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Odio quando mia sorella torna dall'università e invade i miei spazi vitali. 

Il periodo di sessione d'esami è terminato e Beatrice è di nuovo a casa. Anche lei ha i capelli rossi, li abbiamo ereditati da papà, ma li porta lunghi fino sotto il seno e costantemente ricci. 

Beatrice sembra la versione bella di me: è molto più alta, più magra e più aggraziata. Ma per fortuna qualche difetto lo ha anche lei; per esempio: non ha idea di che cosa sia l'empatia. Oppure ama mordere i Kit-Kat senza averli spezzati prima. Ma quello che non sopporto di lei è la capacità di creare suoni fastidiosi e assordanti anche con il più silenzioso oggetto. Infatti, ora è coricata a pancia all'aria sul mio letto e gioca a far scorrere la zip della felpa bianca prima su e poi giù. Come diavolo riesco a studiare?

-Ma tu passi così i tuoi pomeriggi?- mi chiede sbadigliando. Io annuisco e cerco l'evidenziatore giallo  nel cassetto riboccante di oggetti di cartoleria. 

-Alla tua età non ero mai in casa- dice ridacchiando. Abbiamo quattro anni di differenza e ricordo benissimo le discussioni con mia madre per uscire di casa o per cambiare l'orario del coprifuoco un'ora più tardi. Sarà forse colpa sua se mia madre ha iniziato ad avere un attaccamento quasi morboso al mio percorso di studi.

-E il tuo ragazzo, Lorenzo giusto?- mi chiede sedendosi sul letto e inizia a digitare qualcosa sul mio cellulare. Proprio questa domanda ora? La situazione con lui non si è risolta, o almeno, per me no. Lorenzo ha passato la sera del nostro appuntamento al cellulare e per il resto mi ha liquidato come fossi io a immaginarmi tutto. Lorenzo non si è mai comportato così.

-E questo chi è?- chiede ancora più attenta mostrandomi la galleria del mio cellulare e ingrandendo sulla foto del Neon Party con Tommaso. E se lui avesse confessato tutto a Lorenzo e lui si comportasse in questa maniera assurda per colpa mia davvero?

-Che dici, me lo presenti o siamo due generazioni troppo diverse?- questa volta sembra parlare da sola e io non le rispondo. 

Quando Beatrice prese la decisione di frequentare la facoltà di Design Pubblicitario, mia madre non voleva crederci. L'aveva sempre vista lì, col camice da medico lindo e lo stetoscopio intorno al collo. Mio papà, era sorpreso, certo, ma entusiasta che la sua piccolina avesse scelto una facoltà giusta per lei. Dopo quella comunicazione, mia madre ha iniziato ha rovinare la mia vita cercando di rimediare a tutti gli errori commessi con Beatrice e trasformando me in soldatino. 

Scendiamo in cucina per il famoso pranzo domenicale della mamma. In realtà le pietanze non le prepara lei, riscalda quella cucinate dal nonno. Il tavolo rettangolare in legno è apparecchiato con piatti gialli e tovaglia bianca. Sistemo le ultime posate e aggiungo le caraffe d'acqua. Mio padre sta guardando le lasagne nel forno, i capelli rossi e ricchissimi gli ricadono sulla fronte. Spinge gli occhiali spessi e neri con un dito per appoggiarli meglio sul naso. Mia madre, invece, è indaffarata con la preparazione dell'insalata come contorno. Tanto nessuno la mangerà. 

-Allora Bea, come vanno gli studi?- chiede mia madre sedendosi sulla sedia attorno al tavolo. Mia sorella studia a trecento chilometri da qui, potrebbe fare la pendolare, ma preferisce lavorare e pagarsi un appartamento in periferia. Torna a casa raramente, la sua vita ormai è lì. 

-Tutto bene- dice tagliandosi la razione di pasta al forno. I suoi occhi cristallini si concentrano sul piatto e mia madre scuote la testa. 

-L'importante è che ti piaccia, tesoro- dice mio padre per evitare di commentare l'espressione di mia mamma. 

-Tua sorella si sta dando da fare- dice lei gesticolando con la forchetta. 

-Buon per lei- biascica Beatrice. E con questa affermazione cade il silenzio nella stanza. 

Una volta finito il pranzo, mi alzo e sparecchio la tavola aiutando i miei genitori e mia mamma coglie l'occasione per farlo bellamente notare a Beatrice che si alza, sbatte la porta e si chiude in camera mia. La seguo e busso prima di entrare. Lei è coricata a terra, con i capelli sparsi sul pavimento in legno e l'espressione marmorea. Guarda il soffitto e non dice una parola. 

-Bea, la mamma ti vuole bene- dico sedendomi a gambe incrociate accanto a lei.

-Vuole bene a te- 

-Fa così solo perché ci tiene. Vuole una vita migliore per noi- cerco di usare il tono di voce più dolce possibile.

-Solo perchè lei non è potuta diventare medico o avvocato, non vuol dire che debba rigettare tutta la sua frustrazione su di me- sbotta senza muoversi di un millimetro.

-Capisci che lei non ha avuto nemmeno la possibilità di provarci. Non aveva soldi e non vuole farci rivivere quello che ha vissuto lei- poi prendo un respiro -A tredici anni lavorava già per dare da mangiare ai suoi fratelli: suo padre era in galera e la nonna non aveva uno stipendio così consistente- e detto questo mia sorella rimane sorpresa e si volta merso di me lentamente.

-Perchè a me non ha detto nulla?- chiede con gli occhi lucidi.

-Glielo hai mai chiesto?- 

-Ho sempre desiderato essere come te, solo per essere guardata dalla mamma in quel modo- sussurra piano.

-Da quando sei uscita di casa, mamma è peggiorata: fuma di più, è sempre nervosa, litiga con papà e mi controlla sempre- poi le prendo la mano -Dovresti parlare con lei-.

Non so cosa stia passando per la testa di Beatrice in questo istante, so solo che si alza in piedi ed esce dalla mia stanza salutandomi con la mano. 

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