Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 17


N.d.A:
Rieccomi con un nuovo capitolo! Spero che chiunque legga sia contenta/o del fatto che stavolta sono riuscita a scrivere molto di più del solito...io ne sono di certo felice! Ma la cosa più importante è che il capitolo vi piaccia, se volete lasciate un commento per farmi sapere cosa ne pensate o per far notare possibili errori!
Ora vi saluto e vi lascio alla lettura. *si nasconde dietro ad una tendina immaginaria, in attesa*
A presto,
Ineki96.

Mi risvegliai con la consapevolezza che qualcosa non tornava.
Cercai di muovermi, senza successo. Decisi dunque di pensare all'ultima cosa che avevo fatto prima di cadere priva di conoscenza.
Cadere...Ah!
Ero caduta da un fottuto albero!
Capii che mi ero rotta l'osso del collo quando non riuscii a sentire tutto ciò che c'era dal mento in giù.
Purtroppo non era la prima volta che mi capitava, quindi sapevo cosa avrei dovuto fare, ma in questo caso avevo l'inconveniente delle manette che limitavano i miei poteri.
Chiunque mi avesse paralizzata con il veleno l'avrebbe pagata cara.
Un senso di dejavù mi colse all'improvviso.
Non era già la seconda volta in poco tempo che qualcuno di sconosciuto cercava di uccidermi? Che le cose fossero collegate? Non ci avrei pensato ora, dato che nessuno mi si era avvicinato per controllare se fossi davvero morta e che avevo già un grosso problema che mi stava alle calcagna.
Un passo per volta Ate.
Prima di tutto: cosa potevo fare in quella condizione?
Decisi allora di provare a usare i miei poteri, anche se le probabilità erano a mio sfavore.
In più dovevo tenere a mente che ero in fuga, perciò mi diedi una mossa e pensai fortemente di cambiare corpo, per l'ennesima volta.
Mi concentrai e, stranamente, sentii il mio corpo modificarsi... Forse la magia di quei due dannati braccialetti fetish non funzionava poi così bene?
Mi ritrovai ad avere un corpo perfettamente sano e, con fatica, mi alzai dal cumulo di foglie che mi sommergeva, così da poter guardare il mio nuovo aspetto prima di riprendere la mia corsa.
Ero all'incirca alta un metro e sessanta e la prima cosa che notai fu il caldo colore scuro della mia nuova pelle.
Mi ricordava la cioccolata fondente mista a del dolcissimo caramello.
Curve generose avevano preso il posto dei muscoli snelli del precedente corpo, una tentazione armoniosa e sensuale che veniva celebrata da alcune divinità naturali venerate da certi umani.
Fianchi larghi, seno abbondante e nessuno spigolo descrivevano al meglio quel tanto che riuscivo a distinguere dalla luce che filtrava dal folto fogliame.
Probabilmente non avrei mai passato una selezione per una sfilata di alta moda, ma chi se ne fregava?
Una cosa che mi aveva insegnato questo potere era che, qualunque corpo si abbia, la cosa più importante è la propria vita e la salute, la quale ti permette di portare avanti la prima fino a data da destinarsi.
Curve prosperose sono sintomo di fertilità, di buona salute e felicità quando si sa renderla proporzionata al proprio essere.
Ah giusto: ora avevo anche il collo intatto, perciò potevo mettermi in marcia.
Sentendo un rumore in lontananza che si avvicinava con considerevole velocità mi decisi di sfruttare l'ambiente circostante a mio vantaggio.
Mentre mi rintanavo, nuda com'ero, sotto alle grandi radici di un vecchio albero fuoriuscite dal terreno, cercai di fare più silenzio che potevo.
Mi trattenni dall'urlare quando sentii qualcosa strisciarmi su un braccio.
La mia perseveranza venne premiata, visto che il mio inseguitore decise proprio in quel momento di sfrecciare a tutta velocità davanti al mio rifugio improvvisato.
Rimasi ferma ancora un attimo.
Andava davvero veloce, il mio occhio allenato era solo riuscito a vedere una macchia scarlatta che passava, perciò il mio cervello ci mise un po' a rendersi conto che avevo rischiato molto.
Se non mi fossi nascosta, mi avrebbe sicuramente raggiunta.
Infischiandomene di far rumore, mi misi a correre come una forsennata nella direzione opposta a quella di Marcus.
Poteva essere solo lui, no?
Mi sembrò un'ottima idea quella di tornare al castello per vedere se c'era una via di fuga alternativa o un diavolo di telefono per farmi venire a prendere.
Dovevo proprio decidermi a prendere la patente.
Di qualsiasi mezzo.
Solo con un elicottero sarei riuscita ad uscire da quel posto creato per un essere dotato di ali...
Con un'espressione di disgusto mi tolsi da dosso il millepiedi di quindici centimetri che mi adornava il braccio.
Ma si poteva sapere dove diavolo fossi esattamente per trovare un insetto del genere in una foresta come quella?
Riprendendo fiato, mi resi conto che stavo girando a vuoto.
Non avevo guardato esattamente dove fosse la mia meta, da perfetta idiota quale ero. Rimediai arrampicandomi con fatica su un albero e, dopo quella che mi sembrò un eternità, vidi una delle torri del castello di Marcus.
Guardandola da quella prospettiva, la casa del pennuto non era affatto male: alte mura circondavano tutto il complesso, probabilmente posizionato su una collina che dominava tutta la vallata dalla sua elevata visuale. Il nero e il grigio dominavano per contrasto sul paesaggio verde rigoglioso, come per far capire a chiunque osasse avvicinarsi che non era il benvenuto in quella residenza nascosta da occhi indiscreti.
Due alte torri spuntavano come guardie silenziose e svettavano verso il cielo con guglie appuntite ad adornarle, simili ad armi pronte a ferire i malcapitati visitatori.
Peccato che non fosse realmente così, se no avrebbero potuto fermare il mio fratellino... Anche se, a pensarci bene, era stato grazie alla sua comparsa che ero riuscita a fuggire. Avrei dovuto inviargli un biglietto di ringraziamento.
Preferibilmente con un cesto di frutta, avvelenato abilmente per metterlo fuori combattimento per un po'.
Forse avrei potuto farmi dare il veleno dal mio tentato omicida, pensai felice di non dover neanche pensare a che tipo di veleno utilizzare.
Quei scherzetti erano divertenti ma avevo sempre avuto il problema di non sapermi decidere in che modo specifico attentare alla sua vita.
Problemi familiari: che ci si può fare!
Discesi dall'albero e mi diressi nella giusta direzione. L'entrata secondaria, appena visibile a causa di un'edera di un fantastico rosso fuoco, era una porta localizzata approssimativa a dodici metri d'altezza da dove mi trovavo io.
Mmmh.
Scelta complicata...e va bene, arrampichiamoci di nuovo!
Con ormai le mani ferite e luride di sporcizia mi issai con difficoltà su per la pianta rampicante, così da raggiungere la mia destinazione.
Prendendo la maniglia in ferro del portone, tirai, ma non successe niente.
Erano uno scherzo, vero?
Digrignando i denti, mi diedi una spinta nella direzione dove erano affissi i cardini e, grazie al mio peso, riuscii ad aprire il portone. Con una dose massiccia di grugniti riuscii ad incastrarmi tra il rampicante e lo spazio libero lasciato dal legno scuro della porta,così da entrare all'interno di una antro oscuro e ammuffito.
Accogliente.
Un freddo improvviso mi avvertì che avrei dovuto cercarmi al più presto qualcosa da mettermi se non volevo gelare. Lì i caldi raggi solari non avrebbero scaldato la mia epidermide.
Con passo cauto ma deciso mi feci largo lungo l'unico corridoio che si protendeva davanti a me.
Toccando con entrambe le mani i lati dei muri esterni, mi assicurai di non perdere per caso stradine secondarie, senza che mi importasse di sbattere la faccia contro un eventuale muro.
Mossa non intelligente per molti, ma preferivo non perdermi in un dannato labirinto sotterraneo solo perché non volevo rovinarmi il volto.
Viva la sopravvivenza! Questo è il motto che gli esseri viventi dovrebbero seguire, con tutte le implicazioni del caso. Forse per un essere umano una commozione celebrale poteva essere un problema, ma per divinità e altri esseri non era lo stesso.
Nel mondo in cui vivevo anche se si perdeva qualche arto o si finiva moribondi non importava più di tanto, l'unica cosa fondamentale era essere gli unici a sopravvivere per davvero.
Effettivamente trovai diverse vie secondarie e, seguendo l'aria fresca che spirava da un cunicolo alla mia sinistra, mi introdussi furtivamente in quella che doveva essere la parte centrale del castello.
Ampi saloni riccamente decorati erano affiancati da piccole stanze accoglienti, con caminetti pronti all'uso e alte e ampie tende di velluto pesante, ottime per oscurare la luce.
Forse al padrone di casa piaceva bere pesantemente con liquori sovrannaturali con i suoi amici per poi dormire fino a tardi.
Forse anche con qualche amica, aggiunse una vocina nella mia testa.
Shh!
Molto intima, intervenne un'altra.
Zitte, intanto non abbocco.
Oppure con tante amiche, mi sembra un tipo molto generoso, mi stuzzicò una terza vocina.
Prima di accorgermene mi trovai con un pugno chiuso pieno di sangue e schegge di legno.
Non mi preoccupai molto del dolore, ero solo felice che quelle odiose stronze si fossero cucite le loro boccucce.
Guardando lo stipite di una porta, in parte sporco del mio sangue semi-divino e  rovinato dal mio piccolo pugno, capii che dovevo sbrigarmi ad andarmene.
Non reagivo lucidamente.
Qualcosa non andava.
E non poteva essere il veleno, del resto avevo anche cambiato fattezze.
Quella specie di rabbia repressa era inopportuna e inspiegabile.
Per nessuna ragione avrei potuto essere gelosa al pensiero di lui con qualcun'altra.
Assolutamente.
Ignorando il suono stridulo del miei denti serrati dalla contrazione della mia mandibola, mi toccai il palmo della mano ferita con il pollice della mano sana, cercando di calmarmi.
Non perdere la calma, resta lucida e vattene. Cerca un telefono o un computer, o qualsiasi altra cosa possa aiutarti a fuggire da questo posto.
Riprendendo la ricerca nelle varie aree di quella magione, mi resi conto di non aver incrociato nessuno.
Che fosse disabitata, a parte la presenza di Marcus? Chissà se mi stava ancora cercando come un matto per la foresta...
Alzando lo sguardo, mi ritrovai davanti ad uno specchio enorme che mi dava l'opportunità di guardare come ero conciata.
Capelli di media lunghezza e neri, indomabili, incorniciavano un volto tondo e grazioso, con labbra piene, rosate, e un naso a patata.
Oltre ai grandi occhi verdi, leggermente a mandorla.
Per il resto avevo azzeccato la mia struttura fisica nella boscaglia, perciò decisi di non oziare e provai a mettermi qualcosa con cui coprirmi mentre cercavo il telefono.
Ed eccolo qua!
Incurante di tutto, un antico orologio a parete sembrava farsi beffe di me, in un angolo oscuro della stanza con lo specchio.
Non sembrava uno studio, ma non era di certo una stanza da letto... strano.
Non avendo niente da perdere, staccai prima una tenda dal suo supporto per avvolgermela intorno al corpo senza intralciare troppo i movimenti, così provai ad alzare la cornetta di quella sottospecie di apparecchio.
Composi il numero che mi serviva e sentii che funzionava.
Bravo aggeggio!
Con uno scatto sentii la voce di Sammy provenire dall'altro capo della cornetta.
<<Chi diavolo sei?!Ora non ho tempo, se hai bisogno di fiori vatti a tuffare in un campo e tirati su da solo le tue fottute margherite!>> mi urlò in un orecchio Samantha.
Wow, questa sì che un'accoglienza inaspettata.
<< Va bene, se vuoi te ne portò un po' io di fiori, bastava dirlo >> le risposi semplicemente cercando di non scoppiare a ridere.
Sentii che tratteneva il fiato per un momento prima di urlare di nuovo.
<<Ate! Oddio dove sei? Sei scomparsa da giorni, non avevamo più tue notizie! >>
<< Tranquilla, ti racconto tutto appena sono lì, avverti Willy di rintracciare la chiamata e...>>
<< Siamo lì tra mezz'ora!>> mi rispose, sempre urlando, la mia amica.
Poi sentii cadere la linea e mi resi conto che la cornetta non era più attaccata al resto dell'apparecchio telefonico.
Non mi ero accorta che il rancore personificato mi stava con il fiato sul collo, togliendomi la possibilità di parlare con Sammy.
Meno male che mi avevano trovata, pensai mentre venivo proiettata contro lo specchio, il quale si ruppe - ovviamente - in tanti piccoli frammenti affilati.
Trattenendo un verso di dolore, mi alzai, facendo appena in tempo da schivare un pugno in pieno volto.
<< Ora non hai più Marcus, quello sciocco, a difenderti. Sei nelle mie mani, senza i tuoi stupidi poteri non potrai sfuggirmi!>> mi rinfacciò trionfante.
Un'osservazione più accurata al mio corpo gli fece cambiare faccia, da un'espressione di trionfo ad uno sguardo lascivo.
<< Vedo che puoi cambiare corpo, sarà ancora più appagante divertirmi con te e indovinare che sembianze prenderai dopo che avrò finito. E sai perfettamente che non mi stancò facilmente dei miei giocattoli >> mi sussurrò ad un soffio dal mio volto, bloccandomi contro la cornice frastagliata dello specchio frantumato.
Sentii un brivido di timore scorrermi giù per la schiena.
Sapevo molto bene in cosa prediligeva il mio fratellastro.
Per rendere più chiare le idee a tutti, era nella mia top three delle persone più pericolose e malate. Battendo Willy.
Stritolandomi la gola con entrambi le mani, mi baciò rudemente ferendomi a sangue la bocca e tirandomi su, facendo sfregare la mia schiena contro i frammenti appuntiti.
Non riuscii neanche ad urlare, mentre lui beveva il mio sangue come se fosse un vampiro sadico e lussurioso.
Un immenso disgustoso mi sommerse e cercai di spingerlo via con le poche forze che mi rimanevano.
Le mie mani tremavano...
La vista mi si stava facendo sempre più sfuocata...
Non dovevo perdere conoscenza...
Dovevo resistere...
Non. Poteva. Finire. Così.
<< Ancora un po' e sarai mia per sempre >> mi informò serrando ancora più la presa.
Devo...
Liberarmi...
Mar-...
Caddi a terra all'improvviso e faticai a far entrare aria nei miei polmoni debilitati.
Con gli occhi socchiusi, mi accertai di non avere più davanti il mio assalitore, ma al suo posto era arrivato il mio rapitore: se ne stava fiero, bello come solo il Sole può esserlo, in piedi pronto ad affrontare il suo avversario per la seconda volta in un giorno.
<< Giù le mani da lei, schifoso e lurido pezzo di merda! Non osare mai più toccarla! Lei è solo mia! M.I.A!>> gridò a pieni polmoni Marcus.
Si era completamente trasformato, la sua voce bassa era così potente da far tremare le pareti solide e la furia cieca che i suoi occhi bicolori trasmettevano ricordava quella di un essere demoniaco.
Randy si mise in piedi quasi subito, leccando una sostanza dorata che gli era rimasta all'angolo della bocca.
<< Poverino, non sei ancora riuscita ad assaggiarla e credi di poter avere delle pretese su di lei? Fatti un giro e torna dopo che avrò terminato con lei... tra molto tempo >> rispose canzonando l'altro.
Vedendo che non si muoveva di un millimetro, Randy spiccò un balzo in avanti per colpire al volto Marcus, il quale riuscii a bloccare il colpo con un avambraccio mentre caricava un potente calcio per rompergli il ginocchio.
Purtroppo aveva previsto la mossa e con un movimento fulmineo Randy colpì la coscia esposta della Fenice. Lo capii dal verso contrariato e dalla perdita copiosa di sangue : o l'aveva appena ferito oppure nello scontro precedente gli aveva inferto una ferita, che era solo peggiorata.
Con un sorriso malvagio prese un frammento da terra per aprirgli di più la ferita, ma Marcus non stette fermo. Prendendogli la testa tra le mani, gli diede una testata e liberò la gamba ferita.
Una sorta di quiete sembrò calare sui due combattenti, come se fossero in un mondo tutto loro, concentrati solo sulla battaglia.
Con mio grande rammarico ero messa molto male, troppo anche solo per scappare. Non avrei potuto partecipare al combattimento, anche se mi sarebbe piaciuto dare una lezione a quei due idioti.
Era così strano voler essere lasciata in pace?
Ogni piccolo movimento, dal respirare al spostare un muscolo, mi provocava un forte dolore e aumentava la mia stanchezza.
Non potevo cambiare corpo prima di altre ventiquattro ore, perciò sarei stata davvero il premio del vincitore.
Frustrazione e rabbia si mescolavano dentro di me in un vortice di energia.
Ero al mio limite: quella situazione era insostenibile e tutto il mio essere mi urlava di ribellarmi alle costrizioni di quelle manette, le quali mi impedivano di vendicarmi per i torti subiti.
Marcus intanto era riuscito a bloccare Randy in una presa complicata, incastrando la sua testa intorno al proprio braccio, soffocandolo. Per liberarsi, gli restituiva indietro un sacco di gomitate o cercava di cavargli gli occhi.
Improvvisamente Randy smise di muoversi, ma appena Marcus lasciò leggermente la presa, il primo si aggrappò alla sua ala, cercando di spezzarla.
Con un urlo agghiacciante, Marcus cercò di toglierselo di dosso, tempestandolo di colpi al torace e al volto, finché non prese la cornetta del telefono attaccata alla parete per poi spezzarla e incastrargliela nel cuore.
Staccandosi dall'ala spezzata, Randy indietreggiò piano per guardare con fare stupito ciò che gli spuntava dal petto. Stizza e stupore si susseguirono sul suo volto insieme alla rabbia e al dolore, per poi trasformarsi nella maschera della morte.
Cadde con un tonfo sordo.
Regnava il silenzio, interrotto solo dal respiro affannato del mio salvatore.
<< Stai bene? >> mi chiese Marcus.
Mi accorsi in quel momento che stavo fissando soddisfatta il cadavere del mio fratellastro. Anche se sapevo che non era completamente morto, sarebbe passato un bel po' prima che si facesse vivo di nuovo.
Letteralmente.
Guardai meglio in quei occhi bicolori e che stavano diventando familiari e compresi che dovevo andarmene.
Non potevo restare lì, con quell'uomo che mi guardava come se fosse preoccupato per me.
Lui era la causa di tutti i problemi che mi erano capitati: dicendo che ero la sua Thanatos - o come cavolo si chiamava - mi aveva allontanata dalla mia vita e la rivolevo indietro.
Volevo la mia quotidianità, me la ero sudata a caro prezzo, perciò sarei tornata indietro in qualche modo.
<< Ti ha ferita così gravemente che non riesci a rispondermi? Lo ucciderò di nuovo per te e un'altra volta per me, ma tu dimmi se stai bene >> cercò di farmi parlare, mentre si avvicinava a me zoppicando. Era ancora trasformato e la sua pelle perfetta e sfumata in quel colore rossastro mi confondeva, ma ciò che chiese poi mi mise in allarme.
<< Hai cambiato corpo: come hai fatto con le manette? Non lo fai solo quando ti feriscono mortalmente? Cosa intendeva quando diceva che ti avrebbe fatta sua? Riguarda forse il tuo sangue dal colore così insolito? >>
Cazzo.
Aveva sentito l'ultima frase di quel demente e ora era molto vicino al segreto di noi semi divinità!
Si dà il caso che se si riesce a bere il sangue di una come me, mentre la si uccide, allora quel qualcuno sarebbe stato legato a me indissolubilmente e avrei dovuto seguire il suo volere...per l'eternità.
È un segreto che costudiamo con massimo rispetto e Randy lo sapeva solo perché anche lui è un semidio.
Idiota idiota idiota!
Come sarei riuscita ora ad evitare di spiegare ad un meraviglioso e svestito Marcus che era molto vicino ad avermi completamente alla sua merce?
...Sviando la conversazione!
Appoggiai una mano sulla sua guancia: era bollente, come se fosse una stufa a legna che emanava calore in gran quantità.
Per il mio corpo era una manna dal cielo e devo ammettere che cedetti parzialmente a una delle mie debolezze: amavo rannicchiarmi nei posti caldi e riposare.
Lo presi alla sprovvista dato che la sua prima reazione fu irrigidirsi, ma credo si rese conto presto che le ferite riportate non erano uno scherzo, perciò mi prese in braccio, stando attento alle ferite sulla schiena.
Come facesse a trasportarmi ovunque con qualsiasi corpo io avessi mi lasciava perplessa, soprattutto in questo caso particolare in cui pesavo molti più di settanta chili. Che mi stessi abituando troppo a vivere tra i deboli umani?
Senza rendermene conto eravamo già arrivati in camera di Marcus. Mi ero forse addormentata?
<< Ora ti medicherò, cerca di stare ferma così che non ti faccia più male del dovuto. Nel frattempo se vuoi puoi ascoltare quello che ho scoperto mentre scappavi dalla nostra lotta >> m'informò lui. La sua espressione era concentrata e seria , così mi lasciai depositare sulle lenzuola morbide senza fiatare, con la schiena scoperta per far togliere le schegge ancora incastrate nelle mie carni. Lui si sedette dietro di me, in modo tale da poter arrivare comodamente alla mia schiena.
Ipotizzando che il mio silenzio fosse da considerare come una risposta d'assenso, iniziò ad estrarre i frammenti e a spiegarmi cosa mi ero persa:
<< Dopo aver sconfitto Randy e non avendoti vista da nessuna parte, sono uscito a cercarti e mi sono reso conto che qualcuno era entrato nella mia tenuta senza permesso. Purtroppo Randy l'aveva perché è stato mio compagno di battaglia in qualche occasione, perciò c'era un altro intruso oltre a tuo fratello...>>
Fratellastro, specificai nella mia testa trattenendo uno strillo di dolore quando estrasse un pezzo di specchio incastrato in profondità.
<< ... Per questo motivo, intanto che ti cercavo, ho dato la caccia a chi si era introdotto impunemente nelle mie terre: l'ho scovato e terminato. Aveva con sé una specie di arma che sparava frecce, ma non aveva possibilità contro di me, così ora sta saziando i miei animaletti. Quando poi ho sentito che...>> si interruppe.
Si era pure fermato nel togliermi le schegge.
Mi voltai appena e mi spaventai leggermente quando vidi i suoi occhi farsi scuri dalla rabbia nel ricordare quel momento. Cosa aveva sentito esattamente?
Ridestandosi, riprese a lavorare e a parlare ancora una volta.
<< Beh ti basti sapere che sapevo di dovermi muovere e ti ho trovato con quel maniaco addossato a te. Poi il resto lo sai >> concluse lapidario.
Eh già.
La schiena ora mi faceva molto meno male, forse anche grazie all'unguento che stava spalmando.
Oppure al tocco delicato che stava usando per curare le mie ferite.
Trattieniti dal fare le fusa, è il tuo nemico!
Ma come potevo pensarlo mentre sentivo il suo sguardo posarsi sulla mia pelle come se fosse una calda e dolce carezza?
<< Voltati, fammi vedere la gola >> mi ordinò dolcemente.
Mi girai titubante, ancora avvolta alla bell'e e meglio nella tenda che avevo rubato e vidi con i miei occhi il suo sguardo farsi di pietra mentre studiava i miei ematomi.
Potevo solo immaginare quanto fossero brutti da vedere, ma state certi che facevano un male del diavolo!
Facendo molta attenzione, coprì anche la mia gola con l'unguento curativo e poi passò alla mano che si era ormai gonfiata.
Notando che i frammenti erano di legno e non facevano parte dello specchio, Marcus inarcò un sopracciglio ma non fece domande.
Meno male, sarebbe stato troppo imbarazzante da raccontare.
Stupendomi di me stessa, mi accorsi che eravamo vicinissimi, ma per la prima volta che volta non avevo voglia di picchiarlo o di fuggire...solo di osservarlo.
Chi era veramente Marcus Cenere di Fiamma?
Cosa nascondevano quei occhi tormentati?
Sollevando gli occhi a lavoro terminato, vidi perfettamente la sua espressione sconvolta quando fissò i suoi occhi nei miei.
<< I tuoi occhi...>> mormorò lui stupefatto.
Senza ascoltarlo mi avvicinai ancora fino ad avere le labbra ad un soffio dalle sue.
Assaggialo.
Una voce, diversa dalle altre, si era destata.
Fallo tuo.
Diventava sempre più forte nella mia testa.
Mio, pensai senza riflettere.
Fu così che gustai il sapore delle sue labbra, come attirata dal suo profumo irresistibile che mi faceva girare la testa.
Senza farsi pregare, Marcus mi restituì il bacio con un mugolio di piacere, subito seguito dalla sua mano in mezzo ai miei capelli e l'altra sul mio fianco.
Dopo un minuto ci staccammo senza fiato.
Fu in quel momento che vidi i miei occhi riflessi nel vetro della finestra alle sue spalle: sclera nera, iride arcobaleno sfumato verso il centro, racchiusa in un anello grigio argento e, per finire, una pupilla bianca lucente.
I miei veri occhi.
Il mio contratto era scaduto e il mio incubo peggiore si era risvegliato sotto forma di un passato che pensavo di aver dimenticato.
Sotto shock, mi lasciai abbracciare da Marcus senza oppormi e sperai con tutta me stessa di sbagliarmi.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro