I don't know.
Pov Eren.
Era passata una settimana da quando Levi era stato ricoverato.
Non aveva aperto gli occhi, respira e basta,rimane disteso sul letto nella stessa posizione in cui l'ho lasciato.
Respira grazie all'aiuto di una mascherina.
La sua pelle è più grigiastra del solito, non più candida come porcellana.
Ho passato una settimana in attesa che i suoi occhi mi guardassero, e che si alzasse da quel letto.
Niente di tutto ciò è accaduto.
Faccio avanti e indietro, da casa mia all'ospedale, per i lupi, oggi grazie al potere militare e Hanje, posso far trasferire Levi in casa mia, mi hanno già dati tutto l'occorrente per mantenerlo e per non peggiorare la situazione, starà nella mia camera da letto, con delle flebo.
[...Dopo il trasferimento di Levi...]
I lupi, non escono dalla stanza, se non per andare nel bosco, e io esco da lì solo per fumare.
Sia io che i lupi mangiamo il necessario, credo che anche loro abbiano capito la situazione, mi alzo dall'angolo della stanza, apro la finestra e mi ci siedo sopra con i piedi verso il terreno, sfilo una Marlboro dal pacchetto e afferro il cocco, la accendo inalando già da subito e chiudo gli occhi.
Non so come mi sento, credo di non sentire niente.
Mi sento come se fossi vuoto o forse mi sento in colpa per il semplice motivo che Levi è in queste condizioni per colpa mia, forse avrei dovuto trovarmi un lavoro diverso, forse avrei dovuto trovare una casa più nascosta, forse non avrei dovuto lavorare a gruppi, forse non sarei dovuto nascere ma questo é solo un dettaglio.
Non sono mai stato tagliato per i lavori di gruppo, ho sempre odiato i lavori con altre persone, facendo tutto da solo.
Sapevo che lavorando in gruppo, mi sarei affezionato alle persone, non dimostrandogli niente, ne un minimo di affetto, e dopo le avrei perse, e avrei sofferto.
Mi misi a guardare l'albero di ciliegio di fronte a me,dai colori davvero belli, quel rosa dalle sfumature bianche e rosse, quel albero pieno di vita mi faceva sentire geloso, stava lì tutta la vita a non fare niente, a sbocciare di primavera, isolato dal resto del mondo in un posto dove poteva crescere e germogliare in pace, senza la paura che qualche falegname gli tagliasse i rami, libero.
Vedo quell albero come se fosse libero, libero da tutto e da tutti in disparte, e senza aver bisogno di niente.
Scendo dalla finestra e atterro sul pavimento, mi dirigo verso la porta, mi giro, i lupi ai piedi del letto, sul lenzuolo, mi immagino la faccia di Levi quando se ne accorge, e anche le sue urla.
Scendo le scale chiudendo la porta, e mi siedo sul divano, rimango fisso a pensare, guardando la tv spenta.
Penso alla mi infanzia, al come sono saltato da un orfanotrofio a una prigione, da una prigione ad un altra, da essere venduto, poi libero per due anni, in cui ho incontrato Armin, alla sua morte dinanzi ai miei occhi, a le associazioni per esperimenti, al essere libero, e al lavorare.
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