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- Chapter 12 -

 Toby's POV

La alzai dal pavimento e la adagiai sul materasso morbido che da quasi una settimana a quella parte, condividevamo.

Ero furioso e il mio corpo non smetteva di scuotersi ritmicamente e senza controllo per colpa dei tic che mi perseguitavano sin da bambino.

Scesi di corsa le scale, cercando di non inciampare, e passai davanti al salotto. Hoodie era seduto sul divano con il passamontagna sul volto e le braccia e le gambe incrociate, mentre Tim mi guardò con un'espressione infastidita sul volto per via del ronzio.

Ormai Brian era immune a quei sintomi molesti e non mostrava più nemmeno il suo vero volto. A volte mi chiedevo se dormisse e facesse la doccia con quell'affare addosso, ma in quel momento non riuscivo nemmeno a formulare un insulto da rivolgerli nel caso avesse aperto bocca.

Tim mi venne incontro.

- Cosa vuoi fare? – mi guardò con aria di rimprovero poggiandomi entrambe le mani sulle spalle.

Senza rispondere, lo scostai superandolo, ma lui mi prese la mano.

- LASCIAMI, CAZZO! – gli rivolsi un'occhiataccia scuotendo violentemente il braccio finché non me lo lasciò.

- Cosa pensi di fare, uh? Vuoi affrontarlo? Non ne uscirai vivo – alzò leggermente il tono di voce per farsi sentire, ma continuai a camminare ostinato.

Con qualche passo veloce mi raggiunse senza che me ne accorgessi, e mi prese per un gomito costringendomi a girarmi per guardarlo.

- Ti avevo detto che quella ragazza se ne sarebbe dovuta andare –

Lo guardai assottigliando gli occhi; le mie iridi erano ancora più scure e colme d'odio.

Gli tirai un pugno in pieno viso, facendolo barcollare indietreggiando e lasciare il mio braccio; e me ne andai lasciandolo con le mani a coprirsi il naso sanguinante mentre Hoodie continuava a non smuoversi dalla sua postazione.

Spalancai la porta principale e mi precipitai fuori, lasciandola aperta, per raggiungere Slenderman.

- Toby – sentii una voce metallica nella mia mente – perché proteggi un'umana? –

La sua voce era pacata, ma fastidiosa.

- D-devi lasciarla stare! Lei non morirà! – lo guardai sprezzante.

L'Operatore mi afferrò per il bacino tramite uno dei suoi tentacoli, portandomi con il viso all'altezza del suo volto bianco e vuoto.

- Devi ucciderla, è questo il tuo lavoro –

- N-NO! Non lo farò, non lei! –

- Allora sarai tu a morire – mi lanciò contro un albero, facendomi sbattere prima contro la corteccia ruvida e poi con il suolo duro e polveroso.

Mi alzai a fatica per il colpo, anche se non potevo provare dolore. Sentivo un liquido caldo scorrere lungo la mia fronte e probabilmente mi ero rotto un braccio.

Appena fui in piedi, iniziai ad ansimare per recuperare fiato, in attesa di un verdetto.

- SE VUOI UCCIDERMI, FALLO! NON HO NIENTE DA PERDERE! – scoppiai a ridere, una risata malsana – MA LEI DEVI LASCIARLA IN PACE! –

Non successe niente.

Trascorsero diversi minuti, anche se mi sembrò un'eternità, prima che sentii nuovamente quelle voci nella mia testa. Stavolta non era Lui a parlare, ma la mia schizofrenia.

'Uccidila, ti ha portato solo problemi.'

'Lui è il tuo capo, devi ascoltarlo.'

'Uccidila, uccidila, uccidila.'

Come se fossi una marionetta mossa tramite dei fili invisibile da un burattinaio, estrassi l'ascia più nuova dalla mia cintura e rientrai in casa, camminando lentamente. Non sentivo più il controllo del mio corpo.

Masky e Hoodie non provarono nemmeno a fermarmi, nonostante avrebbero dovuto sentire tutto ciò che era successo. D'altronde, adesso mi odiavano entrambi e nessuno dei due voleva quell'inquilina di troppo in casa.

Salii le scale e iniziai a sentire il mio cuore battere all'impazzata: avevo capito cosa avrei fatto di lì a poco e non volevo, ma non riuscivo a fermarmi. Ero come ipnotizzato.

Entrai in camera, dove Avery aveva da poco recuperato i sensi.

- Toby? – sussurrò confusa, con la voce impastata, appena mi vide.

- Shh – risposi io, scoppiando nuovamente a ridere mentre mi avvicinavo sempre di più.

Alzai l'ascia sopra la mia testa, impugnando il manico levigato ricoperto di plastica arancione con entrambe le mani e mi fermai a circa mezzo metro dalla castana che si era seduta in mezzo al letto e mi guardava con un'espressione terrorizzata.

- Toby – ripete, alzando di un'ottava l'intensità della voce, che le tremava.

Mi bloccai.

La sua voce era riuscita a fermare la parte malsana del mio essere.

Lanciai l'ascia verso la mia destra colpendo la sedia accanto alla scrivania, e mi rannicchiai per terra, sostenuto dalle mie ginocchia. Mi portai le mani all'altezza delle tempie, premendo le dita contro la pelle e alcune ciocche ribelli di capelli.

- Basta...- sussurrai come se questo potesse fermare del tutto le voci e la confusione nella mia testa.

- M- mi dispiace...- alzai lo sguardo su quello preoccupato della ragazza davanti a me, mentre sentivo le lacrime scorrere sulle mie guance.

Le gocce salate penetravano tramite lo squarcio sulla mia guancia sinistra, facendomi assaporare anche il dolore intriso in esse.

Erano due anni che non piangevo in quel modo, che non davo sfogo alla mia tristezza.

- I-io non volevo.. non volevo... La mia intenzione, da quando ti ho conosciuta, non è mai stata quella di ucciderti... Dovevo farlo per Lui, ma contro la mia volontà. Perché mi fai questo effetto? –

Avery rimase sconcertata, non capiva il senso delle mie parole.

Quando riuscii a calmarmi mi alzai in piedi e mi asciugai del tutto il viso, voltandomi verso la porta. Anche lei si alzò, sentii il rumore delle molle del materasso scricchiolare.

- Non andartene...- sussurrò – per favore –

Mi girai a guardarla e feci quello che non avrei mai pensato che uno come me avrebbe potuto fare.

Le presi il viso tra le mani, e avvicinai le mie labbra screpolate e piene di tagli alle sue morbide, annullando la distanza tra di noi con un bacio casto e dolce, che con mia sorpresa, lei ricambiò.

Quel bacio, fu la cosa più bella capitatami in 19 anni di vita.

Un sussulto di emozioni si scatenò dentro di me, sensazioni che non avevo mai provato prima. Erano piacevoli e mi fecero sentire normale per la prima volta in vita mia, anche se per un breve periodo.

Ci staccammo per riprendere fiato, ma la voglia di sentire le sue labbra sulle mie di nuovo prese il sopravvento, e la baciai ancora e ancora.

Quando il bacio finì, lei mi guardò con il viso colorito di un leggero colore scarlatto, sorridendo dolcemente; prima di soffermarsi sulla ferita che avevo alla fronte.

- Cosa è successo? – chiese allarmata avvicinando un dito alla ferita, per poi ritrarlo prima di toccarla.

- Uhm? Me ne ero scordato – ridacchiai nervosamente, sedendomi sul letto – ho avuto uno scontro con l'Operatore – feci spallucce, come se fosse una cosa normale.

Probabilmente ero un egoista: in fondo, Lui mi aveva salvato la vita e io lo stavo ripagando disubbidendogli; ma ero felice per la prima volta in vita mia e non volevo che quel momento finisse.

La ragazza si sedette accanto a me, accarezzandomi il braccio.

- Il tuo gomito è gonfio – constatò e poi mi alzò la manica della felpa, rivelando un rigonfiamento violaceo – hai bisogno di un dottore –

- Tranquilla, piccola. Sto bene – le sorrisi per rassicurarla.

Arrossì lievemente a quel nomignolo, ma continuò a guardarmi preoccupata.

- Ehi – le scostai una ciocca di capelli dal viso poggiando la mano sulla sua guancia e le lasciai un bacio veloce a fior di labbra – non preoccuparti, non posso sentire alcun dolore. Soffro di C.I.P.A. – le spiegai con nonchalance.

- A maggior ragione, dovresti farti visitare – mi accarezzò la guancia, pulendola dal sangue.

- Chiamerò Jack e gli dirò di portare anche dei punti, se ti tranquillizza –

Mi alzai e telefonai al mio amico che, appena sentì dell'accaduto, si precipitò a casa mia.

-o-o-o-o-o-o-o-o-o-o-o-o

- Ti ho lasciato nemmeno un'ora fa e combini tutto 'sto caos? Non riesco a spiegarmi come sia possibile la cosa - proferì Jack, disinfettando la ferita che avevo poco sopra l'occhio sinistro, mentre io guardavo con la coda dell'occhio la mia ragazza che mi teneva la mano; sorridendole.

- Sono un disastro – ridacchiai, poi lo guardai in viso, o meglio guardai la sua maschera – Masky come sta? –

- Gli hai solo rotto il setto nasale – rispose sarcasticamente - dove cazzo la tiri fuori tutta 'sta forza, eh? Sembri così piccolo –

Scoppiai a ridere, anche se lui continuava a ripetermi di non muovermi per poter mettere i punti sulla ferita.

- Comunque, vedo che avevo ragione io hehe – spostò lo sguardo prima su di me e poi su Avery che arrossì nuovamente.

- Non ti tiro una gomitata solo perché mi sono slogato il gomito, sappilo – ridacchiai

- Suvvia, con gli intrugli che preparo in pochi giorni potrai tirarmi tutte le gomitate che vuoi – si unì alle mie risate.

Poi si fece serio.

- Adesso cosa farete? Se vuoi sopravvivere, lei non può più rimanere qui –

- A me basta che stia bene lei, del resto non mi importa –

- Se devo andarmene, lo farò. Non voglio che ti causi altro dolore per colpa mia –

- Non andrai da nessuna parte senza di me – le sorrisi e la baciai.

- Ragazzi, dai – si finse disgustato Jack, ridacchiando

- Eyeless – sottolineai quell'aggettivo, staccandomi dal bacio – dato che non hai i bulbi oculari, non dovresti guardarci –

Venimmo interrotti da Tim che entrò in camera senza nemmeno bussare.

- Tim... - lo guardai dispiaciuto.

- Non fare quella faccia di cazzo con me, Rogers. Purtroppo ci sono abituato ai tuoi cazzo di sbalzi d'umore e non posso farci nulla, anche se mi hai rotto il naso – rispose infastidito – sono venuto a dirvi che al telegiornale hanno mandato un servizio e hanno inquadrato quella stronza dai capelli rossi. Avery è data per scomparsa e la polizia la sta cercando. Se ci trovano...-

- Siete fottuti – lo interruppe Jack, mentre noi tutti ci guardammo preoccupati.


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AMO questo capitolo, spero piaccia anche a voi ouo.

- Michela xx


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