare quello che le rimaneva da vivere con lui, anche a costo di non poterlo sfiorare affatto.
Le dispiaceva così tanto che anche lui fosse costretto a quella vita, nonostante una parte di lei ne fosse stranamente felice, forse perché così poteva stare con lui.
Per un momento si rimproverò di aver avuto simili pensieri.
Lo fissò e sorrise sincera, come mai aveva fatto in diciotto anni e lo stesso fece lui. Poggiò i palmi sul vetro in corrispondenza dei suoi e lo guardò dritto negli occhi.
Osservò con ostinazione la figura che rispondeva al nome di Mattia.
La stessa figura che le aveva cambiato improvvisamente la vita.
La stessa figura che era sicura avrebbe avuto nel suo cuore per sempre.
L'unica cosa a separarli era quel muro invisibile, una barriera impenetrabile e dura, fabbricata dall'insensibilità di un universo sconfinato e forgiata con uno spesso, inutile e infrangibile vetro.
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