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34. 29 Novembre (Occasione)

Nota Tecnica: il capitolo 34 vede muovere diversi personaggi in un lasso di tempo breve. Trattandosi di scene importanti ho deciso di creare più capitoli per valorizzare al meglio le linee narrative e regalarvi un aggiornamento più sostanzioso. ^_^

Tommaso Lombardi sgattaiolò fuori di casa con il cuore in gola e la faccia bianca. Un'espressione allucinata accompagnò il passo accorto dalla camera al garage. Richiudere il cancelletto condominiale senza che cigolasse fu difficile.
La mano destra tremava sull'applicazione torcia del cellulare mentre la sinistra stringeva il piumone nella fredda notte di fine autunno.
Da quando Juri era stato rimpiazzato da Edoardo il tempo era volato.
Ottobre, Novembre...
Giocare a pallavolo si era fatto meno eccitante, seppur la bianca sfera riuscisse ugualmente a non toccare terra e a volar su, verso la possibilità d'esser schiacciata via.
Tommaso levò gli occhi al freddo cielo, lassù, vicino a una luna malata e sinistra, semi oscurata dalle nubi. Le punte dei tigli parevano mirarla come baionette. Lame contro il cuore.
Lombardi non s'era mai sentito più inquieto...

Aveva sempre dettato legge nel gruppo.
Lombardi piaceva. Aveva carisma.
Lombardi era un bel ragazzo e sapeva come trascinare il prossimo senza risultare antipatico.
Le sue battute potevano abbattere quanto elevare chi gli stava intorno e questo l'aveva reso una vera e propria calamita per chiunque non potesse proprio fare a meno della popolarità.
I suoi successi nella pallavolo abbellivano ulteriormente un ragazzo che Madre Natura aveva già baciato più volte, regalandogli tratti e colori non dissimili da quelli di un Orlando Bloom molto giovane.
Peccato per gli occhi freddi, quasi da rettile.
Quello sguardo, sempre allegro al limite dell'eccitato, di tanto in tanto s'abbuiava ed ecco che appariva un altro Lombardi: inquieto, triste... violento?
Tommaso Lombardi non aveva mai preso a pugni nessuno ma l'idea di contraddirlo incuteva non poco nervosismo.
Avere problemi con Lombardi significava averne con il gruppo.

Miglio: Lomba, è tutta la sera che ci penso. Non lo hai scaricato in Arno, vero? :D
Tu: Testa di cazzo, mica volevo ammazzarlo...
Tu: L'ho spostato di lì perché si cagasse in mano...
Tu: E il fatto che ancora nessuno abbia chiamato significa che ci siamo riusciti. Vedrai, quel frocio di merda lascerà la squadra entro la fine della settimana.
Miglio: Sarà, però non riesco a dormire.
Miglio: Sicuro che quella botta in testa non sia stata grave?
Tu: Ha fatto sangue ma al massimo gli verrà un bernoccolo.
Tu: In macchina mugolava...
Tu: Piuttosto, chi è quel cretino che lo ha diffamato in rete?
Miglio: Il Cupido e l'Aiazzi hanno sempre parlato di fare una cosa del genere...
Tu: Cugini di merda...
Miglio: Comunque se Juri si leva di culo, non c'è versi che la cosa arrivi a tuo padre... Le foto e i post son già stati cancellati. 


Lombardi smise di rispondere e sogghignò.
L'idea che Juri potesse star male non lo sfiorava minimamente e la cancellazione dei contenuti diffamanti contribuiva a fargli immaginare l'odiato compagno di squadra raggomitolato nel proprio letto, in lacrime, tremante...
Pensare a Juri in quel modo gli procurava un'eccitazione malsana, quasi incontrollabile. Gli accadimenti di quel pomeriggio se ne stavano ancora lì, tutti nella sua testa, carichi di emozioni.
Erano ricordi sporchi.
Erano ricordi che ferivano come lame utilizzate sia per attaccare che per difendersi.
Ora chiuso nella macchina del padre, Tommaso ricontrollò per l'ennesima volta che non vi fossero tracce del trasporto di Juri. 
Voleva essere prudente.
Voleva fare un po' come nei film...
E poi c'era qualcosa che in quel caso preciso non avrebbe potuto fare in camera sua, nel suo letto; Juri non era Megan Fox...
Calare l'elastico dei pantaloni del pigiama fu semplice.
Chiudere gli occhi e tornare indietro di qualche ora fu galvanizzante.
Immaginare di fargli veramente male rese il lavoro delle mani quasi inutile.
Lombardi odiò il muro per aver messo fuori gioco il suo avversario troppo in fretta ma si morse le labbra nel rammentare lo zampillare del sangue; però qualcosa non andava.
Il film era tronco e il suo corpo continuava a restare teso nonostante la voglia di liberarsi fosse tanta. Estrema...
Occorrevano gli eventi del parco per concludere.
Una lacrima rigò la sua guancia destra.
Perché doveva rammentare anche ciò che aveva fatto, una volta che era rimasto da solo con lui?
Lui odiava Juri Tolosa seppur la luce lunare si divertisse a raccontare un sentimento assai più contorto, illuminando mani sempre più sporche...


Anche Juri Tolosa non poteva sfuggire all'abbraccio sinistro della Signora della Notte.
Ora più calmo, la fissava dal letto di reparto, solo in una camerata da sei.
L'aggressione del pomeriggio aveva messo la parola fine al suo rapporto con il Rinascita Volley e  questo gli procurava un gran sollievo.
Niente più spogliatoi silenziosi e sguardi schivi.
Niente più partite in panchina.
Niente più umiliante ruolo da riserva.
Poi ci pensava meglio e rabbrividiva: davvero, le cose non potevano aggiustarsi in altra maniera?
Una parte di Juri pensò seriamente di stare impazzendo mentre girandosi e rigirandosi le palpebre sbattevano senza che lo sguardo trovasse requie.
Stati di catatonia si alternavano al minuzioso studio di particolati futili, come lo sportello storto del suo armadietto o i tre peli sul mento dell'infermiera che veniva a controllarlo.


342 xxx: Sono Juri. Posso chiamarti?

Damiano rispose chiamandolo a sua volta, dal bagno.
Il sonno non era mai arrivato quella notte e allontanandosi dal fastidioso russare di Marina si era orientato nel buio con gli occhi lucidi e il cuore in gola. 

- Stai meglio? Juri... -
- Ciao, mi dispiace di aver dato di matto, prima... anzi, ieri. -
- Chiunque avrebbe dato di matto, tu sei stato anche troppo forte. - balbettò Damiano, cercando di soffocare i singhiozzi.
- Dam, stai piangendo? -
- No, no... è che stavo dormendo e... accidenti a te! Domani c'è compito... - mentì appollaiandosi sul water. Portò le ginocchia alla fronte e si schiacciò il cellulare contro l'orecchio - Senti, d'ora in poi sarà questo il tuo nuovo numero? -
- Credo di sì. Non ho più il cellulare ma... forse posso recuperare i dati del vecchio. Non ci ho mai capito niente. - buttò lì un tono che sembrava più avvezzo a parlar d'altro ma la conversazione zoppicò ancora per qualche minuto.

In quel momento, Juri e Damiano erano come due animali che s'annusano con diffidenza, guardandosi e riguardandosi, tanto pronti ad attaccarsi, quanto ad affrontarsi senza alcuna dannosa conseguenza.

- Dam - ruppe le futilità Juri - Sei ancora innamorato di Ruben? -
- No. - negò con assoluta certezza il biondino, risalendo con lo sguardo i motivi floreali delle piastrelle del bagno. - Non lo sono. -
- Puoi essere sincero. Sincero veramente. -
- Non sto mentendo. -
- E perché lo hai rivisto? -
- Per approfondire la storia di Zack. -
- Capisco. - rispose un sospiro che tradiva un sentimento assai lontano dalla comprensione. Juri chiuse gli occhi e si portò una mano alla fronte - Sono in un mare di guai con i miei genitori, Dam. Ho sganciato la bomba e anche se mio padre adesso è concentrato sul farmi giustizia, so benissimo che non andrà bene. -
- Cosa non andrà bene? -
- Quello che ho fatto con te. Quello che sento. - spiegò un basso sussurro, accompagnato da un respiro profondo - Non so se cambierà mai idea, ma in questo momento non oso parlargliene. Mi guarda e mi fa sentire come se l'avessi tradito. -
- Non può scegliere per te. -
- Fa male... sai, fa male non essere più il ragazzo da trofeo, quello che lo rendeva così orgoglioso! - ammise fra un singhiozzo e l'altro, cominciando a stringere le coperte - E' come se... è come se avessi perso ogni diritto d'essere amato...! -
- Non dire sciocchezze, Juri! - 

Damiano lo disse con forza, avvertendo occhi e cuore bruciare.
Eccolo lì, il prodotto della sua esistenza nella vita di un'altra persona.
La firma di Damiano Lamberti si era tradotta nel pianto disperato di Juri e questo trapassava il cuore. Lo stomaco si strinse. La nausea salì.
Vomitare fu una conseguenza ineluttabile, mentre dall'altra parte proseguivano i singhiozzi.

- Dam...? Tutto bene? -
- Non preoccuparti. Sta solo piovendo molto forte. -
- Qui ha già smesso. - tirò su con il naso Juri, decidendo d'alzarsi e di camminare sino alle finestre - Sai, temo che mio padre contatti il tuo. -
- Che lo faccia, basta che non mi vieti di vederti... -
- Dam! - sobbalzò Juri, avvertendo il cuore battere forte. La luce lunare, in quel momento, gli apparve più intensa. - ...Ma hai sempre detto di non voler dir niente ai tuoi, se non una volta indipendente, in modo che non avessero più voce in capitolo. -
- Sì, ma perderti sarebbe un finale ancora peggiore. - ammise determinato, mentre lacrime silenziose scendevano sulle guance d'entrambi. - Sono in un vero casino, Juri, davvero, un vero casino... -
- E il mio casino? - tremò una faccia che non poteva smettere di sorridere - Vogliamo parlare del mio casino, eh Dam? -
- Ho voglia di pestare tutti quei figli di puttana che t'hanno toccato. -
- Non ti è bastato aver già incontrato i carabinieri una volta? Sei maggiorenne, Dam... potrebbero spedirti in carcere. -
- Cavoli! Qui si parla di sbirri e tu nemmeno sei il mio ragazzo! No, dico, Tolosa, che pretese hai? -
- Se non sono il tuo ragazzo di chi credi sia la colpa? - apostrofò un'espressione maliziosa, poco prima che l'infermiera di turno s'affacciasse, facendogli cenno d'abbassare la voce. Damiano si morse il labbro inferiore, dopodiché chiuse gli occhi e parve chiamar seco tutte le sue energie.

Un secondo.
Due.
Juri fece roteare le pupille da un lato e l'altro della stanza poi i pugni d'entrambi si strinsero e le labbra di Damiano s'apriron di colpo.

- Mi sa che devo attaccare. - anticipò Juri e da lì a ritrovarsi con lo schermo del cellulare spento nel palmo fu un istante. 

Non c'era rancore nelle parole di Juri, ma Damiano tornò in camera con la netta sensazione di essersi appena giocato una grande, grandissima occasione...


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