Capitolo 30 - bonfire heart -
Ad aprire la porta era stata zia Petunia, che dopo aver passato lo sguardo acido da me a Pansy, aveva fatto un passo indietro, facendoci entrare con un sospiro. Il corridoio era freddo e buio, e dal silenzio che aleggiava nell'ingresso, capii che non c'era nessuno in casa oltre lei.
La precedetti verso il salotto, sedendomi sul divano, e facendo segno a Pan di fare lo stesso.
"Cosa ci fate qui?" Fu la prima cosa che la donna ci chiese, seguendoci.
Mi sarei aspettato qualcosa di più cattivo o violento, ma in realtà nel suo tono di voce percepivo soltanto stanchezza. Alzai gli occhi per guardarla; non sembrava al massimo della forma. In realtà non credevo di averla mai vista così poco curata: con i capelli sfibrati e raccolti in una scombinata crocchia, i vestiti stropicciati e la vestaglia di flanella stretta in vita. Per un secondo quasi mi fece pena.
"Voglio tutti i documenti che avete su di me. Certificato di nascita, le carte dell'orfanotrofio, quelle che attestano che avete lasciato la mia tutela... voglio tutto." Fu Pansy a parlare, raddrizzando le spalle e affrontando la donna di petto. "E voglio anche quelli di Harry." Disse poi, fermamente. Per un secondo la guardai, provando a capire che cosa stesse pensando. Quando le avevo detto che sarei andato a casa degli zii, lei mi aveva pregato di accompagnarmi, ed io non avevo potuto rinunciare. Aveva diritto di vederli, proprio come me.
Certo non mi sarei aspettato che avesse qualcosa da chiedergli, piuttosto credevo sarebbe venuta soltanto per insultarli e riversare su di loro il suo rancore.
Zia Petunia sembrò farsi ancora più piccola, ma annuì impercettibilmente, come se si fosse aspettata da tempo la richiesta della più piccola.
"Dovrei avere tutto di sopra. Datemi cinque minuti per cercare." Sospirò, alzandosi.
Non aspettò neppure che rispondessimo, avviandosi su per le scale. Presi Pansy per il polso.
"Perché vuoi quei documenti?" Le chiesi a bassa voce. Lei si strinse nelle spalle.
"Non voglio che ci sia niente che ci lega a questa famiglia." Rispose con assoluta certezza. Tanta da mettermi a tacere, indeciso su cosa rispondere. Per qualche secondo mi limitai a tenere la mia mano appoggiata al suo polso, come se il solo gesto fosse bastato a dirle quello che non riuscivo a comunicare a voce alta, poi però sospirai.
"Sei sicura che ti vada bene così?" Le domandai.
"Sono sicura di non voler tornare più in questa casa. E sono ancora più sicura di non volere che ci torni tu." Rispose lei, ancora più convinta. In quel momento i due anni di differenza che c'erano tra noi si sentirono tutti, e capii che cosa significava avere una sorella maggiore.
"Ci sono un mucchio di cose che aggiusterei se potessi, ma per il momento mi basta allontanarti da questi coglioni." Continuò, poi, rivolgendomi un sorriso accennato.
Come avrei potuto darle torto? Anche io ero andato lì con la sola intenzione di chiudere tutti i ponti, tagliando ogni mio legame con loro -qualunque fosse- dicendo addio a quel passato che tanto avevo odiato.
Il rumore del portone che si apriva e si richiudeva, riecheggiò nell'ingresso, facendomi leggermente sobbalzare per la sorpresa. Pansy in automatico si spostò davanti a me, come se stesse tentando di proteggermi da chiunque stesse per entrare in salone.
Un secondo dopo, la figura imponente di mio cugino fece bella mostra di sé davanti a noi. Non aveva un aspetto dei migliori, e proprio come sua madre, sembrava privo di forze e disordinato.
Dopo mesi che non lo vedevo, mi sembrò persino sciupato, nei vestiti larghi e sformati.
"Harry?" Fece sorpreso, non appena entrò in salotto, e mi vide seduto sul divano.
Fu quasi come se Pansy avesse cominciato a ringhiare contro di lui, mentre le spalle le tremavano in modo strano, ma fui certo che non fosse nient'altro che una mia impressione.
Mi alzai e mi misi davanti al suo corpo, con la stessa intenzione di proteggerla che aveva avuto lei stessa, poco prima, nei miei confronti.
"Cosa ci fai qui a casa? Chi è lei? E dov'è la mamma?" Il modo in cui disse qui a casa, quasi come se fosse stata anche mia, per poco non mi fece scoppiare a ridere.
"Non credo tu sia nella posizione di farmi il terzo grado, DD." Pronunciai quel nome con disgusto e irritazione, facendolo vacillare per un istante.
Probabilmente stette per ribattere, ma sua madre lo interruppe, scendendo frettolosamente per le scale, con una cartellina alla mano.
"Duddy." Quasi urlò, cercando di fermare qualsiasi cosa il ragazzo stesse per fare. Lui si voltò nella sua direzione, socchiudendo gli occhi, rendendo le guance paffute ancor più visibili.
"Cosa ci fa lui qui? Perché lo hai fatto entrare?" Le chiese bruscamente.
Alzai gli occhi al cielo. Ero sempre stato indesiderato lì dentro, ma perché ad un tratto sembrava quasi come se fossi io il cattivo?
"Dovresti andare in camera tua, o tornare da dove sei venuto." Sospirò, invece la donna, cauta.
"Che diavolo significa?" Chiese, infatti, lui.
Il suo umore sembrava peggiorare istante dopo istante.
"Ho detto che dovresti andartene. Non farmelo ripetere due volte Dudley. Hai già creato troppi problemi a me e tuo padre, evita di peggiorare la situazione finché sei ancora in tempo." Fu la risposta della donna, così chiara e fredda da sorprendere anche me, mentre mio cugino sbatteva piano le palpebre, cercando di capire con quale sentimento sua madre gli stesse rivolgendo quelle parole. Dudley mi lanciò un'occhiata feroce, ma non osò avvicinarsi di un solo passo, arretrando invece su per le scale. Lo fissai fino a quando non sparì al piano di sopra, rilassandomi impercettibilmente.
"Sedetevi." Zia Petunia riacquistò un po' della sua iniziale severità, intimandoci con gli occhi di seguire il suo suggerimento. Guardai Pansy, chiedendole indirettamente di accontentarla.
"E' questo l'unico motivo che vi ha spinti a venire qui?" Chiese, quando fummo tutti di nuovo seduti, indicando con un cenno la cartellina che aveva tra le mani.
"In realtà no." Ammisi io. Lei annuì, così continuai. "Ho deciso di ritirare la denuncia." Dissi. Sia Pansy che zia Petunia si concentrarono in un attimo su di me: la prima sconvolta, la seconda speranzosa. Presi un respiro profondo e mi imposi di parlare nuovamente. "Non credere che sia perché provo pena per voi, o voglia farvi un favore. La ritiro solo perché non voglio più avere nulla a che fare con la vostra famiglia. Non avete rovinato solo la mia vita, ma anche quella di Pansy, e questo sarà un peccato del quale non potrete mai liberarvi." La accusai, puntandole il dito contro, anche se il mio tono di voce rimase pacato. "Avrei potuto rovinare la vostra vita come voi avete fatto con la nostra, ma sono certo che i nostri genitori non avrebbero voluto questo." Conclusi. Pansy mi strinse la mano, con forza.
Zia Petunia, invece, seduta rigidamente sul divano davanti al quale eravamo seduti noi, era rimasta senza parole, e si limitava a guardarmi, con gli occhi lucidi.
Era probabilmente la prima volta che le vedevo un'espressione umana sul viso tirato, e se il mio cuore non fosse stato smosso da tanto odio e tristezza nei suoi confronti, avrei persino provato pena per lei in quel momento.
"Non ho mai voluto che andasse in questo modo." Mormorò, sull'orlo delle lacrime.
Trattenni uno sbuffo infastidito.
"Tieniti il tuo piagnisteo, zia. Non abbiamo bisogno della tua pietà. Non adesso." Sputai io con rabbia. Aveva avuto un'intera vita per farsi scrupoli e tentare di redimersi con me, ma non aveva mai mosso un dito per venirmi incontro e darmi una vita quantomeno decente, quindi perché cominciare adesso? Lo stava facendo soltanto perché sapeva che non ne avrebbe più avuto la possibilità? Probabilmente voleva mantenere le apparenze, facendo credere sia a me che a Pansy di essere sempre stata una persona buona e dai sani principi.
Scossi la testa, ridacchiando, pieno di amarezza.
"Questa scenetta è durata anche troppo." Mi alzai, e prendendo la cartellina di documenti che mia zia aveva appoggiato sul tavolino basso al centro della stanza, trascinai mia sorella verso l'uscita.
"Credi che fosse sincera?" Chiese Pansy, quando, dopo essere saliti in macchina, io avevo acceso il motore e mi ero avviato. Sbuffai, scuotendo la testa con forza.
"A chi importa. Anche se fosse stata sincera, a cosa servirebbe adesso?" Ribattei freddamente. Lei annuì, rimase in silenzio per diversi secondi, poi mi guardò nuovamente.
"Quindi ti sta bene aver lasciato perdere la denuncia in quel modo?" Domandò ancora. Mi strinsi nelle spalle. Era ironico come entrambi stessimo cercando di capire che cosa fosse meglio per l'altro. In casa ero stato io a chiedere a Pan se le stesse bene tagliare i ponti con loro, e ora...
"Mi sta bene. Come hai detto tu: non voglio più avere nulla a che fare con loro. Tutte le persone che amo sono al mio fianco, e non ho bisogno di alcuna vendetta. Il passato è passato, e adesso che ho incontrato te, Draco... ho capito che non ha più senso viverci dentro." Dichiarai semplicemente. La vidi sorridere con la coda dell'occhio, e di rimando sorrisi anche io.
"Ci fermiamo a prendere la pizza?" Fece interrogativa, anche se sapevo che il suo fosse un obbligo piuttosto che una richiesta. Scoppiai a ridere.
"Allora sei ancora sana!" La derisi bonariamente, togliendo una mano dal volante per spingerla scherzosamente, ma virando comunque verso il centro città.
"Pizza? E' un modo alternativo per dire che va tutto bene?" Come avevo immaginato, Hermione e Draco piombarono su di noi come due avvoltoi non appena mettemmo piede fuori dalla macchina. Il biondo mi tolse dalle mani gli innumerevoli cartoni di pizza che mantenevo, fissandomi accigliato, mentre Hermione cominciava a bombardarci di domande, afferrando Pansy, per controllarla accuratamente, cercando su di lei qualsiasi segno di violenza fisica o psicologica. Alzai gli occhi al cielo.
"Di quale modo alternativo stai parlando? Credevo che stasera dovessimo organizzare un falò. Se non avessi comprato la pizza cosa avremmo dovuto mangiare? Torte di sabbia?" La presi in giro, ironico.
Pansy rise, mettendo una mano sulla spalla dell'altra ragazza, portandosela in casa, non prima di averle dato un bacio sulla guancia e averle sussurrato all'orecchio che sì, andava tutto bene.
Draco, invece, era rimasto indietro, aspettandomi.
"Stai bene?" Domandò, stando attento ad ogni mia più piccola reazione.
Ero certo che temesse che avrei potuto mentirgli, soltanto per farlo stare tranquillo. Cercai, quindi, di non fare nulla di troppo ostentato, limitandomi ad annuire.
"Potrei stare meglio, ma sono felice di aver chiuso la questione." Dissi soltanto.
"Hai fatto la scelta giusta a ritirare la denuncia. Andare avanti avrebbe soltanto portato ad altre situazioni spiacevoli per te e Pan." Mi confortò. Non potei fare a meno di sorridere.
"L'unica cosa che voglio adesso è tornare al Manor." Confessai.
"E' così facile per te abbandonare i tuoi amici?" Per poco non saltai quando la voce di Ron riecheggiò alle mie spalle, spaventandomi a morte.
Mi girai, in tempo per vedere lui e Blaise attraversare il vialetto per raggiungerci. Erano entrambi stretti nei loro giubbini pesanti, e mantenevano un grosso fusto di birra di latta. Strabuzzai gli occhi, guardandoli interdetto.
"Ma non erano avanzate le bottiglie di Capodanno?" Chiesi, cambiando inconsapevolmente argomento. Ron si strinse nelle spalle.
"L'alcool non è mai troppo poco amico." Rispose, ovvio. Annuii.
"Comunque non fare la finta vittima. Sapevi che prima o poi me ne sarei andato di nuovo. E poi ho la netta impressione che tu ed Hermione abbiate fin troppi motivi per venire al Manor a trovarmi." Ripresi a parlare, riagganciandomi alla sua precedente frecciatina. Ron mi mandò a quel paese con la mano libera, esortando Blaise a seguirlo dentro casa, precedendoci.
"Ah comunque ho portato degli ospiti, spero non vi dispiaccia!" Urlò, in modo da farsi sentire, anche se il portone si stava già chiudendo dietro di loro. Accigliato mi voltai nuovamente verso la direzione nella quale erano venuti.
"Ciao, Harry." Mi salutò timidamente Ginny. Erano da secoli che non la vedevo, e non sembrava essere cambiata troppo dall'ultima volta. Aveva i capelli lunghi e rossi legati in due trecce ai lati della testa, e indossava un vestitino di velluto, che si intravedeva sotto il giaccone nero, in netto contrasto con i capelli.
Accanto a lei, con le dita intrecciate alle sue, c'era Luna. Con lei mi ci vollero diversi secondi per capire chi fosse. Le occhiaie che aveva sempre sotto gli occhi erano sparite, i capelli biondi sembravano più luminosi e voluminosi, il fisico asciutto era diventato più formoso, e come se tutto questo non fosse bastato, la sua solita aria stralunata si era trasformata in un tenero viso pulito. Rimasi a bocca aperta. Quando Cedric mi aveva detto che finalmente Luna si era data una calmata, fidanzandosi con la sorella minore di Ron, non mi ero di certo aspettato un cambiamento del genere.
"Ginny! Luna!" Le salutai, sorpreso, andando loro incontro. Non ero così in confidenza da abbracciarle, così me ne rimasi lì, a guardarle con gli occhi luminosi.
"Ehilà Potty!" Fece la biondina, timidamente. Sorrisi.
"Sei davvero tu? Sul serio, non mi sarei mai aspettato di vederti così lucida." Non mi potei trattenere, parlando in maniera piuttosto schietta. Ginny parve irrigidirsi un tantino, ma Luna, al contrario si fece una risata.
"Ed io non mi sarei mai aspettata di vederti ancora vivo, se non in mezzo ad una strada, a venderti insieme alle altre prostitute." Disse lei tagliente, senza perdere il sorriso.
Alzai le mani in aria, ammettendo la mia sconfitta, senza offendermi per le sue parole.
"Touché." Mormorai. "Comunque sono felice che voi due vi siate trovate..." Continuai, per farmi perdonare del mio poco tatto. Ginny sorrise, stringendosi un po' di più accanto all'altra ragazza. Il gesto mi fece venire in mente che sarebbe stato educato presentare anche Draco, ma quando mi voltai per chiamarlo, lui era sparito, probabilmente dentro casa.
"Vi conviene entrare. Il tempo non è dei migliori." Dissi allora, invitandole a seguire la scia dei nostri amici, e raggiungerli. Non se lo fecero ripetere due volte, ed in meno di dieci secondi, fui da solo. Mi sedetti sugli scalini dell'ingresso e tirai fuori il mio pacchetto di sigarette, accendendone una con mani tremanti. Non faceva troppo freddo, ma il vento del mare era tanto forte e salato da creare delle piccole crepe nelle nocche già screpolate, facendomi male.
Presi il primo tiro, godendo del piacere familiare della nicotina.
Da quando io e Draco stavamo insieme, non fumavo più così tanto: forse perché Draco era meglio delle sigarette, o forse perché inconsciamente volevo essere meritevole di stare insieme a lui, e non cedere ai miei vizi.
"Stai di nuovo pensando a cose deprimenti, non è vero?" Draco si sedette accanto a me, rubandomi una sigaretta e accendendola con il mio accendino. Alzai gli occhi al cielo.
"In realtà pensavo a te, ma se credi di essere deprimente non è un mio problema." Mormorai, prendendolo chiaramente in giro, cominciando a guardarlo apertamente.
Eravamo uno di fianco all'altro, le nostre spalle erano tanto vicine da toccarsi. Mi avvicinai ancora di più e misi la mia gamba sopra di lui, continuando a fumare.
"Credevo stessi tentando la fuga da me." Ammisi dopo qualche attimo, indicando con un cenno del capo la casa alle nostre spalle.
"Stavo soltanto andando a mettere le pizze al caldo. Avere le mani occupate, mentre sono insieme a te mi rende piuttosto nervoso."
"Hai paura che mi tendano un agguato, e ti facciano dubitare su chi salvare tra me e la pizza?" Alzai un sopracciglio, ironico.
"Pensavo più a qualcosa come questo..." Draco mi prese per il mento, facendo avvicinare il mio viso al suo, baciandomi lentamente, facendomi volare le farfalle nello stomaco.
D'un tratto mi venne voglia di lanciare in aria la sigaretta e dedicarmi completamente a lui, ma mi costrinsi a tenerla nella mano, staccandomi dal biondo.
"Questo puoi farlo anche senza mani." Sussurrai. Lui ridacchiò, annuendo.
"Avevo altre intenzioni, ma non credo proprio che siano fattibili in questo momento." Si giustificò.
Dopo avermi baciato, era rimasto con la fronte appoggiata alla mia. I suoi occhi grigi erano così vicini ai miei da ipnotizzarmi. Erano sempre stati in grado di rapirmi, ed ogni volta che li avevo a così poca distanza, esercitavano su di me il loro magico effetto. Draco volse leggermente il viso di lato, prese un tiro dalla sigaretta e ritornò davanti a me. Il suo pollice si appoggiò al mio labbro inferiore, costringendomi a socchiudere le labbra. All'inizio non capii a che gioco stesse giocando, ma quando cominciò a far uscire il fumo dalla sua bocca verso la mia, il mio cuore cominciò a battere furiosamente.
Respirai il fumo ì, mentre Draco soffiava, tremando per l'eccitazione. Come poteva una situazione così stupida creare un tale tumulto dentro di me?
"Avevo quasi voglia di smettere di fumare, ma così non smetterò mai." Sussurrai, buttando fuori il poco fumo che avevo aspirato. Draco sorrise malizioso.
"Sapevo che ti sarebbe piaciuto." Gongolò allegro. Lanciai il mozzicone della mia sigaretta verso il vialetto di pietre e lo obbligai a fare lo stesso. Lo afferrai per il mento e ricominciai a baciarlo.
"Non solo mi è piaciuto, ma se non stessimo a casa di Hermione, su degli scalini freddi in mezzo alla veranda, probabilmente mi farei scopare da te." Lo avvisai, abbastanza volgare da farlo ridere, ma non tanto da farlo fermare.
"Sbaglio o negli ultimi giorni gli scalini ci stanno creando un po' troppo desiderio represso?" Chiese, ironizzando sul fatto che a casa di Cedric stavamo quasi per farlo sulle scale. Mi strinsi nelle spalle.
"Dimmi che al Manor ci sono scale che non frequenta nessuno." Supplicai io, confermando la sua tesi. Lui proruppe in una fragorosa risata, scompigliandomi giocosamente i capelli.
"Ho creato un mostro." Disse.
Mi diede un altro bacio, questa volta a stampo, per poi prendermi per mano e guidarmi verso casa. Il tepore che mi accolse fu tanto piacevole quanto orribile, perché significava dire addio ad ogni momento di intimità.
Ero abbastanza sicuro che non saremmo riusciti in alcun modo a ritagliarci dei momenti di solitudine per le prossime ore.
Sospirai, ma lasciai che le sue dita intrecciate alle mie mi calmassero.
"Harry. Mi aiuti con il fuoco?" Ron mi afferrò per il braccio, staccandomi da Draco, facendomi mancare il fiato. Se qualcuno avesse visto la scena dal di fuori, sarebbe stato alquanto comico: io che lasciavo a rallentatore le dita nel mio amato, supplicandolo con lo sguardo di salvarmi dalle grinfie del mio migliore amico, pregandolo con gli occhi di tenermi stretto a sé e di non lasciarmi andare. Ovviamente, come ogni film drammatico che si rispetti, Draco si limitò a guardarmi con lo stesso rammarico nelle iridi chiare, mentre una Pansy sorridente trascinava anche lui verso la cucina, lontano da me.
"State forse cercando di dividermi dal mio fidanzato?" Chiesi, mentre di nuovo, il freddo della sera si scagliava sulla mia faccia.
Blaise e Ron avevano già posizionato un braciere in mezzo alla sabbia, creando un piccolo cumulo di legna che cominciava a prendere lentamente fuoco.
Ronald mi spinse leggermente, facendomi vacillare nella sabbia.
"Sentitelo come si riempie la bocca della parola fidanzato." Si burlò di me, facendomi arrossire.
"Per quanto ne so non è della sola parola che si riempie la bocca." Infieì Blaise. Lo fulminai con lo sguardo, prima di legare più stretti i miei capelli, per evitare che il vento li facesse volare davanti ai miei occhi.
"Sapete soltanto parlare di sesso? Avete o no altri argomenti di conversazione?" Brontolai piccato, anche se non troppo. Non avevo nessun problema a parlare di quegli argomenti, non più almeno... l'unica cosa che mi dava fastidio era che Draco non c'era. Era terribilmente irritante rispondere alle frecciatine dei miei amici, se lui non era lì a sentirle e a riderne con me.
Il suono del mio cellulare interruppe la risposta già pronta del rosso. Presi l'apparecchio dalla tasca e lo portai all'orecchio.
"Pronto?"
"Harreh, sono davanti all'indirizzo che mi hai dato." La voce di Nene era calma e pacata come al solito. Sorrisi emozionato, annuendo, anche se sapevo che non potesse vedermi.
"Rimani lì. Arrivo." Dissi. Feci un cenno con la mano a Ron e Blaise, anche se dalle urla che mi lanciarono dietro mentre correvo verso la parte anteriore della spiaggia, seppi che non avevano capito che cosa volessi dire o dove stessi andando.
Passai per il cancelletto esterno e attraversai il piccolo giardino sul retro alla velocità della luce.
Sotto uno dei lampioni della strada c'era Adhane. Si era cambiato, e adesso indossava dei jeans chiari strappati sulle ginocchia e un piumino sportivo, con il cappuccio tirato sulla testa, già coperta da un cappellino di lana giallo fluo. Agitai la mano in aria.
"Nene!" Urlai, rincorrendolo solo per abbracciarlo. Lui sorrise, lasciandosi stringere.
"Non sono passate nemmeno quattro ore dall'ultima volta che ci siamo visti, Harreh." Brontolò, anche se le sue braccia strette alle mie e il suo viso appoggiato alla mia fronte -data la sua altezza maggiore della mia- sembravano dire il contrario. Ridacchiai.
"E a chi importa? Sono anni che non ci vediamo, devo recuperare." Risposi felice.
"Da quando sei così espansivo, eh?" Dal suo tono sembrò quasi triste, mentre lo chiedeva, così mi discostai dal suo corpo e arretrai, mantenendo il sorriso.
"Chi lo sa." Blaterai. "Vieni, andiamo. Ti faccio conoscere i miei amici." Lo presi per il polso e me lo trascinai di nuovo verso la spiaggia.
"Roooonald, Blaise. Questo è Adhane Galen, un mio amico di infanzia." Lo presentai fieramente.
"Wooo. Hai anche amici del genere?" Blaise strabuzzò gli occhi, sorpreso. Aggrottai le sopracciglia.
"Che intendi?"
"Credevo che tutti i tuoi amici fossero brutti come Ron." Disse lui, beccandosi un pugno in pieno costato dal diretto interessato, condito con diversi e colorati epiteti.
"Non badare a lui, è un coglione." Ron sorrise fintamente divertito, stringendo la mano del nuovo arrivato, con educazione.
"Oh... D'accordo." Fece Adhane, impacciato.
"Il coglione si chiama Blaise, comunque!" Urlò, agonizzante, rialzandosi dalla sabbia dopo essere finito a terra. Ron si voltò verso di lui, spingendolo di nuovo nella sabbia.
Spinsi Adhane verso la casa.
"Scusali, non sono abituati a socializzare con gente nuova." Li giustificai, come avrebbe fatto una mamma con i propri figli. Adhane non rispose.
"Ragazze! Venite qui, voglio farvi conoscere una persona." Richiamai tutte a raccolta. "Lui è Adhane Galen." Lo presentai, lanciandolo in mezzo a loro, pentendomene subito dopo.
Era stato come lanciare un pezzo di carne in mezzo ad un branco di lupi furiosi.
"Ti sei già fatto l'amante?" Fece Pansy.
"Hai amici che non siamo noi?" Rincarò Hermione.
"Oh Dio, sembra uscito da una rivista di Idol..." Sbavò Ginny.
"Uh, il fratellino di Tonks."Appurò Luna. Mi voltai verso di lei.
"Lo conosci?" Chiesi con aria confusa.
Intanto anche Draco si era avvicinato a noi, e mi stava mettendo gelosamente una mano sulla schiena.
"Conosco la famiglia di Ninfadora da anni, Harry." Disse lei, come fosse stata la cosa più logica del mondo. Era vero, io ero uno degli ultimi arrivati nella banda, e poi Luna aveva sempre avuto un legame più stretto con Tonks. Un legame che andava oltre il mio lavare i piatti e aiutare al locale.
Mi rabbuiai. Possibile che fossi l'unico a non conoscere quel legame di parentela?
Nene dovette notare la mia espressione, perché si avvicinò a me, sorridendo.
"Tranquillo. Anche io non sapevo che fossi amico di Tonks. Non fa niente." Mi rincuorò, leggendomi nel pensiero. Non riuscii a trattenere un sorriso, annuendo.
"Sì, hai ragione. L'importante è che tu sia qui, adesso" Ripetei. Draco si strinse a me con più insistenza. "Sento puzza di gelosia nell'aria." Ovviamente Pansy non si contenne dal commentare, tappandosi fintamente il naso, teatrale come al solito.
"Io ed Harry siamo solo amici, non c'è alcun bisogno di essere gelosi." Adhane rispose a Pansy, mantenendo comunque lo sguardo verso Draco, come per tranquillizzare lui per primo. La sua stretta però non subì variazioni.
"Va bene, va bene. Siamo tutti amici qui." Dissi. Poi li guardai: Pan ed Hermione, Luna e Ginny, io e Draco, Blaise e Ron... "Beh, quasi amici." Blaterai. In quel momento l'impresa di far integrare Nene al nostro gruppo mi sembrò di colpo più ardua e quasi impossibile da raggiungere.
"Beh, cosa stiamo aspettando? Siamo tutti qui! Andiamo a bere!" Risi senza entusiasmo, invitando tutti ad uscire. Forse l'alcool avrebbe risolto i miei problemi per quella sera.
Angolino autrice:
Leoncini patasnelliiiiiiii. Eccomi qui con un nuovo e sconclusionato capitolo che ho impiegato secoli a scrivere. Oggi sono felice perché è finalmente arrivata la tastiera per il tablet e quindi ho potuto scrivere anche senza il pc. Allegriaaaaaa, anche se probabilmente a voi non importa.
Passiamo quindi alle cose importanti. Il fatto che la situazione con i Dursley si sia risolta in fretta è stata una scelta dettata dal fatto che se il COVID ce lo permette, tra pochi mesi tornerò a lavorare e non avrò più molto tempo per scrivere e aggiornare le mie storie: motivo per cui voglio finire questa ff prima di quel periodo, così da non farvi rimanere appese.
Premetto che anche se non saranno assidui come ora, sicuramente scriverò qualcosa anche quest'estate, solo che sarà più difficile.
Tutto questo per scusarmi del fatto che spesso "riassumerò" determinate situazioni (così come la questione della denuncia dei Dursley) anche se avrei voluto fossero più dettagliate.
Detto ciò, spero che questo capitolo vi sia comunque piaciuto, se sì fatemelo sapere qui sotto con un commento, e ovviamente non abbiate paura di avvertirmi se ci sono errori di battitura e/o di grammatica, in modo che io possa correggerli.
Un bacione e alla prossima ❤️❤️❤️❤️❤️❤️
P.S. Dato che molto spesso mi viene chiesto, vi metto qui sotto le foto di come io immagino Adhane:
Se volete anche quelle degli altri personaggi, fatemelo sapere nei commenti 🌝
Domandina del giorno:
C'è qualcuno di voi che disegna???? Anche non in modo "professionale". 😍😍😍😍
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