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16. Fiducia ( Ultima Parte )


Fischio finale ed ecco gli undici leoni di Firenze correre per il campo con la vittoria nel cuore.
La maggior parte dei tifosi non poteva crederci, ed in molti si abbandonarono sulle seggette con una mano al centro del petto.
Il cuore aveva battuto fortissimo per tutto il tempo.
La Juventus aveva inseguito il pareggio fino alla fine, assediando l'area gigliata senza requie.
Rocco era ridotto ai minimi termini, felice ma completamente privo di forze.

- Mi sembra quasi di aver soddisfatto undici donne di seguito. - si lasciò sfuggire con gli occhi rivolti al campo e un sorriso a trentasei denti sulla faccia.
- Undici donne in calzettoni e tacchetti o undici donne qualunque? - scherzò Marina.
- Undici donne in... oh cazzo, l'ho detto ad alta voce, vero? - domandò imbarazzato, mentre la folla iniziava ad imboccare i vari settori d'uscita.
- Sì, ma non è la cosa peggiore che abbia udito... - ridacchiò lei - o letto su Instagram. -
- Già, a proposito di Instagram, forse qualche foto dovresti toglierla davvero... -
- Alludi a quelle foto che se fossi il mio ragazzo ti darebbero fastidio? - mormorò maliziosa; ora poggiando i gomiti sulle ginocchia, adesso incorniciandosi il mento sottile con espressione furba. Rocco annuì. - Però, tu hai già una ragazza, Rocco. -
- E allora? Questo mi precluderebbe qualunque altra relazione con il genere femminile? -
- Qualunque altra relazione... ci sono incluse molte categorie in questo costrutto. -
- Dove vuoi arrivare?! -
- Ma da nessuna parte! - esclamò lei, balzando in piedi.

Stiracchiandosi, camicia e golf scapparono dalla presa del jeans basso, mettendo in mostra il punto vita stretto e ben disegnato. Le mani si alzarono per sistemare i capelli in una coda alta, mentre il corpo roteava in cerca di una via più libera per uscire dallo Stadio.
Rocco tacque, indeciso se far cadere il discorso o meno. Marina sembrava piuttosto astuta nel mettere in scacco la gente, anche se non era questo ad inquietarlo.
Perché gli aveva rammentato di Clarissa?
Non fece in tempo a domandarselo che lo sguardo gli cadde su qualcosa che avrebbe preferito non vedere... Marina si era appena chinata in avanti e il pizzo delle sue mutandine stava generosamente sfuggendo sui lombi, creando uno di quei contrasti che sembrano imprimersi a fuoco nel cervello.
Morbidezza.
Calore.
Rotondità.

Il respiro si fece breve e le guance avvamparono come se non avesse mai visto una ragazza in biancheria.
Le mascelle si serrarono mentre gli incisivi andarono a cercare il labbro inferiore.
A che cavolo stava pensando?
La sua fidanzata era un'altra.

-Allora... gelato dal Badiani? -

Rocco lo propose per sbloccarsi.
Sentiva il passo incedere lungo una strada buia, ma le rimostranze di Clarissa, unite a certi racconti di amici fidanzati, non l'aiutavano a frenarsi.
Rocco si scopriva profondamente urtato da tutti quei ragazzi che mutavano in bambolotti non appena una lei entrava nella loro vita. 

Uomini ridotti a cagnolini per non perdere un pelo di fica diceva con disprezzo.

Rocco guardò nuovamente verso il campo.
L'aria era fresca, forse fredda, e Marina era lì. Bellissima e sorridente.
Lei non era la sua ragazza ma apprezzava il calcio e c'era qualcosa di diverso nel suo modo di chiacchierare.
Era difficile sbrogliare il groviglio di sensazioni che si stava formando dentro di lui, ma di una cosa era certo: non voleva che quella fosse la loro ultima volta...


Mangiare un panino dopo due ore di tifo ininterrotto regala allo stomaco un conforto tale che sorridere fra un boccone e l'altro si rende quasi doveroso. Arrampicata sulle protezioni della pista di pattinaggio, dietro lo Stadio, la stessa Vittoria stava affondando i denti in quella gigantesca rosetta con dentro di tutto, e senza pensare alla dieta...
La pioggerella era passata così come ogni bega con Benedetta.
Le due non avevano risolto ma Vittoria aveva deciso di non pensarci. Adesso, i suoi occhi non potevano fare a meno di guardare Claudio e le sue chiacchiere concitate con Lapo. Come diceva Beatrice: le partite non si concludono al novantesimo, ma proseguono con le diatribe dei tifosi, mai d'accordo sulle con le decisioni arbitrali e tutti allenatori mancati.
Era sciocco come se la prendessero, ma bastava farsi sorda ai loro sproloqui e far posto a ciò che realmente contava, per rendere tutto più gradevole.
Erano state le parole di Claudio a scacciarle i cattivi pensieri su Benedetta.
Claudio non era quel ragazzo garbato che nei telefilm finisce con la protagonista; tutt'altro!
Claudio era dispettoso e non mancava mai di fare il ragazzo. Niente galanterie, niente complimenti...
Però, ogni tanto, faceva bene avere a che fare con uno così.
Vittoria si sentì accaldare, poi, l'attenzione le ricadde sul profilo pensoso dell'amica.

- Tutto bene?-
- Non proprio, ma riguarda la mia amica che non ti piace. -
- Ancora non capisco perché frequenti Marina Dei, è una zoccola! Vuole tutti i ragazzi solo per sé. - sbuffò Vittoria, cercando di scacciare dalla mente quell'orribile Capodanno che aveva visto Marina portarle via Alfredo, davanti ai suoi occhi.
- La Mimma dovrebbe rivedere il suo modo di gestire l'altro sesso, ma posso garantirti che sa essere una bella persona. - 

Beatrice parlava a bassa voce, sinceramente in difficoltà.
Stretta nella sciarpa, faceva in modo che la nuca rasata restasse al caldo, mentre il piccolo naso tempestato di efelidi puntava in giù, verso l'asfalto bagnato. Foglie gialle s'erano appiccicate al catrame, mentre gli inni e i cori stentavano a morire.
Gli stuoli di ultras non avevano ancora esaurito il loro carburante, mentre il traffico riprendeva la sua  nevralgica normalità e le luci del Franchi restavano accese.
Una folata di vento scosse i capelli rossi di Beatrice e la sua piccola figura si rattrappì, cercando di stringersi nel piumino.

- Vic, io e Marina parliamo poco da quando Mirko Zacchini è morto. -
- Suicidarsi a neanche vent'anni... possibile? -
- Dipende dai problemi che hai. -
- Ma così, è come gettare la spugna per sempre, no? La morte è un GAME OVER senza possibilità d'appello. -
- C'è chi crede che sia solo una fase di passaggio. - sospirò Beatrice, poco prima di sentire il cellulare vibrare e di lasciar morire quella difficile conversazione.


Marina: Alla fine sono andata alla partita con Rocco. Alt, non rammentarmi che è fidanzato. Non voglio fare nulla di sciocco. E' un crimine frequentare una persona impegnata perché la si reputa interessante?
Tu: No, ma se Clarissa volesse delle spiegazioni, ne avrebbe tutti i diritti.
Marina: Sarebbe una fidanzata davvero pressante. Io e Rocco siamo amici.
Tu: Non siete amici.
Marina: Ci sono uscita casualmente... e comunque poteva rifiutare... è stato lui a invitarmi...
Tu: La faccenda ha molte letture, ma è come se camminassi nella nebbia.
Marina: ?
Tu: Clarissa non vedrà mai nulla di innocente in quello che hai fatto, senza contare che tu sei lì, con il suo ragazzo, in un giorno dove avrebbe voluto esserci lei...
Marina: Lei se l'è giocata male...
Tu: Questi sono affari loro. Io non voglio essere dura, Mimma, ma sappi che in questa storia tu sei l' Altra.
Marina: Non sono l'Altra, come dici tu, io e Rocco parliamo bene insieme e... punto.
Tu: Spero tanto che sia così.
Marina: Lo è. >_<


Quella chat fu interrotta dall'avvicinarsi di Lapo.
Beatrice gettò i grandi occhi curiosi in quelli scuri e affilati del ragazzo, cogliendone il guizzo malizioso.
La mano calda si era già impossessata del ginocchio ma 'sì insolita invadenza non parve disturbarla. Vittoria colse il dettaglio corrucciando la fronte ma la figura di Claudio fu lesta a offuscarle la visuale.
Si era fatto tardi e dovevano rincasare.
I saluti furono sbrigativi e non piacquero a Vittoria.
Da quel che ne sapeva, Beatrice era un maschiaccio, un mucchietto d'ossa dalla faccia a bambolina e l'animo da ragazzino di campagna. I maschi non erano fra i suoi interessi principali, e assolutamente priva di peli sullo stomaco, inquartava chiunque ci provasse o tutte quelle Top Model mancate che cercavano di consigliarla sul vestire, sostenendo che le sue maglie larghe ormai erano roba da bambine; ma quello scambio di sguardi... e poi con Lapo!
Dalla pista di pattinaggio al motorino, Vittoria si girò più volte.
Che si fosse sbagliata?
Che in quel malizioso scambio d'intesa non vi fosse niente di strano?

- Perché Lapo e Beatrice sono venuti insieme? Non sono vicini di casa. -
- Forse perché Lapo ne bazzica anche cinque o sei insieme. - provocò Claudio, mai troppo stanco di rammentare a Vittoria quella sua mattina trascorsa da sola con il ragazzo.
- Bea non è il tipo da farsi bazzicare! Non le interessano i ragazzi. -
- E' lesbica?! - esclamò un tono quasi speranzoso.
- Stupido! -
- Ah! Non fare la rompi, Vic! Non ho assolutamente idea del perché Lapo abbia offerto un passaggio a Beatrice, e sinceramente, non ha senso che ci pensi neanche tu. -
- Sono preoccupata per Bea! Lui le ha messo una mano sul ginocchio e l'ha guardata come se... -
- Come se... cosa?! – parlò sopra Claudio, cercando di non scivolare sul tappeto di foglie cadute - Vic, Lapo è un maiale ma non uno stupratore, quindi, se a Bea non andrà, al massimo, ci scapperà uno schiaffo... di che ti preoccupi? E poi che ne sai? Magari, Bea è molto più donna di te. -
- Donna... cosa?! Ora che c'entro io?! - protestò Vittoria, fermandosi di colpo.

Claudio inarcò un sopracciglio ma non aggiunse altre parole.
Mani in tasca, proseguì a camminare sino al proprio mezzo, dopodiché tornò a fissarla. Vittoria era rimasta a qualche metro di distanza, forse arrabbiata, forse semplicemente sconvolta.
Ogni tanto, non sapeva perché, avvertiva il bisogno di ferirla, e questo accresceva il suo orgoglio tanto quanto ledeva il cuore.
Forse, un giorno, avrebbero trovato un modo più sano di comunicare.


Beatrice se ne stava abbracciata alla schiena di Lapo, pensierosa e affatto soddisfatta della conversazione con Marina. Biasimava il modo in cui l'amica gestiva le sue relazioni e temeva che prima o poi questo le si rivoltassero contro.
Lapo guidava il cinquantino per le strade affollate, e di tanto in tanto, si univa ai cori di quei tifosi che viaggiando a finestrini aperti, facevano di tutto per proseguire la festa oltre le mura del Franchi. I ragazzi si scattavano i selfie più improbabili, ora sporgendosi dai finestrini a petto nudo, adesso mostrando le natiche a un pullman di juventini scortato dalla municipale.
Per i marciapiedi, le famiglie si tenevano ben strette i pargoli, nonostante certi scugnizzi facessero di tutto per farsi sentire. Il bello e il brutto della goliardia sportiva erano scesi nelle vie di Firenze per riempire le pagine sportive di domani.
Beatrice sospirava, sorda a simile baldoria.
Le sue mani si erano infilate nelle tasche del giubbotto del ragazzo per star calde, incapaci di aiutare la mente a riflettere.
Fu un viaggio silenzioso, e forse, anche troppo breve.

- Se salissi su da te per il bagno, i tuoi romperebbero? -
- Non c'è nessuno in casa, fa pure. -

Beatrice gli rispose con naturalezza, senza badare al motorino ben parcheggiato o a come Lapo la stesse fissando. Con la testa a Marina, la ragazza aprì il portone e prese a salire le rampe marmoree e lucide delle scale. L'ambiente era talmente silenzioso che c'era da sentirsi in colpa per un solo starnuto.

- Questo fine settimana mamma e babbo sono andati a controllare la casa a Viareggio e mio fratello dorme da un amico. -
- So che nonostante l'infortunio di Tolosa la squadra di pallavolo va alla grande. -
- Da quando è entrato nel giovanile, Edoardo si sta gasando un po' troppo... ma lascia stare. - brontolò la minuta rossa, mentre la serratura scattava e le luci dell'ampio ingresso s'accendevano, mostrando un'abitazione un po' caotica, ma pulita e accogliente - Il bagno è quella porta laggiù. Fa con calma. -

Beatrice non era una sciocca, ma la sua mente stentava a comprendere certe dinamiche.
Con il suono dello sciacquone tirato in lontananza, la ragazza s'immerse in quello che era il suo piccolo spazio privato.
Pochi metri quadri di parquet si mostravano affollati di peluche e di figure.
La locandina di Suicide Squad faceva da testata del letto, e al suo fianco, un'alta fila di fumetti si teneva in equilibrio precario.
L'armadio, ben chiuso, era tempestato da figurine di animali, appiccicate da manine che pur essendo cresciute, ancora non avevano imparato a dedicarsi al corpo in maniera più matura. Un'ampia tavola da lavoro parlava del suo percorso scolastico. Beatrice frequentava la scuola di Belle Arti e aveva una particolare passione per la tempera ad olio.

- Tu come ti comporteresti se un tuo amico stesse per fare un'epica stronzata? -

Beatrice lo domandò mentre Lapo si accingeva a sedersi accanto a lei, sul letto.
Non badò al fatto che non indossasse più la giacca.
Era tardi e fuori le nuvole coprivano la luna.
Era tardi e lei non era mai stata sola con un ragazzo.
Accavallando le caviglie nude l'una sull'altra, si sfilò le scarpe, tornando a fissarlo con assoluta tranquillità.

- Solitamente, noi due parliamo di cose molto più leggere, come mai questa domanda? -
- Ho la testa affollata e tu sei qui. Poi, sei sempre circondato da ragazze, perciò... forse ne sai più di me. -
- Quindi, questa epica stronzata riguarda una ragazza. -
- Diciamo... se avessi il sospetto che un tuo amico si stesse avvicinando alla donna di un altro, seppur con assoluta ingenuità, tu che faresti? -
- Nessuno si avvicina alla donna di un altro, con assoluta ingenuità. -
- Tu dici? -
- L'avvicinarsi pericoloso è giustificabile solo nel caso di due grandi amici. Lì, può darsi che l'amicizia ti confonda e che davvero Fato te lo voglia mettere da qualche parte... -
- No, queste persone si stanno conoscendo adesso. -
- Allora sento puzza di corna. -
- No, non deve succedere...! - uggiolò Beatrice, tirando le ginocchia al mento - Sarebbe un gran casino! -
- Ora sono curioso! Di chi stiamo parlando? -
- Non posso dirtelo. -
- Guarda che certi segreti hanno le gambe corte, e poi, chissà, magari potrei esserti d'aiuto. -
- Io non voglio mettere nei guai la mia amica. -
- Nessuno ha parlato di guai; fidati di me. -

Ogni età ha le sue faccende vitali. I propri cardini.
A tre anni ci si picchia per la contesa di un giocattolo.
A sei anni l'amica del cuore è solo nostra.
A otto anni inizia l'orgoglio di un buon voto.
A dodici si farebbe di tutto pur di non lasciarsi sfuggire un segreto.
Fra i sedici e i diciotto anni è il cuore a fare da padrone...
Ogni età guarda alla precedente con una punta di superbia, quasi sbeffeggiandone le regole inappellabili.
Ma tutto serve per crescere.
Ogni faccenda che prendiamo a cuore, sciocca o importante che sia, farà di noi le persone di domani...


Rincasando, Rocco udì la televisione ancora accesa.
Diavola se ne stava incredibilmente mansueta sul tappeto e anche dall'appartamento degli Schneider, stranamente, non arrivavano suoni molesti. La sua famiglia era radunata in salotto, al completo.
Quando a Firenze si batte la Juve, ogni vero tifoso si gode l'evento fino in fondo.
Parlare e sentir parlare di calcio diventa il passatempo più gradito. Così, le voci della Domenica Sportiva erano ancora vive fra le mura domestiche, nonostante non mancasse molto alla mezzanotte. Il programma stava terminando, e l'ultima cosa ad andare in onda fu l'intervista a Federico Chiesa e a un goal che sul momento gli era stato attribuito per sbaglio.
Rocco era ancora intontito dalla bella serata trascorsa.
Le parole del calciatore giungevano ovattate alle sue orecchie, ma le emozioni passavano comunque.
Chiesa parlava ma lui non riusciva a udire quel che dicesse; Rocco stava troppo bene e non gli capitava da un bel pezzo di sentirsi in quel modo.
Quel ragazzo di 19 anni, poco più grande di lui, eppure già alla ribalta della Serie A, parlava con semplicità e spontaneità disarmanti, come se invece di essere Federico Chiesa, fosse un comune studente alle prese con un compito scolastico cruciale.
Senza salire su piedistallo alcuno, il calciatore si mostrava felice, puro, orgoglioso d'aver realizzato un sogno.
Nel suo piccolo, Rocco condivideva le medesime emozioni.
Anche lui si sentiva come se avesse realizzato un sogno; un sogno che solo in quel momento si rendeva conto d'avere.
Federico era l'eroe di Firenze, grazie ad un semplice gesto capace di ingannare un gigante come Buffon.
Rocco, con un semplice invito, aveva ottenuto il sorriso di Marina.
E Clarissa?
In quel momento, nella sua testa non c'era spazio per quell'ingombrante fidanzata che sembrava essersi messa d'impegno per minare la sua identità...
Le differenze fra lei e Marina erano molte, troppe, e non stavano affatto giocando a favore di Clarissa.
Il jingle pubblicitario della Serie A chiuse le trasmissioni, riempiendo la stanza con la voce del compianto David Bowie: "We can be heroes, just for one day"*.
Eroi. 
Ecco quello che era mancato a Rocco fino a quel momento, sentirsi un eroe, proprio come Federico Chiesa; colui che con un gesto, forse goffo, forse involontario, forse non calcolato, aveva fatto saltare in piedi quarantamila persone.

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* Falso storico: quello di David Bowie era il jingle della Serie A 2012/2013.

Che fine hanno fatto Juri e Dam?
Se puoi leggere le storie con il Tag Adult, apri Tabù Uncensored ( capitolo 1 )
La scena che s'inserirebbe adesso.
Se non puoi leggere le storie a Tag Adult, non preoccuparti, un breve sunto aprirà il prossimo capitolo e tu non ti sarai perso granché.

Credits: 
https://it.pinterest.com/pin/660058889106416468/ 
( Tratta dalla partita descritta nel capitolo. Ecco Federico Chiesa a terra dopo quel tocco che lo ha portato a ingannare Buffon. Successivamente, il tiro fu attribuito a Badeji )


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