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- Chapter 14 -

                  

612 views? Non credevo che sarei mai arrivata ad un numero del genere; grazie, grazie, grazie.

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-          C-che ci fai tu qui? – la ragazza guardò il ragazzo dalla felpa arancione, convinta fosse Toby.

-          Chissà cosa ci trova Toby in una come te – ridacchiò avvicinandosi – sei solo una ragazzina –

-          Non ti avvicinare – lo minacciò la mora indietreggiando di un passo e andando a finire contro il davanzale della finestra.

La voce le tremava nonostante cercasse di apparire fredda e decisa e le lacrime non scendevano più dai suoi occhi, che però erano ancora lucidi.

-          Sennò che fai? – si alzò nuovamente il passamontagna di poco, scoprendo le labbra incurvate in un sorriso malizioso – ti metti ad urlare? Scappi dalla finestra? – la raggiunse bloccandola tra il suo corpo e la finestra dietro di lei, appoggiando una mano sul vetro freddo e umido, appannato per via del tempo autunnale.

-          N-non mi fai paura. Allontanati da me, subito..-

Con l'altra mano le prese il viso, premendo le guance tra l'indice e il pollice e alzandole il volto di poco avvicinandolo pericolosamente al suo.

-          Non hai paura, uh? Il tuo corpo e la tua voce che tremano dicono il contrario – sogghignò.

-          APRI QUESTA CAZZO DI PORTA! SE LE TORCI UN SOLO CAPELLO SEI FINITO, HOODIE! – una voce attenuata dalla porta chiusa si intromise nella discussione, mentre il ragazzo a cui apparteneva cercava di aprirla e sbatteva un pugno sul legno con l'altra mano.

-          L'hai rincretinito, non si sarebbe mai comportato così –

-          Le persone cambiano... -

-          Toby sa benissimo che questa farsa dell'innamoramento dovrà finire presto, è solo questione di tempo, ragazzina. O te ne vai, o verrai uccisa –

-          Toby non mi ucciderebbe mai. Ha avuto diverse occasioni e non l'ha fatto –

-          Non parlavo solo di Toby – tirò fuori la pistola e le appoggiò la fine della canna al centro della fronte - sta attenta –

Tolse la sicura, mentre Avery chiuse gli occhi. Se doveva morire, avrebbe voluto avere davanti l'immagine di Toby piuttosto che il volto coperto del suo assassino.

Hoodie sorrise nuovamente, un sorriso sadico e soddisfatto. Poi si allontanò e andò ad aprire la porta.

Toby lo guardò con uno sguardo carico d'odio e di rabbia mentre lui si risistemò il passamontagna sul volto e rimise a posto la pistola stando attento a farla vedere al ragazzo accanto a lui, come avvertimento. Poi se ne andò, lasciandoli in camera.

-          Ti ha fatto del male? – si avvicinò alla ragazza, preoccupato e con il corpo scosso da tic.

La ragazza scosse la testa mentre altre lacrime le bagnavano il viso e Toby la strinse in un abbraccio.

-          Se prova a toccarti di nuovo, lo uccido –

Avery lo strinse a sé, bisognosa di quell'abbraccio.

o-o-o-o-o-o-o-o-o-o

Dopo essersi cambiati, si avviarono a letto per dormire.

Toby la tenne tra le sue braccia mentre Avery appoggiò la testa sul suo petto.

-          Ti amo – quelle parole uscirono dalla bocca del ragazzo in un sussurro, come se avesse avuto paura a proferirle.

-          Anche io – la mora arrossì e lo guardò in viso facendo incontrare i loro occhi.

'E' per questo che devo andarmene' pensò, ma non poteva dirglielo.

Il  ragazzo muoveva la bocca producendo dei suoni particolari e Avery lo guardò confusa e intenerita. Toby se ne accorse.

-          Sindrome di Tourette – abbozzò un sorriso – sono un concentrato di  malattie e disturbi – ridacchio con aria triste.

La ragazza gli accarezzò una guancia e lo baciò.

-          Non mi importa delle tue malattie, mi importa di te – gli sorrise e si accoccolò nuovamente sul suo petto, per poi addormentarsi seguita dal ragazzo.

Alcune ore dopo essersi addormentati, la ragazza si svegliò di soprassalto. Il ragazzo accanto a lei non la stringeva più per via dei movimenti che faceva durante il sonno, così si alzò lentamente attenta non farlo svegliare e a non fare alcun rumore. Si tolse la felpa del ragazzo, che usava per dormire, e indossò gli unici suoi abiti che aveva lì con sé.

Si avvicinò un'ultima volta a Toby e gli accarezzò i capelli delicatamente per poi lasciargli un leggero bacio sulla guancia.

-          Ti amo.. – sussurrò con le lacrime agli occhi per poi uscire dalla stanza.

Uscì di casa lentamente, per non fare rumore. Era terrorizzata da Hoodie e non voleva che si svegliasse a causa sua e provasse ad ucciderla nuovamente. Sapeva che quella notte era rimasto a casa e non era uscito a commettere omicidi né da solo né con Masky.

Appena si trovò fuori dall'abitazione, iniziò a correre. Corse per quella che le sembrò un'eternità, senza meta, ignorando i polmoni che le andavano a fuoco e i muscoli delle gambe doloranti. Aveva la gola secca e cercava di respirare senza doversi fermare a riprendere fiato: prima sarebbe tornata a casa, meglio sarebbe stato.

Improvvisamente sentì un rumore di statico e la testa cominciò a girarle costringendola a fermarsi.

Respirò a fatica per riprendere fiato, mentre la laringe le bruciava per lo sforzo. Sentiva il cuore battere forte e pulsare in ogni centimetro del suo corpo.

Si accasciò sulle ginocchia tenendosi la testa e stringendo alcune ciocche di capelli aggressivamente, mentre tossiva e sputava chiazze di sangue scuro.

Riuscì ad alzare lo sguardo e vide l'Operatore, a circa mezzo metro da lei.

-          BASTA! LASCIAMI STARE – urlò abbassando nuovamente lo sguardo sul pianale polveroso ricoperto da foglie secche.

Le lacrime scendevano copiose sul suo viso, finendo per terra e scurendo il terreno tramite goccioline disposte casualmente.

Strinse i denti e sgranò gli occhi per il fastidio indotto dal quel rumore di interferenza.

-          M-me ne vado... Lo lascio stare, n-no è ciò che volevate tutti? – balbettò – a-adesso lasciami andare –

Inaspettatamente Slenderman se ne andò, sparendo nel nulla così come era apparso poco prima. Avery vomitò e cercò di reprimere la sensazione di svenimento, per poi riprendere a muoversi per andarsene da quel posto.

Dopo una decina di minuti, finalmente arrivò all'uscita della distesa di alberi che le sembrava infinita. Rallentò e iniziò a camminare spaurita, guardandosi intorno.

Aveva freddo e si sentiva svenire. Un senso di angoscia  la opprimeva attanagliandole lo stomaco e facendole giungere altri conati di vomito. Cercò di resistere e si avvicinò al plesso studentesco che la ospitava.

Arrivò alla sua abitazione e tirò fuori le chiavi dalla tasca della felpa per aprire la porta.

Era agitata: aveva il cuore in gola e tremava, un po' per la paura di quello che era successo un po' per ciò che sarebbe capitato da lì a poco.

Inserì la chiave nella toppa e la girò due volte prima che la porta si aprisse. Deglutì a fatica e spalancò la porta per poi entrare e richiudersela alle spalle. Sorrise felicemente nel vedere quelle mura familiari e accoglienti.

La luce si accese velocemente, mostrandole una ragazza dai capelli rossi armata di una mazza da baseball.

-          A-Av? – sussurrò sgranando gli occhi e abbassando l'arma, scoppiando a piangere – s-sei viva? O mio Dio – le corse incontro lasciando cadere la mazza sul pavimento, e l'abbracciò.

-          Ehi ehi, calma – ridacchiò lievemente la mora, accarezzandole la schiena – mi fai male così –

-          S-Scusa.. – la rossa si sciolse dalla stretta e si asciugò le lacrime – stai bene? Cosa è successo? –

-          Si, sto bene. Ho solo una ferita qui – si indicò lo stomaco – ma a breve guarirà... - sorrise.

-          Dov'eri? – la rossa le fece segno di sedersi.

Avery si accomodò al tavolo, mentre Jenna mise sul fuoco lento un bollitore con dell'acqua per prepararle un the caldo.

-          Io... - la mora si morse un labbro, facendo fuoriuscire qualche goccia di sangue che si espanse di poco sulle sue labbra rosee.

Non voleva e non doveva raccontarle dei ragazzi né di quello che era successo.

-          Non ricordo – sorrise lievemente – credo che l'Operatore mi abbia tolto parte della memoria – abbassò lo sguardo sulle sue dita che stava martoriando per l'agitazione.

-          L'Operatore? – chiese l'amica portandole la tazza di liquido fumante.

-          Volevo dire Slenderman. Lo chiamano in ambedue i modi –

-          Mh – Jenna la guardò sospettosa sorseggiando il the – hanno ucciso Jared, lo sai? – le chiese freddamente.

-          Si... - abbassò il capo – mi dispiace –

-          Tu li hai visti in faccia? Sai dove si trovano, adesso? – la sua voce era dura e traspariva rabbia.

-          F-forse.. I-io non ricordo –

-          Avery – la guardò freddamente posando la tazza sul tavolo – non ti credo, non sai mentire. Tu sai qualcosa, te lo si legge negli occhi. Magari sei ancora shockata per ciò che è successo, domani ne riparleremo con la polizia. Buonanotte – posò la tazza ormai vuota nel lavandino e la lasciò in salotto, da sola.

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