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Prologo

Daniel fece ruotare pigramente il liquido ambrato che aveva nel bicchiere di cristallo, mentre faceva scivolare lo sguardo sulle centinaia di persone che si muovevano sotto di lui, nell'enorme locale illuminato da luci blu, alternate a raggi argento. La musica assordante, l'alcool, i corpi vicinissimi e accaldati che si muovevano al suo ritmo; mani che si toccavano, labbra che si univano: tutto poteva accadere al "The Mirror", il locale più esclusivo e alla moda di New York City.

Gli occhi di Daniel si spostarono verso il bancone d'acciaio del bar, dove barman bellissimi e professionali servivano qualsiasi tipo di drink potesse venire in mente al cliente e dove era disponibile anche il più costoso dello champagne. Poi, inevitabilmente, il suo sguardo attento venne attirato nella zona vip, dove erano sistemati i tavoli riservati alla gente che conta; a persone capaci di spendere, in una sola serata, cifre a quattro zeri, solo per offrire da bere a tutti gli amici che si portavano dietro.

Bevve un sorso dello scotch che aveva nel bicchiere e i suoi occhi blu si strinsero in due fessure notando, per la terza sera consecutiva, un ragazzo che cominciava a dare un po' troppo nell'occhio. Aveva capelli color miele, leggermente mossi; viso angelico; labbra carnose; sguardo dolce e accattivante; corpo perfetto.

Consapevole della propria bellezza, sapeva esattamente come utilizzarla, infatti, ogni sera era con un uomo diverso.

«Di nuovo l'angelo biondo?» disse la voce di Julian, al suo fianco.

«Già» rispose Daniel, semplicemente.

Il compagno gli poggiò una mano sulla schiena, attirandone lo sguardo, si sorrisero; Julian avvicinò il viso e lo baciò sulle labbra al sapore di liquore. Fu un bacio profondo, lento, passionale; le lingue si cercarono ed esplorarono a vicenda senza fretta, assaporando l'uno il gusto dell'altro. Poi Julian morse il labbro inferiore del compagno, come gli piaceva fare ogni volta.

«Dobbiamo liberarci di lui» mormorò Daniel. «Non è per niente discreto.»

«Lo so» sussurrò Julian contro le sue labbra, sfiorandole ancora con un bacio, guardandolo poi con i profondi occhi scuri. «Lo mando a prendere da Viktor e lo faccio portare qui.»

Fece per allontanarsi, ma Daniel lo trattenne per baciarlo ancora. «Ti amo» disse poi, quando si furono staccati.

Julian sorrise. «Anch'io ti amo» si allontanò un poco prendendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni e fece una breve chiamata.

Daniel poggiò entrambi i gomiti alla balaustra d'acciaio e guardò di nuovo verso il biondino, la cui presenza lo disturbava da un po' di tempo; dopo qualche minuto Viktor, un omone di un metro e novanta, con i capelli tagliati cortissimi, vestito completamente di nero, si avvicinò al tavolo e disse qualcosa al giovane, il quale all'inizio non perse il suo bel sorriso, poi lo guardò stupito, infine, anche se perplesso, non poté far altro che seguirlo.

Daniel si staccò dal parapetto e seguì Julian all'interno dell'ufficio, in attesa dell'arrivo di Viktor e dell'angelo biondo.

«Mi scusi, signore.»

Kevin distolse lo sguardo dalla sua nuova gallina dalle uova d'oro e guardò l'omone vestito di nero che lo guardava con gli occhietti piccoli.

«Dice a me?» domandò senza perdere il sorriso.

«Sì, signore» annuì il tipo.

«Mi dica» gli sembrava uno dei buttafuori del locale, ma non era certo.

«I proprietari avrebbero piacere di scambiare due parole con lei.»

Kevin lo guardò stupito. I proprietari del locale? Con lui? Frequentava da mesi i tavoli vip, ma non li aveva visti neanche per sbaglio, e ora volevano addirittura parlare con lui?

«Ne è sicuro? Con me?» domandò, incerto.

«Sì, signore. La aspettano nel loro ufficio, se vuole seguirmi.»

Ah, questa poi! Che cosa volevano da lui? Forse lo trovavano bellissimo e volevano offrirgli un lavoro, tipo ragazzo immagine del locale? Non sarebbe stato male per i suoi affari!

«Ok» poi si rivolse al suo cliente. «Torno subito, tesoro.»

«Ehi, non lasciarmi solo troppo a lungo!» protestò il tipo.

«Tranquillo, sarò di ritorno in un batter d'occhio! Intanto ordina altro champagne per me» mormorò prima di baciarlo, preludio di ciò che gli avrebbe fatto dopo. Infine si alzò e seguì l'omone verso delle scale in acciaio chiuse da una catena sorvegliata a vista da un'altra guardia vestita sempre di nero.

Una volta giunti ad un soppalco che sovrastava il locale, Kevin guardò un momento verso il basso, dopodiché seguì l'invito silenzioso della guardia che gli aveva aperto una porta, la quale introduceva in un piccolo salotto; da qui venne condotto ad un'altra doppia porta laccata in nero. L'omone si fece da parte e questa volta Kevin entrò da solo, trovandosi dentro un enorme ufficio, arredato con scrivania di cristallo, poltrona in pelle nera, salotto, tavolo da biliardo, megaschermo ultrapiatto, e costosi sopramobili provenienti da chissà quali angoli remoti del pianeta.

Sulla scrivania era seduto – una gamba su e l'altro piede a terra – un uomo dai capelli scuri e occhi blu; camicia nera con maniche arrotolate fino a metà avambraccio, pantaloni dello stesso colore; su una delle due poltroncine di fronte il tavolo, invece, se ne stava un altro uomo: capelli castani, occhi scuri, camicia grigio perla, polsini perfettamente abbottonati, gambe accavallate. Entrambi lo guardarono e Kevin sussultò lievemente quando l'omone chiuse la porta alle sue spalle.

«Buonasera» disse, cercando di darsi un contegno.

«Buonasera» rispose quello seduto sulla poltroncina; l'altro non mosse un solo muscolo, si limitava a fissarlo, cosa che lo metteva un poco a disagio.

«Immagino siate voi, i proprietari.»

«Immagina bene, signor...?»

«Nessun signor, Kevin è più che sufficiente» sorrise, guardando l'unico che sembrava disposto a rivolgergli la parola. «E voi siete?»

«Io sono Julian, lui è Daniel.»

«E Daniel parla, o si limiterà a fissarmi?» chiese Kevin, con ironia, spostando gli occhi verdi in quelli blu dell'altro.

«Parlo quando è necessario» ribatté, Daniel.

«Dovresti farlo più spesso, hai una bella voce» disse il giovane, facendo un paio di passi nell'ufficio, guardandosi intorno. «Bel posto, avete buongusto. Ma non mi stupisce. Il "The Mirror" è il locale più bello di New York» osservò facendo scorrere una mano lungo la sponda del biliardo.

«Per questo hai deciso di adescare qui tutti i tuoi clienti?» chiese Daniel.

Kevin sorrise malizioso tornando a guardarli e si appoggiò al biliardo. «Forse ti preferivo silenzioso.»

«Quanti anni hai, Kevin?» intervenne Julian.

«Ventitré.»

«Studi?»

«No. Studiavo, ma poi la mia attività ha cominciato a rendere e ho pensato che studiare non valesse più la pena.»

«Certo, soldi facili» osservò ironico, Daniel.

«Non prendo lezioni di moralità da chi gestisce un locale notturno» ribatté Kevin, incrociando le braccia al petto.

«Io vendo divertimento, non sesso.»

«Anche io vendo divertimento, usando ciò che è mio, quindi puoi ficcarti nel culo il tuo bel giudizio! Ora vorrei sapere perché sono qui. Volete fare una cosa a tre? Vi costerà un bel po', e se volete la doppia penetrazione potete anche raddoppiare il prezzo visto che non lavorerei per almeno due giorni! Decidete in fretta, non ho tempo da perdere» concluse guardando prima uno poi l'altro.

Julian lo guardò dritto negli occhi. «No, sei qui perché devi smetterla di adescare clienti nel nostro locale» gli disse serio.

Kevin ridacchiò. «Stai scherzando? Il vostro locale è pieno di ragazze e ragazzi che adescano gente con i soldi! Perché io non dovrei farlo?!»

«Perché tu non sei discreto e noi vorremmo tenerci amica la polizia. Non incoraggiamo la prostituzione; nessuno lavora per noi in quel senso; non ci sono pappa, non c'è la mafia, chi lo fa è per libera scelta e noi non sappiamo niente; non siamo i tramiti di nessuno» spiegò Julian.

«Ma io non vi ho mai chiesto niente!» alzò la voce, Kevin.

«Chiunque entri in questo locale capisce cosa sei!» sbottò Daniel. «Basta guardarti, Cristo!»

«Ma... sono vestito come chiunque altro... io non... non potete impedirmi di... di venire qui!» s'impuntò.

Daniel lo raggiunse e con un gesto repentino lo sbatté con la schiena sul biliardo, tenendogli una mano alla gola e il viso vicinissimo, con i nasi che quasi si sfioravano. «Ascoltami bene, Kevin: smettila di adescare clienti nel nostro locale, o ti fermerò a modo mio, sono stato chiaro?» ringhiò minaccioso.

Il giovane gli strinse il polso con una mano. «Ho... ho capito» sussurrò con un filo di voce e gli occhi verdi un poco lucidi, persi in quelli blu dell'altro.

«Bravo... angelo» mormorò accennando un sorriso, per poi lasciarlo andare dopo un momento di esitazione.

Kevin si alzò dal biliardo; guardò ancora entrambi, infine uscì dall'ufficio mettendosi quasi a correre.

Daniel volse gli occhi blu in quelli scuri di Julian ed entrambi sentirono dentro di sé divampare un vero e proprio incendio, visibile nelle iridi in fiamme.

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