Capitolo 3
Dopo aver girato per qualche oretta per sistemare alcuni affari urgenti, cioè nascondere il guadagno della settimana, arrivai a destinazione.
Il vecchio negozio in fondo alla strada era ancora illuminato, anche se erano ormai le undici e mezza di sera. L'insegna era un tendone rosso con una scritta bianca in corsivo.
L' errore era uno dei miei posti preferiti e non solo perché già il nome mi attirava, ma anche perché la commessa e proprietaria era diventata una mia cara amica (avere un'amica umana? Non potete neanche immaginare che reputazione io abbia nei piani alti, ma di certo non me ne frega un fico secco di quei vecchi boriosi).
Nell'insieme sembrava un normalissimo negozio di fiori, con esposti diversi tipi di piante di quella stagione, che coloravano la vetrina in un tripudio di colori, senza però esagerare. In effetti in molti non capivano il nesso tra il nome e l'attività di fioraia di Samantha.
Entrai scampanellando dalla porta di vetro.
L'interno era arredato deliziosamente con un pavimento facile da pulire e delle poltroncine comode per i clienti che aspettavano di comprare i fiori per le più varie occasioni: nascite, battesimi, anniversari, lauree, matrimoni e funerali.
Probabilmente tutti avrete capito quale di queste mi interessa di più.
Mi avvicinai speditamente verso il bancone in marmo scuro, in contrasto con le pareti color panna, e intravidi una coda di cavallo nero corvino che sbucava da dietro la porta del magazzino del retro.
Le piante erano disposte con estrema cura in tutto il negozio e un profumo gradevole permaneva nell'ambiente chiuso e confortevole. Neanche una foglia era fuori posto.
Mi appoggiai con i gomiti al bancone e posai il mento sulle mani unite, poi chiamai il nome della ragazza.
Sentii un gridolino e un rumore come di ceramica in frantumi. Molto probabilmente aveva fatto cadere un vaso dallo spavento. Ne ebbi la conferma quando la vidi sorridermi con i cocci più grandi dell'ex vaso nelle mani, mezza nascosta dalla porta.
<< Buona sera anche a te Hate >> mi disse divertita. Lei era fatta così, trovava l'aspetto positivo in tutto e amava ridere. Questa era stata la sua prima particolarità che aveva fatto sì che mi interessassi a questa piccola mortale.
Forse piccola non era la descrizione più azzeccata per la bellezza di un metro ottanta che mi guardava sorridendo felice.
Sapeva benissimo che preferivo che non mi chiamasse con il mio nome di lavoro. Infatti poco dopo continuò dicendo:
<< Va bene, non c'è bisogno di guardarmi male, ma sai che per me è troppo esilarante che tu ti faccia chiamare nello stesso modo in cui si dice "odio" in lingua inglese!>> esclamò ridendo.
Sbuffai più per far scena che per vera esasperazione. Sapevo bene com'era fatta perciò non mi dava più tanto fastidio, ma per un impulso incontrollato dovetti ricordarle la solita spiegazione.
<< Come ti ho già detto, è collegato al mio nome come figlia della discordia, Ate, anche se per questioni pratiche ho dovuto aggiungere un "h" davanti essendo l' ottavo sicario dell'associazione. Sulla mia carta d'identità in questo paese sono riconosciuta come Lydia Thompson; non voglio dover spiegare perché mi faccio chiamare amorevolmente Hate dalla fiorista più popolare della città >> spiegai raddrizzandomi.
<< Hai ragione...farò più attenzione, ma non ho intenzione di smettere >> replicò con un ghigno. La sua carnagione chiara si imporporava leggermente sulle guance con il caldo che c'era nella stanza, ma riusciva solo a renderla ancora più bella. Io probabilmente sarei sembrata un pomodoro stagionato male o un pagliaccio truccato malamente. Pessimista? No. Semplicemente l'aspetto che mi era toccato questo giro mi permetteva di passare inosservata, ma non aiutava l'autostima. Amen.
<< Lo immaginavo. Dai muoviti a chiudere, ormai saranno già tutti a casa e io non vedo l'ora di andare a prendere la nostra porzione di cibo cinese. Chissà se anche questa volta il cuoco si taglierà il dito>> mormorai soprappensiero.
<< Spero di no, o almeno che non ce lo troviamo nella nostra ordinazione com'era successo al signore l'altra volta!>>
Risi ripensando alla faccia sconvolta del tizio che aveva pescato con le bacchette il dito medio del cuoco, prima di svenire scompostamente sul pavimento del ristorante. Non era il massimo come pubblicità, ma noi ci andavamo comunque visto che il cibo era molto buono e il prezzo conveniente.
Sempre chiacchierando, uscimmo dal negozio dopo aver spento tutte le luci ed aver chiuso a chiave.
<< Oggi com'è andata?>> chiesi a Sammy.
<<Come al solito, tanti clienti, soprattutto per l'organizzazione di un funerale collettivo per le vittime del mega incidente. Ottimo per gli affari, non c'è che dire!Tu invece?>>
<< Oggi sono andata dal mio capo per ricevere la paga settimanale! Stasera mangeremo tutto quello che vogliamo e poi ti accompagnerò in un bel posticino>> affermai con un sorrisetto.
<< Spero che non sia un altro pronto soccorso in piena attività, preferirei una volta tanto poter andare ad una festa o a vedere un film>> rispose con fare abbattuto Sammy.
Probabilmente anche a lei, come a quasi tutti gli umani, non piaceva troppo vedere fiumi di sangue e ascoltare urla lamentose.
<<Questa volta sei fortunata: per il prossimo incarico, devo andare qui>> affermai vittoriosa passandole il cellulare. Molto probabilmente non si poteva più definire tale visto che stava insieme più grazie al nastro adesivo che hai circuiti elettrici...l'importante è che riuscissero a vedere l'email di Willy.
<<Dovrai farmi incontrare un giorno il tuo capo>> disse sospirando la mia amica.
La guardai con un sopracciglio alzato. Adoravo il volto che avevo ricevuto questa volta, almeno mi permetteva un'espressività che non avevo mai posseduto. Una goduria in queste occasioni.
<< Quante volte ti devo dire che mi dispiacerebbe ritrovare il tuo corpo nel fiume della cittadina vicina, senza testa e con mani e piedi bruciati o amputati? Sei troppo curiosa per i suoi gusti, fidati. Perciò cerca di salvare la pelle finché riesci restando al mio fianco>> conclusi laconica.
Neanche ad averlo fatto apposta (o forse sì?) la ragazza accanto a me cadde con grazia giù dal marciapiede, lanciando il mio cellulare sotto alla ruota del camion che ci passava di fianco. Beh, meglio il cellulare che lei.
Senza neanche dover dire "te l'avevo detto", Samantha fece una faccia buffa e si tirò su con uno slancio. Continuava a ripetermi che era perché aveva fatto ginnastica artistica da bambina, ma a mio parere aveva sicuramente qualche essere non molto umano nel suo albero genealogico. Peccato che non la proteggesse dal mio potere. Almeno non completamente.
Comunque grazie alla mia buona memoria ci avviammo verso il più famoso locale della città.
The Madman.
Erano ormai passate le due quando arrivammo a destinazione.
Eravamo uscite dal ristorante cinese a mezzanotte e mezza circa quando ebbi un'idea magnifica.
Nel percorrere la strada verso il locale avevamo svaligiato una boutique prendendo tutto il necessario: vestiti, reggicalze, intimo adatto e scarpe. I capelli di Samantha erano già perfetti, sciolti e pettinati con solo una spazzolata; i miei invece li dovetti raccogliere con un fermaglio verde che ricordava l'oceano caraibico.
Lasciando un biglietto in cui si leggeva << Per ulteriori informazioni contattare il dott. Peterson>>, lasciammo alle nostre spalle il negozio saccheggiato.
Davanti a un edificio a tre piani in mattoni a vista si vedeva una fila gremita di persone scalpitanti. La maggior parte era già ubriaca marcia e a malapena si reggeva in piedi. Incurante della fila, li sorpassai tutti seguita da Sammy, la quale riusciva a far sbavare ogni essere di quella fila con il cromosoma Y nell'organismo. Ad un secondo sguardo anche qualche donna la fissava con desiderio, ma non so dire sinceramente con quale idea in testa. Non so mica leggere nel pensiero!
Il buttafuori davanti alla porta ci squadrò da capo a piedi.
Due ragazze si riflettevano negli occhiali scuri del tizio : una dea focosa alta e slanciata e una semplice universitaria, entrambe indossando vestiti costosi.
La prima era fasciata in un vestito rosso e aderente, con un corpetto d'epoca stretto a delineare le sue forme voluttuose e la scollatura a cuore a cui era abbinato un collana con un rubino rosso grande quanto un piccolo pugno. Una cascata di gioielli acquamarina cadeva dolcemente dal colletto alto dell'abito della seconda, impreziosendo la scollatura profonda sul retro del vestito per bilanciare la semplicità del vestito senza maniche e lungo fino a metà coscia, che le fasciava i fianchi stretti.
In sintesi, e per una persona miope, erano una macchia rossa e un' altra bianca sulle lenti scure del buttafuori.
L' uomo era alto quasi due metri, con troppi muscoli dappertutto. Sembrava quasi che una massa di muscoli l'avesse inglobato e ora vivessero in simbiosi.
<< Dobbiamo incontrare il tuo capo, è meglio se non ci fai aspettare, se no...>> feci una pausa.
<< Se no?>> ripeté l'Uomo Muscolo avvicinandosi minacciosamente togliendosi gli occhiali.
Avevo optato per delle scarpe a sandalo con un tacco bassissimo che si allacciavano con delle stringhe su per i miei polpacci snelli. Così il tipo mi superava di circa quaranta centimetri e avrebbe potuto intimidire molti.
<<...prova a guardarmi negli occhi. Se riuscirai a non svenire a terra moribondo potrei anche prendere in considerazione di non ucciderti >> finii con un sorriso mentre quello stupido mi guardò negli occhi con fare confuso. Ok che sono normale, ma diavolo! Un po' d'istinto di sopravvivenza in più potevano inculcarlo a questi umani!
Come la vecchietta nella sala d'aspetto l'energumeno si accasciò a terra, riuscendo miracolosamente a rimanere semi seduto sulle caviglie. Aveva il volto sudato e degli spasmi agli arti. Mi accostai al suo orecchio quel tanto per far sì che riuscisse a sentire le mie parole. Dopo di ciò mi affiancai alla mia amica, superandolo.
Mentre entravamo indisturbate nel locale, il buttafuori urlava impazzito correndo a fatica nella notte.
Sammy riuscì a chiedermi, sovrastando il suono della musica emessa dalle casse sparse su i primi due piani, cosa avessi sussurrato a quell'uomo.
Le risposi: << La verità. Se fosse riuscito a sopravvivere fino all'alba sarei tornata a chiedergli cosa avesse visto nei miei occhi >>.
Bene ora era tempo di mettersi al lavoro. Dov'era il mio obiettivo?
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