Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 2 - to the light -

Mi bendarono gli occhi con una bandana dall'aria usurata e mi lanciarono all'interno di una macchina, quasi fossi un sacco di patate.
Il loro obiettivo era, ovviamente, quello di non farmi capire dove ci stessimo dirigendo, ma il fatto che non mi avessero drogato, picchiato o messo fuori gioco in alcun modo, segnava un grosso punto a mio favore. O erano dei dilettanti, o come credevo, erano dei coglioni.
Contai ogni curva e presi coscienza di ogni bivio, tanto da essere certo che avevamo lasciato la città. A confermarlo era il tempo che ci stavamo mettendo per arrivare a destinazione. Era passata circa un'ora, e noi eravamo ancora in movimento.
-Da quando vi occupate anche di rapimenti?- Mi schiarii la voce, cominciando a parlare, annoiato dal silenzio che aleggiava nell'auto. -Insomma, non sembra essere un lavoro che fa per voi.- Voleva essere una presa in giro, ma risultò soltanto la verità. Non avevo mai sentito nulla del genere da parte dei Grifondoro. Erano pericolosi, quello era certo... ma rapire qualcuno di un'altra banda per il solo gusto di farlo?
-Oh no, devi averci frainteso, tesoro. Questo non è un rapimento.- Disse quello che associai a Cormac. Rabbrividii, rendendomi conto che anche lui era in macchina. Mi ero illuso che fosse andato via in una macchina di "élite", lasciandomi nelle mani degli scagnozzi più muscolosi, ma meno furbi.
-Quindi mettere un sacco in testa a qualcuno contro il suo volere, e portarlo via in un posto sconosciuto, come viene chiamato al tuo paese? Gita in campagna?- Per quanto fossi irritato e nervoso per via della situazione, non riuscii a non essere sarcastico. Presumevo fosse quello che mi caratterizzava come individuo. Il sarcasmo. O forse avevo soltanto guardato troppe puntate di Teen Wolf a casa di Hermione. Probabilmente il carattere di Stiles mi aveva affascinato a tal punto da entrare a far parte del mio stile di vita.
Non sapevo se fosse una cosa triste o divertente.
-Devo ammetterlo, mi piace questa tua propensione alla simpatia. Ti sei guadagnato un assaggio di libertà.- Cormac ridacchiò, prima di togliermi la stoffa che aveva legato intorno ai miei occhi, permettendomi di tornare a vedere.
Ovviamente per prima cosa mi guardai intorno, e non mi meravigliai quando riuscii a vedere solo una strada sterrata davanti a noi. Ero lontano chilometri dalla civiltà, ed ero quasi sicuro che non sarei riuscito a tornare a casa in tempo per la prossima lezione di matematica di Piton.
Forse non sarei riuscito a tornare a casa e basta. Gli scagnozzi di McLaggen mi avevano privato della pistola, e anche del cellulare. Ridacchiai mentalmente al pensiero di sorprenderli a sbirciare nella mia galleria, e trovarci solo foto di appunti scolastici.
-Credo di averci azzeccato, con la gita in campagna.- Borbottai, scorgendo l'infinita boscaglia fuori dal finestrino.
-Goditi il panorama, Potter. Non so per quanto ancora tu possa vederne uno del genere.- Non sembrava essere una minaccia, solo un consiglio; così lo accettai, rimanendo con lo sguardo fisso sul finestrino.
Nell'auto ripiombò il silenzio.

Quando la macchina si fermò, ci trovammo davanti ad una grossa villa in stile vittoriano, illuminata a giorno da innumerevoli lampioni sparsi nel giardino ben curato. Avevo le mani bloccate da un paio di manette di ferro, così mi limitai a fischiare rumorosamente, per esternare il mio apprezzamento. Cormac e Neville, appena sceso da un'auto vicina, mi scortarono all'interno dell'edificio (quasi fossi un pericoloso criminale).
Attraversammo un numero indefinito di lugubri corridoi di pietra e stanze prive di qualsiasi arredamento, prima di raggiungere una sala abitata. Cormac aprì le grosse ante in legno che fungevano da ingresso, mentre Neville mi spintonava all'interno. Ci dovevano essere delle crepe nel pavimento in marmo, perché non appena misi i primi passi, a causa della pressione esercitata da Neville, dietro di me, inciampai e caddi a terra.
-Ancora una volta, mi congratulo per la vostra gentilezza.- Mormorai tra i denti, frustrato.
-Devi scusarli, non sanno cosa siano le buone maniere.- Alzai lo sguardo, soltanto per guardare davanti a me, e trattenere le risate. Dove diavolo ero finito? In una corte medioevale? O sul set di un film storico?
L'uomo che aveva parlato, era seduto su una grossa e riccamente decorata sedia al centro della stanza, quasi fosse un trono, e accarezzava con aria contrita un vecchio e severo cane da guardia. Aggrottai le sopracciglia e cercai di alzarmi, e di liberarmi delle manette.
-Lo scherzo è stato parecchio divertente, davvero. Mi sono divertito un mondo ad andare a spasso con i Grifoni. Adesso, però lasciatemi andare.- Ero scocciato, ed anche un po' contrariato. Non avevo la minima intenzione di rimanere lì, insieme a quei bigotti.
L'uomo sul trono scoppiò a ridere. Aveva il viso stanco e rugoso, e la voce roca come un disco rotto.
Sembrava ad un passo dalla fossa.
-Hai davvero del fegato, ragazzino!- Rideva e tossiva ad intervalli regolari, come se io gli avessi appena raccontato qualcosa di estremamente divertente. -Sapevo di aver fatto un ottimo acquisto, con te.-
-Acquisto?- Io ci stavo capendo sempre meno in quella storia. -Sentite, non so davvero di che cosa voi stiate parlando, ma sono certo che non abbiate alcuna voglia di mettervi contro i Tassorosso. Cedric ve la farebbe pagare e...- Un'altra risata interruppe il mio discorso, facendomi salire la rabbia.
-Intendi quel moccioso di un Diggory? Potresti anche essere una gallinella dalle uova d'oro nel suo pollaio, ma è lui a non avere alcuna voglia di mettersi contro di noi.- Mi liquidò con un gesto della mano.
-Toglietemelo dalla vista. Per oggi ne ho avuto abbastanza con le visite. Dategli in benvenuto e portatelo nella stanza insieme alla ragazzina.- Si alzò dal trono improvvisato, quasi ne fosse stato scottato, avviandosi verso l'altro lato del salone. Non riuscii a vedere dove fosse diretto, perché, così come mi avevano portato lì dentro, Neville e Cormac mi trascinarono anche fuori.
Per tutto il tragitto provai a liberarmi, ma ero disarmato e ammanettato, il che rendeva vani tutti i miei tentativi di fuggire.
-Oltre al bel visino e alla lingua lunga, non devi avere molte qualità.- Mi prese in giro Cormac. Provai a strattonarmi via dalla sua presa, ma lui mi sferrò un calcio in pieno stomaco, facendomi accasciare dal dolore.
-Adesso sì che i sembri più mansueto.-
Mi lasciai trascinare. Lottare non sarebbe servito più a nulla, e forse, se fossi stato bravo, avrei potuto approfittare di un'occasione migliore.
Ero certo che ci fossero diversi modi per scappare da una villa in mezzo ad un bosco.
Attraversammo un altro dedalo intricato di corridoi, prima di arrivare alla nostra destinazione.
-Goditi la villeggiatura, Potty.- Mi fecero entrare nella camera e lì mi lasciarono, ancora con le mani legate, chiudendo la porta a chiave.
-Maledizione!- Calciai con forza il legno duro della porta, prima di cadere a terra per il dolore.
-Io risparmierei le energie ed eviterei di rompermi una gamba da solo, se fossi in te. Credimi, se fosse stato possibile sfondare quella porta lo avrei già fatto. E invece, eccomi qui.-
Una voce mi distrasse dai miei pensieri poco positivi sulla mia condizione e mi fece voltare verso la finestra. Seduta a terra, accanto a quello che sembrava un calorifero arrugginito, c'era una ragazza. La osservai per qualche secondo, confuso. Aveva le iridi scure contornate da occhiaie violacee, e dei lunghi e lisci capelli neri che la rendevano ancor più pallida di quanto già non fosse. Dall'aria smunta e contrita, ero certo che fosse lì dentro da più tempo di quello che avrei sperato per me stesso.
-Tu? Sfondare una porta? Sai spezzare almeno uno stuzzicadenti?- Alzai un sopracciglio, prendendola chiaramente poco sul serio.
-Saró pure una ragazza, ma me la cavo piuttosto bene in quanto a forza fisica. Ti piacerebbe averne una prova concreta?- Mi fulminò con gli occhi, sfacciata. Io ridacchiai senza farmi vedere.
-A quanto vedo, siamo entrambi chiusi qui dentro. Insieme. Che senso avrebbe combattere contro la mia unica compagnia?- Non avevo alcuna voglia di discutere.
Cominciai, quindi, a guardarmi intorno, per quanto mi fosse permesso. Le finestre erano bloccate, ma anche in caso contrario, sarebbe stato difficile scavalcarle dal terzo piano; l'unica porta era chiusa a chiave, e tutto quello che avevo a disposizione erano un mucchio di libri ammuffiti accatastati un angolo, un letto senza coperte e un camino spento.
Sbuffai e mi stesi sul materasso, guardando il soffitto pieno di macchie di muffa, incominciando a contarle, tanto per fare qualcosa. Stetti per chiedere alla ragazza perché non si fosse messa comoda anche lei, piuttosto che stare a terra, ma mi resi conto che una delle sue manette era attaccata al calorifero, bloccandole i movimenti. Chiusi, quindi, gli occhi e feci finta di nulla.
-Mi chiamo Pansy, comunque.- Disse ad un certo punto. Il suo tono non era più quello di sfida. Continuai a tenere gli occhi chiusi.
-Ho detto che sarebbe inutile picchiarci, non che voglio fare amicizia con te.- Ribattei cupamente. La pura verità era che non sapevo neppure io che cosa ci facevo lì dentro e come uscirne, e parlare con lei e farmela amica avrebbe reso le cose più difficili in caso di fuga.
Ero certo che se mi fossi affezionato anche solo un po', avrei buttato tutto all'aria per salvare anche lei, sempre che ne avessi avuta la possibilità.
-Come vuoi.- Fece, quindi lei, per niente delusa. Mi sarei aspettato che si lamentasse, o che pregasse per il mio aiuto, ma piuttosto che sola e spaventata, lei mi sembrava piuttosto a suo agio. Come se fosse abituata a vivere quel tipo di situazione. Le rivolsi un'occhiata curiosa. Si stava guardando le unghie lunghe, sbuffando di tanto in tanto, quando notava dei difetti o delle spaccature nello smalto verde lucido. Davvero strana.

La notte passò tranquilla, e così il giorno successivo.
Ogni tanto c'era qualcuno che ci portava del cibo o che ci scortava verso il bagno, ma per il resto, rimanevamo sempre chiusi in camera. Nessuno sembrava voler rispondere alle mie domande su dove fossimo o su quale fosse la mia utilità lì dentro, e la cosa cominciava a rendermi ancor più nervoso. Non ero tanto ottuso da non capire che mi avessero venduto a quella gente, ma chi poteva essere stato, e a quale scopo?
Sapevo che Cedric non c'entrava nulla. Non si sarebbe messo in mezzo per salvarmi, ma non mi avrebbe nemmeno venduto. Ne ero certo. Ma se non lui, allora chi?
-Hai la faccia di uno al quale sta per andare in fumo il cervello.- Pansy mi fissò, al di sotto delle lunghe ciglia scure. Le occhiaie le si erano attenuate un po', segno che aveva dormito, anche se per poco. Le rivolsi un'occhiata in tralice, facendole alzare le mani in aria, in segno di resa.
- Non preoccuparti, non sto cercando di diventare tua amica. E' solo che mi sembri così spaesato. Davvero non sai che cosa sta succedendo?- Dovevo ammetterlo, ero in alto mare. Sospirai, ma non risposi.
-Non so di che tipo di affari ti occupi o se fai parte di qualche banda, ma questi qui, quelli che ci hanno preso intendo, sono famosi per i loro giri di prostituzione.- Anche io ne avevo sentito parlare, eppure mi sembrava una cosa tanto squallida da non riuscire neppure a prenderla in considerazione. -Io sono soltanto capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato, presumo. Ma tu sei qui per un altro motivo. Qualcuno ti ha venduto per toglierti di torno, e se il mio udito non mi inganna, credo sia stato un certo DD.- Continuò, come se ormai non riuscisse a fermare il suo monologo. Io per tutta risposta mi issai, sedendomi a gambe incrociate in mezzo al grande materasso.
-DD? Cos'è una specie di super-cattivo uscito da un fumetto della Marvel?-
-Non ho la più pallida idea di chi sia. Non sono di queste parti. Ti ho solo detto quello che ho sentito dire da quelli che ti hanno portato qui.- Borbottò lei, delusa dal fatto di non saperne di più. Era facile capire che fosse il tipo di persona che non si lasciava sfuggire nulla.
Scossi la testa. DD? Era un nome che non mi diceva assolutamente niente... chiunque fosse, non era della mia banda. O almeno, era quello in cui speravo.
-Ma guarda come sono carini i nostri ospiti. Stanno facendo conversazione.- Neville  si appoggiò allo stipite della porta, e ci guardò quasi come fossimo due criceti in una gabbia. Mi alzai frettolosamente e lo raggiunsi, sbattendolo con forza sul legno della porta, per quanto mi fosse permesso con le mani legate.
-Dimmi chi mi ha venduto.- Lui scoppiò a ridere.
-Davvero non lo sai?- Era tranquillo, anche se le mie mani erano strette attorno al suo collo.
-Non fare il vago e dammi una risposta.- Urlai. Non appena le parole uscirono dalle mie labbra, però, mi resi conto che probabilmente urlare non era la scelta migliore. Ne ebbi prova esattamente dieci secondi più tardi. Mi sentii, infatti, spingere di nuovo nella stanza, lontano dalla porta, che adesso era aperta e riempita da un'altra figura.
-State facendo troppo baccano. Volete che vi dia qualcosa da mettere in bocca?- McLaggen alternò lo sguardo da me a Pansy e poi fulminò Neville. -Tu non dovresti essere qui. Sparisci.- Fece rivolgendosi a quest'ultimo, che corse via in un attimo, spaventato.
-Pansy, mia cara. Ti senti bene?- McLaggen fece un passo verso di lei, senza superarmi. Era abbastanza intelligente da sapere che se si fosse distratto per un attimo, dandomi le spalle, io me la sarei data a gambe dalla porta.
-Se mi staccassi la mano da questo fottuto coso, magari mi sentirei meglio. Ma ti ringrazio per la premura.- Lei sorrise, per nulla intimorita.
Persino io avevo paura di Cormac. Come faceva lei a parlargli in modo tanto sfacciato, senza aver paura delle conseguenze?
-La principessina delle Serpi ha male al braccino?- McLaggen la prese in giro.
-Mi sembra ovvio, razza cavernicolo. E poi, nessuno ti ha mai detto che ferire una possibile prostituta, le fa perdere valore sul mercato? Credo proprio che questa posizione potrebbe compromettere le mie prestazioni sessuali. Cosa faresti se non potessi accontentare un cliente perché non riesco più a muovere i muscoli della mano?- Quella ragazza giocava davvero di furbizia, ma non ero certo che Cormac ci sarebbe cascato.
-Ci sono tanti modi per soddisfare un uomo.- Le rispose, infatti.
-Oh, lo vedo... sei uno che ama il brivido del rischio. Avanti, rischia pure. Avrò un posto in prima fila quando ti spareranno in testa per aver toccato uno dei loro giocattoli.- McLaggen rabbrividì, ed io seppi che Pansy era riuscita a convincerlo. 
Non mi meravigliò, infatti, quando Cormac la liberò, e con un sibilo si dileguò fuori dalla camera, quasi come se fosse lui quello in pericolo, lì dentro. Trattenni una risata.
-Maledizione, mi stava davvero andando in cancrena la mano.- Pansy massaggiò il polso, prima di dirigersi verso una delle finestre. La vidi osservare l'oscurità del boschetto e sorridere serena quando mise gli occhi su quello che stava cercando. Fece un paio di gesti con le mani, come se stesse comunicando con qualcuno con l'alfabeto muto, poi si risedette sul pavimento.
-Tu sei fottutamente fuori di testa.".
-Non sai quanto.-

Nulla cambiò nelle successive ore, o almeno, nulla sembrò cambiare. Nulla a parte Pansy, che sembrava sempre più irrequieta, man mano che i minuti passavano. A volte guardava fuori dalla finestra, altre volte appoggiava l'orecchio sulla porta, e spesso si sedeva accanto a me, e cercava di fare conversazione. Era quasi l'alba, quando, mentre lei dormiva al mio fianco, qualcuno aprì la porta. La vidi sussultare e issarsi in piedi. Io feci lo stesso, ma con più calma. Venimmo portati entrambi al piano di sotto, nel salone dove avevo visto l'uomo del trono. Non appena mi tolsero le manette, provai a scappare, ma venni bloccato davanti alla porta e riportato indietro. Pansy, dal canto suo, se ne stava tranquilla e ferma, davanti a Cormac. Dava l'impressione di essere uscita da un film, con il suo colorito pallido e i vestiti strappati, ma che continuavano a starle alla perfezione. Mi chiesi dove fosse finita tutta la furbizia e lo spirito combattivo che aveva riservato a McLaggen solo qualche ora prima, e rimasi deluso dal fatto che stesse lì ferma, senza far nulla. E dire che aveva cominciato persino a starmi simpatica...
-Ragazzino, perché non ti calmi? Dovresti prendere esempio dalla tua amica... così docile e mansueta.- La voce del vecchio sul trono mi fece rabbrividire dal disgusto.
-Non sono un cane, non ho bisogno di essere ammaestrato.- Dissi furioso. L'uomo fece cenno a qualcuno e un pugno mi arrivò dritto sul costato, facendomi barcollare. Lo guardai con aria di sfida.
Non avrei ceduto.
Un altro pugno.
Non avrei ceduto.
Un calcio, poi una scarica di pugni e un altro calcio.
Non avrei ceduto.
-Tutti cedono, ragazzino.- Mi schernì l'uomo, facendo un altro cenno.
Fu tutto quello che vidi, prima di cadere. Sentivo in bocca il sapore metallico del sangue, la testa mi faceva così male da non riuscire a vedere, ed il cuore batteva così forte da riuscire a sentire più nulla. Risi di me stesso, così patetico.
Sarei dovuto sbattere a terra, ma non ci fu alcun contatto con il pavimento. Mi costrinsi ad aprire gli occhi, soltanto per vedere la cascata di capelli neri di Pansy farmi da scudo. Le sue braccia si stringevano intorno a me, mentre tutto intorno a noi era una sequela di spari e forti rumori. Non riuscii a capire cosa stesse succedendo, ma in cuor mio sapevo di essere al sicuro.

Svegliarmi fu piuttosto difficile. Ero stato picchiato tante volte in vita mia: dal mio patrigno, dal mio fratellastro e persino dai miei compagni a scuola, ma mai ero stato ridotto in quello stato. Era come se il mio corpo non fosse neanche più mio.
Aprii gli occhi e mi resi conto di essere steso su un letto, non era grande come quello in cui avevo riposato nei giorni passati, ma profumava di fresco ed era di gran lunga più comodo. Accanto a me, sul comodino, c'era una tazza di latte e diversi biscotti al cioccolato. Provai a mettermi seduto, anche se il dolore era ancora persistente, e mi massaggiai la testa. Non ero svenuto, ma tutto quello che riuscivo a ricordare prima di addormentarmi, era il rombo delle moto e una schiena forte che mi supportava durante il viaggio. Ero certo che fosse quella di un ragazzo, ed ero altrettanto certo che emanasse un acre profumo di tabacco misto a cannella, un'accoppiata insolita e alquanto gradevole.
-Dray.- Ci fu un urlo, fuori dalla porta. Era la voce di Pansy, ne ero certo.
-Dray, cazzo fermati. Non puoi continuare ad evitarmi in questo modo.- Passi affrettati passarono davanti alla stanza, e quasi fui tentato di alzarmi e andare a vedere.
-Non ho niente da dirti, Pan. Ho già detto tutto che andava detto.- La voce del presunto Dray era roca ma allo stesso tempo vellutata. Pur non volendo mettermi in mezzo, mi misi ad ascoltare. Infondo, non era colpa mia se le mura sembravano fatte di cartone.
- Non serve che tu mi dica che ho rischiato grosso, lo capisco bene anche da sola. Ma non trattarmi come se fossi una bambina.- Pansy sembrava provata. La sua voce era un sussurro tra le lacrime.
-Pan, tu sei la persona più importante della mia vita, riesci a capirlo?- Lui aveva lo stesso tono.
-Sì lo so.-
-Se lo sai allora perché continui a rischiare la tua vita in questo modo? Perché continui a rimanere nella banda? Che cosa farei io se ti dovesse succedere qualcosa? Come pensi che potrei affrontarlo?- Fu allora che smisi di ascoltare. Loro non lo avrebbero comunque saputo, ma la cosa si stava facendo piuttosto intima, e volevo evitare di ascoltare cose delle quali mi sarei pentito.
Sospirai.
Chissà che tipo era quel Dray...

Angolino autrice:
Ehilaaaaa questa storia era sospesa da taaaaanto tempo e in realtà non pensavo minimamente di continuarla, ma come spesso accade, la voglia di scrivere una drarry si riaffaccia e io non posso fare a meno di cedere. Quindi eccomi qui. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che siate contenti/e di questo cambio di rotta. Un bacione e alla prossima ❤️

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro