- Chapter 22 -
Finalmente ho aggiornato :D non ci credo haha. Spero vi piaccia owo.
Toby's POV
Fu un attimo.
In quell'attimo la mia mente tornò lucida e realizzai cosa era appena successo, cosa avevo appena fatto.
L'avevo quasi uccisa.
Avevo quasi ucciso la persona più importante della mia vita, colei che era riuscita a risvegliare il vecchio Toby e che mi aveva accettato nonostante tutto.
Stavolta Slenderman me l'avrebbe pagata.
Non mi importava il fatto che fosse il mio capo, o che mi avesse salvato la vita. E nemmeno sapere che era immortale mi avrebbe fermato dal mio desiderio di vendetta.
Avrei fatto qualcosa, non mi sarei arreso così.
Uscii dal pronto soccorso, non potevo rimanere lì. Non mi allontanai di molto, però: appena il trambusto si sarebbe calmato, sarei tornato per restarle accanto.
Arrivai al parcheggio e mi rifugiai tra un paio di macchine dalla carrozzeria polverosa poste a diversi metri dall'entrata dell'edificio. Mi sedetti a gambe incrociate, cominciando a produrre un suono fastidioso sbattendo la lingua contro il palato. Inoltre il mio corpo era regolarmente scosso da tic, ancora.
Sospirai volgendo lo sguardo verso il basso. I miei occhi scuri incontrarono le mie mani esili, coperte dai quanti in pelle neri che portavo sempre. Li sfilai frettolosamente continuando a guardare le mie mani.
La pelle era pallida e coperta quasi interamente da bende macchiate di sangue rattrappito. Srotolai le garze scoprendo le ferite e mi portai le nocche alle labbra, per poi schiudere la bocca e rosicchiare la mia stessa pelle.
Mi sentivo terribilmente in colpa per quello che avevo fatto, anche se ero sotto l'effetto dell'Operatore; e nonostante non sentissi dolore, l'autolesionismo mi aiutava a calmarmi.
Sapevo che era un modo stupido e pericoloso per attutire il dolore psicologico, ma ne sentivo il bisogno, come una dipendenza insidiosa che sembra tanto liberatoria per poi lasciarti solo con cicatrici e un opprimente senso di colpa nei confronti delle persone che ti stanno vicino.
Ricordo che mia sorella lo faceva, o almeno ne avevo il sospetto. Mi sentivo così inutile non sapendo come aiutarla, ma adesso capivo cosa doveva provare quando lo faceva.
Un senso di libertà.
Ero seduto lì, da solo, in preda ai sensi di colpa e con il sangue che correva lungo le mie braccia coperte dalla felpa, e che cadeva a goccioline sull'asfalto creando una macchia nera di forma circolare e dal perimetro irregolare.
Chissà se anche questa volta sarei arrivato alle ossa.
Improvvisamente mi bloccai, sentendo il respiro mancare. Mi strinsi la testa tra le mani, tremando e abbassando lo sguardo, cercando contemporaneamente di regolarizzare i respiri.
Inspira, espira. Inspira, espira.
Ripetevo quelle due parole nella mia mente per concentrarmi meglio sulla respirazione; come se, nel caso non l'avessi fatto, avrei smesso di fiatare all'istante.
Non sentivo alcun suono intorno a me, come se d'un tratto il mondo si fosse silenziato senza ragione.
I miei pensieri vagavano dal mio attacco di panico al quasi omicidio che avevo appena commesso. Le immagini strazianti del corpo della mia ragazza adagiato su quel lettino e immerso in una pozza del suo stesso sangue, non accennavo ad abbandonarmi.
Speravo che non avrebbe ricordato nulla al suo risveglio. Sempre che si fosse risvegliata. Desideravo con tutto me stesso che avrebbe ripreso conoscenza, che non sarebbe morta.
Avevo imparato a vivere con lei, per lei. La mia esistenza non avrebbe avuto alcun fine senza Avery.
E ora, ero da solo. Nuovamente e fottutamente solo.
Ad un certo punto i miei pensieri furono interrotti da una mano appoggiata sulla mia spalla. Alzai il viso dipinto con una smorfia preoccupata e puntai lo sguardo sul viso, o meglio sulla maschera, della persona a cui apparteneva la mano.
- Toby, dovremmo tornare a casa...-
- Io rimango qui con lei. Non voglio perderla... Non voglio perdere anche lei... - mi strinsi le ginocchia al petto e iniziai a dondolarmi su me stesso, dando libero sfogo alle lacrime.
- Toby... - si abbassò alla mia altezza, rimanendo al mio fianco.
Mi guardò preoccupato, poi mi prese una mano, esaminandola.
- Dobbiamo fasciarle... -
- Ti ho detto che a casa non ci torno. Un giorno me ne andrò, con lei. Non ne posso più, Tim...-
- Capisco ciò che stai passando, ma sai che Lui potrebbe ucciderti –
- Non mi importa – risi – che provi a fare ciò che vuole, mi ha già tolto tutto –
Detto questo mi alzai e mi incamminai nuovamente verso il pronto soccorso, incurante di Masky che con tutta probabilità mi stava seguendo.
Entrai di soppiatto, cercando di evitare chiunque all'interno dell'edificio e cercai la stanza di Avery. Una volta trovata, dopo diversi minuti di indagine, entrai chiudendo la porta lentamente, senza fare rumore; la quale venne prontamente riaperta e successivamente richiusa da Masky.
Lo guardai inarcando un sopracciglio e poi sospirai andando a sedermi accanto al letto. Presi la mano della ragazza, stringendola piano tra le mie sanguinanti. Avevo paura che se avessi stretto ulteriormente, la sua mano si sarebbe sgretolata come una foglia secca in pieno autunno.
Aveva diverse bende sul corpo e la pelle pallida. La sua bocca era socchiusa e le labbra avevano perso il colorito roseo che le apparteneva.
Aveva un sondino nelle narici che l'aiutava a respirare e altri tubi che tramite aghi collegavano le braccia e il petto a diversi macchinari.
Mi sembrava di rivedere Lyra prima della sua morte, con la differenza che mia sorella aveva passato gli ultimi istanti di vita ancora sveglia.
Mi sorrideva per rassicurarmi, non sapendo che di lì a poco mi avrebbe lasciato per sempre.
Mi risvegliai dai miei pensieri e tornai a guardarla.
- Lo sai vero che non possiamo rimanere qui? –
- Nessuno ti ha chiesto di seguirmi, in realtà – guardai Masky che se ne stava appoggiato con le spalle al muro vicino alla porta e con le braccia incrociate.
Lui sospirò.
- Devo tenerti d'occhio. Sei come un fratello minore per me, te l'ho già detto –
- Allora dovresti volere la mia felicità, no? Perché non mi fai rimanere al suo capezzale? –
- Perché è pericoloso, Toby. Se Slenderman...-
- NON NOMINARLO! – cercai di non alzare troppo il tono di voce, ma il solo sentire quel nome mi faceva alterare come non mai – è colpa sua se mi trovo in questa situazione! –
- Okay, non dirò più il suo nome –
- Masky, devi aiutarmi –
- Uhm? –
- Te l'ho accennato prima, voglio andarmene... Devi coprirmi. E poi, ora voglio rimanere qui finché lei non si sveglia –
- Vedrò cosa fare – sospirò e si avvicinò alla porta.
- Tim... - lo richiamai nuovamente – grazie – accennai un sorriso e lui se ne andò.
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Passò quasi una settimana, ormai era giunto marzo e nonostante l'arrivo imminente della primavera, l'aria continuava ad essere gelida e obbligava le persone ad indossare ancora giubbotti corredati di sciarpe, guanti e cappelli.
Toby aveva passato tutte le notti al fianco di Avery, aspettando pazientemente che la ragazza si svegliasse, poiché di notte le infermiere facevano meno giri di ispezione nelle camere dei pazienti.
Masky passava diverse ore con lui: un po' per tenerlo d'occhio e dissuaderlo dal passare altre notti insonni, un po' per convincerlo a tornare a casa.
Infatti il ragazzo non tornava a casa dal giorno dell'incidente, aveva trovato sistemazione nell'appartamento ormai vuoto della ragazza.
La polizia aveva rinvenuto il corpo di Jenna il giorno dopo la sua uccisone, aveva svolto diverse indagini e quando era arrivata alla conclusione che il killer era lo stesso delle morti precedenti avvenute alla stessa maniera, aveva archiviato il caso in attesa di altri risvolti. Quindi l'appartamento risultava ormai abbandonato.
Il sonno non sembrava voler abbandonare il ragazzo quella notte, costringendolo ad appoggiare il capo sul materasso.
Aveva lo sguardo rivolto verso la ragazza, ancora speranzoso che si risvegliasse nonostante stesse perdendo le speranze.
Chiuse gli occhi per pochi minuti, stringendo la sua mano, quando sentì che la stretta fu ricambiata.
Aprì di scatto gli occhi, sbarrandoli agitato mentre guardava le dita della ragazza stringere la sua mano.
- T-Toby...- sussurrò in un rantolo lei facendolo alzare in un sussulto.
Il suo cuore batteva all'impazzata, sembrava volesse uscirgli dal petto.
Avery si ricordava ancora di lui e non sapeva se esserne spaventato o felice.
La guardò aprire lentamente gli occhi, ma la reazione che ebbe non fu quella sperata: la ragazza lo guardava con occhi colmi di terrore.
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