Capitolo 6
N.d.A:
Scusate per questo piccolo ritaglio dalla narrazione, ma vorrei chiedere gentilmente a chiunque stia leggendo di votare o commentare per farmi sapere cosa ne pensa e se vale la pena che io continui a scrivere questa storia, o che in generale io scriva. Se piace, bene, ne sono molto felice e sarei ancora più felice di vedere qualche stellina; se non piace o ci sono degli errori sono più che disposta a correggerli e seguire i possibili consigli che potreste propormi tramite i commenti.
Nel caso, invece, siate dei lettori silenti, spero che la lettura continuerà a piacervi anche se non potrò avere riscontri diretti.
Infine, alle poche persone che già commentano e che votano, un sentito e immenso GRAZIE !
Ineki96 *si defila*
Avete presente quella strana sensazione di disorientamento, in cui ti senti come se ti avessero tirato via il tappeto da sotto i piedi con uno strattone? Mentre guardavo con sguardo interrogativo il cancello davanti a me mi sentii esattamente così.
Quei cambiamenti di location erano troppo improvvisi perfino per me. Non eravamo mica in TV in cui si poteva fare zapping selvaggio!
Ancora imbavagliata, ero stata catapulta con un qualche magia, o simile, davanti a un maestoso cancello.
Una stradina sterrata si estendeva dietro e davanti a me senza alcun punto di riferimento utile. Il cielo era azzurro, il verde prato ben curato e nessun segno di vita in quella specie di landa sperduta. Potevo escludere molti posti in cui mi era capitato di trovarmi, ma non mi chiariva ancora del tutto la faccenda.
Perché dovevo sempre finire in queste situazioni assurde e incomprensibili?
Togliendomi con uno strattone il bavaglio dalla bocca e gettandolo con stizza per terra, decisi di sfogarmi: presi a calci l'ammasso intricato di ferro battuto che avevo di fronte.
Con il fiato corto e sentendomi visibilmente meglio, potei così pensare più lucidamente.
Non c'è niente di meglio di una sana manifestazione di violenza su proprietà altrui per scaricare la tensione. Non sarebbe stato d'accordo chiunque avesse costruito quella meraviglia di fasci metallici, che, ad una seconda occhiata, ispirava un senso di rispetto. Abbastanza strano a pensarci bene.
Mentre il mio cervello sotto stress faceva due più due, il cancello si aprii cigolando. Molto scena da film horror. Scadente oltretutto.
Se il mio istinto era ancora ben funzionante allora il fatto che, dopo aver saputo di essere sulla lista nera (o avrei dovuto dire sulla lista di nozze?) di un pennuto immortale, fossi in una zona mai vista prima, con un esplicito invito a farmi avanti in una terra sconosciuta, non prometteva niente di buono.
Urla agghiaccianti fendettero l'aria.
Visto? Niente di buono.
Mi incamminai, incuriosita, seguendo i suoni in lontananza e sorpassando il cancello che si chiudeva docilmente alle mie spalle.
Almeno chiunque stesse urlando aveva un ottima tecnica per esprimere la sua sofferenza.
Dopo un tempo indefinito - dopotutto ero senza orologio - arrivai nei pressi di un complesso di villette ben curate. Sembrava di essere in quei villaggi per ricche famiglie benestanti in vacanza, ognuna accessoriata di tutti i comfort. L'unica nota stonata, si fa per dire, erano le strilla del malcapitato che si sgolava, come una sirena che richiama l'attenzione.
Sorpassate diverse case con giardino che sembravano uscite da un articolo di una rivista di architettura per ricconi, giunsi in una piazzetta affollata.
Al centro della folla, su un piccolo palco, un uomo era accasciato a terra.
Tracce di sangue e pezzi di carne penzolanti adornavano in modo macabro la schiena massacrata.
Chissà cosa avevano usato per procurare quelle ferite. Come se avessero ascoltato la mia domanda, un altro uomo emerse dalla massa tenendo in mano una frusta.
O meglio, quello che viene descritto come gatto a nove code.
Molto doloroso.
Il pubblico era spaventosamente silenzioso e, mentre scrutavo quelle facce concentrate, mi accorsi che erano presenti solo bambini e giovani adulti.
Neanche l'ombra di un capello grigio.
I vecchietti pennuti erano forse in casa a rilassare le ossa stanche o venivano accantonati in qualche angolo buio? Oppure trucidati, per quanto ne sapevo. Non che me ne importasse granché del resto.
Le uniche specie che non invecchiavano mai erano: le divinità con uno dei due genitori sovrumani sconosciuto, come nel mio caso, e una rara specie di pianta. Sinceramente non so a cosa possa importare ad una pianta dell'eterna giovinezza.
Forse avere una chioma sempre rigogliosa e le radici curate e rami forti? Mah, mistero.
Tutti gli altri che sembravano giovani in eterno erano in realtà solo abbastanza potenti per far credere a tutti il contrario. Non ditelo in giro, non finché non scatto una foto ad Afrodite senza la sua potente cura di bellezza!
Avanzai di un altro passo per vedere meglio la scena che mi si presentava davanti.
Pessimo errore. E non per un motivo, ma ben due!
Primo: l'unico ramoscello secco aveva deciso di trovarsi sotto il mio piede in quel preciso momento, spezzandosi con un rumore sordo che ebbe l'effetto di far girare tutti i presenti nella mia direzione. Odiai profondamente il tizio che aveva smesso di urlare proprio in quel preciso istante, cosicché si era potuto sentire distintamente il suono di quel dannato bastoncino.
Secondo: il torturatore era niente poco di meno che il mio aspirante carceriere ed ex vittima, Occhioni Belli.
Quegli stessi occhi si concentrarono su di me insieme a quelli di tutti gli altri, ma ero stranamente consapevole dei suoi occhi in particolare.
Un brivido, non molto rassicurante, mi percorse la schiena.
In questi casi l'unica cosa da fare è una sola... Scappare come se aveste il diavolo alle calcagna.
Purtroppo per me, quello che avrebbe iniziato ad inseguirmi era molto, molto peggio.
Con uno scatto, schizzai nella direzione da cui ero venuta a tutta velocità. Dovevo pensare al più presto ad un piano per fuggire da lì il più velocemente possibile.
Non potevo più fare come ai vecchi tempi, in cui risolvevo tutto con uno schiocco di dita. Davvero bei tempi quelli!
Sentendo un insolito calore alle mie spalle, mi convinsi a non girarmi ed aumentare ancora di più il ritmo. Era da secoli, forse anche di più, che non correvo così.
Benché non avessi più tutti i poteri di una volta, non ero certamente veloce come una semplice umana in caso di estrema necessità.
Potete perciò immaginare come mi sentii stupida quando sbattei la faccia contro il terreno e mi sentii soffocare da un peso opprimente sulla schiena.
Beh certo lui poteva volare! Cosa poteva fregargli di quanto correvo veloce?
Con uno strattone mi sentii sollevare per i capelli in modo brusco. Mi era ancorato addosso, potevo sentire la forza dei suoi muscoli mentre rinsaldava la presa cercando di strapparmi un gemito di dolore.
Che andasse a quel paese, quello stronzo! Non l'avrei di certo assecondato a divertirsi!
<< Bene bene, sei arrivata dunque >> affermò Marcus con fare saccente.
Potevo sentire il suo respiro bollente nell'orecchio, una cosa che trovo fastidiosissima.
<< Ora non fare scherzi. Anche se tu riuscissi a scapparmi adesso, ti riprenderei dopo pochissimo, non ne vale la pena. Se invece il tuo obiettivo è mandarmi su di giri... bene, ci stai riuscendo >> aggiunse soprappensiero. Sembrava affascinato da qualcosa nei miei capelli, ma prima che potessi aprire bocca mi costrinse a mettermi in piedi, torcendomi dolorosamente il braccio destro dietro la schiena.
Con un movimento veloce, sbattei la testa all'indietro contro il suo mento, con abbastanza forza da mandare al tappeto un comune umano. Peccato che lui non lo fosse, porca miseria!
Con un grugnito di disapprovazione, allentò solo un po' la presa, così da permettermi di divincolarmi quel tanto da poterlo fronteggiare faccia a faccia.
Era sempre bello, ma la sua espressione torva e risentita riusciva a dare l'impressione di mischiare caldo soffocante e un freddo polare nel suo sguardo multicolore.
Vestito con abiti semplici, si ergeva fiero e potente, sicuro di se e pronto all'azione. Dove teneva le ali?
Quanto tempo era passato esattamente da quando eravamo stati nel tribunale fino a quel punto? Pensavo fossero passati pochi minuti, al massimo qualche oretta, ma da come mi stava esaminando sembrava che non mi vedesse da settimane. Cosa stava succedendo?
<< Ora, caro pennuto dei miei stivali, me ne vado per la mia strada e tu non mi ostacolerai. Non mi importa niente di cosa tu pensi io sia per te. Mi basta essere ciò che sono per me stessa e fidati che è già abbastanza impegnativo così. Ti risarcirò per la questione del tuo assassinio mandandoti gli alimenti, non è perfetto? Bene, ci si vede>> conclusi indietreggiando senza mettermi subito a corre. Mai girare le spalle al pericolo, potrebbe ucciderti o peggio.
Come se non avessi mai aperto bocca, Bei occhioni mi afferrò il braccio e mi trascinò dalla parte opposta con decisione senza dire una parola.
Ah sì?
Lo morsi al braccio fino a farlo sanguinare. Mi allontanò con un verso stupito, cacciandomi con il culo per terra.
Le pecorelle sul mio pigiama non erano affatto contente del trattamento, ma vedendo il sangue fuoriuscire abbondante dal suo avambraccio non potei non sorridere con insana felicità.
Ad un primo sguardo i miei denti sembrano perfettamente umani, ma le ossa del mio scheletro erano incredibilmente forti: la mia dentatura era inoltre letale come quella di un grande felino.
A dispetto di quanto mi aspettassi, il pennuto rise. Con sguardo interrogativo, lo fissai mentre la ferita si rimarginava sotto ai miei occhi ad una velocità impressionante perfino per me. Dove un attimo prima c'era solo un ammasso di carne sanguinolenta, ossa frantumante e tendini lacerati, ora si presentava un braccio perfettamente guarito.
Probabilmente alcuni di voi vi starete chiedendo : "non scappa più?" oppure " è rimasta paralizzata dalla paura?".
Ma neanche per sogno! Mi aveva giusto dato il tempo necessario per mettere in atto il mio piano formulato in quella breve pausa. E lo misi subito in atto, incominciando da tirargli la ghiaia del sentiero negli occhi. Mossa vigliacca, ma utile.
Mentre i suoi occhi si chiudevano dal dolore e dal fastidio improvviso e imprecava, io mi lanciai contro di lui. Può sembrare un azione sconsiderata, ma avevo notato un ramoscello spezzato( esatto, un altro di quei ramoscelli che spuntavano fuori dal nulla!) e che questa volta mi sarebbe stato utile: con una leggera inclinazione riuscii a colpirlo all' aorta femorale per poi scappare in direzione opposta prima che avesse l'opportunità di affermarmi.
Piano A: colpisci, atterra e scappa.
Dovevo ammettere che l'urlo frustrato di lui era uno dei migliori che avessi sentito...
Arrivata al cancello chiuso, presi una decisione.
Ero arrivata fin lì perciò non mi sarei fermare da un ostacolo del genere!
Mentre mi arrampicavo, sentii un battito di ali in lontananza.
Rettifica: si stava avvicinandosi sempre di più!
Con rinnovata convinzione, mi inerpicai sulla struttura e, quando raggiunsi la cima, mi lanciai dalla parte opposta evitando la ferrea presa di una mano artigliata. Cadendo a terra rotolando, mi resi conto con dolore di avere il pigiama lacerato e la schiena graffiata.
Alzai lo sguardo sul mio inseguitore.
Una creatura terrificante nella sua bellezza mi guardava dall'alto della recinzione. Pelle rossastra, con sezioni piumate, adornava il fisico imponente dell'essere facendolo sembrare una raffigurazione infernale di qualche artista rinascimentale. Peccato che il volto era bello da far male, con lineamenti perfetti come quelli di un angelo. Un angelo infernale.
E vogliamo parlare delle ali? Immense e baciate dal sole, risplendevano come fiamme in contrasto al cielo senza nuvole. Con le punte delle articolazioni in alto munite di artigli, potevano essere utilizzate come armi e mezzo di trasporto.
Maledettamente utile, dovevo ammetterlo.
Okay anche meravigliosamente bello, ma non tergiversiamo.
Mettendomi in piedi notai che aveva interrotto bruscamente la sua corsa (o volo?), così mi domandai se quella costruzione avesse il potere di non far passare la Fenice.
Sarebbe stato davvero un gran colpo di fortuna!
Potei leggere per una frazione di secondo un'emozione che oscurò all'improvviso il suo viso, rendendolo impassibile come una statua di cera.
Era paura?
<<Alle tue spalle!>> mi gridò all'improvviso.
Non ebbi il tempo di voltarmi che sentii uno sparo provenire da dietro di me. Un rivolo di una sostanza ambrata mi scese dolcemente dalle labbra.
Collassai a terra con un buco nella cassa toracica grande quanto un pugno.
Chiunque fosse stato avrebbe pagato caro per quel gesto.
L'ultimo mio pensiero prima di chiudere gli occhi fu tutto per la Fenice che assisteva alla mia rovinosa disfatta.
Chissà che espressione aveva in quel momento.
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