49
Busan era tormentata da un forte temporale quella mattina.
Grandi gocce d'acqua si abbattevano funeste sul traffico nelle lunghe vie principali e sugli alti grattaceli in cui i lavoratori facevano frettolosamente avanti e indietro per i corridoi, non destando nemmeno un attimo l'attenzione verso il mare in lontananza che stava dando un incredibile spettacolo.
Le onde si abbattevano con violenza sulla spiaggia, rilasciando sui granelli umidi migliaia di alghe che, quello stesso pomeriggio, avrebbero abbellito l'intera baia. La schiuma a riva aumentava sempre di più, come le barche dei pescatori che, ondeggiando pericolosamente, si rifugiavano funeste verso la spiaggia abbandonando il largo, la cui acqua si era fatta specchio del cielo, diventando scura quanto carbone come le nuvole che sopra vi giacevano.
Di quel burrascoso scenario vi fecero attenzione solamente gli occhi di un giovane uomo, il cui animo sembrava essersi oscurato come quel cielo mattiniero, non riuscendo talvolta a trattenere le lacrime dal dolore e dalla pesantezza che gli procuravano. Solo lui ne fu spettatore, dall'alto di uno dei tanti edifici nel centro città, mentre attorno la gente era troppo impegnata a fare qualsiasi altra cosa per soffermarsi un momento.
La giacca elegante fu stropicciata dalle sue mani grandi e tremanti che un tempo erano state così forti da sostenere una fragile carcassa ricolma di sentimenti mai espressi, senza romperla, senza scheggiarla finendo però ad essere lui quello lacerato.
Erano passati cinque giorni e lui era ancora lì, ancorato ad emozioni e ricordi, incapace di accettare una realtà che gli pareva contenesse una nota di menzogna, mentre il suo cuore pesante e spezzato era ancora intento a recuperare i frammenti che aveva perso nel corso di quella fuga che, programmata in un primo momento come amorosa, si era trasformata in una corsa disperata verso un rifugio che non lasciasse entrare l'amore.
L'amore, una calamità che lo stava portando alla pazzia, che lo stava uccidendo.
Jungkook avrebbe voluto andare avanti, avrebbe voluto essere in grado di accettare il fatto che Minjee non lo avesse mai amato e lo avesse sfruttato solo per un po' di compagnia e divertimento, ma gli occhi di lei, vuoti e spenti, di quel giorno non lo lasciavano in pace un attimo, come a volerlo invitare a non ascoltare quanto detto, come a volerlo richiamare a non abbandonare tutto quello che avevano costruito, a non abbandonare lei nonostante tutto.
E quello stesso sguardo, oltre a tenerlo sveglio la notte, non faceva che far sorgere in lui i numerosi attimi vissuti assieme, dai più tranquilli e silenziosi a quelli più confusionari e divertenti non tralasciando neanche quelli più intimi e dolorosi. Quei ricordi si risvegliavano in lui con una tale impetuosità da farlo stare più male di quanto già stesse, lo scuotevano prepotentemente facendogli dolere il petto e le membra mentre la testa continuava a rinnegare la verità raccontatagli da Minjee o almeno dalla persona che aveva parlato al suo posto, perché Jungkook era sicuro che quella che aveva avuto di fronte non era la stessa ragazza con cui aveva vissuto momenti indimenticabili negli ultimi mesi, la stessa di cui si era follemente innamorato.
Non poteva essere lei e non passava giorno che non se ne convincesse sempre di più.
Minjee sapeva essere dura e schietta, possedeva poco tatto tal volta, Jungkook lo sapeva come sapeva d'altronde che crudele non lo era mai stata e mai le sarebbe appartenuto quell'aggettivo.
Secondo questo pensiero, perciò, lui non poteva che convincersi allora che l'unica soluzione fosse quella di tornare indietro e insistere affinché non gli fosse detta tutta la verità, affinché la vera Minjee non gli avesse parlato, ma c'era qualcosa che lo bloccava, c'era qualcosa che lo faceva tentennare rendendolo insicuro sui suoi passi e sui suoi pensieri.
Jungkook aveva un'indescrivibile paura che ciò che credeva fosse del tutto errato, che quella Minjee che gli era sempre stata mostrata, e raccontata da Lisa, Hoseok e Namjoon, non fosse in realtà mai esistita, che quella ragazza che gli aveva sputato con derisione una cruda versione della realtà a lui sconosciuta fosse la vera persona a cui lui aveva donato il suo ingenuo cuore, fosse la vera persona che si era nascosta, fino a quel momento, nei panni di una giovane donna stanca di una vita che mai aveva imparato a vivere.
Lui aveva paura che una volta tornato da lei, a Seoul, questa lo avrebbe rifiutato nuovamente e con ancora più derisione, schiacciando e stracciando ancor più il suo animo dolorante, aveva paura che il mondo gli crollasse nuovamente addosso e che rimanesse nuovamente scottato da una realtà che semplicemente faticava ad accettare perché troppo cieco per vederla chiaramente.
Jungkook aveva paura, tremendamente paura perché non passava giorno in cui lui non la pensasse, in cui lui non smettesse di pregare che tutto quello fosse solo un malinteso. Non passava giorno in cui lui non smettesse di amarla con la stessa intensità di prima, con lo stesso ardore di sempre.
Si dice che l'amore sia più forte di qualsiasi altra cosa, ciò però può essere vero solo nel momento in cui non si tiene conto della paura, perché la paura è la vera calamità contro cui nessuno può agire, contro cui tutti sono indifesi e Jungkook non sarebbe certo stato un'eccezione.
Implorava costantemente in un briciolo in più di coraggio che lo aiutasse ad agire in nome dell'amore senza che la paura lo sovrastasse ancora e ancora. Pregava di riassimilare la forza che aveva perduto quel giorno per poter tornare da lei e scoprire le carte che, a suo parere, continuavano a celare la verità nascosta dietro due occhi inespressivi e una bocca tremante.
Jungkook si sentiva colpevole di quel tentennamento, gli era sempre stato detto che un uomo non esita di fronte ad un bivio, che un uomo non prova paura, soprattutto se si tratta di amore, ma è anche vero che un uomo è e resterà sempre un essere umano e per tanto non sarà mai escluso dalle emozioni che lo caratterizzano in quanto tale.
Jungkook odiava questa sua condizione di totale vulnerabilità, odiava il fatto di non poter archiviare Minjee e i ricordi a lei legati come un documento in uno scaffale, odiava esserne ormai dipendente, continuando ad illudersi che in realtà era stato tutto un malinteso e che lei non l'avesse usato solo per i suoi subdoli scopi. Jungkook si odiava perché in fin dei conti si stava solo riempendo la testa di menzogne e stava solo peggiorando il dolore che stava sempre più dilagando nel suo petto, ma ancor di più odiava Minjee perché non riusciva a non continuare ad amarla.
Era in balia delle sue emozioni più pure e contrastanti, in una guerra senza fine che lo stava portando sull'orlo della pazzia, annegandolo in un mare di disperazione, contornato da pensieri contorti mentre le lacrime continuavano ad abbondare sulle sue guance. Minjee con la sua drammatica decisione stava uccidendo entrambi.
<Jungkook ma mi stai ascoltando?>
Fortunatamente una voce lo richiamò lesto dai suoi pensieri, riportandolo nell'ampia sala dedicata alle pause in cui si trovava insieme ad un suo superiore che lo stava guardando accigliato e piuttosto preoccupato.
Entrambi erano in piedi vicino alla grande vetrata che dava sul traffico, su altri palazzi e da cui in lontananza si poteva osservare il mare sempre più mosso che il corvino si era ritrovato a guardare per lunghi minuti immerso nei suoi pensieri, non dando cenni di vita a Lee Hyonsu, uno dei capi reparto, al suo fianco che, non appena vide una lacrima solitaria solcare la sua guancia destra, iniziò a sventolargli una mano davanti al volto come a volerlo risvegliare.
<ehi, tutto bene?> domandò l'uomo allarmato quando Jungkook gli rivolse finalmente lo sguardo che, però, si rivelò lui lucido, stanco e malinconico mentre una luce sembrò riprendere man mano sempre più vita negli occhi vitrei, facendogli scuotere lentamente il capo e asciugare frettolosamente la lacrima che gli era sfuggita senza nemmeno accorgersene.
<oh si, mi scusi, va tutto bene, non si preoccupi> Jungkook, dopo aver fatto un debole inchino, si scusò rapidamente con il superiore di mezz'età, i cui occhi gentili non smisero di guardarlo con sincera preoccupazione mentre la voce pacata fece nuovamente capitolino fuori dalle sue labbra contornate da una leggera barba molto curata.
<sicuro? Durante le riunioni mi sei sembrato meno attento del solito e le tue occhiaie mi fanno ben intendere che non hai riposato molto negli ultimi giorni> osservò con evidenza l'uomo facendo abbassare leggermente il capo al corvino in un segno di innumerevoli scuse, era ben consapevole di non esser stato il suo miglior collaboratore nelle ultime riunioni, nonostante lui l'avesse presentato come tale al consiglio dei piani alti che stavano decidendo quali candidati portare alla nuova sede di Seoul per farla evolvere e acquisire tanto successo quanto quella di Busan. Lee Hyonsu dopo anni passati a lavorare fianco a fianco con Jungkook aveva deciso di appoggiarlo in una sua promozione nel nuovo stabilimento, premiandolo per il suo duro lavoro, ma iniziava a temere, in quegli ultimi tre giorni, che il ragazzo su cui tanto aveva puntato si sarebbe lasciato scappare quell'occasione d'oro per chissà quale motivo che lo stava sempre più turbando e sciupando.
Lee Hyonsu non aveva alcuna intenzione di rimproverarlo, voleva solo cercare di trovare un modo per aiutarlo a raggiungere un innalzamento nella società tanto meritato.
Stava per proferire nuovamente parola quando una squillante voce femminile lo interruppe, facendo voltare sia lui che Jungkook verso sinistra, in direzione di una seducente donna dai lunghi capelli castani raccolti in un'ordinata crocchia, vestita di una semplice camicetta bianca rifilata in una gonna nera elegante che le arrivava appena sopra il ginocchio mentre i tacchi neri lucidi le donavano un po' più di altezza facendola torreggiare con prepotenza sugli altri colleghi che la guardavano intimiditi sia per il suo carattere sia per la sua sensuale bellezza.
<Jungkook! Da quanto tempo!> disse la donna a gran voce sulla soglia della stanza, attirando l'attenzione di entrambi che la guardarono chi con sorpresa e chi con indifferenza, mentre questa pian piano si avvicinò a loro facendo riecheggiare il ticchettio dei suoi tacchi per tutta l'aula in cui una segretaria era appena uscita dopo essersi presa un caffè rigeneratore.
<Hyejin, non dovresti essere in riunione ora?> le domandò con fare curioso Hyonsu ottenendo da parte della castana un segno di negazione con l'indice della mano destra che sollevò e scosse a mezz'aria.
<hanno deciso di fare una piccola pausa, quando ricomincerà vogliono che ci siate anche voi, ecco perché sono qui - raccontò la donna riponendo poi lo sguardo su Jungkook che ricambiò l'occhiata con fare meno entusiasta. Lui e Hyejin erano colleghi e amici da molto tempo ma, in quel momento di totale perdizione e drammaticità che stava vivendo, non era molto dell'umore di stare in sua compagnia sapendo sopratutto quanto a volte fosse un po' troppo impicciona ed esuberante - e poi, quando ho saputo che il nostro caro Jungkook era tornato dalla frenetica Seoul, non ho atteso un minuto di più e mi sono precipitata qui da voi! - affermò con eccessivo entusiasmo prima di abbracciare con forza il corvino, che ricambiò riluttante, per poi pizzicargli giocosamente una guancia, gesto da cui lui si ritrasse forse in modo fin troppo brusco facendola sussultare impercettibilmente senza farle però perdere il sorriso - anche se devo dire che mi aspettavo di trovarti più informa... sembra che ti è morto il gatto> Hyejin, notando il forte pallore di Jungkook, le sue leggere occhiaie, la stanchezza colmare ogni cellula del suo corpo e della tristezza impregnare il suo animo solitamente solare, decise di optare per una piccola battuta che potesse farlo sorridere. Peccato che ottenne da lui solamente un'occhiataccia per il contenuto di poco gusto della frase appena pronunciata visto che, effettivamente, lui possedeva un gatto.
<anche io sono felice di rivederti> si sforzò di dire il giovane, cercando di essere il più gentile e rispettoso possibile con la sua noona che in fondo era solo felice di rivederlo dopo mesi in cui si erano sentiti via email solo per lavoro. A quelle parole Hyejin non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito mentre un suo sopracciglio si inarcò con fare sospetto.
<non sembrerebbe... comunque, come sta tuo fratello?> chiese lei infine ricordando il motivo alla base del breve trasferimento a Seoul dell'amico di fronte a lei, i cui occhi poteva notare perdersi nel vuoto o farsi lucidi facilmente e con sempre più frequenza. Sperava che il suo stato trascurato non fosse dato dalla malattia di Yoongi.
<oh è vero! Sta meglio ora?> alle parole di Hyejin anche Hyonsu sembrò ricordarsi di quel particolare a cui non aveva ancora accennato da quando si erano rivisti. La tensione in entrambi salì alle stelle ma, non appena lo videro abbozzare un sorriso, i nervi pian piano tornarono a rilassarsi.
<si, fortunatamente è riuscito a guarire dopo lunghe sessioni di chemio terapia. Ci vorrà un po' prima che si rimetta del tutto in sesto ma comunque è fuori pericolo> raccontò Jungkook sentendo della leggerezza invadere per qualche attimo il suo animo che dal venerdì prima si era fatto sempre più pesante e strascicante, portando le sue gambe a tremare a volte dalla stanchezza. Ma il tutto, però, durò relativamente poco, infatti, bastò un lieve buffetto da parte di Hyejin a riportargli alla mente il ricordo di Minjee e della dolcezza che a volte gli aveva riservato tramite piccole carezze.
Dolcezza che forse non era mai stata sincera.
<però c'è una cosa che non capisco - annunciò la donna dalla sensuale bellezza, prima di ritornare a esporre i suoi pensieri - se tuo fratello è guarito e molto presto diventerai uno dei dirigenti della nuova sede, perché hai quel facciano così triste e consumato? Sembra che qualcosa sia andato storto nella tua permanenza a Seoul> il suo buon occhio da osservatrice aveva fatto centro anche quella volta, scorgendo sul suo viso miriadi di emozioni diverse al di fuori della gioia, leggerezza, spensieratezza e speranza, in particolar modo di quest'ultima ne sembrava più privo che mai.
Anche quella volta l'amore aveva mietuto vittime.
Jungkook a quelle parole storse il naso, non voleva far preoccupare i suoi due colleghi, men che meno parlare di quanto accaduto, già il ricordo bastava a lacerarlo, rimarcarlo a voce alta sarebbe stato solo come infilare un dito in una piaga. Il giovane uomo, inoltre, non voleva parlare loro di quel sentimento che lo stava spaccando a metà, tra la confusione e la pazzia, non voleva essere giudicato da loro che non sapevano nulla di quanto era accaduto, che non erano a conoscenza di Minjee e delle avventure vissute assieme, di cui lui era sempre stato particolarmente geloso.
Jungkook aveva bisogno di tempo per schiarire la sua mente e tutta quella pressione che i due gli stavano appoggiando sulle spalle lo stava solo disorientando ancor di più, ma purtroppo per lui il tutto non era ancora finito.
Purtroppo per il giovane mugugnare un "è solo stanchezza" non bastò per distogliere l'attenzione sulla sua salute mentale trasandata, infatti, come se avesse avuto un'illuminazione, Lee Hyonsu batté le mani solennemente abbozzando poi un pensiero che però rispecchiava fastidiosamente la realtà.
<non è che si tratta di una ragazza?> domandò l'uomo più anziano facendo calare un silenzio ancor più disturbante nella saletta vuota che li ospitava, mentre lo sguardo di Hyejin si focalizzò intensamente sulla figura di Jungkook, il quale poté notare in lei non solo grande curiosità e voglia di scoop, ma anche qualche strana venatura di competizione che solitamente le accendeva il volto in occasione di gare con i suoi colleghi e quando si trattava di uomini.
Il corvino non rispose, si limitò semplicemente a spostare nuovamente il suo sguardo verso la burrasca che stava avendo vita sulla spiaggia in lontananza, facendo ben intendere ai due che non aveva alcuna intenzione di continuare il discorso. Sia Hyonsu che Hyejin si allarmarono non poco di fronte a tale reazione, facevano quasi fatica nel riconoscere chi avevano di fronte. Il Jungkook che conoscevano sembrava esser stato privato di tutta la sua energia, forza, allegria e positività, lasciando spazio ad un vegetale che rispondeva pressoché a monosillabi e talvolta neanche quelli, lasciando spazio ad un uomo che sembrava aver perduto la sua felicità e che faceva fatica a passare oltre e, forse, Jungkook non ce l'avrebbe nemmeno mai fatta. Era stanco di cercare un senso a tutto quello che era successo e, allo stesso tempo, era troppo afflitto per poter solo lontanamente pensare di poter continuare la sua vita come se nulla fosse accaduto.
Lui aveva lasciato tra le mani di Minjee pezzi importanti di sé, se non tutto se stesso, per poi essere frantumati senza pietà e in maniera piuttosto improvvisa, dopo giorni pieni d'amore, dopo giorni di carezze e baci e di tremori rassicurati da uno sguardo o da una stretta di mano, dopo esami i cui esiti gli erano stati falsamente raccontati senza che lui ne fosse a conoscenza, senza che lui potesse reagire a causa della paradossale situazione in cui si era ritrovato.
Era impaurito, confuso e innamorato, condizione peggiore non esisteva.
<ah io so cosa ci vuole in questi casi... una sana bevuta! - ad intervenire e a salvarlo dai suoi pensieri fortunatamente arrivò Hyejin che, dopo avergli avvolto un braccio attorno alle spalle e averlo un po' scosso come a voler richiamare la sua attenzione, si propose come soluzione momentanea ai suoi innumerevoli problemi che, come la donna aveva percepito, non gli stavano dando pace da giorni - Quindi questa sera tieniti libero perché usciremo e ti porterò in qualche locale a liberare un po' la mente e a divertirci un po' - non appena lo vide aprire leggermente la bocca per replicare, lo bloccò subito, mettendo in chiaro che sarebbe stata irremovibile e che piuttosto lo sarebbe andato a prendere sotto casa - non accetto repliche o scuse> precisò, infatti, alla fine facendolo sospirare sconfitto e preoccupato, quando beveva ed era di cattivo umore tendeva a straparlare e a vuotare questioni che in un momento di lucidità avrebbe preferito tenere per sé. Aveva ben intuito quali erano le intenzioni di Hyejin ma non ebbe la forza di parlare e di opporsi con abbastanza fermezza da far crollare i suoi calcoli, così annuì solamente facendola esultare vittoriosa mentre iniziò a trascinarlo fuori dalla stanza, verso la sala riunioni dove presto si sarebbe riaperta un'altra noiosa conferenza.
L'idea di fare una cattiva impressione ai capi della società iniziò a balenare nella sua mente.
Non essere promosso a dirigente a Seoul non lo avrebbe fatto trasferire definitivamente e ciò avrebbe significato che non ci sarebbe più stato pericolo per lui di rimettere piede nella città della donna che aveva amato più di se stesso e che, nonostante tutto, mai avrebbe smesso di amare. Non ci sarebbe stato più modo per lui di ricordare il passato, non ci sarebbe stato più modo di ricadere nel suo tranello, provando così a rifarsi una vita, anche se gli sembrava fin troppo arduo.
~~~~~
Un altro forte tuono si abbatté con forza sulla città marittima, facendo impaurire i bambini, sussultare alcuni anziani e borbottare infastiditi innumerevoli uomini di affari all'interno della sala in cui un autorevole manager, dai folti capelli grigi, con piccole rughe sulla fronte, leggeri occhiali tondi posti sul naso e un un completo elegante a fasciargli il corpo, parlava di possibili mosse economiche che avrebbero potuto indurre per lanciare più efficacemente il loro nuovo progetto.
Tutti sembravano molto attenti di fronte alle sue spiegazioni logiche e degne di nota, tutti tranne un anima impregnata di incredulità e ancorata a ricordi, emozioni e vecchie sensazioni.
Jungkook era seduto, come tutti gli altri, attorno al lungo tavolo ovale ma, differentemente dai suoi colleghi, il suo sguardo non era puntato verso la presentazione dell'autorevole manager, bensì su un piccolo bracciale in legno d'olivo che si trovava attorno al suo polso e che era intento ad accarezzare con la punta delle dita.
Dopo lunghi giorni passati a tormentarsi da mille domande e a consumarsi dall'insostenibile dolore della delusione e del tradimento, quella era la prima volta che Jungkook vi riponeva nuovamente l'attenzione sopra e la voglia di custodirlo con premura e di strapparlo con violenza allo stesso tempo, lo stava lacerando a metà tra l'amore e la consapevolezza, tra la cecità e la lucidità. La pazzia dilagava con sempre più decisione in lui, lasciandolo senza fiato e contradetto, si era sempre sentito dire che lasciarsi con il proprio amato non era poi una così grande tragedia, che non era comprensibile una reazione tale come la stava avendo lui, che l'amore vero non esisteva e che quindi era impossibile che una persona potesse soffrire per una rottura.
Contornato da persone che l'avevano sempre pensata in quel modo, Jungkook ora provava un po' di vergogna, sembrava incapace di reagire, immobile di fronte ad una realtà che stava camminando senza aspettarlo. Senza dubbio se loro l'avessero saputo l'avrebbero deriso, l'amore è ormai passato di moda, non è più cosa a cui dare importanza e il fatto che lui andasse contro corrente lo rendeva ai loro occhi debole e fragile, un illuso perso in una realtà che esisteva solo nella fantasia degli idioti e dei visionari.
La verità, però, era che Jungkook era l'unico coraggioso in un mondo di persone indecise che, spaventate dalla forza dei sentimenti, non potevano che vedere l'amore con superficialità. Lui era disposto a mettersi in gioco e a lasciarsi trasportare da un qualcosa più potente della sua ragione, sapendo che la percentuale di rimanere ferito era comunque molto alta, mentre gli altri preferivano non imbattersi in possibili ferite e dolori ma così, purtroppo, senza saperlo, si sarebbero privati la gioia di vivere appieno la vita.
Ora anche Jungkook aveva paura, era vero, ma non per colpa sua ma perché una giovane e fragile indecisa che aveva deciso di provare ad essere anche lei coraggiosa e di aprire il suo cuore, andando così in profondità, era ora in difficoltà di fronte ad un enorme ostacolo che la stava facendo arretrare e riconsiderare le sue azione, facendola pian piano ritornare ad essere un fiore insicuro sullo sbocciare in una tiepida giornata di primavera.
D'altronde l'amore non lo si fa da soli.
Guardando quel bracciale al suo polso i ricordi non poterono che invaderlo nuovamente, nonostante lui fosse stanco di rivedere le immagini di giorni felici che gli sembravano sempre più lontani e irraggiungibili.
Un tunnel fiorito dai colori accessi, delle mani intrecciate, dei timidi sorrisi, una torta al cioccolato, una conoscenza fuori dal comune e quei bracciali che gli avevano catturato l'attenzione al primo sguardo, in sequenza l'intera giornata continuò a passare e ripassare nella sua mente come a non volergli lasciare scampo e a suggerirgli qualcosa di molto sottile che lui faticava a comprendere.
Ciò che più lo turbava era però il fiore inciso su quel piccolo oggettino che sembrava l'unica cosa, oltre ai soffocanti ricordi, a tenerlo ancora legato a Minjee. Era una camomilla, semplice e stilizzata. Curioso, qualche giorno più tardi dal festival a Ilsan, era andato a cercarne il significato, purtroppo quello dato a Minjee non ricordava che fiore fosse, perciò si dovette accontentare di scovare solamente il suo che lo lasciò alquanto sorpreso.
"Forza nelle avversità"
Si era meravigliato più e più volte per quanto quel semplice fiore potesse racchiudere un valore così significativo, così importante e per nulla superficiale, ed ora non poteva che pensare solamente a quanto non lo rispecchiasse, a quanto quel bracciale fosse erroneamente stato messo al suo polso.
Immerso ancora nella bolla di superficialità degli altri, Jungkook non riusciva a percepire il coraggio che possedeva, in quel momento pensava addirittura di esserne privo perché al posto di tornare indietro e insistere per ciò che amava o ricominciare una nuova vita che non comprendesse più Minjee e il suo pungente sarcasmo, non faceva altro che piangersi addosso e barcollare incerto su un mare di ricordi che continuava ad inghiottirlo e rivomitarlo e, sebbene pensasse che tutto ciò fosse sbagliato, in realtà stava solo rispettando i limiti della realtà e di Minjee, il corso della vita e il mutamento delle situazioni.
Jungkook ancora non comprendeva ma l'avrebbe fatto tra non molto, non appena la pioggia avrebbe iniziato a cadere con più forza e le gambe a muoversi veloci verso un meta nella sua mente ancora indefinita.
Ad un certo punto, mosso da un'inspiegata rabbia, strinse con forza il bracciale al suo polso rischiando quasi di romperlo, rilasciandolo infine non appena una vibrazione della sua tasca della giacca attirò la sua attenzione.
Nonostante sapesse che non fosse buona condotta né rispettoso per la situazione in cui si trovava, addentrò una mano all'interno della tasca tirandone fuori il telefono dove, una volta nascosto sotto il lungo tavolo ovale, trovò un messaggio da parte del fratello. Sebbene il suo buon senso gli stesse suggerendo di rimettere tutto a posto e di seguire il discorso che non aveva mai nemmeno iniziato a seguire, aprì la conversazione con Yoongi certo che sarebbe riuscito a concentrarsi di più sullo scrivere un messaggio piuttosto che ascoltare quanto stavano dicendo che, in fondo, difficilmente avrebbe capito arrivati a quel punto.
Da Yoongi hyung :
>> a che punto sei della tua disperazione? Ti sei già strappato i capelli?
>> hai finito di frignare come un poppante?
A quei messaggi un verso, che parve più un ringhio, risalì per la sua gola fuoriuscendo dalle sue labbra basso e profondo, colmo di una nota di irritazione che non passò inosservata a Lee Hyonsu, al suo fianco, che, dopo avergli lanciato un'occhiata sospetta, riportò la sua attenzione sulla presentazione dell'autorevole manager.
Jungkook, infastidito dalle parole del fratello e dal fatto che non avesse minimamente voglia di litigare con lui, mosse il dito verso l'uscita della chat ma un altro messaggio bloccò le sue azioni, facendolo agire di conseguenza.
>> cosa fai... visualizzi e non rispondi?! Suvvia non fare l'offeso e rispondi a tuo fratello.
Da Jungkookie:
Per farmi prendere in giro da te?! Anche no grazie <<
Ho cose ben più importanti da fare <<
>> uh come sei permaloso, Minjee ha avuto una reazione meno scontrosa della tua
e questo è tutto dire :)
Cosa c'entra lei, ora? <<
>> beh ecco stavo solo facendo un confronto, nulla di che
A quell'ultimo messaggio qualcosa iniziò a insospettire Jungkook, suo fratello gli pareva fin troppo strano e, il fatto che avesse nominato Minjee con una tale facilità, nonostante sapesse cosa fosse accaduto tra loro, non fece che aumentare quella sensazione strana che aveva iniziato a contorcergli le interiora.
C'era qualcosa che non quadrava.
Devi dirmi qualcosa, hyung? <<
Sei strano <<
>> solitamente non amo fare spoiler ma, visto che sei mio fratello e
che tra poco saprai tutto, ho deciso, per questa volta, di fare un'eccezione
Che vuoi dire? <<
Dopo quell'ultimo messaggio, Yoongi gli inviò un'immagine che, senza esitazione, il corvino aprì.
Essa si rivelò essere di una cartella clinica dove le varie credenziali sembravano appartenevano a Minjee.
La stretta allo stomaco si fece più forte, la testa cominciò a dolere insieme al petto, mentre il suo cuore iniziò a battere sempre più velocemente ad ogni riga letta fino a che non arrivò al punto decisivo, al che un grande vuoto si propagò in lui facendogli mancare il respiro. Gli occhi si sgranarono di incredulità mentre piccole lacrime iniziarono a formarsi, nuovamente, in essi.
Non riusciva a credere a ciò che stava leggendo, non riusciva nemmeno ad elaborarlo.
Il suo corpo si mosse d'istinto, portandolo ad alzarsi velocemente in piedi mentre le mani tremanti strinsero con sempre più vigore il telefono tra le sue mani, ancora aperto nella chat dove Yoongi gli aveva mandato un altro messaggio con su scritto un orario e una destinazione.
Il suo scatto improvviso, oltre a creare un leggero rumore, attirò l'attenzione di tutti i dipendenti della compagnia che si trovavano all'interno della stanza che presero ad osservarlo chi scioccato, chi infastidito e chi piuttosto preoccupato. In particolar modo, Jungkook sentì lo sguardo del manager bruciargli addosso, insieme a quelli di Hyejin e Lee Hyonsu.
<s-scusatemi, ma devo assentarmi...> disse con affanno, mentre il petto continuava ad alzarsi e abbassarsi con frenesia, come se avesse appena terminato una lunga maratona.
Senza attendere repliche, consensi e senza prendere con sé la sua valigetta, Jungkook si precipitò fuori dalla stanza, non prima di aver fatto un profondo inchino in segno di scuse a tutti i presenti. Iniziò a correre per i corridoi con in testa un'unica persona, un unico pensiero.
Stava per imboccare le scale quando una voce squillante e arrabbiata lo richiamò con forza obbligandolo a bloccarsi sul posto, nonostante le gambe continuarono a fremere per continuare quella corsa pazza verso una meta che ora aveva ben presente grazie al fratello.
Non appena si voltò, Jungkook incontrò il volto sconvolto di Hyejin che lo guardava con rimprovero e incredulità.
<Jungkook, sei per caso impazzito!? Che cosa ti è saltato in testa di lasciare la riunione in quel modo! Non pensi che questo si ripercuoterà sulla tua promozione?! Torna immediatamente in quella stanza, scusati con tutti e risiediti su quella maledetta sedia> sussurrò con ferocia la donna, come se avesse voluto urlare se solo avesse potuto.
Il volto indignato iniziò a prendere colori sempre più tendenti al porpora mentre gli occhi non facevano altro che tentare di intimidirlo e convincerlo a ritornare indietro. Non gli avrebbe permesso di compiere un atto così sconsiderato, si trattava del suo futuro dopotutto, ma le parole di Jungkook sembrarono come se a lui non importasse.
<mi dispiace ma io devo andare, devo andare da lei... non posso restare qui sapendo la verità> spiegò lui dondolando sulle sue gambe che pian piano lo stavano trascinando verso le scale. Non voleva voltare le spalle in quel modo alla sua Noona ma non poteva nemmeno restare lì a chiacchierare e sprecare del tempo prezioso che avrebbe potuto investire nella sua folle corsa verso di lei, la persona a cui aveva donato il suo cuore e che sembrava restia nel volerglielo restituire.
Di fronte a quelle parole, una risata sottile e fastidiosa lasciò le fauci di Hyejin che lo guardò sempre più incredula.
<fammi capire - mormorò con tono fintamente calmo, pronto a scoppiare a momenti - tu vuoi rinunciare a tutto quello che una buona carriera ti può offrire per una donna?! Sei davvero così stupido?! L'amore non ti porterà da nessuna parte!> bisbigliò con sempre più indignazione mentre l'espressione di lui rimase immutata di fronte alle sue parole taglienti, sarebbe stato irremovibile, ormai aveva preso la sua decisione e nulla l'avrebbe più ostacolato.
<forse hai ragione, sono uno stupido, ma questi potrebbero essere gli ultimi attimi che mi sono consentiti di passare con lei. Che senso avrebbe ottenere questa promozione se poi non potrò avere l'onore di festeggiarla al suo fianco? - lo shock e la confusione sul viso della donna si fecero sempre maggiori mentre Jungkook, pian piano, riprese a camminare, dandogli le spalle - perdonami e chiedi scusa anche a Lee Hyonsu> disse il corvino prima di riprendere a correre e scomparire dalla visuale di Hyejin che rimase immobile e sempre più incredula sui suoi tacchi neri lucidi, mentre dalla bocca leggermente spalancata uscì solamente un "sei un folle".
~~~~~
Jungkook, non appena uscì dall'imponente edificio, senza un ombrello a coprirgli il capo, si ritrovò sotto la fitta e funesta pioggia che iniziò a colpirlo come un insieme di migliaia di piccole schegge di vetro, mentre il vento che si alzò con sempre più violenza iniziò a farlo rabbrividire a causa dei vestiti e dei capelli che, in pochi attimi, divennero fradici.
La sua macchina, inoltre, si trovava dal meccanico a causa di un guasto avvenuto la mattina prima, perciò il giovane uomo si ritrovò a vagare sotto la tempesta estiva senza aver alcun tipo di riparo a mantenerlo un minimo asciutto, ma ciò non bastò a bloccarlo, a fermare la sua dannata corsa, infatti, non appena vide in lontananza un taxi in sosta, non attese un minuto di più e vi entrò dicendo con affanno e fretta la sua meta.
Partirono a tutta velocità sotto le continue incitazioni del corvino, il cui cuore non aveva smesso di battere con foga nel suo petto, quasi come se avesse ritrovato la speranza perduta, quasi come se le sue paure fossero raddoppiate perché, in fondo, la sua amata stava ufficialmente morendo e ciò non poteva che farlo stare sempre più male, sopratutto perché lei lo aveva tenuto all'oscuro e Jungkook già sospettava il perché.
Doveva vederla, doveva parlargli, doveva assolutamente raggiungerla ma, purtroppo per lui, qualcosa sembrò nuovamente porsi come ostacolo. Appena imboccarono la via principale si ritrovarono imbottiti in un fitto traffico che sembrò condannarlo all'attesa ma lui non aveva tempo, non più.
Afferrò dal suo portafoglio, che fortunatamente aveva con sé, alcune banconote e pagò il taxista quanto gli doveva e, senza aggiungere altro, scese dalla macchina venendo nuovamente colpito con forza dalla tempesta che lo incitò solamente a riprendere a correre e così fece.
Jungkook, nonostante i continui respiri affannosi e i dolori sempre più pungenti alle gambe e ai piedi fasciati da scarpe eleganti, aumentò sempre di più il passo, arrivando a correre come il vento che soffia in burrasca mentre la gente attorno a lui lo guardava con sorpresa e preoccupazione, sembrava un folle all'inseguimento del lume della ragione.
Jungkook, dopo numerosa strada, qualche rischiosa caduta, un persistente bruciore ai muscoli delle gambe e un continuo pensiero ad occupargli la mente, arrivò a pochi metri dalla sua destinazione, la stazione di Busan.
Stanco e infreddolito, si piegò leggermente in avanti, appoggiando le mani sulle ginocchia tremanti e poco stabili. Sospirò pesantemente, dandosi poi una leggera spinta con i talloni così da potersi tirare ritto, come a volersi dare un ultimo incoraggiamento ad andare avanti perché mancava poco ma, non appena si rialzò e puntò lo sguardo davanti a sé qualcosa lo pietrificò sul posto, facendogli sgranare gli occhi nonostante le pesanti gocce di pioggia, mentre il petto iniziò a dolergli non solo a causa della pazza corsa appena compiuta.
In lontananza, tra il continuo via vai di persone, Jungkook individuò una fragile figura sotto la pioggia senza ombrello, proprio come lui, con il volto alzato verso il cielo e le labbra appiattite in una sottile linea, le goti pallide stonavano con il naso elegante la cui punta era colorata di un leggero rossore, a simboleggiare l'infreddolimento che stava provando sotto la pioggia, fradicia e tremante. Gli occhi chiusi, rivolti verso l'alto, le conferivano un'aria stranamente serena, mentre la pioggia cadeva limpida sul suo viso, bagnandolo e solcandolo come le lacrime avevano fatto i giorni precedenti.
Il capo era coperto da un leggero tessuto azzurro, facendo ben intendere quanto la sua salute fosse drastica e, nonostante anche lei ne fosse a conoscenza, non si mosse di un millimetro da sotto quello scroscio prepotente d'acqua, come se sperasse che gli avrebbe donato un po' di vita come avrebbe fatto in un campo secco pronto a germogliare.
Jungkook la riconobbe con una facilità che lo fece stare male, che lo fece barcollare sul posto dolorante e impaurito, erano arrivati alla fine dei giochi e sembrava che Minjee, la sua amata Minjee, sarebbe stata la prima a perdere. Si convinse che la facilità con cui l'aveva riconosciuta fosse data dall'inspiegabile bisogno di riaverla di fianco a sé e non dalle condizioni disastrose in cui riversava e dalla magrezza del suo corpo e del suo viso.
Sebbene avesse lasciato il suo posto di lavoro, avesse corso sotto la pioggia rischiando una caduta o un malanno, ora Jungkook si trovava in difficoltà. Cosa avrebbe dovuto fare? Cosa avrebbe dovuto dire alla persona che amava e con cui avrebbe voluto passare la sua intera vita, che gli aveva mentito e a cui mancavano tre mesi di vita?
Ancora una volta pareva come un giovane marinaio che navigava in un mare pieno di incertezze ma, come un dejavù, non appena lei riaprì gli occhi e voltò lo sguardo verso di lui, come se si fosse accorta della sua presenza, non appena i loro sguardi si incontrarono, tutto gli parve più semplice e, mentre i loro animi iniziarono a piangere, il suo corpo si avvicinò a quello debole e instabile di lei che non appena fu toccato si abbandonò completamente a ciò che un tempo l'aveva custodita con premura e amore.
//////
Ciao a tutti! Come state? Spero che il rientro a scuola e al lavoro non sia stato troppo traumatico.
Ed ecco qui il riavvicinamento di Jungkook e Minjee tanto atteso, per scriverlo ci ho messo ben 6000 parole quindi devo dire che è stato piuttosto travagliato e spero che, nonostante la lunghezza, non sia stato troppo noioso o pesante. Arrivata alla fine ho anche pensato di spezzarlo a metà ma, in fin dei conti, mi sembrava più giusto lasciarlo così.
Riconosco che l'analisi dei pensieri di Jungkook potrebbero essere risultato in alcuni punti davvero fin troppo intricato e astratto ma spero che, nonostante tutto, qualcosa si sia capito e che il messaggio sia arrivato forte e chiaro. Il personaggio maschile presentato non è affatto debole come si potrebbe pensare, semplicemente è confuso e continuamente scombussolato dai sentimenti che caratterizzano l'essere umano. L'uomo non perde di virilità se piange, anzi essa si accresce nel momento in cui lui riesce a riconoscere i suoi limiti e riesce a far fronte alle sue paure, anche se in un primo momento le teme.
Il prossimo capitolo sarà pregno di dramma ed emozioni, in quanto i nostri due amati protagonisti si ritroveranno, inevitabilmente, ad un confronto, sapendo ciò vi anticipo che la sua elaborazione sarà piuttosto impegnativa perciò vi chiedo di portare un po' di pazienza❤️.
Detto questo non ho altro da aggiungere, quindi spero solamente che il capitolo vi sia piaciuto e, se ciò è avvenuto, vi invito a lasciare una stellina e, se vi va, anche un commento.
Alla prossima
nanaa02
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro